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Vecchio 31-05-2006, 17.14.33   #21
visechi
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Messaggio originale inviato da Barnaba
Caro visechi mettiamo da parte la scommessa
(tanto se dovessi vincerla non potresti neanche incassarla)
Se non credi in Dio mi spieghi perché dimostri tanto risentimento nei suoi confronti?

io non ti parlo di un Dio di cui ho solo letto sui libri lontani ma di qualcosa di cui ho fatto e faccio esperienza nella mia vita.
così come del paradiso e dell'inferno per tornare all'argomento.
Il paradiso e l'inferno non riguardano solo l'aldilà, ma noi già su questa terra possiamo cominciare a pregustarli in modo concreto.
Ho conosciuto persone che vivono la Gioia e la Pace e te la trasmettono solo a stargli vicino, alcune stupiscono perché mostrano come anche in una vita di sofferenza si possa essere felici.
Viceversa conosco persone che apparentemente hanno tutto ma si costruiscono un "inferno" di egoismo, odio, menzogna, invidia ...

Se la sofferenza è nell'Anima anche la Gioia è nell'Anima


Caro Barnaba, accolgo ben volentieri il tuo invito a mettere da parte la scommessa, l’ambito premio sarebbe assolutamente inescutibile: nel Nulla che suppongo ci attende vanisce la sostanza, con lei anche ogni valore.
Piuttosto, non vedo e non comprendo quale valore aggiunto potrebbe apportare all’economia della discussione l’eventuale conoscenza delle motivazioni che ispirano il mio personalissimo modo di esporre in merito alla Creazione e a Dio stesso: evento, il primo, di cui dubito fortemente, e ‘persona’, la seconda, la cui reale esistenza mi lascia quantomeno perplesso.
Ti dirò, inoltre, che provare del risentimento, che tu hai voluto leggere nelle mie parole, nei confronti di qualcosa o qualcuno stimato inesistente, sarebbe cosa quanto mai ridicola e sciocca…. Accreditami, per atto di fede, di un minimo di buon senso. Tu, come altri, leggendo ciò che scrivo, tendi a voler interpretare non tanto il contenuto semantico di ciò che si srotola davanti ai tuoi occhi, ma soprattutto, e ciò è davvero sconveniente e velleitario, le intenzioni che m’ispirano.
Mi domando: all’interno di un forum di discussione, ha forse un senso?
Non sarebbe più utile e sensato limitare i commenti al pensiero espresso, evitando d’indagare su colui che lo esprime?
Ciao
visechi is offline  
Vecchio 31-05-2006, 17.51.34   #22
Emily
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Mi pare che, dal punto di vista semantico, da ciò che dici Visechi si può concludere che non c'è alternativa per l'uomo se non il Nulla e il non-sense, categorie questo che si fondano principalmente su certa parte della filosofia del Novecento a partire dal nichilismo tanto decantato da Nietzsche, inesorabilmente finito nella follia.
L'alternativa al nulla però c'è, e se vogliamo, mi pare che il nostro amico Barnaba stava cercando di dirti proprio questo (se interpreto male dimmelo Barnaba ).
E' chiaro che a riguardo del nulla e del non-sense si trovano numerosissimi testi scritti anche ultimamente (piuttosto noiosi per me), il punto è questo condo me:
da che cosa vogliamo partire? E dove vogliamo arrivare?
Partiamo ad esempio da Nietzsche:
ci troviamo di fronte a molteplici interpretazioni su di lui, ultima fra le quali quella di Renè Girard e di Losurdo.
Tutto ciò che Nietzsche ha detto può essere usato e interpretato in un modo o in un'altro. Anche il nazismo l'ha fatto!
Stessa cosa per il Vangelo...puoi anche dire che l'Inferno non esiste e che Gesù Cristo non è morto in croce o che Dio non esiste...va tutto bene...però poi bisogna confrontare il pensiero con la realtà e vedere che cosa abbiamo intorno..certo che a sentire i tuoi ragionamenti in cui si evince che dal male e dalla sofferenza non c'è via di scampo..bè...io intravedo un'altra realtà in cui il male e la sofferenza non hanno l'ultima parola bensì è possibile essere felici anche se si soffre..e con questo sono d'accordo con Barnaba
Emily is offline  
Vecchio 01-06-2006, 09.08.31   #23
visechi
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Messaggio originale inviato da Emily
va tutto bene...però poi bisogna confrontare il pensiero con la realtà e vedere che cosa abbiamo intorno..certo che a sentire i tuoi ragionamenti in cui si evince che dal male e dalla sofferenza non c'è via di scampo..bè...io intravedo un'altra realtà in cui il male e la sofferenza non hanno l'ultima parola bensì è possibile essere felici anche se si soffre..e con questo sono d'accordo con Barnaba


