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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 08-02-2006, 17.47.45   #1
Heraclitus
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Cosa sbagliò Parmenide?

Parmenide disse

"l'essere è e non può non essere, il non essere non è e non può essere"

E da ciò lui deduce che l'essere è uno, perchè se fosse più di uno sarebbe diviso dal non essere che come già detto non è, sarebbe immobile, ingenerato, infinito, eterno...

Di solito tale pensiero viene confutato dicendo che si può essere qualcosa ma non essere in assoluto e che perciò l'esistenza non è un predicato perchè sarebbe inconsistente, ma io non ho ben capito, se uno non è in assoluto esso non esisterebbe.

Qualcuno mi sa spiegare in modo rigoroso l'errore che Parmenide ha fatto?

P.S.: Spesso noto che si usa il termine metafisica in negativo per qualunque forma di pensiero in cui c'entrano le idee, lo spirito, l'ultra sensibile e perfino i fenomeni paranormali. Ma metafisica in origine non voleva dire "studio dei principi della realtà?" Chi è che ha iniziato a a fraintendere?
Ciao
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Vecchio 08-02-2006, 18.40.30   #2
epicurus
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Re: Cosa sbagliò Parmenide?

Citazione:
Messaggio originale inviato da Heraclitus
Parmenide disse

"l'essere è e non può non essere, il non essere non è e non può essere"

E da ciò lui deduce che l'essere è uno, perchè se fosse più di uno sarebbe diviso dal non essere che come già detto non è, sarebbe immobile, ingenerato, infinito, eterno...
[...]
Qualcuno mi sa spiegare in modo rigoroso l'errore che Parmenide ha fatto?

A parte che sono molto critico rispetto al modo di scrivere di Parmenide (nel senso che e` comprensibile che lui abbia scritto cosi` per l'epoca in cui vive, ma al giorno d'oggi no...), comunque l'errore di Parmenide fu quello di escludere a priori la possibilita` del vuoto. Ma ormai, ai giorni nostri, sappiamo che il vuoto e` possibile (anzi, di piu`: non solo e` possibile ma c'e` proprio).


epicurus
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Vecchio 08-02-2006, 19.57.39   #3
Byron
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Re: Re: Cosa sbagliò Parmenide?

Citazione:
Messaggio originale inviato da epicurus
Ma ormai, ai giorni nostri, sappiamo che il vuoto e` possibile (anzi, di piu`: non solo e` possibile ma c'e` proprio).
Appunto, il vuoto c'è, esiste, quindi E'.
Rientra nelle possibili forme dell'Essere, non del non-Essere.
Ciò che è inserito nel tempo e nello spazio rientra nel manifesto e quindi nell'Essere.

PS: Essere ed esistere sono due concetti differenti.
Posso esistere senza Essere? No.
Posso Essere senza esistere? Si.
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Vecchio 08-02-2006, 20.16.20   #4
epicurus
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Re: Re: Re: Cosa sbagliò Parmenide?

Citazione:
Messaggio originale inviato da Byron
Appunto, il vuoto c'è, esiste, quindi E'.
Rientra nelle possibili forme dell'Essere, non del non-Essere.
Ciò che è inserito nel tempo e nello spazio rientra nel manifesto e quindi nell'Essere.

appunto, Parmenide pensava (erroneamente) che il vuoto non fosse Essere, quindi non poteva esistere.

Citazione:
PS: Essere ed esistere sono due concetti differenti.
Posso esistere senza Essere? No.
Posso Essere senza esistere? Si.

mi sembra che il discorso sulle essenze sia abbastanza superato... comunque si potrebbe parlare di essenza di x nel senso delle proprietà di x, è corretto?
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Vecchio 08-02-2006, 22.12.28   #5
r.rubin
può anche essere...
 
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ma questo vuoto che dite.. è proprio "vuoto", o "quasi vuoto"?

perchè un tale, una volta, mi disse che è stato scientificamente dimostrato che la materia nasce dal "nulla".
Poi mi informo e capisco che il "nulla" di cui parlava era il mare di dirac, che non è per nulla nulla!
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Vecchio 08-02-2006, 22.32.38   #6
r.rubin
può anche essere...
 
