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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 03-01-2005, 21.17.01   #1
VanLag
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Realtà e mondo delle idee.

Si parla spesso della Verità ma mai della Realtà?
La Realtà esiste? Esiste qualche cosa di oggettivo che funge da base comune alle nostre interpretazioni personali?

Ovvio che si! Esiste ed è il mondo che ci circonda. Se lo neghiamo è solo perché non sappiamo prescindere dalla nostra interpretazione personale, perché quell’interpretazione, in pratica è ciò che siamo, o meglio che crediamo di essere.
Lo neghiamo perché il mondo “vero”, lo diamo per scontato e ci interessa molto di più indulgere nelle idee che abbiamo riguardo ad esso.
Perché amiamo indulgere nella nostra interpretazione? Ma sempre perché è ciò che siamo, il crogiolo del nostro io, la casa dell’Ego ed allora, per noi, la nostra interpretazione ha valore mentre il mondo vero no.

Facendo così però viviamo in un mondo di idee e non nel mondo vero, reale. L’altro che abbiamo di fronte non è l’altro in se e per se , ma è la nostra interpretazione dell’altro, quello che la nostra cultura e formazione ci permettono di vedere. Bello, brutto, buono, cattivo, forte o debole, lo rivestiamo di etichette che non sono altro che il nostro modo di interpretarlo. L’altro ce lo stiamo perdendo inesorabilmente.

Ok…. Perché viviamo di idee? Successe che un giorno un famoso filosofo pensò di fare una cosa bella per l’umanità affermando che – l’idea del cavallo è superiore al cavallo in carne ed ossa – Non intendo qui fare la disanima delle motivazioni che lo spinsero, però intendo fare notare l’assurdità di una tale affermazione.

Secondo Platone, la pallida idea del cavallo che alberga nella mia mente sarebbe superiore al cavallo, che ho davanti. Quel cavallo di cui vedo il fremere dei muscoli, la lucentezza del pelo, la forma snella delle gambe, che puzza pure un poco e mi mostra quella fila enorme di denti ingialliti dall’erba.
L’idea sarebbe superiore alla bestia che ho davanti, che pulsa di vita, che emette sbuffi dalla larghe narici umide e che è più alta di me mettendomi sin quasi paura, tanta è la forza che esprime, anche se so che è mite.

Non lasciatevi ingannare, ora sto trattando idee ma la mia reazione, l’ultima volta che fui vicino ad un cavallo, fu di sentire i peli sul mio corpo rizzarsi, in una reazione viva, animale….. (Il corpo è molto più veloce dell’intelligenza a reagire alla realtà).

L’intenzione della discussione è quella di recuperare il “Valore della Realtà” sacrificato sull’altare di troppi idoli e capire il delta che esiste tra una vita “pensata” ed una vita “vissuta”, una vita immaginata ed una vita sentita sulla propria pelle.
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Vecchio 04-01-2005, 00.17.29   #2
rodi
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sai che sono decisamente scarsa in filosofia, in compenso sono una grande chiacchierona e provo a rispondere.

Credo che il delta sia rappresentato da quello che questa vita produce, sia quindi qualcosa di percepibile dall'esterno più che dall'interno.
Se ciascuno di noi si 'autointerpreta' lo fa sempre sulla base di quelle che sono le sue percezioni, si possono sentire come vere situazioni che sono frutto della nostra mente.
I frutti che una vita da non sono opinabili, possono essere condivisi come validi o no, ma non si può opinare sulla loro esistenza...si toccano, anche se sono solo situazioni create.
Una vita vissuta con pienezza dà frutti, crea legami, è mischiata con quella di chi ci circonda, magari in maniera non da manuale ma è una vita 'condivisa' e che alimenta quella degli altri e ne è a sua volta alimentata, in uno scambio continuo che lascia tracce.
Una vita 'pensata' è una vita di analisi, che rimane tale...è tendente ad una perfezione 'stilistica', ma poco creatrice...
lascia parole e pensieri (come la canzone), forse libri...ma se questo non influenza in qualche modo l'equilibrio circostante è una vita ripiegata su se stessa.

