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Vecchio 19-12-2002, 11.19.27   #1
Respirazzurro
RESPIRAZZURRO
 
Data registrazione: 19-12-2002
Messaggi: 24
L'interesse del disinteresse

Ci si interessa di tutto.Troppo.
Mi spaventa l'ignoranza circa l'ineluttabilità del disinteresse.
Il disinteresse è (come è indicato chiaramente dal prefisso della parola stessa)interesse moltiplicato,interesse arricchito che si autoporta al sostrato del vero lasciando questa crosta infetta.Qui esplode il significato.Il disinteresse dell'interesse è il sano interesse.
E' ora di smettere di vivere la vita,la vita,a questo punto,bisogna vederla vivere.
Piu' ci si sbraccia tutti imbellettati per essere approvati dall' "io", che poi si crede che sia quella voce cretina (alimentata col costosissimo carburante chiamato orgoglio o amor proprio come preferite) che sembra dica "Fai questo,non fare quello,ti piace questo,non ti piace questo",più ci si disperde per mari senza orizzonti ne abissi.
E poi...il lavoro,caro giogo santificato dal somaro che c'è in tutti.Mi perdo in scintillanti briciole di disprezzo quando lo vedo idolatrato.
Per ostinarsi a voler vivere la vita l'uomo ha capito e realizzato la terribile necessità del lavoro,annullarsi,disperdere forzosamente le sue giornate nel sopracitato interesse,e ben compresibilmente,ad un certo punto,si e' sentito un po' cretino,un po' demente,insomma,diciamolo,l'uo mo era triste nel sapere che avrebbe potuto prevedere la sua vita per i prossimi millenni.Il metallico ritmo del tempo lavorativo avrebbe scandito tutto la sua relativa vita,vie di fuga?Nessuna.Possibili cure lenitive?Una sola:astrarre dal lavoro un'arbitrario significato sconfinante il mero fatto concreto.Ecco sentite i vagiti nauseabondi?E' nata la morale del lavoro,il fatto intrinseco alla cazzuola,dico io.Così l'animale umano ha continuato a sudare e colpire al cuore il suo tempo ma mentre era chino,sull'opra intento a lavorar,comparve un sorrisetto beffardo,di chi sapeva di compiere un qualcosa che gratificava soprattutto, più che il salvadanaio,l'anima,naturalmen te...
Nel pluriverso,intanto,si era sparsa la voce che qua in terra era già iniziata la grave malattia per la quale poi,in futuro,ognuno avrebbe potuto dire quello che pensava,e cosi scese dal cielo qualcuno che finalmente disse almeno qualcosa di estremo,scavalcando le mezze misure anchilosate dell'individuo .Ma gli uomini,come al solito, esagerarono nelle loro mezze misure e con un grande celofan confezionarono tutto l'affare religioso(che magari sarebbe potuto anche essere piu' stimolante) lo posero nello scaffale"Cose per credere che abbiamo un sub-strato"e lo catalogarono come "Valore n°1"(sarebbe dovuto essere numero due,ma il divino non avrebbe gradito).Stabilite la basi di partenza,il lavoro e la religione,si innescò una reazione a catena identica a quella nucleare che è gia' sfociata nella grande esplosione della perdita totale della verità,una ragnatela che si espandeva a dismisura e che generava altre piccole ragnatele.Da qui è nato il popolone,grasso,inutile e ingombrante dei valori,che come polvere nei polmoni hanno sempre impedito all'uomo di respirare,Mio Dio,di respirare...
Procedendo oltre,la malattia era gia' in stato avanzato e cessarono le ultime dittature,comunque colpevoli di aver "Dettato"al popolo grandi e noiose idiozie,sempre partigiane,nè di qua,nè di là,in mezzo,mai veramente assolute,impregnate anch'esse della fantasiosa concezione del valore del valore.Ma oggi,cari seguaci della setta triadica dell'Inglese ,dell'Opportunità e dell'Esperienza(dell'esperibil e,quindi non esperienza),sguazzate nel lago malsano della democrazia,dove tutto è aperto a tutti,la qual cosa ha prodotto quasi sempre morti che respirano,cenere sul grigio.
Questo mondo è una bocca aperta piena di fantocci che urlano di esserci.La generazione non è rigenerazione,ma involuzione.
Respirazzurro is offline  
Vecchio 19-12-2002, 13.16.51   #2
sisrahtac
iscrizione annullata
 
