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Vecchio 02-01-2006, 22.21.34   #51
epicurus
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Re: Relativi Relativismi

Citazione:
Messaggio originale inviato da Jean -Jacques
Mi spingo a dire che il relativismo è nemico di ciò che dovrebbe essere la filosofia: dibattito pubblico e pedagogia (nel senso di apprendimento dell’apprendimento).

Condivido e sottolineo che questo sia uno dei punti più importanti (forse il più importante) della filosofia.

Citazione:
Perché si dice che l’illuminismo o è assolutista e produce sterminio o è relativista e produce immoralità, menefreghismo. Ma a rimediare gli errori del razionalismo non può rientrare in campo l’oscuro fideismo, bensì solo e ancora la ragione (plurale e fallibile, umana… quel gran motto di Wittgenstein con cui Putnam apre il suo libro Realismo dal volto umano: “cerchiamo di essere umani”!!!)

Condivido anche qui.

Citazione:
Ti chiedo Epicurus di spiegare la tua affermazione “Alcuni parlano di relativismo a tutto campo, mentre altri parlano di relativismo morale: ovviamente sono due questioni ben distinte”. Sono distinte le questioni, lo vedo, ma in apparenza non le vedo così “ben” distinte. Cosa intendi?

Io sono favorevolissimo al completo abbandono della dicotomia fatto-valore. Se dai un occhio qui ti accorgerai che io sostengo una certa oggettività dei giudizi di valore, quello che non accetto è l'assolutismo morale. Mi spiego velocemente: che i campi di concentramento tedeschi fossero crudeli, è un giudizio oggettivo. Ma non ci sono mai precetti morali oggettivi (o assoluti): non è possibile trovare "Tu (non) devi fare x" e ritenerlo assolutamente (e oggettivamente) vero.

Detto questo si capisce che in ogni discorso si ha livelli di oggettività (nel senso che non vi è relativismo), ma non negli ordini, che non sono mai oggettivi. Da qui il mio oggettivismo ontologico-epispemico e relativismo/pluralismo morale.

Citazione:
Forse, se volete portare avanti il discorso, potremmo tutti provare a farci un quadro assieme sulle varie componenti filosofiche che conducono al relativismo.
Esistono molte radici del relativismo. Subito mi vengono in mente queste: c’è una componente puramente storicista e poi una antiumanista e post-strutturalista.

Adesso come adesso, mi viene in mente:

a) Kant (o sue interpretazioni): nel quale gli schemi concettuali degli agenti determinano in tutto e per tutto (ed in modo anche potenzialmente differente tra agente e agente) il mondo, quindi il mondo è relativo all'agente.

b) Neopositivisti logici: noi abbiamo esperienza solo dei qualia (o data-sense) quindi il mondo è relativo all'agente.

c) Noi sbagliamo, quindi noi potremmo sempre sbagliare. perciò, la correttezza (o verità) di asserti dipende da un dato momento storico.

Citazione:
Nella morale il relativismo è stato giustificato anche da un’impostazione della filosofia analitica sotto influsso del positivismo logico che per un eccesso di razionalismo ha relegato il discorso morale a mera estetica ed emotività. Da bravo Jean Jacques io credo che l’emozioni siano fondamentali nella morale, credo pure che le emozioni non siano irrazionali ma entrino a pieno titolo in ciò che noi chiamiamo ragione. Il patatrac (morale e a volte anche psicologico) avviene per l’appunto quando le emozioni non sono discusse, ragionevoli.

La morale è una costruzione umana e come tale va analizzata psico-sociologicamente, cioè come un fenomeno individuale e sociale. Quindi il fondamento di questa è nell'uomo e non da qualche altra parte: è stupido dire "la morale per essere morale veramente deve essere indipendente dagli interessi e scopi degli uomini, ma dato che ci siamo accorti che lo è allora la morale non esiste".


epicurus
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Vecchio 02-01-2006, 22.49.14   #52
Jean -Jacques
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Esperienza morale e realtà sociale

[quote]Messaggio originale inviato da epicurus
io sostengo una certa oggettività dei giudizi di valore, quello che non accetto è l'assolutismo morale. Mi spiego velocemente: che i campi di concentramento tedeschi fossero crudeli, è un giudizio oggettivo. Ma non ci sono mai precetti morali oggettivi (o assoluti): non è possibile trovare "Tu (non) devi fare x" e ritenerlo assolutamente (e oggettivamente) vero.