Il delta credo sia rappresentato anche da come l'ambiente circostante ci risponde...c'è poco da parlare su questo...di solito la realtà è molto più semplice di tanti giri di parole...
nella realtà l'odore del cavallo c'è, in alcuni momenti pure un tantinello di puzza...
questo non toglie che salirci in groppa da altre sensazioni dal guardarlo in foto...
e non toglie che a parte tutte le teorie che tu puoi tirar fuori sull'argomento se quello decide e se tu non sei capace ti butta per terra...
hai poco da dire che la tecnica era quella giusta...
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Vecchio 04-01-2005, 03.04.35   #3
gyta
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Re: Realtà e mondo delle idee.

Citazione:
Messaggio originale inviato da VanLag
..Lo neghiamo perché il mondo “vero”, lo diamo per scontato e ci interessa molto di più indulgere nelle idee che abbiamo riguardo ad esso..

Ma come può esistere una realtà 'al di fuori'
se per ora non mi riesce di percepirla che tramite
un osservatore..?
Senza un corrispettivo di rappresentanza all' 'interno'
il mondo non avrebbe alcuna rappresentazione..
e la presunta realtà-mondo sarebbe di certo altra..
Come lo scienziato che osserva attraverso un suo strumento un mondo che diversamente gli diverrebbe invisibile.. Senza alcuna 'interpretazione' forse saremmo fusi-tutt'uno con la materia-mondo che altri definirebbero tangibile.. noi non saremmo più qui a parlarne..
Un mondo 'fuori' 'oggettivo' e 'reale'..? Non so.. E' un controsenso
troppe le dimensioni che s'intersecano per poterle fotografare in un quadro unico al di là delle nostre soggettive percezioni dei sensi e di quel poco di più che -a volte- raramente ci è dato di poter fuggevolmente microscopicamente prendere in noi..
Se per assurdo fosse possibile il contatto diretto senza mediazione di occhio col mondo ipotetico esterno penso ne mancherebbe singolare 'coscienza'..
Ogni oggetto, ogni vita, ogni forma.. non è che sentimento (di coesione) umanamente insostenibile -penso- senza minima lettura rappresentativa corrispondente a specchio con profondità già esistenti, seppur latenti in noi..
Come posso conoscere qualcosa ipoteticamente al di fuori di me
escludendo i metri limitativi che mi consentono altresi di comprendere l'ipotetico 'fuori'..?
La mia non vuole essere una congelata masturbazione mentale priva di alcun succo che non sia l'affermazione di un possibile non senso generico ad ogni ricerca, solo una più sincera riflessione di quanto la realtà possa sparire, dissolvendosi gli occhi stessi dell'osservatore legato ai suoi strumenti-rappresentazione..
Cos'è realmente un cavallo?Dove finisce lui ed inizia l'aria, la terra..?Cosa sarebbe il suo alito sulla nostra pelle se la sensazione di calda-carezza fosse 'fredda' registrazione di passaggio d'aria tiepida..?Avrebbe ancora esistenza un lontano senso del piacere o saremmo più simili a sabbia in un vortice..?
Ammesso e non concesso che la sabbia possa realmente non aver altra forma di pseudocoscienza..
Io anelo alla fusione ma la mia spinta e la mia preparazione avvengono attraverso questo corpo ed il senso sublimato del piacere, augurandomi che a nuova coscienza e realtà possa giungere..

Ma ciò a cui mi riferisco non è ciò che tu chiami 'vita pensata'
ma un vivere esperito non possibilitato ad essere scisso tra 'reale oggettivo' e 'reale soggettivo'..
In tal caso 'riabilitare' il valore-realtà significherebbe riabilitare la coscienza insita del Vivere contro l'anestetico-lasciarsi-vivere..




Gyta
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Vecchio 04-01-2005, 10.23.54   #4
Wuaw
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idee e realtà

