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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 28-11-2015, 10.33.00   #41
maral
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Riferimento: tre evidenze a cui forse non avete pensato

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Dunque l' esistenza del monte Bianco prima della comparsa di organismi in grado di conoscerlo e quella del resto del mondo che viviamo é un' esemplificazione dell' esistere realmente, o essere reale, in quanto tale (indipendentemente dall' eventualità dell' essere, inoltre, anche oggetto di conoscenza o meno).
L'esistenza del Monte Bianco prima della comparsa di organismi in grado di conoscerlo è un elemento del significato di Monte Bianco per come esso appare agli organismi in grado di conoscerlo nel contesto in cui giungono a conoscerlo. Non è qualcosa in sé, la cui realtà si possa rendere indipendente dal suo significare per qualcos'altro che non è il Monte Bianco.



Citazione:
Per “sensazioni” non si deve necessariamente intendere relazioni (tra un percipiente e un percepito: non é affatto contraddittorio, dunque é sensatissimo, intenderle come meri eventi fenomenici o “apparenze (per l' appunto) sensibili o sensitive” e basta.
Ma come puoi intendere una sensazione se non come un sentire attuale di qualcosa da parte di qualcuno? Se non come una relazione proprio ora in atto? Non vedo in che modo ci possa essere una sensazione senza una superficie che separa mantenendo in comunicazione ciò che sente e ciò che è sentito, ma in cui la realtà significante di entrambi è implicita nella sensazione stessa. Se non vi è il senziente e il sentito dove sta la sensazione?
Citazione:
E anche il pensiero di un qualsiasi concetto, secondo me e contrariamente a quanto sostiene Wittgenstein, é pensabilissimo non contraddittoriamente, sensatissimamente come evento reale non accompagnato da alcun osservatore che lo pensi (o soggetto di esso) da esso diverso: tutto ciò che si dice (e si concepisce) necessariamente è detto (concepito), punto e basta; che lo sia dall'osservatore é possibile (e di fatto o credo), ma non affatto necessario.
Ma il pensiero è evento reale, ma è reale come relazione trans oggettuale che implica nel suo presentarsi sempre un soggetto e un oggetto secondo una prospettiva che è di ciò che chiamiamo (da osservatori) "osservatore".

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Ma se pensare l'essenza è impossibile (si può pensare solo l'esistente e magari a volte fingerlo essente per parlarne come tale), allora é perfettamente ovvio che non capisca che cosa significhi l' “essenza”, ho perfettamente ragione a non capirlo, cercare di capirlo sarebbe pretendere l' impossibile!
Certo, capire l'essenza (nel senso di spiegarla, ossia di dispiegarla) oltre la sua tautologia perfettamente identitaria è possibile solo nel continuo dispiegarsi di ognuno dei suoi significati in nessuno dei quali l'essenza può mai trovare compimento. L'essenza è perciò spiegata proprio dall'esistenza che in essa continuamente si nega per continuare a manifestarla dispiegandola, ossia per continuare a presentarne i segni in un processo infinito.
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Vecchio 28-11-2015, 18.29.02   #42
sgiombo
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Originalmente inviato da pepe98
La memoria non è nella coscienza, ma nell'organismo materiale. Diventa ricordo(coscienza) in determinate configurazioni del cervello.

Sto usando nuovi termini, che spiego per darti un'idea il più possibile simile alla mia. Le parole del tuo dizionario hanno la stessa funzione, se cerchi una definizione(parola o insieme di parole) in grado di dare esattamente la stessa idea a tutti non la troverai mai: la comunicazione è fatta di approssimazioni.

No.
Nell' organismo materiale (e in particolare nel cervello) non c' é alcun ricordo: solo neuroni, sinapsi, fasci di assoni percorsi da potenziali d' azione: tutt' altre cose che le persone o gli episodi della sua vita o le nozioni da lui apprese che il "titolare di quel cervello" sta ricordando (in quanto ricordati: i loro ricordi).

La comunicazione é inevitabilmente approssimativa.
Ma é possibile (di solito con più che soddisfacente efficacia, magari in seguito a sforzi più o meno grandi per intendersi) alla condizione che chi la pratica (sia in qualità di parlante che di ascoltante) rispetta certe regole logiche e semantiche arbitrariamente stabilite e convenzionalmente accettate (non per esempio, nel caso della lingua italiana, se chiama "tempo" lo spazio).