Detto questo si capisce che in ogni discorso si ha livelli di oggettività (nel senso che non vi è relativismo), ma non negli ordini, che non sono mai oggettivi. Da qui il mio oggettivismo ontologico-epispemico e relativismo/pluralismo morale.

Provo a vedere se ho capito la tua posizione, Epicurus. Ritieni che l'affermazione "i campi di concentramento sono crudeli" sia oggettiva nonostante l'evidente (e inveitabile commistione) tra una componente descrittiva e una affermazione di valore ("crudeli" è qualcosa di più di "organizzazioni volte all'eliminazione assai efficiente e rapida di esseri umani").
Ma ti chiedo: ritieni che questa affermazione faccia già parte della morale?
Perchè il precetto morale "non uccidere" o "non erigere campi di sterminio" mi sembra deducibile da questa affermazione che pure tu consideri oggettiva.
Gli ordini sono appunto regole non giustificabili metafisicamente, ontologicamente in base a un dover essere che se ne sta nell'iperuranio. Ma
hanno una realtà individuale e sociale radicata nell'esperienza morale che ogni essere unamo fa e condivide.

Dove sbaglio secondo te?
Jean -Jacques is offline  
Vecchio 02-01-2006, 23.15.56   #53
epicurus
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Re: Esperienza morale e realtà sociale

Citazione:
Messaggio originale inviato da Jean -Jacques
Provo a vedere se ho capito la tua posizione, Epicurus. Ritieni che l'affermazione "i campi di concentramento sono crudeli" sia oggettiva nonostante l'evidente (e inveitabile commistione) tra una componente descrittiva e una affermazione di valore ("crudeli" è qualcosa di più di "organizzazioni volte all'eliminazione assai efficiente e rapida di esseri umani").
Ma ti chiedo: ritieni che questa affermazione faccia già parte della morale?
Perchè il precetto morale "non uccidere" o "non erigere campi di sterminio" mi sembra deducibile da questa affermazione che pure tu consideri oggettiva.
Gli ordini sono appunto regole non giustificabili metafisicamente, ontologicamente in base a un dover essere che se ne sta nell'iperuranio. Ma
hanno una realtà individuale e sociale radicata nell'esperienza morale che ogni essere unamo fa e condivide.

Dove sbaglio secondo te?

No, non ritengo che da "i campi di concentramento sono crudeli" si possa dedurre un precetto morale come "non erigere campi di concentramento".

Immagina il caso che Hitler stia osservando - da dietro un vetro, poniamo - l'uccisione in una camera a gas di una cinquantina di persone. Uno dei prigionieri potrebbe urlare - così forte da esser udito oltre i vetri da Hitler stesso - una cosa del tipo: "Che crudeltà!! Perchè mai ci meritiamo quest'orrore?!".
Sentendo questo, Hitler sorriderebbe e tra sè e sè ammetterebbe divertitò: "Sì, è una crudeltà.".

A noi viengono insegnate le parole 'crudele', 'bestiale', 'malvagio', 'intollerante', 'antipatico' etc. come tutte le altre. Quindi il problema che tu sollevi si dissolve.

(E' però ovvio che parole del tutto generiche come 'buono' o 'cattivo' sono puramente valutative, cioè sono traducibili con un precetto morale; quindi se avessi detto che è cattivo erigere campi di concentramento, ciò implicherebbe il precetto morale "non erigere campi di concentramento".)

Spero di averti chiarito la mia idea
epicurus
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Vecchio 03-01-2006, 02.39.52   #54
Braveheart
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Re: Relativista? Realista interno

Citazione:
Messaggio originale inviato da Jean -Jacques

Spesso come hanno scritto alcuni di noi, dietro al relativismo c'è solo menefreghismo e indifferenza.
Altrattanta paura, però, mi fanno i nemici del relativismo, vedi il mostruoso Pera o il degno di stima (ma temibile) Ratzinger.