Perbacco ragazzi, che splendidi interventi!
Provo a dire la mia.
Viviamo in un mondo dualistico ma aneliamo all’unità del Tutto.
Nella ricerca sappiamo che ci sono le idee, anzi che c’è l’infinita complessità della realtà di cui gli aspetti concreti (l’alito del cavallo, i denti gialli d’erba, etc) non sono altro che la limitatissima percezione dei nostri sensi, come non molto diversa è la registrazione di una camera a bolle o la traccia di un neutrino (immagino che il maledetto neutrino lascerà pure una qualche traccia, visto che attraversa il mondo come fosse burro).
Questa infinita complessità, mano a mano che ci inoltriamo nelle “alte sfere”, ci fa vedere come sempre più relativa e sfuggente la realtà, anzi la rappresentazione che possiamo farcene.
Da questo alcuni arrivano alla conclusione della assoluta soggettività della realtà, altri a conclusioni diverse.
Io credo che le due cose si unifichino nel racconto dei ciechi e dell’elefante, cioè la realtà ci appare soggettiva perché ne veniamo a conoscere una porzione estremamente piccola nel tempo e nello spazio.
Inoltre siccome non esiste infinito se non le cose finite, il che significa che esiste un infinito somma di cose finite, ergo per quanto allarghiamo i confini della nostra conoscenza la porzione del conosciuto sarà sempre piccola, potremo sempre considerare soggettiva la realtà, perché da ognuno percepita in maniera diversa, o oggettiva, se vediamo che, con i nostri compagni di viaggio abbiamo una parte della visione in comune (insieme abbiamo toccato l’orecchio dell’elefante, poi uno va verso la coda, l’altro va verso la proboscide, ma l’orecchio è esperienza comune).
Rispetto a questa discutibilità della realtà ultima esiste per fortuna l’esperienza concreta di tutti i giorni che non si può negare come comune: lo schiaffo dei maestri zen, il pelo ed il sudore del cavallo, la pietra su cui sbattere il piede.
Il mondo delle idee ci porta verso una realtà ultima, che sappiamo indescrivibile e che possiamo percepire solo dopo avere superato i limiti della ragione, il mondo di tutti i giorni è un intorno limitato, vivo, a volte maleodorante (i telegiornali di questi giorni sono tutto un olezzo), ma di innegabile realtà (provare a calciare una pietra per credere).
(ammazza come ho parlato difficile, non ho capito quello che ho scritto!)
Wuaw
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Vecchio 04-01-2005, 13.08.46   #5
VanLag
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Citazione:
Il delta credo sia rappresentato anche da come l'ambiente circostante ci risponde...c'è poco da parlare su questo...di solito la realtà è molto più semplice di tanti giri di parole...
nella realtà l'odore del cavallo c'è, in alcuni momenti pure un tantinello di puzza...
questo non toglie che salirci in groppa da altre sensazioni dal guardarlo in foto...
e non toglie che a parte tutte le teorie che tu puoi tirar fuori sull'argomento se quello decide e se tu non sei capace ti butta per terra...
hai poco da dire che la tecnica era quella giusta...

Rodi, concordo, infatti io per “tornare a casa” seguo la puzza dei cavalli e non le tecniche di espansione della coscienza.

Citazione:
Cos'è realmente un cavallo?Dove finisce lui ed inizia l'aria, la terra..?Cosa sarebbe il suo alito sulla nostra pelle se la sensazione di calda-carezza fosse 'fredda' registrazione di passaggio d'aria tiepida..?Avrebbe ancora esistenza un lontano senso del piacere o saremmo più simili a sabbia in un vortice..?
Ammesso e non concesso che la sabbia possa realmente non aver altra forma di pseudocoscienza..
Io anelo alla fusione ma la mia spinta e la mia preparazione avvengono attraverso questo corpo ed il senso sublimato del piacere, augurandomi che a nuova coscienza e realtà possa giungere..


Gyta, forse per te il delta è - tra corpo e pensiero – e visto che affermi che la tua spinta e la tua preparazione avvengono attraverso questo corpo, forse hai già una tua strada. Concordo che il corpo, abbia una sua intelligenza straordinaria che va oltre la mente. Ma c’è gente, in questo forum, che sul “sentire col corpo” la sa molto più lunga di me.

Le mie affermazioni di apertura volevano dire che laddove l’interpretazione personale è minore, maggiore è la “fusione” e laddove la fusione è maggiore, maggiore è anche il senso di compiutezza, l’integrità, la Vita.
Poi si potrebbe parlare del punto in cui si deve fermare quella fusione, perché portata all’estremo la cosa, genererebbe una sparizione del soggetto, cioè dell’IO che fa l’esperienza, ma qui si entra nella mistica e non mi piace.
Mi piacerebbe invece che venga visto il delta tra un pragmatico che vede il mondo con occhi disincantati ed un sognatore che si muove nel sonno rovesciando tavoli e sedie, perché davvero non sa quello che fa.

Citazione:
(ammazza come ho parlato difficile, non ho capito quello che ho scritto!)