Già! È proprio la realtà, quindi la Vita che offre la misura di quanto inespungibile sia il Male, che in essa e con il suo omologo contrario - il Bene - si avvita, rendendo quell’immagine caleidoscopica della mutevolezza e della variabilità che ben conosciamo; come una palla di gomma sulla cui superficie e nel cui cuore sono mescolati i colori che la rivestono, fino a restituire quella mutevolezza che la vista coglie quando vorticosamente la si fa ruotare.
La Vita… è proprio nella stretta correlazione fra chi in essa s’immerge, e la virilità dei suoi flutti tempestosi o quieti, delle sue inaccessibili gore, dei suoi balzi e i suoi orridi e il suo scorrere incessante e tumultuoso, che cogli ed avverti il trabocco di quel vulnus che avvelena insinuandosi nell’animo.
Il dolore non è filosofia, è reale e concreto. Si avvinghia alle caviglie, per incunearsi fin dentro alle viscere ed abitare le profondità del cuore, lordandolo e offendendolo.
Tutto va bene – dici tu -. Anche Gesù ha patito nella viva e lacera carne la dissacrazione e lo scandalo della morte, del dolore e della disperazione. Anche solo per la durata di quell’attimo durante il quale sgorgò dalla sua gola quell’urlo roco che incessante echeggia fin dalle remote tenebre che avvolsero la buia notte dei tempi dell’Origine: <<Dio mio, Dio mio, perché mi hai abbandonato?>>. Gemito, pianto, lamento che recupera e raggruma, nello scandalo della croce, l’ignominia dello strepito e del fragore che prorompe dalla martoriata e macera gola di Giobbe, per congiungersi, così inscindibilmente uniti, come unico urlo, senza soluzione di continuità, con quegli altri labili ed inuditi dei tanti, troppi innocenti immolati sull’altare del Deus Absconditus, che, furenti, come una lugubre sinfonia del dolore, echeggiano, oggi come ieri, ancora una volta e per sempre inascoltati e disdegnati, dall’orrore di Auschwitz, degli olocausti che avvampano sotto la luce di un Sole sempre più Nero, sotto la vista tediata del Deus caritas est.
Dio dov’eri?
Dio perché hai taciuto e ancor’oggi taci?
Queste le domande che riempiono ed hanno da sempre riempito ed attraversato la terra, squarciandola in lungo e in largo. Domande dettate dalla superbia, o lecitamente istigate da un dolore inalienabile, inarretrabile, irredimibile, che non ha cagione e non ha ragione d’essere, vero scandalo della creazione, vero ed unico ammonimento possente rivolto all’indifferenza divina? Non vi può essere disegno o teleologia, e non c’è ragione ineffabile che possano giustificare il patire perenne, senza pace e requie dell’handicap di chi nasce senza una compiuta prospettiva di vita. Al cospetto di tutto ciò, di fronte al fragore dei pianti delle madri che perdono figli innocenti dilaniati da angeli di metallo con anime d’uranio impoverito, di fronte al tracimare delle lacrime troppo innocenti immolate sull’altare della teologia del dolore, non vi può, non vi deve essere giustificazione. Se un Dio c’è, se un Dio esiste, quegli è morto e muore ogni giorno per causa della sua divina e colpevole atarassia. E’ morto e condannato dallo sciabordio prodotto dalle troppe lacrime versate e che ancora si versano in ogni angolo della dilaniata terra. Lacrime calde, vere, reali, le sole che in certe latitudini nutrono e dissetano una terra arida come arido, povero e fiacco è il cuore di chi, figlio di un Dio minore, ha la morte nell’anima e non ha pane con cui nutrirsi ed acqua che plachi la sete atavica, antica più del mondo, di liquidi, conforto e giustizia; solo tante e tantissime lacrime offerte a Lui, solo a Lui: tributo e pegno di una vita privata del vivere e dell’esistere. Vite che si rapprendono nell’inchiostro che compone l’indecifrabile e indolente scarabocchio tracciato su un casellario anagrafico di qualche sperduto paese lontano dagli occhi e dal cuore di Dio – vana statistica delle nefandezze divine -. Tutto ciò nella e fra l’ineffabile indifferenza del Deus Absconditus, del Deus caritas est che ripudia l’uomo e che in questo dolore trova diletto, si pasce, si bea, si crogiola, perché la sua più bella creatura patisce per lui, senza trovare ristoro nella ineffabile Luce del Numinoso, se non in quel baluginio della terrifica folgore di un terremoto che dilania cuori di madri e corpi di figli innocenti. Dolore grondante sangue rappreso.
Il dolore, cara Emily, sgorga copioso dallo slabbro aperto di una insuturabile ferita putrescente, senza che mai si tramuti in sangue fluente, ma rappreso oramai in un grumo brumoso, reso troppo scuro e cupo dal peso del patimento e dell’afflizione inflitti senza un perché, senza una ragione che possano essere accettat e capiti, compresi da chi piange innocente fino allo sfinimento, fino al prosciugamento. E’ in questa aridità atavica che si rinnova ed invigorisce la sola forza, ingenua e disperata, di rivolgere al Silenzio indolente di Dio l’unica vera domanda che valga davvero la pena di porre: perché?