Condivido in toto!^_^ In effetti il relativismo spesso non è autentico, ma solo uno scudo per parare il proprio egoismo.
Io cmq sono sempre più convinto che nel mondo ci sono cose assolute! Es stupido: se due persone hanno davnati un cubo rosso, e la prima dice che è rosso mentre la seconda no, quest'ultima si sbaglia poiché il cubo OGGETTIVAMENTE è rosso.
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Vecchio 03-01-2006, 02.41.50   #55
Braveheart
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Re: Re: relativismo: un concetto pericoloso?

[quote]Messaggio originale inviato da miky 1987


Concordo con te miky, infatti io sono contro il relativismo sui valori e non su quello culturale, poiché la diversità nel mondo esiste per forza di cose (ed è meglio che sia così!)
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Vecchio 03-01-2006, 15.27.58   #56
Jean -Jacques
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Re: Re: Esperienza morale e realtà sociale

Citazione:
Messaggio originale inviato da epicurus
No, non ritengo che da "i campi di concentramento sono crudeli" si possa dedurre un precetto morale come "non erigere campi di concentramento".

Immagina il caso che Hitler stia osservando - da dietro un vetro, poniamo - l'uccisione in una camera a gas di una cinquantina di persone. Uno dei prigionieri potrebbe urlare - così forte da esser udito oltre i vetri da Hitler stesso - una cosa del tipo: "Che crudeltà!! Perchè mai ci meritiamo quest'orrore?!".
Sentendo questo, Hitler sorriderebbe e tra sè e sè ammetterebbe divertitò: "Sì, è una crudeltà.".

A noi viengono insegnate le parole 'crudele', 'bestiale', 'malvagio', 'intollerante', 'antipatico' etc. come tutte le altre. Quindi il problema che tu sollevi si dissolve.

(E' però ovvio che parole del tutto generiche come 'buono' o 'cattivo' sono puramente valutative, cioè sono traducibili con un precetto morale; quindi se avessi detto che è cattivo erigere campi di concentramento, ciò implicherebbe il precetto morale "non erigere campi di concentramento".)

Spero di averti chiarito la mia idea
epicurus

Credo di avere capito e credo anche che teoreticamente le nostre posizioni non siano distantissime.
La ricostruzione che fai col tuo esempio la ritengo giusta, sennonchè è (guardacaso...) svalutativa
Quando parlavo di esperienza morale intendevo fare un riferimento forte e preciso.
Mi spiego. In un certo senso un Hitler che sorride e dice "sì sto commettendo una crudeltà" è in contraddizione perchè è evidente che non ha intelligenza (morale, valutativa, emotiva) della parola crudeltà.
Naturalmente il riferimento oggettivo dell'esperienza morale è qualcosa di diverso da un rigido ancoraggio logico e razionalista della morale. Non si convince Hitler con un ragionamento. Però i giudizi morali esistono e non possono essere ridotti a mere affermazioni ricavate da un sistema di convinzioni indimostrabili.
Forse se dico che il surplus morale ha una radice emotiva Epicurus può dirmi che allora devo riconoscere il relativismo (e irrazionalismo?) delle affermazioni morali.
Qui però allora dobbiamo discutere su come interpretiamo le emozioni. Io non penso che siano irrazionali. Come argomenta dettagliatamente la Nussbaum, la separazione ragione-emozione non si regge, perchè le emozioni sono una componente costitutiva del pensiero umano.
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Vecchio 03-01-2006, 15.41.19   #57
nexus6
like nonsoche in rain...
 
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Non vorrei rompere codesto magico idillio, ma pensate a questo: vi trovate davanti ad un solipsista ultraconvinto di ciò che pensa (ipotesi remota, ma non impossibile); come e cosa fareste per fargli cambiare veramente idea?
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Vecchio 03-01-2006, 15.49.48   #58
Jean -Jacques
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Nexus io credo che la risposta l'ha data tanto tempo fa Aristotele e non ci si deve sentire così poco originali a riproporla. Il solipstista è libero di esserlo, ma non ci venga a parlare di coerenza. Non parli proprio e nemmeno gesticoli...
Perchè se fa qualcosa cerca consenso (in qualsiasi perversa forma) e non può.
Il solipsta è poco generoso e forse un po' bambino.
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Vecchio 03-01-2006, 16.10.23   #59
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Re: Re: Re: Esperienza morale e realtà sociale