Data registrazione: 04-11-2002
Messaggi: 2,110
Ho capito la metà di quello che hai detto....Vediamo di fare un po' di chiarezza...
L'uomo,sperso in questa infinità kaotica (per lui),ha voluto costruirsi dei limiti in cui rinchiudere la sua effimera esistenza.Ecco nascere allora il giogo del lavoro,della religione(quella deleteria,mirata alla limitazione;non quella positiva,mirata all'espansione...),dei valori,della stessa individualità...
Tu critichi l'io,il limite estremo in cui si è rinchiuso da sè l'uomo,e inciti ad abbandonare il limitato concetto di individualità per abbracciare una visione più "espansa" del reale,più "mistica"?
Inciti anche a non cadere sotto il giogo del lavoro e delle istituzioni dogmatiche.
Almeno,così ho inteso le tue parole.

Beh,fondamentalmente mi trovi d'accordo,solo su una piccola ma fondamentale questione divergiamo.Io toglierei la lettera "D".Per me l'unica verità,l'unico assoluto non è "Dio" ma è l'"io".
sisrahtac is offline  
Vecchio 19-12-2002, 15.48.58   #3
Respirazzurro
RESPIRAZZURRO
 
Data registrazione: 19-12-2002
Messaggi: 24
Vedi,nel mio intervento,critico fondamentalmente due cose.
La prima è costituita dal fatto che l'uomo ha sempre voluto,vuole e vorrà sempre tappezzare ogni falla di ogni sua azione,di ogni suo ideale con anchilosate mezze misure,che fanno perdere la purezza del suo agire sia pratico che intellettuale.
Una delle cose che non tollero è la mancanza di onestà,per non sentirsi una bestia da soma,che lavora necessariamente per guadagnarsi il pane,si è cominciato col passare del tempo a nobilitare il lavoro,o meglio si è santificata "l'idea del lavoro in sè",perchè lo zappare la terra o qualsiasi altro lavoro avesse un valore intrinseco e non meramente pratico.Con questo ritorno a quello che dicevo prima,ogni azione umana presenta naturalmente delle mancanze che si cerca di colmare inventando inesistenti significati.Il lavoro non nobilita,punto e basta,bisogna avere la sincerità di dire"Si sono un essere umano,posto in determinate condizioni sociali,e per vivere ho bisogno di lavorare" ,non c'e' nulla di vergognoso nell'ammetterlo,io non critico il lavoro,realtà incancellabile anche se ci trovassimo in un sistema economico passato come il baratto,ci mancherebbe,ma critico la morale del lavoro.
Presente la frase"Il lavoro nobilita"?,questo è il sintomo di quello che sto dicendo,fare questo è un gioco infantile,non sei d'accordo con me che è troppo facile nobilitare un qualcosa che l'uomo è obbligato a fare?Il lavoro,ormai,è qualcosa quasi di fisiologico,è come,perdonami il paragone,se affermassimo che defecare è un atto nobile;se si nobilita il "necessario" è troppo facile per tutti compiere azioni virtuose,e avere dei valori,e infatti il lavoro,insieme alla famiglia(se noti altra condizione della realtà non azzerabile) sono considerati dal senso comune dei valori,cosi tutti quanti abbiamo dei valori,no?Ossia,dei valori ci si dovrebbe impossessare tramite uno sforzo,un percorso,non dovrebbero essere consegnati a priori.
L'altra mezza misura e altra cosa da me criticata è l'approccio religioso.Ma stiamo scherzando?Stiamo parlando di Religione,che dovrebbe essere sposata nella sua assolutezza,perche è attività soprattutto spirituale e lo spirito non può avere compromessi.Ma che senso ha andare in chiesa,fare l'offertina etc...se poi il classico cristiano è sempre manchevole da qualche parte?La religione,non è un hobbie,l'unico modo di considerarsi cristiani puo' essere solo quello di farsi missionari,di aderire strettamente e in modo assoluto a tutti i principi cristiani,non posso fare la comunione e poi magari ritenere giuste o utili certe guerre,o non gradire fare l'offerta in metropolitana ma in chiesa si,etc...
Io parlo da non religioso,e questa concezione estremizzante la invoco proprio per il carattere stesso della religione,di tutte le religioni,ripeto, questo accade perche l'uomo non vuole rinunciare a niente e allora vuole sentirsi religioso ma anche avere vizi,peccare senza problemi...Basta,o dentro o fuori!Basta soprattutto farsi il mondo come una poltrona confortevole,se lavoro oltre che procurarmi da mangiare compio un'azione ad alta moralità,posso guadagnarmi un cantuccio in paradiso ma se voglio anche concedermi le mie libertà alla faccia dei principi cristiani,musulmani,etc...tant o poi mi confesso.Per la natura,per il D.N.A delle religioni,l'accesso a quest'ultime dovrebbe essere rigoroso,sposarle in toto,non a parti(quelle di solito meno faticose).Siamo passati dal politeismo al monoteismo ma il rapportarsi al divino è rimasto identico,non trovi?Se prima si immolavano tori per placare gli dei per nostri peccati,ora ci si confessa.
Spero di averti chiarito meglio i due punti essenziali su cui si incentrava il mio intervento.
A presto.
Respirazzurro is offline  
Vecchio 19-12-2002, 17.29.39   #4
david
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Messaggi: 143
Il tuo messaggio è molto logico, chiaro e nitido.
Per me...