Ciao
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Vecchio 02-06-2006, 19.42.30   #24
sunday01
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Messaggio originale inviato da visechi
Il Libro della Genesi è sufficiente per smentire quest’affermazione. Non è vero che siano la caduta e la conseguente perdita della Grazia di Dio ad aver determinato il soggiacere dell’uomo alla tentazione, egli fu tentato già prima della sua caduta; fu tentato dal serpente quando ancora dei frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male non s’era cibato, vero atto prometeico di cui l’umanità deve essere perennemente grata. La creazione è un atto imperfetto, che reca in sé i germi della corruzione, di questo gli uomini devono chiedere conto a Dio. Se la creazione e la sua creatura più bella e fulgida fossero state perfette, la tentazione non avrebbe plasmato il cosmo, e il peccato e il male, che già adombravano la Luce divina, sarebbero rimasti relegati nel cantuccio a loro destinato, avrebbero, cioè, riguardato solo gli angeli ribelli (ed anche su questo versante vi sarebbe tantissimo di cui discutere); l’uomo non avrebbe ceduto alla tentazione. La Genesi fa esprimere Dio in questi termini: <<1, 31: Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona. E fu sera e fu mattina: sesto giorno.>>. ‘Molto buona’ sta’ ad indicare che non si trattava di opera perfetta, ma di un grado o livello di bontà eccelsa, però non perfetta.
Nella Bibbia il termine “molto buona” è scritto per la prima volta al versetto 31, dopo la creazione dell’uomo, mentre per le altre fasi della creazione usa solamente il termine “buona”. Quel molto sta a indicare non dico la “perfezione” ma la cosa migliore che Dio ha creato.
Dunque, perché far cadere l’uomo che era la cosa migliore creata????
La mia opinione è che l’uomo (e la donna) erano veramente il culmine della creazione per il fatto che erano stati creati a immagine e somiglianza di Dio e all'uomo era stata sottomessa la creazione stessa, ma non dimentichiamoci che Dio non è solo bene ma anche male, luce e tenebre da Dio separate fin dall’inizio. E la tentazione di mettersi al posto di Dio, di conoscere il bene e il male, deve essere stata abbagliante…
Per cui il passo dal culmine alla caduta è stato breve…
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Messaggio originale inviato da visechi
Dio, dopo la caduta, maledì la terra e i suoi abitatori, dopo di che distolse lo sguardo dalle cose dell’uomo, limitando il proprio coinvolgimento nella storia all’ammonizione insita nella legge affidata a Mosé. Entrò con forza ed irruenza nello scorrere del tempo e nelle cose dell’uomo con l’avvento di Gesù, suo Logos redentore non per la salvezza dell’uomo, ma per espiare la sua inemendabile colpa di aver creato l’abnorme ed avervi immerso l’intera creazione. La venuta del figlio dell’uomo iscrisse lo scorrere del tempo entro una linearità ed un’attesa escatologica che trova il suo epilogo nell’adempimento della promessa dell’ultimo giorno e la rivelazione del Dio del settimo giorno; spezzò così la ciclicità del tempo scandita dal succedere delle stagioni e di un eterno ritorno. A fronte del patimento cui aveva sottoposto la creazione, Dio offrì alla Terra la consolazione di una promessa che non vale l’attesa, non lenisce il dolore e non tacita il pianto e il lamento che erompono diafani come un rigurgito da ogni luogo e da ogni tempo. Da ciò l’uomo, da questo patire, trae legittimazione ogni qualvolta innalza verso il cielo le proprie bestemmie e le proprie ingiurie; dal fatto che porta sulle spalle il fardello altrui, dall’immane fatica di vivere in una condizione reietta, dal dolore che scaturisce senza senso e senza ragione dall’handicap innocente, da quello che furente interseca l’esistenza umana senza che si colga in questo abbattersi una ragione atta a giustificarlo l’uomo deriva e deduce le sue ragioni di lamentela, senza che a queste Dio possa o debba opporre il suo ineffabile disegno. Non vi è teologia che possa controbilanciare questa ferita aperta nel cuore, nell’anima e sulla pelle della creatura e della creazione. Dio è colpevole senza possibilità d’appello.
Dopo la caduta Dio ha sempre guardato favorevolmente all’uomo, è l’uomo che purtroppo si è allontanato sempre più da Dio…costruendosi falsi Dei non solo fatti di pietra o oro ma anche moralmente e spiritualmente…
Questa terra è diventata l’inferno…
Comunque per chi non crede in Dio non c’è una spiegazione al perché del male e dell’inferno…
Credendo in Dio il male non fa tanta paura, non tanto perché c’è una promessa di salvezza, ma perché credere in Dio significa fidarsi di lui e della sua parola, quindi avere la consapevolezza che tutto il male che c’è nel mondo è causa di una negazione di Dio e in questo modo tutto ne soffre, uomini e natura…
La creatura che soffre ma si fida di Dio “sa” che il male sarà sconfitto per sempre, che la vita continua oltre la vita dove finalmente tutto torna a Dio nella sua Luce… per chi ha perseverato nel credere in lui, nonostante tutto sembri dimostrare il contrario, il paradiso esiste gà qui.