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da:
Il vuoto dei fisici
di Tullio Regge

"È tutt'altro che vuoto. Invece è pieno di particelle-fantasma"


Citazione:
nel vuoto esiste una struttura microscopica in cui continuamente appaiono e scompaiono tutte le particelle conosciute come increspature su di un mare. Visto da distante il mare appare piatto, visto da vicino rivela dettagli complicatissimi.
Se dunque evitiamo di guardare il vuoto nei dettagli esso può apparire come il "nulla" di cui discutono da sempre i filosofi.


http://www.castfvg.it/articoli/fisica/vuoto_01.htm


non me ne intendo di fisica, se fraintendo dite

Ultima modifica di r.rubin : 08-02-2006 alle ore 22.34.04.
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Vecchio 09-02-2006, 12.49.41   #7
Yam
Sii cio' che Sei....
 
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Nel Buddismo si dice; "Unione di Chiara Luce e Vacuita'", dove la Chiara Luce e' l'Energia. Esiste quindi un Vuoto Pieno e ogni cosa sorge e ritorna dal/al Vuoto.
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Vecchio 09-02-2006, 17.06.43   #8
Heraclitus
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Re: Re: Cosa sbagliò Parmenide?

Citazione:
Messaggio originale inviato da epicurus
A parte che sono molto critico rispetto al modo di scrivere di Parmenide (nel senso che e` comprensibile che lui abbia scritto cosi` per l'epoca in cui vive, ma al giorno d'oggi no...), comunque l'errore di Parmenide fu quello di escludere a priori la possibilita` del vuoto. Ma ormai, ai giorni nostri, sappiamo che il vuoto e` possibile (anzi, di piu`: non solo e` possibile ma c'e` proprio).


epicurus


Ho notato anch'io che Permenide usa il verbo essere indiscriminatamente senza distinguere i significati di copula ("la mela è rossa"), identità ("I francesi sono gli abitanti della Francia") e esistenza ("le mucche esistono").

Ho passato il tempo a leggere il discorso di Parmenide ed a "tradurlo" in italiano corrente. La mia intenzione però era quella di vedere cosa c'era di sbagliato nel ragionamento, perchè le premesse e le conclusioni mi sembravano vere.

Parmenide espone così la sua tesi (questa è la parafrasi di "le due strade", si è attribuito alla parola "esso" il senso di "ogni oggetto di indagine" e ad "essere" il senso di "esistere" quando il senso predicativo era incompleto e dunque senza significato).

1.Se qualcosa è oggetto di indagine (per esempio è pensato) allora: o (a) "esso esiste" o (b) "esso non esiste" .
2. La seconda strada, la (b) è completamente non imparabile a causa di questo motivo:

3. tu non puoi pensare nè puoi esprimere a parole ciò che non esiste perchè:

4. Le cose che possono essere pensate sono le stesse cose che possono esistere.
5. Ogni cosa che può esistere, essere espressa a parole e essere pensata deve esistere. Dato che:
è possibile che le cose esistano, ma non è possibile che il nulla (ciò che non esiste) possa esistere.

6. Solo la prima alternativa è possibile: se qualcosa può essere pensato esso esiste realmente.

L'affermazione 4 traccia una connessione cruciale tra la possibilità di esistere e la possibilità di essere pensato.
E' possibile che x esista se e solo se è possibile che x sia pensata.

L'affermazione 5 fa crollare la distinzione tra ciò che può esistere e ciò che esiste.
Ciò che può esistere, esiste. Ciò che non esiste non può esistere.

Parmenide porta quindi una prova a supportare la tesi centrale (TC):

(TC): Ciò che non esiste non può essere pensato o espresso a parole.