Wuaw…. Ma no che non hai parlato difficile.
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Vecchio 04-01-2005, 15.43.08   #6
VanLag
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Ancora per Gyta

Citazione:
Cos'è realmente un cavallo? Dove finisce lui ed inizia l'aria, la terra..? Cosa sarebbe il suo alito sulla nostra pelle se la sensazione di calda-carezza fosse 'fredda' registrazione di passaggio d'aria tiepida..?
Avrebbe ancora esistenza un lontano senso del piacere o saremmo più simili a sabbia in un vortice..?

Quando dici “calda carezza” e “fredda registrazione di passaggio di aria tiepida” stabilisci un metro di giudizio e crei il tuo IO.
Se non lo fai, se non operi quella divisione, la separazione tra te ed il cavallo non esisterebbe ed al suo posto, ci sarebbe quella fusione alla quale aneli, (temendola nello stesso tempo, perché la vedi come “sabbia in un vortice”).

Lo stesso errore inavvertitamente lo facciamo quando parliamo della puzza del cavallo. Il cavallo odora è vero, anche forte, noi avvertiamo quell’odore, e lo chiamiamo puzza. Ma la divisione dell’odore in puzza e profumo, non solo la fanno VanLag, Rodi, Gyta…etc. ma sono l’essenza stessa di ciò che siamo.

La Realtà la vivi nel momento in cui non hai ancora operato quella divisione, nel momento in cui sei ancora abbastanza separata da vedere - tu, il cavallo e l’odore - ma non così tanto separata da dire che quell’odore è puzza o è profumo.

Il prezzo dell’IO è di vivere al 50% perché per tenerci l’IO censuriamo quella parte della dicotomia che non ci piace. (Poi alcuni vivono al 10% altri al 90% quello varia da persona a persona ma spero che si capisca il senso).
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Vecchio 04-01-2005, 18.10.52   #7
gyta
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Re: Ancora per Gyta

Citazione:
Messaggio originale inviato da VanLag
..Se non lo fai, se non operi quella divisione, la separazione tra te ed il cavallo non esisterebbe ed al suo posto, ci sarebbe quella fusione alla quale aneli, (temendola nello stesso tempo, perché la vedi come “sabbia in un vortice”).

La Realtà la vivi nel momento in cui non hai ancora operato quella divisione


Acc..VanLag..!!!
E' la seconda volta che su questo forum
mi consegni.. l' 'anello mancante'!
Che dire.. dovrebbe saltarmi all'occhio
quando vado in controsenso.. (un minimo di dimestichezza
di analisi..) Ma risulta evidente che l' 'autoanalisi' resta pressoché
impossibile a compiersi su determinati passaggi..
(ah..! L'orgoglio incacchiato dice..: com'è possibile cadere puntuale su passaggi dall'apparenza così 'semplici' quando lo stesso tao straindagato mi indica da sempre la direzione opposta al punto che si desidera raggiungere.. Vabbé detta così sembra una cacchiata.. intendevo il classico del contrarsi che segue l'espansione.. del separare che giunge all'unione e così di seguito
nella sostanza..)
In un film che amo molto (Scusi dov'è il west?) uno splendido e comicissimo (e tenerissimo) rabbino dice:
" nella Torà c'è scritto:'trovatevi un maestro..' Ed io così ho fatto! Per quanto a volte temo lui volesse un altro allievo.."
Beh.. qui sul forum ho un paio e più di maestri.. Per quanto -a volte- temo..


Wuaw.. perbacco anche tu..!Splendido intervento..
sulla pietra & il piede..




Gyta
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Vecchio 04-01-2005, 20.26.19   #8
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Re: Re: Ancora per Gyta

Citazione:
Messaggio originale inviato da gyta
......" nella Torà c'è scritto:'trovatevi un maestro..' Ed io così ho fatto! Per quanto a volte temo lui volesse un altro allievo.."
Beh.. qui sul forum ho un paio e più di maestri..
Gyta, ti racconto un aneddoto. Io faccio l’informatico, e da sempre, cioè per più di 30 anni, ho lavorato sui sistemi IBM. Quasi all’improvviso, per scelte aziendali, mi sono trovato a dover imparare sistemi diversi, perché il sistema che io conoscevo non c’era più. Cosa bellissima e stimolante se si hanno 30 anni, magari meno se gli anni sono 52.
Ho avuto un maestro di 30 anni sui sistemi Unix ed un altro di 29 sui sistemi Windows. Mi hanno umiliato e mi sono umiliato, però mi hanno aiutato molto ed alla fine sono riuscito a ricostruirmi una mia nicchia di competenze e di autonomia.