Citazione:
Messaggio originale inviato da Jean -Jacques
Credo di avere capito e credo anche che teoreticamente le nostre posizioni non siano distantissime.
La ricostruzione che fai col tuo esempio la ritengo giusta, sennonchè è (guardacaso...) svalutativa
Quando parlavo di esperienza morale intendevo fare un riferimento forte e preciso.
Mi spiego. In un certo senso un Hitler che sorride e dice "sì sto commettendo una crudeltà" è in contraddizione perchè è evidente che non ha intelligenza (morale, valutativa, emotiva) della parola crudeltà.
Naturalmente il riferimento oggettivo dell'esperienza morale è qualcosa di diverso da un rigido ancoraggio logico e razionalista della morale. Non si convince Hitler con un ragionamento. Però i giudizi morali esistono e non possono essere ridotti a mere affermazioni ricavate da un sistema di convinzioni indimostrabili.

Non voglio parlare di convinzioni indimostrabili, perchè non c'è niente di indimostrabile perchè non c'è niente da dimostrare, ma solo da imparare ad usare il linguaggio. Mi si spiega come usare la parola 'sedia' e così l'ho imparata, senza convinzioni dimostrabili o non.

Noi abbiamo competenza nell'usare la parola 'sedia', come anche le parole 'spietato' e 'antipatico'. Uno che uccide a sangue freddo un bambino è spietato, indipendentemente dalle nostre convinzioni morali. E' ovvio che solitamente con 'spietato' c'è accompagnato un rimprovero morale, ma non è necessario; inoltre se una pratica diventa comune ed accettata da una comunità diventerà non più spietata, cioè il termine 'spietato' può cambiare connotazioni in funzione del cambio di morale sociale, ma non ne è componente necessario.

Hitler non è in contraddizione, anche perchè col tuo ragionamento si dovrebbe arrivare all'assurdo che la maggior parte delle persone usano tali parole in modo contraddittorio, ma ciò è falso perchè tali parole hanno si un collegamento con la morale ma essa non determina completamente il loro significato.

Citazione:
Forse se dico che il surplus morale ha una radice emotiva Epicurus può dirmi che allora devo riconoscere il relativismo (e irrazionalismo?) delle affermazioni morali.
Qui però allora dobbiamo discutere su come interpretiamo le emozioni. Io non penso che siano irrazionali. Come argomenta dettagliatamente la Nussbaum, la separazione ragione-emozione non si regge, perchè le emozioni sono una componente costitutiva del pensiero umano.

Ok, in alcuni casi alcune parole sono usate (oltre al loro valore oggettivo, come proponevo) anche come un'espressione dei propri gusti e valori.
Quindi i giudizi morali hanno una componente sociale e una personale: vi è una scala che va da uno all'altro. Da una parte (quella sociale) c'è l'enunciato tipo "maria è intollerante" e dall'altra (quella personale) "uccidere è immorale".

Se vogliamo entrambe le componenti sono oggettive, la prima espone un'oggettività nell'uso dei termini entro una data comunità scientifica; mentre la secondo espone un'oggettività dei miei gusti, infatti se dico "a me piace il gelato", tale enunciato è oggettivo nell'esprimere i miei gusti.

Ovviamente per fortuna i giudizi morali hanno quasi tutti una forte componente sociale, altrimenti non potrebbe darsi una morale condivisa o un pluralismo morale-culturale, ma solo anarchismo morale.


epicurus
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Vecchio 03-01-2006, 16.19.21   #60
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Messaggio originale inviato da nexus6
Non vorrei rompere codesto magico idillio, ma pensate a questo: vi trovate davanti ad un solipsista ultraconvinto di ciò che pensa (ipotesi remota, ma non impossibile); come e cosa fareste per fargli cambiare veramente idea?

Se stai parlando di solipsismo morale (dato che ultimamente stiamo parlando del campo morale) allora dovrà cercare di spiegare di che tipo di solipsismo (relativismo?) morale sta sostenendo e argomentarlo.

Se invece parli di solipsismo in generale (tipo rispetto al mondo), allora sei un po' off-topic perchè qui si parla di relativismo

epicurus
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