Le tre idee coinvolte sono:
a)esistenza (ciò che esiste realmente),
b)possibilità (ciò che può esistere),
c)concepibilità (ciò che può essere pensato).

l'affermazione 4 lega (b) a (c): tutto ciò che può essere pensato = tutto ciò che può esistere. L'affermazione 5 lega (a) a (b): tutto ciò che può esistere esiste; ciò che è deve essere. Prese insieme, le due affermazioni legano (a) a (c): ciò che può essere pensato = ciò che realmente esiste.

La prova della tesi centrale (TC)

Premesse:
a. Una cosa può essere pensata se e solo se è possibile che essa esista. (affermazione 4)
b. Ogni cosa che non esiste, non può esistere. (affermazione 5)

Ma (b) equivale a:

c. Ogni cosa che può esistere, esiste.

Da (a) e (c) segue che:

d. Una cosa può esssere pensata se e solo se essa esiste.

E (d) equivale a:

e. Ogni cosa che non esiste, non può essere pensata (affermazione 3)

Commenti sulla conclusione di Parmenide.

L'argomento di Parmenide non permette che si possa pensare ciò che non esiste realmente ma che poteva possibilmente esistere. Il suo argomento esclude ogni distinzione tra ciò che è e ciò che non è ma poteva essere. Parmenide fa crollare le distinzioni modali. Per lui:
Ciò che è possibile = ciò che è reale = ciò che è necessario.

Parmenide inoltre pone costrizioni al linguaggio e al pensiero, dice che gli uomini non sono capaci di pensare o esprimere a parole cose che non esistono. Ma (come dice platone nel Sofista) se uno parla di ciò che non è, allora parla del nulla, dunque lui non parla di alcuna cosa, dunque lui non parla neppure. Parlare è sempre parlare di qualcosa e nel caso di parlare di ciò che non è, non c'è alcuna cosa di cui si parla. Perciò non ha senso l'espressione "esprimere a parole ciò che non esiste". Stessa cosa si può dire per il "pensare ciò che non esiste".

La premessa affermata in 4 sembra plausibile: come potrebbe una cosa esistere se non fosse neppure possibile pensarla o esprimerla a parole? E come si potrebbe esprimere a parole o pensare cose che non potrebbero neppure esistere?

Ma cosa dire della seconda premessa affermata in 5 ? Sembra falso dire che solo le cose che realmente esistono potevano possibilmente esistere. Perchè Parmenide crederebbe a ciò?

a. La frase "ciò che non esiste non può esistere" è ambigua. Può essere interpretata in più modi.

i. Non è possibile che esista che ciò che non esiste.
Per esempio, per ogni oggetto, necessariamente, se esso non esiste, allora non esiste.

ii. Se una cosa non esiste, allora non è possibile che essa esista.
Per esempio, per ogni oggetto, se esso non esiste, allora la sua non-esistenza è una faccenda di necessità.

(i) è vero, infatti è un truismo. Ma come abbiamo visto la prova richiede (ii); e (ii) è falso.

b. Questa differenza può essere più chiaramente vista se consideriamo un caso più semplice: l'ambiguità di "ciò che esiste deve esistere" . Esso può significare:

(i) Necessariamente, ciò che esiste, esiste.
Per esempio, per ogni oggetto, è necessario che se esso esiste, allora esso esiste (necessità del condizionale.)

(ii) Ciò che esiste, esiste necessariamente.
Per esempio, per ogni oggetto, se esso esiste, allora esso è un oggetto necessariamente esistente (necessità del conseguente).

c. Chiariamo che è una confusione modale dedurre (ii) da (i). Le due affermazioni si possono parafrasare così:

i. In ogni mondo possibile, le cose che esistono (in quel mondo), esistono (in quel mondo).
ii. Qualsiasi cosa che esiste realmente, esiste in ogni mondo possibile.

(i) ci dice che è impossibile che ci sia un mondo la cui popolazione include cose che non esistono in quel mondo. Questo è banalmente vero. Non c'è alcun mondo in cui ci sono cose esistenti che non esistono in quel mondo.