La più parte, delle poche cose che so e che ho capito nell’ambito della “ricerca umana”, (lasciamela chiamare così, “spirituale” non mi piace), mi sono state spiegate con una dolcezza ed una pazienza davvero speciali e la minima cosa che posso fare e cercare di condividerle con chi può essere interessato.

Siamo tutti maestri ed allievi nello stesso tempo...... chissà quante cose sai tu che io non so.

...... Accidenti, sei riuscita a farmi parlare di me, cosa che non faccio mai.

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Vecchio 04-01-2005, 21.20.20   #9
gyta
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Re: Re: Re: Ancora per Gyta

Citazione:
Messaggio originale inviato da VanLag
..La più parte, delle poche cose che so e che ho capito nell’ambito della “ricerca umana”, (lasciamela chiamare così, “spirituale” non mi piace), mi sono state spiegate con una dolcezza ed una pazienza davvero speciali

Detta tra di 'Noi'.. 'spirituale' è 'na strunzata pazzesca..'!!!
Sì.. la dolcezza m'ha accostato tanto-tanto tempo fa al mio nonnetto preferito l' 'i Ching'..(ed.mediterranee- please!.. cioè 'seria' e non abusata traduzione..) ed anche se all'inizio non ci capivo un'accidente (come mi capita adesso coi vangeli gnostici) cadendo e ricadendo.. ho iniziato a zampettare felice tra prati e fanghi..

Sì.. mestri e allievi.. vicendevolmente..
e ciò di più illuminato e spirituale resta l'odore di cavalli e sole..

Mi spiace che a volte succede, qui tra noi
che alcuni vengano allontanati solo per esser stati
più sinceramente diretti.. e questo mi dispiace proprio..

Si dovrebbe bannare la stupidità non la 'forma'..!

Gyta
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Vecchio 06-01-2005, 10.35.05   #10
VanLag
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Voglia di filosofia.....

A parte i cavalli che puzzano, trattasi di quando ci perdemmo il bene per strada. Ora a voi il fatto che si sia perso il bene per strada può sembrare ininfluente, come può sembrare ininfluente che rimaniamo qui a tirarci palate di fango in faccia, come può sembrare ininfluente non sapere più cosa è bene e cosa è male. Ma a me non sembra ininfluente, c’è un’etica fortissima in ciascuno di noi e non saperla più riconosce è abbastanza grave.
In una sintesi, ingiustamente ignorata Pirsig spiega molto bene questi concetti. Il tema dominante dei suoi scritti è la metafisica della Qualità, dove per Qualità l’autore assomma tutto quello che riguarda l’uomo e la sua ricerca ed il suo bene.. Non essendo tuttavia la risposta verbale, Pirsig fa una cosa bellissima ed oltre modo intelligente, cioè delimita con magistrale sapienza il confine di quella stessa Qualità ed al lettore non rimane che sporgersi, con occhi stupiti, per contemplare quell'abisso che gli si para davanti.

In questo passaggio spiega come mai Platone ed il suo maestro Socrate, vollero ridurre il bene, (la Qualità) ad un’idea (tema oggetto del 3d) ma come dice il trafiletto di chiusura, prima di questo passaggio la Qualità, cioè il bene erano assoluti.

I sofisti per bocca di Platone dichiaravano di insegnare la virtù. Tutte le fonti indicano che questo era il punto assolutamente centrale del loro insegnamento, ma come è possibile insegnare la virtù, che implica un assoluto morale, quando si sancisce la relatività di tutte le idee mortali?

Per scoprirlo Fedro si addentra nei volumi della Grecia antica. Finché leggendo The Greeks di H.D.F. Kitto, giunge al passo in cui si descrive “l’anima autentica dell’eroe omerico”.

“Ciò che spinge il guerriero greco a compiere imprese eroiche non è un senso del dovere come noi oggi lo intendiamo, dovere cioè nei confronti degli altri: è piuttosto dovere nei confronti di se stesso. L’eroe greco non aspira a ciò che noi traduciamo con la parola “virtù” ma a ciò che in Grecia si chiama Areté, “eccellenza”.