...quindi significa che tanti moralisti che si fingono anti-moralisti non possono comprenderti.

Sai per esempio quanta gente ha "paura" che venga tolta la "sacralità" della domenica come giorno di festa ? E ti immagini quante di queste persone realmente dedichino la domenica al proprio credo religioso, alla preghiera anzichè a "Buona Domenica" ?

Tu parli da NON RELIGIOSO ma c'è più religione in te che nell' uomo medio che ci vive accanto.

david is offline  
Vecchio 19-12-2002, 18.06.12   #5
sisrahtac
iscrizione annullata
 
Data registrazione: 04-11-2002
Messaggi: 2,110
Grazie per i chiarimenti.Ora ho capito cosa volevi dire,e mi trovi pienamente d'accordo.
sisrahtac is offline  
Vecchio 20-12-2002, 13.42.34   #6
firenze
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Messaggi: 341
Bel giochetto di parole!

Personalmente in questo momento storico riscontro sia un interesse per il disinteresse, sia un disinteresse per l'interesse.

Mi spiego meglio.

Adesso l'interesse generale è focalizzato principalmente sulla produzione di benessere materiale, e qui non c'è niente da fare... i nostri vecchi dicevano saggiamente che, chi non lillera non lallera!
Quindi in questo caso prettamente materialista, non possiamo dire certamente che vi sia disinteresse per l'interesse. Anzi, vi è un gran interesse per l'interesse!

Ma lo scotto da pagare è proprio il disinteresse per un certo tipo di interesse, quello dove viene approfondita la ricerca della coscienza umana, che purtroppo comporta di conseguenza l'interesse per il disinteresse di essa.

Chi può affermare quindi, dov'è, e verso che cosa è, l'interesse e il disinteresse?

E' un pò come dire che una salita vista dall'alto sembra una discesa...

Ci siamo? Spero di si!
firenze is offline  
Vecchio 20-12-2002, 14.37.03   #7
Respirazzurro
RESPIRAZZURRO
 
Data registrazione: 19-12-2002
Messaggi: 24
Qui andiamo a impantanarci con questi giochi di parole lontanamente heideggeriani.
Premesso che forse devo chiarire che il mio iniziale intervento è diviso in due metà,un preambolo superficiale,più istintivo e passionale su appunto l'interesse e il disinteresse,e una parte più corposa sulla morale del lavoro e sulla moraluccia cristiana del "credente".
Comunque per quanto riguarda la parte che tu citi,devo chiarire,tu intendi l'interesse del disinteresse come campo della conoscenza,e fin qui siamo d'accordo,ma forse tu tendi più a considerare la conoscenza applicata,che di conseguenza fornendo "materia utile" al mondo,diventa interesse dell'interesse,a scapito del disinteresse.
Io invece intendevo il disinteresse,in senso più aristotelico,ossia Aristotele nella Metafisica tende a considerare come supreme quelle scienze o quel sapere fine a se stesso che non ha fini fuori di sè,un sapere teoretico.Cosi io intendevo il disinteresse,e così si spiega perchè interessandomi del disinteresse non produco niente ossia nn interesse dell'interesse.
Se il disinteresse dell'interesse si configurasse come attività speculativa poietica,che produce,siamo perfettamente d'accordo che si trasformerebbe in interesse,o se preferisci in interesse dell'interesse.
Non avendo precisato la cosa,ed erroneamente dandola per scontata,la tua obiezione diventa validissima e molto arguta.
Saluti
Respirazzurro is offline  
Vecchio 24-12-2002, 13.06.09   #8
Agostina
Ospite
 