Un saluto

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Vecchio 05-06-2006, 09.56.36   #25
visechi
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Condivido quanto affermi.

L’intera fatica di Dio, resa manifesta e concreta nella Creazione, è contrappuntata dal termine <<buona>>. Il Creato è dunque opera <<buona>>. Solo in seguito, con la comparsa dell’uomo, appare la locuzione <<cosa molto buona>>. Tale differenza d’espressione rilevabile nel I° Capitolo della Genesi, offre la misura dell’atto più eccelso dell’intera opera creatrice di Dio. Solo con la Creazione dell’uomo si giunge al culmine qualitativo della fatica divina. L’uomo rappresenta, infatti, il fastigio del processo creativo. Solo in tale occasione il Libro della genesi parla di somiglianza ed immagine di Dio. L’uomo è all’apice del creato, e ciò per espressa volontà di Dio, poiché è Dio stesso che aduna tutte le creature viventi, conducendole davanti all’uomo affinché questi imponesse loro un nome. Chiaro simbolo dell’estensione della signoria di quest’ultimo sull’intero creato – attribuire un nome a cose, persone o animali significava prenderne possesso -. I capitoli I° e II° della Genesi narrano con sufficiente chiarezza questa determinazione originaria della volontà di Dio: un’opera definita <<buona>> sottoposta alla signoria di un’altra creatura considerata <<molto buona>>, in ciò è ravvisabile anche la scaturigine della gerarchia cosmologica che d’allora informa il creato. Entrambe le definizioni lasciano ben intendere che né nell’uno che nell’altro caso si tratta di creature perfette.

Il Libro della Genesi ci dice anche che la Creazione era permeata, o ad essa era immanente la possibilità del Male; non chiarisce però se questa forza fosse anche operativa o attiva. Dio, infatti, prescrisse all’uomo il divieto di cibarsi dei frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male. Se ne deduce che il male era preesistente alla Creazione dell’uomo, perché della sua genesi non vi è traccia alcuna; diversamente Dio avrebbe impartito un divieto privo di senso.

Se il Male era preesistente alla Creazione deve sorgere il dubbio ed imporsi il quesito da dove, sempre sulla base del racconto dei sacri testi, fosse sortito fuori, da o per effetto di quale evento si fosse generato. E’ noto l’episodio della caduta degli angeli. La Genesi non lo racconta; è marginalmente trattato in altre sezioni dell’Antico Testamento (non ricordo quali). Questo primo Libro parla però dell’esistenza del Tentatore che in foggia di serpente induce Adamo ed Eva alla trasgressione, dannando loro e l’intero Creato. Se il Male fosse da ricondurre alla presenza del serpente, sarebbe chiara la sua diretta derivazione da Dio stesso, per atto creativo volontario, in quanto anche il serpente è creatura di Dio. Ma sappiamo che la figura del serpente è solo una mimetizzazione del demonio.

Abbiamo due evidenze:
l’esistere del Male ante-origine mundi, cioè prima che Dio compisse la sua opera;
l’esistere del Tentatore – il Male – anch’esso precedente alla Creazione. Il loro esistere è in entrambi i casi da porre prima della locuzione <<In principio…>>, che è l’incipit dell’intera Bibbia. La tradizione racconta che Satana e la schiera degli angeli decaduti avevano già patito e subito la condanna di Dio. La maledizione che li ha colpiti, che precedette la Creazione, sappiamo essere irredimibile e definitiva: semper et pro semper, senza che sia necessario un ulteriore pronunciamento che la rinnovi. E’ stata pronunciata in origine ab aeternum. Ma nel libro della Genesi, al Capitolo III°, è narrato un episodio che, alla luce di quanto appena detto, appare subito alquanto singolare e di per sé significativo.

A seguito della disubbidienza dell’uomo, Dio maledisse l’intera Creazione – l’umanità tutta e la terra che l’avrebbe ospitata -, ma, fatto più che mai inatteso, maledisse anche il serpente, cioè Satana, il principe della schiera degli angeli decaduti e, fatto strano, già maledetti prima che la Creazione fosse solo anche iniziata.