Platone e Socrate fanno esattamente ciò di cui accusano i sofisti: usano un linguaggio emotivamente persuasivo allo scopo di fare apparire più forte l’argomentazione più debole e questo a favore della dialettica. Ma perché distruggere l’Aretè (eccellenza)?
Platone non aveva cercato affatto di distruggere l’Areté. L’aveva incapsulata; ne aveva fatto un’Idea permanente ed immutabile: L’aveva trasformata in una Verità Eterna rigida ed immobile. L’aretè era divenuto il bene, la forma più alta, l’Idea più elevata. Essa era subordinata solo alla Verità, stessa in una sintesi di tutto il pensiero precedente.
La differenza tra il bene di Platone e dei sofisti era che il bene Platonico era un’Idea immobile ed eterna, mentre per i sofisti non era affatto un’Idea. Il bene non era una forma della realtà. Era la realtà stessa, sempre mutevole, e non conoscibile attraverso rigidi schemi.

Come mai Platone aveva fatto questo? La filosofia Platonica era il risultato di due sintesi. La prima cercava di risolvere le divergenze tra i discepoli di Eraclito e quelli di Parmenide. Ambedue le scuole credevano in una Verità Eterna. Allo scopo di vincere la battaglia per la Verità e sottomettere l’Aretè, cioè di battere coloro che insegnavano l’Aretè subordinandola alla Verità, Platone doveva prima risolvere il conflitto interno tra coloro che credevano nella Verità. A questo scopo egli affermò che la Vertià Eterna non è soltanto divenire, come dicevano i discepoli di Eraclito, e non è nemmeno un’entità immutabile, come dicevano i discepoli di Parmenide.
Ambedue queste Verità Eterne coesistono come Idee immutabili e Apparenza mutevole. Ecco perché Platone, per esempio ritiene necessario separare l’Idea di cavallo dal cavallo stesso, e dice che L’idea di cavallo è reale, vera ed immobile mentre il cavallo è un semplice fenomeno transitorio privo di importanza. L’Idea di cavallo è un’Idea pura. Il cavallo che si vede nella realtà è un insieme di apparenze mutevoli, un cavallo che può cambiare continuamente, andare dove vuole e persino morire senza scalfire minimamente l’Idea di cavallo. Il principio immortale che può avanzare in terno sulle orme degli dei antichi.

La seconda sintesi di Platone è l’incorporazione dell’Aretè dei sofisti nella sua dicotomia tra Idee e apparenza. Platone da all’Aretè una posizione di grande onore subordinandola solo alla Verità stessa ed alla dialettica, il metodo mediante il quale si giunge alla Verità.
Ma in questo suo tentativo di unire il bene e la Verità facendo del bene la più elevata tra le idee egli usurpa il posto dell’Aretè e mette al suo posto la Verità dialetticamente determinata,
Una volta che il bene viene delimitato come idea dialettica un altro filosofo non avrà difficoltà a dimostrare con metodi dialettici che l’aretè, il bene si può con vantaggio sistemare in una posizione più bassa all’interno del “vero” ordine delle cose, una posizione più compatibile con i meccanismi interni della dialettica. Questo filosofo non si sarebbe fatto aspettare a lungo. Il suo nome era Aristotele

Ecco cosa insegnavano i sofisti! Non la relatività della morale. Non la “virtù” ideale, ma l’Areté. L’eccellenza. Il Dharma! Prima della Chiesa della Ragione. Prima della sostanza. Prima della forma. Prima dello spirito e della materia. Prima della stessa dialettica. La qualità era assoluta. Quei prima maestri del mondo occidentale insegnavano la Qualità, e il mezzo che avevano scelto a questo scopo era la Retorica.



Robert M. Pirsig: Nato nel 1928 a Minneapolis da una famiglia di ascendenze tedesche e svedesi. Ha scritto “Lo Zen e l’arte della manutenzione della motocicletta”, (da cui ho estratto la citazione in oggetto) e “Lila” editi in Italia da Adelphi. Il primo libro è riconosciuto come uno dei rari libri che rimangono nella letteratura americana recente. Entrambi i libri sono una serie di brillanti riflessioni in cui l’autore mostra, oltre ad una grande cultura, una straordinaria potenza di sintesi e di riconoscimento dei fenomeni del mondo contemporaneo. Sul suo pensiero esiste anche un sito www.moq.org che parla della metafisica della qualità, tema sul quale l’autore ha imperniato i suoi scritti.


Ultima modifica di VanLag : 06-01-2005 alle ore 10.42.42.
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