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Vecchio 01-02-2006, 15.58.57   #11
epicurus
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Messaggio originale inviato da Yam
Anselmo sostiene semplicemente che Dio e' impensabile, come il Brahman Nirguna e' privo di ogni attributo nell'Advaita Vedanta.
Siccome la mente per funzionare deve per forza rendere un "oggetto" il pensato, cio' che non puo' essere pensato deve per forza esistere oltre l'intelletto, a meno che non pensiamo che cia sia il nulla. Ma il nulla e' un "oggetto", un concetto della mente.
Dio non puo' essere pensato. Se e' pensato rimaniamo in una Ontologia della Mente.
E' per questo che Eckart nelle sue prediche diceva "Prego Dio perche' mi liberi da Dio".
Anselmo era indubbiamente un Mistico

no, Anselmo non dice che dio è impensabile, perchè lo definisce proprio come il più grande ente (e poi, con cartesio, come il più perfetto). quindi non è vero ciò che dici.

ma più di tanto non mi interessa quello che pensa(va) anselmo (o cartesio), ma quanto certi argomenti siano validi o meno. ti chiedo: che senso avrebbe affermare che l'oggetto di una dimostrazione (o argomentazione) è provare che dio non è pensabile e che quindi esiste? e a cosa si riferirebbe tale dimostrazione?
questo per dirti che se non possiamo pensare dio allora la sua esistenza non può essere dimostrata. inoltre se qualcosa non è pensabile (cioè totalmente fuori dal nostro campo concettuale) allora non gli si può attribuire neppure l'esistenza. d'altra parte è facile vedere come sia insensato parlare di concetti non concettualizzabili (o parole non concettualizzabili ma che si riferiscono a qualcosa).

dai un occhio al mio post del 01/09/05 qui


epicurus

P.S. questi pasticci filosofici sbucano da un'ingenua teoria del significato.
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Vecchio 01-02-2006, 17.14.02   #12
Yam
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Messaggio originale inviato da epicurus
no, Anselmo non dice che dio è impensabile, perchè lo definisce proprio come il più grande ente (e poi, con cartesio, come il più perfetto). quindi non è vero ciò che dici.

ma più di tanto non mi interessa quello che pensa(va) anselmo (o cartesio), ma quanto certi argomenti siano validi o meno. ti chiedo: che senso avrebbe affermare che l'oggetto di una dimostrazione (o argomentazione) è provare che dio non è pensabile e che quindi esiste? e a cosa si riferirebbe tale dimostrazione?
questo per dirti che se non possiamo pensare dio allora la sua esistenza non può essere dimostrata. inoltre se qualcosa non è pensabile (cioè totalmente fuori dal nostro campo concettuale) allora non gli si può attribuire neppure l'esistenza. d'altra parte è facile vedere come sia insensato parlare di concetti non concettualizzabili (o parole non concettualizzabili ma che si riferiscono a qualcosa).

dai un occhio al mio post del 01/09/05 qui


epicurus

P.S. questi pasticci filosofici sbucano da un'ingenua teoria del significato.


2. O forse non esiste qualche natura siffatta, poiché l'insipiente ha detto in cuor suo: Dio non esiste (Sal 14, 1 e 53, 1)? Ma certamente quel medesimo insipiente, quando ode ciò che io dico, cioè qualcosa di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore, intende ciò che sente dire; e ciò che intende è nel suo intelletto, anche se egli non intende che ciò esiste.

Epicurus, tu manchi di sensibilita' Mistica come l'insipiente altrimenti queste parole ti sarebbero esplicite. Tu le intendi attraverso l'intelletto identificato con le forme e i concetti.....certo da quel punto di vista hai ragione, Yam con la filosofia non ci acchiappa molto

Con affetto e stima.....