Ma ciò che dice (ii) è che impossibile che ci sia un mondo la cui popolazione include cose che non esistono nel mondo reale. Questa è un affermazione, quasi sicuramente falsa che non segue da (i). Non è in alcun modo ovvio che non ci sono mondi possibili in cui ci sono cose esistenti che non esistono nel mondo reale. (Per esempio, i tuoi genitori potevano aver avuto un figlio in più di quelli che hanno avuto realmente).

d. Un'altra possibilità è che Parmenide non si sia trovato in confusione modale. Lui ha auto-consciamente sostenuto (ii). La sua linea di ragionamento potrebbe essere stata questa:

Supponiamo che qualcosa non esiste. Allora, come sarebbe possibile per esso esistere? Può esso venire in esistenza? No, non c'è alcuna cosa da cui venire in esistenza. Così se esso non esiste ora, non verrà mai in esistenza e non ha potuto in passato possibilmente esistere.

Questa linea di ragionamento ha una certa plausibilità ma ha dei difetti per due ragioni:

i. Considerando x una cosa possibilmente esistente, non dobbiamo necessariamente tenere in considerazione come x è venuta in esistenza. Un ipotetico x (per eempio un Dio) eterno può essere possibile ma noi non potremmo spiegare come questo x venne in esistenza.

ii. Parmenide sembra assumere che una cosa possa venire all'esistenza o (a) dall'essere o (b) dal non essere. Lui escluderebbe (a) perchè una cosa non può venire all'esistenza da sè stessa. Escluderebbe anche (b) perchè nulla viene dal nulla.

Ma Parmenide ha trascurato la possibilità che una cosa può venire in esistenza da qualcosa di altro. Non sarebbe nata nè da sè stessa nè dal nulla, ma da una cosa diversa. In un certo senso nasce sia dall'essere che dal non-essere e prima di ciò non sarebbe esistita (possibilità seguita da Aristotele).


(continua)
Heraclitus is offline  
Vecchio 09-02-2006, 17.08.23   #9
Heraclitus
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(segue)

C'è un'altra posibile ragione per cui Parmenide possa aver creduto che è impossibile pensare o esprimere a parole ciò che non esiste. Nel frammento 8, linee 34-35 dice:
"Pensare e pensare ciò che esiste sono la stessa cosa. Dato quello che esiste, in quello che è espresso troverai il pensare".

L'idea è che il pensare è solamente pensare qualcosa che esiste. Una prova per la TC sarebbe questo:

a. S pensa -> S pensa qualcosa (premessa)
b.S pensa qualcosa -> C'è qualcosa che S pensa (premessa)
c. S pensa ciò che non esiste -> Non c'è alcuna cosa (c'è il nulla) che S pensa. (premessa)
d. Non c'è alcuna cosa (c'è il nulla) che S pensa. -> S pensa nulla. da (b) per contrapposizione
e. S pensa nulla.-> S non pensa da (a) per contrapposizione
f. S pensa ciò che non esiste ->S non pensa da (c), (d), (e) per ipotetico sillogismo

Una risposta a ciò è che c'è un'ambiguità nella nozione di "pensare qualcosa"

i. In un senso, dire che uno pensa qualcosa è dire che c'è un oggetto di pensiero - una cosa oggettivamente esistente che ha la caratteristica addizionale di essere pensata.
ii. In un altro senso, è dire che c'è un contenuto di pensiero - qualche proposizione o concetto trattenuto.

Quindi ognuna delle premesse ha bisogno di essere valutata alla luce di questa distinzione. (a) è plausibile solo se concerne contenuti di pensiero; se tu stai pensando, deve esserci un contenuto nel tuo pensiero; sulla lettura dell'oggetto, (a) è un ragionamento circolare, (b) è plausibile solo se sia l'antecedente che il conseguente coinvolgono oggetti di pensiero: se non ci sono oggetti esistenti che S pensa, non c'è alcun contenuto nel pensiero di S. Ma così interpretato, (c) usa una petizione di principio e equivoca sulla nozione di "pensare qualcosa".