Ultima modifica di sgiombo : 28-11-2015 alle ore 21.49.21.
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Vecchio 28-11-2015, 18.58.13   #43
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No, quella foresta non è più la stessa foresta se una sola pianta in essa viene a mancare, non è più la stessa nemmeno se una singola foglia di quella pianta viene a mancare e non è più la stessa poiché non è più identica a se stessa. E' la stessa solo all'occhio dell'osservatore che, nella sua prospettiva cosciente del significato complessivo e astratto di foresta, vede trascurabile la mancanza di una foglia, ossia appare la stessa nel gioco del significare, ove il significare è significare della foresta per qualcuno. è relazionarsi e le relazioni costantemente mutano.
In poche parole [la coscienza] è l'elemento di senso della mente, così come gli altri cinque sensi lo sono del corpo.
Se la coscienza è l'elemento di senso della mente, la mente cos'è? Di cosa è elemento? Può forse esistere la mente oltre quella coscienza che la rappresenta pensandola?
Questo è il gioco del significa che sempre si riavvolge su se stesso, il gioco dell'apparire, il velo di Maya di cui mente e coscienza sono ancora veli. Al di fuori di esso nulla può essere né detto né pensato, non c'è né coscienza né mente, ma qualcosa c'è che ne presenta il significato, è il soggetto assolutamente indicibile e impensabile di questo eterno significare il cui positivo è nella negazione continua di ogni significato (mente compresa) in cui viene a manifestarsi. Ossia nel gioco eternamente significante in cui l'essenza si presenta in uno dei modi in cui è, nella molteplicità di tutti gli innumerevoli modi che gli sono propri e che parimenti vengono via via a essere negati. Questo modo che si presenta è sempre come la foglia di una pianta in una foresta infinita, ma questa stessa singola foglia, qualsiasi essa sia, nella sua particolarità, partecipa di tutto lo stesso infinito della foresta.[/quote]


Per me "foresta" e "pianta" e "giardino" sono solo designazioni mentali. In senso ultimo non vi è alcuna foresta, non c'è alcuna pianta, e il mio giardino è "vuoto". Quindi se estirpo una pianta (designata pianta) da una foresta ( designata foresta) e la pianto nel mio giardino "vuoto" la designazione foresta non cambia in nulla, la designazione pianta non cambia, il mio giardino non si riempie.
Proprio per questa assenza di essere "foresta", la foresta rimane foresta, la "pianta" rimane pianta e il mio giardino si riempie.
Cos'è la "mente" ? C'è qualcosa al di fuori della designazione "mente"?
Se togliamo il pensiero, poi togliamo le sensazioni, poi le volizioni, poi la coscienza,e così via...rimane qualcosa che possiamo definire "mente" ? E dove puoi trovarla questa "mente" aldilà del pensiero, delle sensazioni, delle volizioni,della coscienza, ecc. ? L'"anima" ? Proviamo solo a definirla, a pensarla, a percepirla, ad esserne coscienti di questa supposta "anima"? E' forse possibile ? O è solo anch'essa una mera designazione del pensiero ?
Concordo con gran parte di quello che scrivi nel finale. L'unica differenza è che, per me, all'interno di questa "Realtà" che ci sovrasta non c'è alcuna essenza che ne è soggetto. Perchè questa essenza non potrebbe che essere un'ulteriore designazione mentale, una sorta di anima immortale interna, che secondo me non è che un concetto, una congettura. Il fatto poi che si sostenga che, essendo pensabile, potrebbe essere reale, non la rende più vera delle ombre scorte da un occhio affetto da cataratta.
C'è qualcosa di Vero "là fuori" ma non è soggetto , nè oggetto del pensiero, nè di qualsivoglia designazione mentale.
Non dirò nemmeno che è Il Vivente perchè sarebbe un'altra designazione. Credo sia saggio il Silenzio e l' osservare con il Cuore...
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Vecchio 28-11-2015, 19.11.06   #44
sgiombo
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L'esistenza del Monte Bianco prima della comparsa di organismi in grado di conoscerlo è un elemento del significato di Monte Bianco per come esso appare agli organismi in grado di conoscerlo nel contesto in cui giungono a conoscerlo. Non è qualcosa in sé, la cui realtà si possa rendere indipendente dal suo significare per qualcos'altro che non è il Monte Bianco.