E’ possibile che Dio avvertisse la necessità di rinnovare una maledizione che la tradizione biblica ritiene fosse irrevocabile ed irredimibile, o, evenienza assai più verosimile, il III° capitolo della Genesi ci racconta il momento preciso in cui Dio compì l’atto deliberativo di definire e marcare il territorio di competenza del Male, fornendo di contenuto e concreta apparenza ad un qualcosa – una forza – che era costitutiva del suo essere, ipostatizzandola con la figura e persona dell’angelo decaduto: il demonio?

Egli maledisse la terra, l’umanità e questo qualcosa che era parte della sua Numinosa divinità. La Creazione è un atto compiuto solo se si tiene conto anche di questo particolare evento. Dio confinò sulla terra il Male, costitutivo del suo essere, identificandolo e facendolo coincidere con il demonio – cioè rendendolo in forma e persona di diavolo (diaballo-calunniatore). Cioè, in definitiva, dal Male si divise, se ne separò facendo sì che divenisse immanente alla Creazione. Delimitò il confine che separa il Bene – cioè il suo volere, le sue prescrizioni <<Di tutti gli alberi del giardino tu puoi mangiare; ma dell’albero della conoscenza del bene e del male non devi mangiare, perché, nel giorno in cui tu te ne ciberai, dovrai certamente morire>> -, dal Male. Il Bene in questo racconto coincide con l’abbandono mansueto alla volontà di Dio - <<sia fatta la tua, non la mia volontà>>, anche il figlio dell’uomo, <<il più bello dei figli dell’uomo>>, si abbandona alla volontà del Padre -; il Male è il progressivo o improvviso discostarsi, il suo separarsi, dividersi (diaballo) da questa volontà, per precipitare dentro le spire del peccato e del demonio.

Il Libro della Genesi è un testo fondamentale per introdursi nei misteri che legano Dio alla Creazione. Questo libro racconta e rivela un altro evento di fondamentale importanza. La signoria dell’uomo sulla creazione non è un dono irreversibile.

La Creazione fu sottoposta al dominio dell’uomo, ma Dio revocò questa sua deliberazione in occasione del diluvio, raccontato nell’VIII° capitolo. Egli preservò l’umanità benedicendo Noè e la sua discendenza. Il IX° capitolo si apre con una benedizione che appare subito la replica dell’originaria sottomissione del creato alla signoria di Adamo. Si tratta di un nuovo patto stipulato fra Dio e l’uomo, e in questo racconto sono utilizzate parole molto simili a quelle utilizzate in occasione dell’asservimento della terra e della creazione alla discendenza di Adamo. Dio, dopo aver revocato la sua precedente deliberazione (la natura si ribella all’umanità e l’annienta), stipula con Noè una nuova alleanza che si estenderà alla sua discendenza. Il Dio del roveto diede forma e contenuto prescrittivi a questa alleanza. L’avvento di Gesù la rinnovò e la riformulò.

L’umanità popola la terra nell’inquietudine e nell’angoscia che Dio possa e voglia revocare di nuovo il suo dono, che si sostanzia con l’unione e la coincidenza della sua superna volontà e quella dell’uomo. Anche se tale grazia è stata confermata, in termini di promessa escatologica, dal Figlio fattosi carne. La Creazione e il dono di vita eterna sono così sospesi, in bilico fra la possibilità di una loro revoca e quella, insita nella promessa cristiana, di un loro perfetto e definitivo compimento nell’ultimo giorno: rivelazione del Dio dell’ultimo giorno – l’ultimo Dio -. Bene e Male, nella tradizione cristiana, si disputano proprio questa possibilità: l’inferno è la revoca della grazia e della benedizione, il Paradiso o la Vita eterna il compimento perfetto della promessa di Dio rinnovata da Gesù Cristo.

Ciao
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Vecchio 06-06-2006, 17.37.22   #26
sunday01
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Il Libro della Genesi ci dice anche che la Creazione era permeata, o ad essa era immanente la possibilità del Male; non chiarisce però se questa forza fosse anche operativa o attiva. Dio, infatti, prescrisse all’uomo il divieto di cibarsi dei frutti dell’albero della conoscenza del bene e del male. Se ne deduce che il male era preesistente alla Creazione dell’uomo, perché della sua genesi non vi è traccia alcuna; diversamente Dio avrebbe impartito un divieto privo di senso.
Se il Male era preesistente alla Creazione deve sorgere il dubbio ed imporsi il quesito da dove, sempre sulla base del racconto dei sacri testi, fosse sortito fuori, da o per effetto di quale evento si fosse generato. E’ noto l’episodio della caduta degli angeli.
Riguardo alla caduta degli angeli, questa si trova nel Libro dell'Apocalisse, che secondo un'intepretazione condivisa da alcuni studiosi non parla solo di cose che dovranno accadere, ma anche di cose che sono accadute nel Principio:

Apocalisse 11:19 - 12:9
"Allora si aprì il santuario di Dio nel cielo e apparve nel santuario l'arca dell'alleanza. Ne seguirono folgori, voci, scoppi di tuono, terremoto e una tempesta di grandine.
Nel cielo apparve poi un segno grandioso: una donna vestita di sole, con la luna sotto i suoi piedi e sul suo capo una corona di dodici stelle.
Era incinta e gridava per le doglie e il travaglio del parto.
Allora apparve un altro segno nel cielo: un enorme drago rosso, con sette teste e dieci corna e sulle teste sette diademi;
la sua coda trascinava giù un terzo delle stelle del cielo e le precipitava sulla terra. Il drago si pose davanti alla donna che stava per partorire per divorare il bambino appena nato.
Essa partorì un figlio maschio, destinato a governare tutte le nazioni con scettro di ferro, e il figlio fu subito rapito verso Dio e verso il suo trono.
La donna invece fuggì nel deserto, ove Dio le aveva preparato un rifugio perché vi fosse nutrita per milleduecentosessanta giorni.
Scoppiò quindi una guerra nel cielo: Michele e i suoi angeli combattevano contro il drago. Il drago combatteva insieme con i suoi angeli, ma non prevalsero e non ci fu più posto per essi in cielo.
Il grande drago, il serpente antico, colui che chiamiamo il diavolo e satana e che seduce tutta la terra, fu precipitato sulla terra e con lui furono precipitati anche i suoi angeli."

Questi versi parlano sia dell'alleanza che Dio ha stretto con l'uomo, sia della donna di cui si parla nei versi della Genesi riguardo al serpente.
Il periodo di tempo citato dovrebbe corrispondere al tempo trascorso dalla Genesi all'incarnazione di Cristo (Pienezza dei tempi).
Quindi il male preesisteva all'uomo, ma alla potenza del male è stato dato un tempo, dopo di che sarà annullato per sempre.
Il perchè di tutto questo non lo so, la mia spiegazione logica è che comunque tutto è da ricondurre a Dio, e anche all'uomo...
E' come dire a un bambino: se tocchi il fuoco ti bruci.... ma se il bambino vuole fare la conoscenza del fuoco chi glielo può impedire???
Forse anche il male è necessario per crescere e maturare, se si resta fedeli a Dio e a Gesù Cristo non c'è nulla da temere.
Per chi non ci crede, il male resta comunque un grosso problema, senza soluzione, direi, perchè l'unica soluzione al male è il bene, l'unica soluzione alle tenebre, è stare nella Luce che squarcia le tenebre.

Ciao

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Vecchio 08-06-2006, 09.50.34   #27
visechi
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Non sapevo di questa interpretazione dei passi dell’Apocalisse. Ho ritrovato traccia della “caduta angelica” in due diversi passi dell’Antico testamento: il primo di Isaia (14: 11, 23), il secondo di Ezechiele (28: 11,19).

ISAIA (14: 11, 23)
11 Negli inferi è precipitato il tuo fasto,
la musica delle tue arpe;
sotto di te v’è uno strato di marciume,
tua coltre sono i vermi.
12 Come mai sei caduto dal cielo,
Lucifero, figlio dell’aurora?
Come mai sei stato steso a terra,
signore di popoli?
13 Eppure tu pensavi:
Salirò in cielo,
sulle stelle di Dio
innalzerò il trono,
dimorerò sul monte dell’assemblea,
nelle parti più remote del settentrione.
14 Salirò sulle regioni superiori delle nubi,
mi farò uguale all’Altissimo.
15 E invece sei stato precipitato negli inferi,
nelle profondità dell’abisso!
16 Quanti ti vedono ti guardano fisso,
ti osservano attentamente.
È questo l’individuo che sconvolgeva la terra,
che faceva tremare i regni,
17 che riduceva il mondo a un deserto,
che ne distruggeva le città,
che non apriva ai suoi prigionieri la prigione?
18 Tutti i re dei popoli,
tutti riposano con onore,
ognuno nella sua tomba.
19 Tu, invece, sei stato gettato fuori del tuo sepolcro,
come un virgulto spregevole;
sei circondato da uccisi trafitti da spada,
come una carogna calpestata.
A coloro che sono scesi in una tomba di pietre
20 tu non sarai unito nella sepoltura,
perché hai rovinato il tuo paese,
hai assassinato il tuo popolo;
non sarà più nominata
la discendenza dell’iniquo.
21 Preparate il massacro dei suoi figli
a causa dell’iniquità del loro padre
e non sorgano più a conquistare la terra
e a riempire il mondo di rovine”.