Dopo aver stabilito la tesi centrale "Ciò che non esiste non può essere pensato o espresso a parole" Parmenide deduce da questa tesi le seguenti conclusioni:

1.Non c'è venuta all'esistenza o cessazione dell'esistenza
2.Non c'è alterazione o cambiamento
3.Non c'è movimento
4.Non c'è pluralità

1. Generazione e distruzione.
Dire che qualcosa x è venuta all'esistenza vuol dire che c'era un tempo in cui x non esisteva. Ma non si può pensare ciò che non esiste. Dunque tu non puoi dire che qualcosa è venuto all'esistenza nè che cessa di esistere.Quindi non c'è differenza tra passato, presente e futuro.

2. Cambiamento
E' chiaro che senza differenze di tempo non può esserci il cambiamento.

3. Movimento
Il movimento è un cambiamento di posizione nel tempo ma ciò non è possibile dato che abbiamo detto che dato che il mondo è sempre uguale nel tempo.

4.Pluralità
Perchè non ci può essere un mondo di molte cose non generate, indistruttibili e immutabili? per questi motivi:

a. Supponiamo che ci sia più di una cosa. Deve esserci qualcosa che li separa, altrimenti non sarebbero due. Ma allora li separa uno spazio vuoto? No, perchè il vuoto è ciò che non esiste. Dunque esse sono una cosa.

b. Date due cose, Castore e Polluce, sarebbe vero dire che Castore non è Polluce. Ma noi "diciamo ciò che non esiste", che è impossibile. Parmenide direbbe che diciamo che l'essere-Polluce di Castore non esiste.

Viene perciò negata ogni differenza di ogni tipo. Per ogni x e per ogni y, x=y

5. Negazione e non esistenza

Pare che Parmenide dica che ogni negazione è una negazione dell'esistenza e tali negazioni non sarebbero dotate di significato nè vere. Se fossero vere esse esprimerebbero ciò che non esiste. Perciò non esprimerebbero alcuna cosa e perciò non avrebbero significato. Se non puoi parlare di ciò che non esiste non puoi neanche negarne l'esistenza. Così le negazioni dell'esistenza sono impossibili.

["x non esiste" non è vera fino a che x non esiste. Ma se il soggetto della frase non esiste allora la frase non ha significato. Il problema è questo: una condizione necessaria delle verità di tali frasi è una condizione sufficiente alla loro mancanza di significato.]

La miglior risposta a Parmenide è notare (come fece Platone) che non tutte le negazioni sono negazioni dell'esistenza. Quando dico "le mucche non volano" il soggetto non è "le mucche volanti" e non diciamo che "non esistono". Il soggetto sono "le mucche" è diciamo che "non volano". Stessa cosa per "Gli uccelli volano" che non si deve analizzare come "gli uccelli volanti esistono".
Una possibile obiezione di Parmenide può essere "Una frase deve avere forza esistenziale": sì ma solo nel senso che i suoi semplici termini devono riferirsi a cose che esistono. Ma non significa che la frase stessa deve riferirsi a quacos'altro (fatto o situazione) che esiste.

6. Sommario della visione di Parmenide

a. Assunzioni sul pensiero e l'esistenza:
1. x può esser pensato se x esiste
2. se x non esiste, allora x non può esistere

b.Tesi centrale derivata dalle assunzioni
E' impossibile pensare o esprimere a parole ciò che non esiste realmente.

c. corollari derivati dalla tesi centrale e contrari al senso comune:
inesistenza di: generazione, distruzione, cambiamento, moto, differenza qualitativa, pluralità.
d. prova di tali corollari:
ogni volta che si prova ad affermare che esistono le cose sopraddette (generazione, moto...) si deve parlare di ciò che non esiste.