Questa tua affermazione mi sembra in palese contraddizione con quest' altra tua precedente (con la quale obiettavi a una mia ulteriormente precedente affermazione):
“Esattamente come per i partecipanti a questo forum e me stesso. Il mondo che viviamo è quello dell'esistenza, non dell'essenza. Dunque credo che [Il Monte Bianco, N. d. R.] pre esistesse [alla comparsa degli esseri umani, e dunque quando ancora non c' era nessuno a cui potesse significare per qualcos'altro che non è il Monte Bianco; ovvero indipendentemente da questo eventuale -ulteriormente- significare]”.


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Ma come puoi intendere una sensazione se non come un sentire attuale di qualcosa da parte di qualcuno? Se non come una relazione proprio ora in atto? Non vedo in che modo ci possa essere una sensazione senza una superficie che separa mantenendo in comunicazione ciò che sente e ciò che è sentito, ma in cui la realtà significante di entrambi è implicita nella sensazione stessa. Se non vi è il senziente e il sentito dove sta la sensazione?


Così:
Accade la visione dello schermo del computer (realmente!).
Ma sfido chiunque a dimostrare (non: affermare aprioristicamente) che necessariamente devono esistere anche io come soggetto, qualcosa che ne é oggetto (che non potrebbe essere la visione fenomenica dello schermo del computer, in quanto eccedente la stessa, come tu lo intendi) e la rispettiva superficie di separazione (la quale sarebbe comunque percezione fenomenica, e dunque non qualcosa di reale oltre la sola percezione fenomenica).
La sensazione può benissimo stare (nella realtà) senza alcun senziente né sentito.
(Mi sembra giusto riconoscere che non sto che ripetendo, quasi alla lettera, argomentazioni del grandissimo David Hume).


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Ma il pensiero è evento reale, ma è reale come relazione trans oggettuale che implica nel suo presentarsi sempre un soggetto e un oggetto secondo una prospettiva che è di ciò che chiamiamo (da osservatori) "osservatore".

Analogamente accade (realmente) il pensiero "si vede lo schermo del computer".
Ma sfido chiunque a dimostrare (non: affermare aprioristicamente) che necessariamente devo esistere anche io come soggetto di tale pensiero, da esso ovviamente distinto, ed ulteriormente reale oltre ad esso; quanto al suo oggetto, si tratta di un mero insieme di (ulteriori) sensazioni fenomeniche (l' esistenza di sensazioni le quali sono oggetto di -ulteriori sensazioni di- pensieri é ben altra cosa dell' esistenza di oggetti di sensazioni i quali non sono sensazioni bensì cose in sé, non fenomeni).


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Certo, capire l'essenza (nel senso di spiegarla, ossia di dispiegarla) oltre la sua tautologia perfettamente identitaria è possibile solo nel continuo dispiegarsi di ognuno dei suoi significati in nessuno dei quali l'essenza può mai trovare compimento. L'essenza è perciò spiegata proprio dall'esistenza che in essa continuamente si nega per continuare a manifestarla dispiegandola, ossia per continuare a presentarne i segni in un processo infinito.

Per me é ostrogoto!
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Vecchio 28-11-2015, 19.25.35   #45
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Condivido con convinzione gran parte di quanto qui scritto (malgrado purtroppo non conosca la filosofia indiana, né le altre "non occidentali").

Dissento solo da alcune delle tue considerazioni finali sul pensiero discorsivo (cioé, credo di capire, logico, razionale).
Certamente esso ci consente di ottenere non più che qualcosa che si avvicina al reale ma io ritengo che comunque "qualcosa che si avvicina" sia meglio di niente; e oltre al pensiero discorsivo non non vedo altro che ci possa dare qualcosa in più di esso per avvicinarci alla conoscenza della realtà.
Il non-pensiero discorsivo (sentimenti, volizioni, fantasie, ecc.) sono certamente altrettanto reali ed altrettanto necessari per vivere bene di esso, ma non mi pare servano ad ottenere alcuna verosimiglianza (anche limitata, come é quella che ci da il pensiero discorsivo) nella conoscenze della realtà (casomai pulsioni più o meno utili e buone -a seconda dei casi- ad agire per conseguire detrminati scopi attreverso i mezzi che ci da il pensiero discorsivo).