Data registrazione: 08-12-2002
Messaggi: 4
Gli esseri umani, in grande maggioranza, hanno scelto di sopravvivere al dolore, alla fatica, alla limitatezza del proprio essere, razionalizzando.
Le anchilosate mezze misure danno loro punti di riferimento fuori di sè che consentono la sopravvivenza e creano la più terribile delle illusioni, quella di vivere.
Dove manca il coraggio di conoscersi, di conoscere.
Dove manca il coraggio di cercare la irraggiungibile verità e liberta.
Dove manca il coraggio di vedere dolore, fatica, limite.
Dove manca tutto questo c'è sopravvivenza, attaccamento, interesse.
Parole dentro di me oggi, non ieri o domani.

affettuoso abbraccio
Agostina is offline  
Vecchio 21-01-2003, 02.07.38   #9
Arsello Trepalle
Ospite
 
Data registrazione: 07-01-2003
Messaggi: 16
Scusa respiroazzurro mi fai un nome di chi crede veramente che il lavoro nobilità?
io vedo solo gente che lavora per necessità per ingordigia o per piacere(pochi).

il problema è che ci siamo dati degli obbiettivi che in realtà non sono quellli di cui l'umanità ha bisogno, è tutto li,ma lo sappiamo no che non siamo perfetti ed è per questo che esistiamo.

ah viva il disinteresse dell'interesse naturalmente e noi qui lo pratichiamo.

ciao
Arsello Trepalle is offline  
Vecchio 21-01-2003, 11.56.36   #10
Mistico
Utente bannato
 
Data registrazione: 05-11-2002
Messaggi: 1,879
Citazione:
Messaggio originale inviato da Arsello Trepalle
Scusa respiroazzurro mi fai un nome di chi crede veramente che il lavoro nobilità?
io vedo solo gente che lavora per necessità per ingordigia o per piacere(pochi).

il problema è che ci siamo dati degli obbiettivi che in realtà non sono quellli di cui l'umanità ha bisogno, è tutto li,ma lo sappiamo no che non siamo perfetti ed è per questo che esistiamo...

Senti, Arsello Treppalle, non so perchè, ma il nick che ti sei scelto non mi piace proprio, eppure... il non piacere finisce tutto lì.

Hai detto una cosa sacrosanta: oggi, il lavoro non nobilita proprio nessuno!

Questo fatto del lavoro che nobilita é un retaggio di quando c'era la monarchia, i nobili (che erano nobili quanto può esserlo un qualunque parassita) e la gente qualunque che, al contrario, non sarebbe stata "nobile" di sangue... ma possedeva la vera nobiltà costituita dalla infinita dignità di vivere dei propri sforzi e dei propri affanni, giorno per giorno.

Oggi, siamo tutti schiavi della peggiore delle dittature: una democrazia globalizzata, dalla quale non si può uscire tagliando una sola testa.

Oggi, ognuno di noi é schiavo di un sistema che gli impone un modello di vita per il quale il 90% del proprio lavoro é dedicato a concedersi cose non necessarie alla vera dignità del vivere, ma necessarie apoter continuare a stare in mezzo agli altri.

Oggi, si confonde la "dignità" di vivere con la "comodità" nel vivere... e non ci si rende conto del fatto che questa "comodità" ci costringe ad una vita da schiavi che ci lascia le briciole di quello che é la nostra vera dignità.

Non c'é nessuna nobiltà nel lavorare: il lavoro é diventato l'espressione della nostra riduzione in schiavitù di sistema.


Ciao...

Ultima modifica di Mistico : 21-01-2003 alle ore 11.59.53.
Mistico is offline  

 



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