Ultima modifica di Yam : 01-02-2006 alle ore 17.31.11.
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Vecchio 01-02-2006, 17.57.44   #13
visechi
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Ho letto con interesse il contenuto del post da te inserito su altra pagine del forum spiritualità. Alcune considerazioni da parte mia. Sostieni:


Citazione:
Alcune persone religiose pensano che il linguaggio umano non sia adatto per parlare di dio, cosi` ogni discorso su dio cade nell’insensatezza o nella falsita`:

Già in ciò rilevo un’imprecisione: la teologia negativa – teologia apofatica (Dionigi l’Areopagita) – è una branca, se mi passi l’epiteto, della teologia che appassiona non solo i credenti, ma la filosofia teologica in genere, quindi anche chi non si professa credente. I discorsi sviluppati da questa affascinante ‘ripartizione’ della teologia, sono molto più che sensati, e men che meno falsi, pur addivenendo alla conclusione, affatto pessimistica (se al termine è attribuita una connotazione moralistica di tenore negativo), dell’impossibilità per la mente umana di de-finire l’ineffabilità divina.

Citazione:
questa tesi e` intrinsecamente connessa con la tesi epistemologica secondo la quale la mente umana non possa conoscere nulla riguardo a dio. Queste persone argomentano che la mente umana opera con concetti umani e per questo noi non possediamo, e non potremo mai avere, concetti per descrivere dio.


Un’estremizzazione del postulato teologico in parola, riveniente dalla speculazione apofatica (esiste un’abbondante letteratura apofatica), si espande anche in altri settori dello scibile umano, fino a giungere all’asserto che la dizione e la grafia, quindi il linguaggio comune sia impossibilitato a rendere con compiutezza e finitezza non solo l’immagine e l’essenza divina, ma anche e soprattutto la nostra intima essenza, cioè del profondo della psiche o anima che dir si voglia - e qui starebbe il tragico (nel senso che la tradizione greca attribuiva al termine) della vita di ciascuno di noi -. Tant’è, che nell’analisi del profondo, ci si affida, più che al linguaggio scritto e verbale, quello più comunemente usato nella comunicazione, a quello del corpo o che sgorga inconsulto dal profondo dell’anima stessa – motti di spirito, emozioni, gioie, patimenti, sensazioni in genere (un’emozione non la rendi in immagine speculare attraverso le parole o lo scritto, parimenti un sentimento o un dolore o l’angoscia irrazionale) -, relegando la dizione e la grafia a suo corollario e sostegno. La mente umana non è strumento atto a penetrare i misteri del Numinoso. Se Dio è ospitato nel profondo della nostra anima, o se questa è habitat ideale della sua immagine, come postula la mistica di derivazione eckhartiana, non sarà certo la mente a penetrare i misteri divini, al più li potrà lambire, approssimando la ratio a quel limine che è cesura e censura della razionalità stessa. I misteri assurgono a luogo ove dispiega la propria azione e il proprio sentire percettivo l’intimo di ciascuno di noi, anche se, apofaticamente, anche il nostro intimo, pur avvertendo il riflesso di questa immanenza divina (ove mai fosse divina), è incapacitato, per propri limiti congeniti, ad estrapolarne un significato che sia anche significante. I misteri divini restano celati, occulti ed impenetrabili. Ratio e ‘spirito’ sospingono se stessi, e con loro l’uomo, olisticamente inteso, a lambire l’orizzonte degli eventi rappresentato dall’ineffabilità divina.

Citazione:
Loro argomentano che noi siamo stati creati da dio per interagire con il mondo quotidiano, ma non siamo stati creati per applicare i nostri concetti ad una sfera non empirica.
Ma asserire che noi siamo stati creati da dio per applicare i nostri concetti ad una sfera terrena, fa sorgere parecchi problemi. Innanzitutto si postula gia` l’esistenza di dio, ma se dio non esistesse allora non sarebbe vero che “noi siamo stati creati da dio per applicare i nostri concetti ad una sfera ‘terrena’”, prima di tutto perche` se dio non esiste non ci avrebbe creati lui, e secondo perche` se dio non esiste non ha senso dire che ‘noi siamo stati creati per’ perche` questo presuppone una visione teleologica della natura, che noi per ipotesi abbiamo scartato. Pero`, anche se dio esistesse, non si protrebbe sapere con che scopo lui ci abbia creati.