Sì...la mia non era fondamentalmente una critica alla ragione, ma alla pretesa del pensiero discorsivo di comprendere nella sua totalità la Realtà. Infatti i mattoncini rettangolari Lego ottengono una qualche forma che rappresenta qualcosa di reale ( o presunto tale) ma non c'è verosimiglianza completa per la loro impossibilità di essere altro che rettangolari. Secondo me la ragione non è fallace, non è illusoria, illusoria è solo la sua convinzione di poter (un giorno) comprendere la "Verità" e farne una formula scritta o parlata. La ragione , per essere veramente "ragionevole", deve avere la comprensione completa dei suoi limiti. Ma la comprensione è l'unico mezzo che abbiamo per ottenere una qualche forma di libertà dal dolore di vivere e passare di giorno in giorno, noi e tutto quello che ci sta attorno.
Nel buddhismo si usa il termine "prajna" che è molto difficile da rendere nella nostra lingua. Viene tradotto come "Visione intuitiva" ma questo non rende appieno il significato. La prajna è il momento in cui ragione e intuito si uniscono ( uniscono le loro forze/caratteristiche) per tentare l'assalto al castello, alla Rocca inaccessibile del Reale.La ragione insieme all'intuito sono le forze fondamentali per la Comprensione e per la Libertà dal conosciuto.
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Vecchio 28-11-2015, 20.46.11   #46
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La singola pianta è una parte di foresta: le piante sono molte, la Fiesta è una. Quello che intendo è che tu non sei la solo una pianta, ma tutta la foresta.
Estirpare la pianta dalla foresta, e portarla in un giardino, si può fare perché la non esiste una sola foresta. Ma se paragoni la foresta alla coscienza universale, non puoi estirparci alcuna pianta per portarla in un giardino, perché non c'è niente al di fuori della foresta. Non esiste nessun altra coscienza, esisto solo Io. Non esistono tante coscienze, ma tante parti indipendenti di coscienza, che insieme formano la coscienza.
L'unico elemento di senso è l'ambiente intero: l'occhio è solo una parte che aiuta a vedere, ma non l'unica: deve essere congresso al cervello, deve captare informazioni, quindi è necessaria la luce,... tutto l'ambiente fa la sua parte per produrre sensazione. Il nostro pensiero è frutto di una determinata configurazione di tutto l'ambiente.