22 Io insorgerò contro di loro - parola del Signore degli eserciti - , sterminerò il nome di Babilonia e il resto, la prole e la stirpe - oracolo del Signore - . 23 Io la ridurrò a dominio dei ricci, a palude stagnante; la scoperò con la scopa della distruzione - oracolo del Signore degli eserciti - .




Ezechiele (23: 11, 19)
La caduta del re di Tiro

11 Mi fu rivolta questa parola del Signore: 12 “Figlio dell’uomo, intona un lamento sul principe di Tiro e digli: Così dice il Signore Dio:

Tu eri un modello di perfezione,
pieno di sapienza,
perfetto in bellezza;
13 in Eden, giardino di Dio,
tu eri coperto d’ogni pietra preziosa:
rubini, topazi, diamanti, crisòliti, ònici
e diaspri, zaffìri, carbonchi e smeraldi;
e d’oro era il lavoro dei tuoi castoni e delle tue
legature,
preparato nel giorno in cui fosti creato.
14 Eri come un cherubino ad ali spiegate a difesa;
io ti posi sul monte santo di Dio
e camminavi in mezzo a pietre di fuoco.
15 Perfetto tu eri nella tua condotta,
da quando sei stato creato,
finché fu trovata in te l’iniquità.
16 Crescendo i tuoi commerci
ti sei riempito di violenza e di peccati;
io ti ho scacciato dal monte di Dio
e ti ho fatto perire, cherubino protettore,
in mezzo alle pietre di fuoco.
17 Il tuo cuore si era inorgoglito per la tua bellezza,
la tua saggezza si era corrotta
a causa del tuo splendore:
ti ho gettato a terra
e ti ho posto davanti ai re che ti vedano.
18 Con la gravità dei tuoi delitti,
con la disonestà del tuo commercio
hai profanato i tuoi santuari;
perciò in mezzo a te ho fatto sprigionare un fuoco
per divorarti.
Ti ho ridotto in cenere sulla terra
sotto gli occhi di quanti ti guardano.
19 Quanti fra i popoli ti hanno conosciuto
sono rimasti attoniti per te,
sei divenuto oggetto di terrore, finito per sempre”.



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Vecchio 08-06-2006, 23.05.19   #28
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Re: Dio e il problema dell'inferno

Citazione:
Messaggio originale inviato da Heraclitus
Come vedete io non ho espresso giudizi ma mi sono limitato a porre domande, ed ecco le ultime:
Possiamo dire quindi che se dio è infinitamente buono verso tutti allora nessun uomo può essere mandato da dio all'inferno e che se qualcuno è mandato da dio all'inferno allora dio non è infinitamente buono verso tutti? Se no, perchè?
Perché l'inferno "cristiano" non esiste, ma è una idea superstiziosa che dipende della mancata conoscenza del "principio della reincarnazione" e del fatto che l'evoluzione dell'uomo e gli altri esseri viventi quindi ha luogo durante milioni d'anni in migliaia di vite fisiche.

Ogni uomo crea il suo destino in virtù della legge del karma che fa sì che l'individuo deve sempre sperimentare gli effetti delle proprie azioni.
Con ciò ogni essere vivente senza eccezione arriverà prima o poi allo stato perfetto, cioè "all'immagine di Dio" e si può quindi dire che "tutto è cosa molto buona".
Il fatto che sulla strada verso lo stato perfetto noi sbagliamo ed in tante vite dobbiamo sperimentare destini sofferenti ed "infernali", non significa che questo sia "la fine della storia".
Attraverso l'esperienza della sofferenza, e forse anche di alcuni "passaggi infernali" sui piani spirituali fra le vite fisiche, si impara e fa la conoscenza delle leggi della vita e così la sofferenza porta in realtà alla crescita spirituale e morale dell'essere vivente, e fa dunque parte del "metodo creativo" di Dio.

Quindi Dio, (cioè la vita stessa e le leggi universali), è sempre "infinitamente buono" visto che tutte le esperienze portano sempre alla perfezione di ogni essere vivente.
Buona sera
Rolando is offline  
Vecchio 09-06-2006, 09.42.18   #29
visechi
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Citazione:
Perché l'inferno "cristiano" non esiste, ma è una idea superstiziosa che dipende della mancata conoscenza del "principio della reincarnazione" e del fatto che l'evoluzione dell'uomo e gli altri esseri viventi quindi ha luogo durante milioni d'anni in migliaia di vite fisiche.