In questo passaggio compi un’inversione ad ‘U’, una circonvoluzione logica che ti allontana dall’incipit che ha mosso il ragionamento stesso. Lo involvi e non lo evolvi. La teologia apofatica, che asserisce appunto l’impossibilità di conoscere e de-finire Dio, non ha in alcun caso la pretesa, più che altro di maniera, di asserire ‘che noi siamo creati per…’. Sarebbe un presumere assiomatico e oltremodo antinomico, paradossale ed antitetico (tre sinonimi per rimarcare il concetto). Per chi asserisce l’impossibilità di conoscere Dio, sarebbe quanto mai e quanto meno contraddittoria la pretesa di aver giusta e vera nozione della finalità della Creazione. Ignorando le caratterizzazione e de-finizioni (conchiusive) del Creatore, a maggior ragione ignora le finalità stesse della Creazione. Si tratta di una teologia negativa che semplicemente è aliena da qualsiasi tentazione teleologica.

Citazione:
V’e` pero` un’altra obiezione importante, ma sottovalutata da molti, da prendere in considerazione. Accettiamo che i nostri concetti sono stati disegnati (in senso teologico o in senso evoluzionistico, non importa per quest’argomentazione) per essere applicati agli oggetti del mondo empirico. Da esso segue che essi non possono essere applicati a dio? No, infatti sembra che l’uomo non fosse stato creato per volare o andare nello spazio, ma cio` non gli ha affatto impedito di realizzare questi due grandi traguardi. Inoltre noi assistiamo continuamente a casi nei quali oggetti e idee costruiti o pensati per determinati scopi, vengono riutilizzati in contesti totalmente estranei a questi. Ci basti pensare ad un cancello utilizzato come schiaccianoci, o ad una racchetta da tennis come scolapasta.

Altra argomentazione piuttosto fumosa, che non comprendo…. Al fine di evitare fraintendimenti, sarei interessato ad un suo sviluppo. Il Creatore Crea la Creazione, ponendo ai piedi della Creatura gli strumenti per un’evoluzione necessitata da un disegno in-udibile, imperscrutabile ed inintelligibile di Dio… non noto alla Creatura, ma noto, senza dubbio, fin dall’Origine, al Creatore.

Citazione:
Un attacco differente al pessimista teologico puo` essere sferrato mostrando la falsita` della sua posizione senza addurre argomentazioni teoriche, bensi` esibendo casi che confutano la tesi secondo la quale i nostri concetti si applicano solo al mondo dell’esperienza. Questi casi rappresentano i grandi traguardi delle moderne scienze fisiche e cosmologiche: antimateria, buchi neri, quark, big bang, sovrapposizione degli stati, l’interno di una stella, leptoni, etc.

La teologia negativa si occupa del problema di Dio, della sua conoscenza, della sua indefettibilità ed ineffabilità, non curandosi del mondo fenomenico entro, sopra e sotto cui scorazza – indisturbata per la teologia apofatica – la scienza intuitiva, empirica e allucinata (l’ultimo aggettivo è totalmente mio), per cui poco rileva e nulla inficia, rispetto ai postulati espressi dall’apofatismo, sostenere che il campo della scienza stia riservando non poche soddisfazioni a quanti in esso sono immersi per passione, ricerca, studio e allucinazione (ancora una volta mia convinzione personale). Le scienze speculative stanno dimostrando, ad abbundantiam – nel caso perdonami il latino claudicante – che più ci si approssima all’orizzonte del sapere, più questa linea che si staglia di fronte agli occhi della mente, si allontana. Più s’intuisce qualcosa di non dimostrabile empiricamente, più si radica l’intuizione che vi è un’infinità d’altre cose da intuire, fungendo così – l’intuizione che precede e pre-mette le altre prossime intuizioni - da orizzonte che dischiude sempre variegati e più oscuri orizzonti. La ricerca, in questo settore, è inesauribile ed inesausta.

Ultima modifica di visechi : 01-02-2006 alle ore 17.59.46.
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Vecchio 01-02-2006, 17.58.51   #14
visechi
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2^ parte