Ma se tutto è sensazione di un'unica coscienza anche l'ambiente non può che essere una semplice sensazione di quell'unica coscienza. Quindi affermare che l'ambiente fa la sua parte per produrre sensazione mi sembra contradittorio. Come fa a produrre qualcosa che esiste già? Tu stesso affermi che tutto quanto esiste, è esistito o esisterà non è altro che una sensazione qui e ora. Non c'è alcun tempo secondo te. Ma per produrre qualcosa abbiamo necessità di tempo. Infatti una cosa, per essere prodotta, deve avere un Prima in cui non esiste e un Dopo in cui viene ad esistere. E questo passaggio, questa produzione è Tempo. E quindi la Coscienza non è più sola Coscienza ma anche qualcos'altro...
Mi sembra alla fine che sia come pretendere di infilare tutta l'acqua del mare dentro una bottiglia. Come fa l'infinita molteplicità stare dentro un semplice UNO ? Non c'è ovviamente altra strada che negare la molteplicità. Ma buttata fuori dalla porta, ecco, ti rientra dalla finestra.
Il dualismo soggetto-oggetto è insuperabile per la ragione.La sensazione non può essere privata di quello che la esperisce. Come farebbe la sensazione ad autoconoscersi se non uscendo da se stessa ?
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Vecchio 28-11-2015, 23.30.33   #47
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Originalmente inviato da pepe98
1) Il criterio di successione chi può essere anche per eventi simultanei: non sarebbe successione temporale, ma un ordinamento secondo un certo criterio. Siamo infatti noi a ordinare gli eventi spontaneamente. L'errore che commettiamo, non potendoci mettere al di fuori dal tempo osservando tutti gli istanti(in quanto percepiamo gli istanti separatamente, pur potendone percepire altri entro certi limiti grazie alla memoria), è quello di pensare che ció che percepiamo sempre meno svanisca(o, se preferisci, muti), e ció che non percepiamo non esiste ancora. L'atto di "percepire sempre meno", ha senso anche se il tempo non scorre, infatti in questo caso si prendono in considerazione istanti simili di un organismo, che, suggerendo di poco l'uno dall'altro, in ogni istante la coscienza di quell'organismo ha l'illusione che il tempo scorra.
2) Io non sono percepito da niente, io sono la percezione, scollegata da qualsiasi altro essere che non sia io. Comunque, se ti più essere d'aiuto, è come se mi autopercepissi. Non siamo abituati a pensare che la coscienza non sia frutto di alcuna interazione, abbiamo(o meglio, siamo) sempre la sensazione di essere legati a qualcuno, che sia causa del pensiero, causa di me.
3) ma noi pensiamo quando dormiamo, anzi, sognare è stare quasi esclusivamente nel pensiero. E vediamo anche quando abbiamo gli occhi chiusi: vediamo la pelle delle palpebre. Non è che siamo frutto di una realtà fisica: noi siamo così, e immaginiamo una realtà astratta, che è la realtà fisica, che non è altro che la protezione del criterio che ci unisce e ci rende un tutt'uno.
1)se percepissimo gli istanti separatamente non avremmo l'impressione che il tempo scorra. Ogni istante ha una certa collocazione temporale,un prima e un dopo,che permetta di determinarlo e di dargli un senso. Esiste al di fuori del pensiero cosciente? E chi può dirlo .
2)la coscienza che guarda sé stessa per me rimane un paradosso. Perché in realtà nessuno percepisce veramente sé stesso,semmai si riconosce in alcune sue manifestazioni (come il riflesso allo specchio,o il pensiero). Su questo sarai d'accordo,visto che hai definito la coscienza "l'insieme delle percezioni". Per questo non capisco tu cosa intenda.
3)Forse ho fatto degli esempi poco chiari. Si potrebbe percepire visivamente un oggetto se si fosse ciechi? La realtà fisica che protegge il pensiero umano mi ricorda una sorta di provvidenza divina
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Vecchio 29-11-2015, 07.30.46   #48
acquario69
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L'unica differenza è che, per me, all'interno di questa "Realtà" che ci sovrasta non c'è alcuna essenza che ne è soggetto. Perchè questa essenza non potrebbe che essere un'ulteriore designazione mentale, una sorta di anima immortale interna, che secondo me non è che un concetto, una congettura.

C'è qualcosa di Vero "là fuori" ma non è soggetto , nè oggetto del pensiero, nè di qualsivoglia designazione mentale.
Non dirò nemmeno che è Il Vivente perchè sarebbe un'altra designazione. Credo sia saggio il Silenzio e l' osservare con il Cuore..

ok non si può descrivere,definire etc..etc..
ma Intuire si,
e mi sembra non sia appunto un caso quando accenni al Silenzio e al Cuore

nel Kybalion ce' una legge ermetica che dice:

allo stesso modo che tutto e' nel TUTTO il TUTTO e' in tutto

e in effetti come potrebbe non essere altrimenti?!

e allora credo che questo che ci può fare intuire che il Vero,e' si "la fuori" ma anche "dentro" di noi…e in un certo senso vuol dire che non ce ne un fuori e ne un dentro,ma un identificazione simultanea con cio che si viene a conoscere…cioè' ad Intuire.

Ultima modifica di acquario69 : 29-11-2015 alle ore 11.05.43.
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Vecchio 29-11-2015, 09.25.18   #49
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Nell' organismo materiale (e in particolare nel cervello) non c' é alcun ricordo: solo neuroni, sinapsi, fasci di assoni percorsi da potenziali d' azione: tutt' altre cose che le persone o gli episodi della sua vita o le nozioni da lui apprese che il "titolare di quel cervello" sta ricordando (in quanto ricordati: i loro ricordi).