7. Sommario degli errori di Parmenide

a. Lui pensava che ciò che non esiste non avrebbe potuto esistere (forse confonendo tale idea col truismo che necessariamente se qualcosa non esiste allora essa non esiste)
b. Pensava che le negazioni dell'esistenza non fossero possibili (per esempio, non potevano essere dotate di significato nè vere)
c. Pensava che tutte le negazioni, tutti i "non è" fossero negazioni dell'esistenza.
Heraclitus is offline  
Vecchio 09-02-2006, 17.55.36   #10
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Re: Re: Re: Cosa sbagliò Parmenide?

ciò che scrivi è molto interessante quindi proverò a buttare giù qualche osservazione, eventualmente le potremmo sviluppare succesivamente.

Citazione:
Messaggio originale inviato da Heraclitus
Ho notato anch'io che Permenide usa il verbo essere indiscriminatamente senza distinguere i significati di copula ("la mela è rossa"), identità ("I francesi sono gli abitanti della Francia") e esistenza ("le mucche esistono").

Sì, questo è sicuramente fonte di molti fraintendimenti. (Comunque manca ancora un'ulteriore uso di 'essere': "Io sono un italiano", e cioè quello di inclusione insiemistica).

Citazione:
Parmenide inoltre pone costrizioni al linguaggio e al pensiero, dice che gli uomini non sono capaci di pensare o esprimere a parole cose che non esistono. Ma (come dice platone nel Sofista) se uno parla di ciò che non è, allora parla del nulla, dunque lui non parla di alcuna cosa, dunque lui non parla neppure. Parlare è sempre parlare di qualcosa e nel caso di parlare di ciò che non è, non c'è alcuna cosa di cui si parla. Perciò non ha senso l'espressione "esprimere a parole ciò che non esiste". Stessa cosa si può dire per il "pensare ciò che non esiste".

La premessa affermata in 4 sembra plausibile: come potrebbe una cosa esistere se non fosse neppure possibile pensarla o esprimerla a parole? E come si potrebbe esprimere a parole o pensare cose che non potrebbero neppure esistere?

Ed invece la premessa 4 non è nè plausibile nè vera. Posso anche concordare (con le dovute precisazioni) che vale "se qualcosa esiste, allora è esprimibile linguisticamente (o pensabile)", ma non l'altro senso del 'se e solo se'. Infatti noi possiamo parlare dell'unicorno, del più grande dei numeri primi, e del barbiere russelliano (quello del paradosso del barbiere di Bertrand Russell che fece crollare il sogno di Frege). Questo è il grande errore di Parmenide (ma non solo). D'altro canto determinare se qualcosa esiste (flogisto, dio, l'america, etc.) presuppone che di queste cose se ne possa parlare ancor prima di rendersi conto se esistono oppure no.

Ora cercherò di usare un linguaggio che (dovrebbe) evita(re) confusione: io posso parlare di qualsiasi cosa, ma se parlo di cose che non esistono allora il mio discorso non avrà riferimento.

Citazione:
Ma cosa dire della seconda premessa affermata in 5 ? Sembra falso dire che solo le cose che realmente esistono potevano possibilmente esistere. Perchè Parmenide crederebbe a ciò?
a. La frase "ciò che non esiste non può esistere" è ambigua. Può essere interpretata in più modi.

i. Non è possibile che esista che ciò che non esiste.
Per esempio, per ogni oggetto, necessariamente, se esso non esiste, allora non esiste.
ii. Se una cosa non esiste, allora non è possibile che essa esista.
Per esempio, per ogni oggetto, se esso non esiste, allora la sua non-esistenza è una faccenda di necessità.

(i) è vero, infatti è un truismo. Ma come abbiamo visto la prova richiede (ii); e (ii) è falso.

b. Questa differenza può essere più chiaramente vista se consideriamo un caso più semplice: l'ambiguità di "ciò che esiste deve esistere" . Esso può significare:
[...]
c. Chiariamo che è una confusione modale dedurre (ii) da (i). Le due affermazioni si possono parafrasare così:

i. In ogni mondo possibile, le cose che esistono (in quel mondo), esistono (in quel mondo).
ii. Qualsiasi cosa che esiste realmente, esiste in ogni mondo possibile.