Citazione:
Vi e` un ultima argomentazione contro il pessimismo teologico che, al contrario delle precedenti, si prefigge l’obiettivo di mostrare definitivamente l’impraticabilita` di questa via, rivelando la profonda inconsistenza di questo progetto e di altri che si rivolgono verso il medesimo obiettivo.
Al pessimista teologico preme farci sapere che dio e` completamente differende dalle cose del nostro mondo, quindi non puo` essere possibile usare i nostri concetti per descriverlo. Cerchiamo di analizzare cio` che il pessimista teologico ci vuole dire: dio non condivide nessuna proprieta` con le cose con cui noi abbiamo familiarita`, cioe` dio non ha niente in comune con gli oggetti che noi conosciamo. Ma riflettiamo un attimo. Dio, per quello che abbiamo appena detto, deve stare nella relazione ‘non aver nulla in comune’ con ogni cosa del nostro mondo. Ma questo risulta incoerente. Inoltre se i concetti umani non si possono applicare a dio, allora non possiamo neppure dire ‘i concetti umani non si possono applicare a dio’, ne tantomeno ‘dio esiste’. In realta`, a seguire il pessimista teologico, il concetto ‘dio’ verrebbe svuotato completamente di ogni significato, propio come avveniva per i verificazionisti. Cosi` con l’intento di rendere il proprio dio immune da ogni problematicita` e attacco, i pessimisti teologici si sono trovati con nulla da difendere. Questa, a mio avviso, era l’intuizione correta di Flew..

Anche in questa circostanza, mi duole rilevarlo, non convengo minimamente con quanto affermato. La familiarità di Dio con quanto sarebbe creato (parlo da agnostico tendente all’ateismo scettico) è connessa e dipendente dal semplice fatto dell’atto creativo in sé. Quel che impropriamente – a parer mio – definisci ‘assenza di familiarità’ potrebbe essere invece argomentata con assenza di coinvolgimento diretto alle cose dell’uomo. Argomento che, ben puoi rilevare, implica ben altre e più tragiche conseguenze (sempre desunto o attinto dalla tradizione greca), ben diverso tenore e pregnanza. La teologia apofatica – se di quella stiamo amabilmente discettando, mi parrebbe di sì – non svuota di significato e senso il concetto di ‘Dio’… tutt’altro, lo riveste di un alone di mistero che è cesura e censura per la razionalità (contra ratio… si dice così?), attribuendogli - al concetto – una connotazione affatto umana, affatto preda della teologia gnostica, ricollocandolo sullo scranno del sacro (dall’etimo inviolabile, separato) e del Numinoso che sempre ha occupato prima dell’avvento del Cristianesimo; riattribuendo così dignità piena ed indefettibile al Dio del Roveto dell’Antico Testamento, senza con ciò operare una frattura fra il Dio testimoniato da Gesù e quello veterotestamentario.
Nel nostro individuale o collettivo – umano – escursus storico, spirituale e di ricerca tendente ad approssimarci a Dio vi sarebbe così sempre maggiore dissimiglianza che somiglianza, e traguardare Dio, per noi mortali, sarebbe impresa che riempirebbe l’infinita distanza che da Lui ci separa… distanza che, nell’eterno gioco delle compossibilità (il concetto di Dio racchiude e com-prende tutto: possibilità e impossibilità, quindi compossibilità), è già colmata, essendo Dio nell’anima e più prossimo di quanto l’infinità divina dispieghi ai nostri sensi…. Prossimo e così distante. Eckhart, nell’impossibilità di fornire de-finizioni che evitassero di annullare la sua infinità, amava affermare che Dio è non-ente, Niente (negazione della negazione), e per ricongiungerci a Lui, nel profondo della nostra Anima, teorizzava e suggeriva un percorso di nullificazione (ignorare d’ignorare)…. Ma sarebbe altro ed appassionante discorso.

Bye
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Vecchio 01-02-2006, 18.20.04   #15
VanLag
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cioè qualcosa di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore

Epicurus, tu manchi di sensibilita' Mistica come l'insipiente altrimenti queste parole ti sarebbero esplicite.
Yam….. “qualcosa di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore” (quo nihil maius cogitar potest) , cioè ciò che disse Anselmo, è profondamente diverso da quello che gli hai fatto dire tu cioè che “Dio e' impensabile", questo indipendentemente dalla sensibilità mistica o filosofica.

Manipolare le parole per dimostrare la propria tesi non è misticismo ma mistificazione che non fa bene a nessuno.....

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Vecchio 01-02-2006, 18.30.53   #16
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Yam….. “qualcosa di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore” (quo nihil maius cogitar potest) , cioè ciò che disse Anselmo, è profondamente diverso da quello che gli hai fatto dire tu cioè che “Dio e' impensabile", questo indipendentemente dalla sensibilità mistica o filosofica.