La comunicazione é inevitabilmente approssimativa.
Ma é possibile (di solito con più che soddisfacente efficacia, magari in seguito a sforzi più o meno grandi per intendersi) alla condizione che chi la pratica (sia in qualità di parlante che di ascoltante) rispetta certe regole logiche e semantiche arbitrariamente stabilite e convenzionalmente accettate (non per esempio, nel caso della lingua italiana, se chiama "tempo" lo spazio).
Non ho detto che nel cervello ci sono ricordi, ma che c'è memoria, che diventa ricordo, quindi coscienza, in determinate configurazioni del cervello. La memoria è qualcosa di materiale, è un'informazione legata a una causa: ad esempio, dopo una vaccinazione si hanno gli anticorpi attivati per un determinato parassita; in questo caso si dice che il sistema immunitario mantiene l'informazione del parassita, ha cioè una memoria. Ovviamente non c'è alcun atto cosciente in questo processo, è interamente meccanico. Il ricordo, invece, è qualcosa che si può percepire, ed esiste solo nella coscienza. Il cervello mantiene una memoria materiale, che puó tradursi in ricordo se opportunamente stimolata. La memoria può essere potenziale ricordo.
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Vecchio 29-11-2015, 09.55.24   #50
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Ma se tutto è sensazione di un'unica coscienza anche l'ambiente non può che essere una semplice sensazione di quell'unica coscienza. Quindi affermare che l'ambiente fa la sua parte per produrre sensazione mi sembra contradittorio. Come fa a produrre qualcosa che esiste già? Tu stesso affermi che tutto quanto esiste, è esistito o esisterà non è altro che una sensazione qui e ora. Non c'è alcun tempo secondo te. Ma per produrre qualcosa abbiamo necessità di tempo. Infatti una cosa, per essere prodotta, deve avere un Prima in cui non esiste e un Dopo in cui viene ad esistere. E questo passaggio, questa produzione è Tempo. E quindi la Coscienza non è più sola Coscienza ma anche qualcos'altro...
Mi sembra alla fine che sia come pretendere di infilare tutta l'acqua del mare dentro una bottiglia. Come fa l'infinita molteplicità stare dentro un semplice UNO ? Non c'è ovviamente altra strada che negare la molteplicità. Ma buttata fuori dalla porta, ecco, ti rientra dalla finestra.
Il dualismo soggetto-oggetto è insuperabile per la ragione.La sensazione non può essere privata di quello che la esperisce. Come farebbe la sensazione ad autoconoscersi se non uscendo da se stessa ?
La produzione di qualcosa nel tempo altro non è che il nostro modo di interpretare le relazioni tra il mondo dei sensi(mondo che non esiste realmente, ma è solo la nostra idea più immediata del mondo) in base a ció che ricordiamo e ció che percepiamo ora.
L'ambiente, cioè il mondo materiale, è un'astrazione, un perfezionamento collettivo del soggettivo mondo dei sensi. Possiamo usarlo per comunicare più facilmente. La sensazione non è prodotta da nulla realmente, ma possiamo associare ad ogni sensazione una configurazione del mondo materiale, e definirla come causa della sensazione. È il modo migliore per comunicare, in quanto il mondo materiale(che è formulato dalla fisica) è un'approssimazione sempre più sofisticata di una realtà oggettiva. Ad esempio: io posso dire "quella mela è rossa", ma una persona, che una volta vedeva i colori in un modo, quindi si è già fatto un'idea del rosso e del verde, mettiamo che sia diventato daltonico: allora potrebbe dire "No, quella mela è verde". In questo caso, i colori si rivelano proprietà troppo soggettive per comunicare, bisogna quindi esaminare meglio il mondo, e osservare qualcos'altro di più oggettivo, che sia una causa che non dipende più solo dalle proprietà dell'oggetto colorato, ma anche da quelle dell'organismo che è associato ad una certa visione del colore.
Quindi possiamo benissimo riferirci al mondo materiale per comunicare, pur avendo chiaro che si tratta di astrazione.
pepe98 is offline  

 



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