(i) ci dice che è impossibile che ci sia un mondo la cui popolazione include cose che non esistono in quel mondo. Questo è banalmente vero. Non c'è alcun mondo in cui ci sono cose esistenti che non esistono in quel mondo.

Ma ciò che dice (ii) è che impossibile che ci sia un mondo la cui popolazione include cose che non esistono nel mondo reale. Questa è un affermazione, quasi sicuramente falsa che non segue da (i). Non è in alcun modo ovvio che non ci sono mondi possibili in cui ci sono cose esistenti che non esistono nel mondo reale. (Per esempio, i tuoi genitori potevano aver avuto un figlio in più di quelli che hanno avuto realmente).

la (i) è "'se x esiste, allora x esiste' è necessario", mentre la (ii) è "'x esiste' è necessario". è ovvio che le due proposizioni sono ben distinte (la prima dice che x è necessitata da x, la seconda che x è necessario).

in effetti portanto il discorso ai mondi possibili allora tutto viene chiarificato meglio: la (i) è una tautologia; ma la (ii)? tu scrivi che probabilmente è falsa, ma io direi che è sicuramente falsa: l'uso con cui usiamo 'possibile' è assai diverso dall'uso che facciamo di 'necessario' o 'contingente'. d'altra parte gran parte della logica formale si basa sugli operatori modali.

Citazione:
d. Un'altra possibilità è che Parmenide non si sia trovato in confusione modale. Lui ha auto-consciamente sostenuto (ii). La sua linea di ragionamento potrebbe essere stata questa:

Supponiamo che qualcosa non esiste. Allora, come sarebbe possibile per esso esistere? Può esso venire in esistenza? No, non c'è alcuna cosa da cui venire in esistenza. Così se esso non esiste ora, non verrà mai in esistenza e non ha potuto in passato possibilmente esistere.
Questa linea di ragionamento ha una certa plausibilità ma ha dei difetti per due ragioni:

i. Considerando x una cosa possibilmente esistente, non dobbiamo necessariamente tenere in considerazione come x è venuta in esistenza. Un ipotetico x (per eempio un Dio) eterno può essere possibile ma noi non potremmo spiegare come questo x venne in esistenza.

ii. Parmenide sembra assumere che una cosa possa venire all'esistenza o (a) dall'essere o (b) dal non essere. Lui escluderebbe (a) perchè una cosa non può venire all'esistenza da sè stessa. Escluderebbe anche (b) perchè nulla viene dal nulla.

Ma Parmenide ha trascurato la possibilità che una cosa può venire in esistenza da qualcosa di altro. Non sarebbe nata nè da sè stessa nè dal nulla, ma da una cosa diversa. In un certo senso nasce sia dall'essere che dal non-essere e prima di ciò non sarebbe esistita (possibilità seguita da Aristotele).

Sì, Parmenide non concepisce che qualcosa possa 'venire all'esistenza' da qualcosa d'altro: questo è il caso del mutamento. Sembra, infatti, che la materia sia sempre quella che gira, ma cambia solo il modo con il quale si compone. Ma ci sono ipotesi scientifiche di creazione di materia dal nulla... Perchè Parmenide non può accettare che qualcosa 'venga dal nulla'? Perchè se il nulla non esiste come fa qualcosa venire dal nulla (cioè essere nel nulla e poi venire qui da noi)? Il suo errore è l'essersi fatto confondere dall'uso metaforico di 'venire dal nulla' (o simili), infatti quando diciamo questo stiamo dicendo semplicemente che al tempo t esiste x, mentre al tempo t-n quella x non esisteva (intesi 't' e 'n' diversi da zero e positivi).

Comunque l'ipotesi che l'Universo sia sempre esistito non è così bizzarra (d'altro canto, persino nell'ipotesi del Big Bang si postula un punto materiale sempre esisito), quindi in questo caso non sorge neppure il problema dal sorgere dal nulla.
epicurus is offline  

 



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