Manipolare le parole per dimostrare la propria tesi non è misticismo ma mistificazione che non fa bene a nessuno.....


non volevo mistificare, semplicemente e frettolosamente non mi ero reso conto che Anselmo stava concependo una grandiosa "Idea di Dio"....quella di cui Eckhart ad un certo punto del suo percorso comprende essere appunto solo "una idea".
Stava cioe' "oggettivando" il non-oggettivabile.
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Vecchio 01-02-2006, 18.56.49   #17
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non volevo mistificare, semplicemente e frettolosamente non mi ero reso conto che Anselmo stava concependo una grandiosa "Idea di Dio"....quella di cui Eckhart ad un certo punto del suo percorso comprende essere appunto solo "una idea".
Stava cioe' "oggettivando" il non-oggettivabile.
Sei un "alchimista" di parole..... Attento però per trasformare un sasso in oro non basta dire che è d'oro..... Bisogna prima averlo trasformato....

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Vecchio 01-02-2006, 19.34.50   #18
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Sei un "alchimista" di parole..... Attento però per trasformare un sasso in oro non basta dire che è d'oro..... Bisogna prima averlo trasformato....


Guarda, a pensarci bene questo Anselmo e altri come lui devono aver fatto un sacco di danni.....tanto che Eckhart infatti, pur essendo uno dei piu' grandi teologi della storia, su quel punto fu censurato da bolla papale, e da che papa! Giovanni XXII . Su www.eresie.it c'e' una sua bella biografia.
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Vecchio 02-02-2006, 10.05.38   #19
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Messaggio originale inviato da visechi
Già in ciò rilevo un’imprecisione: la teologia negativa – teologia apofatica (Dionigi l’Areopagita) – è una branca, se mi passi l’epiteto, della teologia che appassiona non solo i credenti, ma la filosofia teologica in genere, quindi anche chi non si professa credente. I discorsi sviluppati da questa affascinante ‘ripartizione’ della teologia, sono molto più che sensati, e men che meno falsi, pur addivenendo alla conclusione, affatto pessimistica (se al termine è attribuita una connotazione moralistica di tenore negativo), dell’impossibilità per la mente umana di de-finire l’ineffabilità divina.

la mia prima imprecisione e` che ho usato il termine 'teologia negativa' mentre avrei dovuto scrivere 'teologia pessimista'. poi, naturalmente, alcuni vedono come via d'uscita al pessimismo teologico (cioe` non riesco a parlare di dio) la teologia negativa (definire dio per negazioni).
si`, comunque tale pessimismo e` presente tanto nei credente quanto nei non credenti: i primi usano questa argomentazione per rendere dio piu` inneffabile (e quindi meno confutabile), mentre i secondi per mostrare che non esiste (o meglio: tale termine non ha referente). (gli stessi neopositivisti negarono la significanza delle proposizioni religiose, e non erano certo teisti.)

Citazione:
Un’estremizzazione del postulato teologico in parola, riveniente dalla speculazione apofatica (esiste un’abbondante letteratura apofatica), si espande anche in altri settori dello scibile umano, fino a giungere all’asserto che la dizione e la grafia, quindi il linguaggio comune sia impossibilitato a rendere con compiutezza e finitezza non solo l’immagine e l’essenza divina, ma anche e soprattutto la nostra intima essenza, cioè del profondo della psiche o anima che dir si voglia - e qui starebbe il tragico (nel senso che la tradizione greca attribuiva al termine) della vita di ciascuno di noi -. [...] Se Dio è ospitato nel profondo della nostra anima, o se questa è habitat ideale della sua immagine, come postula la mistica di derivazione eckhartiana, non sarà certo la mente a penetrare i misteri divini, al più li potrà lambire, approssimando la ratio a quel limine che è cesura e censura della razionalità stessa. I misteri assurgono a luogo ove dispiega la propria azione e il proprio sentire percettivo l’intimo di ciascuno di noi, anche se, apofaticamente, anche il nostro intimo, pur avvertendo il riflesso di questa immanenza divina (ove mai fosse divina), è incapacitato, per propri limiti congeniti, ad estrapolarne un significato che sia anche significante. I misteri divini restano celati, occulti ed impenetrabili. Ratio e ‘spirito’ sospingono se stessi, e con loro l’uomo, olisticamente inteso, a lambire l’orizzonte degli eventi rappresentato dall’ineffabilità divina.