Caro Rolando, tu per poter affermare quanto affermi penso debba far riferimento ad una qualche tradizione che ti suggerisce che l’inferno non esiste. Neppure io credo che esista, così come non credo che esiste Dio o il Paradiso, ancor meno credo all’esistenza di tantissime variopinte e fantastiche concezioni che ineriscono alla spiritualità. Immagino da quali tradizioni faccia risalire la tua certezza, ma qui si parla principalmente della tradizione giudeo-cristiana, che all’Inferno crede eccome. L’esistenza dell’Inferno è, infatti, un concetto presente nel Libro Sacro cui attinge la tradizione giudeo-cristiana.

Citazione:
Ogni uomo crea il suo destino in virtù della legge del karma che fa sì che l'individuo deve sempre sperimentare gli effetti delle proprie azioni.

Se la legge di Dio è per certi versi paradossale o antinomica, quella del Karma presenta un baco insanabile, tanto da farla ritenere più che mai improbabile. Se il nostro destino, come dici tu, si crea in virtù di questa legge, cioè sulla base di quanto ‘ragrannelato’ è ‘tesaurizzato’ nel corso delle vite precedenti, ciò può essere considerato possibile o probabile solo per quelle vite successive alla prima. Ma nessuno ha mai provato a fare i conti con la prima venuta al mondo di ciascuno di noi. Ammesso e non concesso che ognuno abbia davanti a sé un numero indefinito di rinascite, e provenga da un numero non definibile di altre rinascite, ciò potrebbe essere sufficiente per sostenere che la vita attuale sia fortemente condizionata – predestinata – dalle azioni compiute nelle vite passate, e le vite future siano condizionabili da quelle compiute nella vita presente – meriti e demeriti acquisiti -. Mi spiegheresti almeno tu, visto che parrebbe sia tanto affezionato a questo concetto, senza perderti in paraboliche capziosità tese a dimostrare l’esistenza di un karma collettivo o universale o un’anima mundi poco credibili, da quali azioni saremmo condizionati – predestinati – nel momento in cui nascessimo per la prima volta? Ci sarà pure, nel ciclo del samsara, una prima volta in cui abbiamo emesso il primissimo vagito che ci ha catapultato in questo mondo; ci sarà pure, anche nella tua concezione, una scaturigine di questo samsara? Oppure, nel corso della nostra primissima esistenza non saremmo condizionati da alcunché? In tale evenienza non potresti escludere la possibilità che ciascuno di noi affronti la vita per la primissima volta, incipit del ciclo di rinascite che dovremo tendere a trascendere. Un’ultima cosa: il karma dovrebbe anche ammettere che la nascita e la repentina morte di un bambino che nascesse una primissima volta, sia già Dio nel momento stesso in cui nasce e muore; non avrebbe, infatti, avuto il tempo sufficiente per accumulare né meriti né demeriti in quantità tale da innescare quel ciclo tanto obbrobrioso e così tanto fantasmagorico di cui parli.
Ciao
Fammi sapere
visechi is offline  
Vecchio 09-06-2006, 10.34.20   #30
La_viandante
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Citazione:
L’esistenza dell’Inferno è, infatti, un concetto presente nel Libro Sacro cui attinge la tradizione giudeo-cristiana.

Visechi, in realta’ questa e’ una rielaborazione posteriore della parola inferi, e se si legge quel passo su lucifero non significa altro che egli e’ morto. E’ sceso nel regno dei morti, illuminante e’ questa parte per capire meglio

Citazione:
[b]Tu, invece, sei stato gettato fuori del tuo sepolcro, [b]

e quest‘altra

A coloro che sono scesi in una tomba di pietre
20 tu non sarai unito nella sepoltura,


Vuol dire che sara’ gettato in un’altra dimora sepolcrale, un’immondezzaio dove venivano depositate le carcasse degli animali.

Vedi com’e’ difficile comprendere le parole della bibbia per come le hanno travisate fino a noi?

Se non credete a me almeno credete alle parole di uno studioso di scienze bibliche Maggi che qui dice
http://www.studibiblici.it/vita%20eterna.htm


Sheol, ade, inferi significano: il regno dei morti.
Come ricordate, in una delle formule del Credo si dice: «…Gesù morì. Fu sepolto e discese agli inferi», non all’inferno. Che cosa significa che è disceso agli inferi?
Inferi era il regno dei morti e l’autore di questa formula del Credo vuol dire che Gesù, la sua capacità di vita, capace di superare la morte, l’ha estesa pure a quelli che sono morti prima di lui. Quindi Gesù non è andato all’inferno, è andato negli inferi.
Questa visione della terra la troviamo nelle lettere di Paolo. Paolo nella lettera ai Filippesi scrive «…perché per mano di Gesù ogni ginocchio si pieghi, nei cieli, quindi il luogo dove c’è Dio, sulla terra, dove abitano gli uomini, e sotto terra, il regno dei morti». Questo sheol, questo ade, questo inferi è il regno dei morti dove tutti quanti vanno a finire, sia buoni che cattivi, tutti finiscono sotto terra
La_viandante is offline  

 



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