ci sono due sensi distinti di 'dio e` dentro di noi'. il primo e` un eliminativismo psicologista (esiste solamente la sensazione/immagine che abbiamo di dio), mentre la seconda dice che esiste qualcosa e questo qualcosa e` dio e risiede dentro di noi. la prima posizione la posso capire (`e intilleggibile), mentre la seconda e` molto oscura. inoltre se tu riferiresti questo, allora dio non sarebbe piu` quell'inneffabile che si vuole sostenere. per di piu` un'emozione non interpretata non avra` contenuto conoscitivo, non perche` possieda un contenuto che non vogliamo innalzarlo normativamente a conoscenza, ma perche` una emozione non interpretata (ho comunque dei forti dubbi persino se esistano emozioni non concettualizzate) e` solo un'emozione e non ha la forza espressiva per affermare esistenze di qualsiasi genere.

Citazione:
La teologia apofatica, che asserisce appunto l’impossibilità di conoscere e de-finire Dio, non ha in alcun caso la pretesa, più che altro di maniera, di asserire ‘che noi siamo creati per…’.

no ho detto che questo e` quello che un pessimista (teologico) deve sostenere, ed infatti ho argomentato che questa posizione non e` sostenibile per lui. non ho ritenuto che un pessimista dice questo.

Citazione:
Altra argomentazione piuttosto fumosa, che non comprendo…. Al fine di evitare fraintendimenti, sarei interessato ad un suo sviluppo. Il Creatore Crea la Creazione, ponendo ai piedi della Creatura gli strumenti per un’evoluzione necessitata da un disegno in-udibile, imperscrutabile ed inintelligibile di Dio… non noto alla Creatura, ma noto, senza dubbio, fin dall’Origine, al Creatore.

i miei intenti - nel passo che stiamo entrambi citando - erano semplici: sostenere che la posizione del pessimista teologico non e` sostenibile e che vi sono posto per argomentazioni in filosofia della religione. (anch'io per di piu` sono agnostico, ma filo ateo, ma prima di ritenersi cosi`, e di cercare di argomentare qualcosa, bisogna riconoscere la significanza dei discorsi teologici.)

in definitiva, il mio obiettivo e` il pessimismo teologico, cioe` far notare che questo si convuta da solo.


epicurus
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Vecchio 02-02-2006, 13.51.21   #20
Weyl
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2. O forse non esiste qualche natura siffatta, poiché l'insipiente ha detto in cuor suo: Dio non esiste (Sal 14, 1 e 53, 1)? Ma certamente quel medesimo insipiente, quando ode ciò che io dico, cioè qualcosa di cui non può pensarsi nessuna cosa maggiore, intende ciò che sente dire; e ciò che intende è nel suo intelletto, anche se egli non intende che ciò esiste.




Non è effettivamente la "non pensabilità" ciò a cui intendeva reiferirsi Anselmo.
Però la lettura che dei suoi scritti possiamo fare noi, filtri coscienti di tutta una storia del pensiero che gli è seguita e che si è alimentata, anche, degli scritti di Anselmo, può ben essere affine alla tua.
Codesto ente non può essere "pensato", senza, per questo, dover essere ritenuto "impensabile".
Solo che l'intelletto umano, in quanto proprio di un ente razionale finito, non lo può, in un certo senso "abbracciare".
Ciò non esclude, però, che l'intelletto di un ente razionale infinito, il quale sarebbe proprio, ad esempio, di quell'ente cui intendeva riferirsi Anselmo, lo potrebbe sicuramente fare.
Potremmo dire, in un certo senso, che Dio può avere di se stesso il "concetto": l'uomo no.
Ciò non toglie che, in quanto "pensabile", nel senso di "attingibile" ed "intenzionabile" (nel senso husserliano), Dio possa essere "interrogato" dall'uomo.

Non è vero che tu non ci sappia fare con la filosofia, Yam, anzi.
Personalmente trovo che il tuo punto di vista sia convincente e interessante (detto, comunque, da un non credente!).
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