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Filosofia - Forum filosofico sulla ricerca del senso dell’essere.
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Vecchio 02-10-2006, 09.25.34   #1
arsenio
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consulenza filosofica

Consulenza filosofica

“Psicologo addio, è l'ora del filosofo – la Repubblica, 24,09,06; “La filosofia può curare?” - Il Piccolo, 27,09,06. P.A. Rovatti presenta il suo saggio “La filosofia può curare?”

Dal Festival della Filosofia è sorto l'interesse d'imparare a fronteggiare il male di vivere sintonizzandosi con i propri problemi esistenziali piccoli e grandi. La consulenza filosofica (Achenbach ne è il padre) è un'alternativa alla psicoanalisi e alle psicoterapie che rivaluta l'utilità pratica della filosofia accostandola alla vita reale. Ci si addestra in un'ora di libera conversazione, da dialoganti socratici, senza regole e in condizione di parità, dove si può incontrare se stessi. Alla ricerca del senso della propria vita, scuotendosi dal torpore della routine quotidiana. Non si risolvono problemi ma s'infonde fiducia nel proprio pensiero inserito in orizzonti più vasti, anche per osservare il proprio disagio diventando “altro” senza chiudersi in schemi della vita passata. Sono necessari più raffinati strumenti di autoconsapevolezza per il deficit di senso che stiamo vivendo. Il consulente deve avere una mentalità antiaccademica e flessibile che riconosca il legame della filosofia con la vita di ogni giorno. Possiede soprattutto la capacità di giocare e di insegnare a giocare, mettendosi in gioco e accettando di essere giocato. Dote, salvo eccezioni, non posseduta dai filosofi.
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“Antiaccademismo” perchè i nichilismi metafisici, i neospiritualismi, le convinzioni indubitabili, i teologismi, i filosofeggiari tortuosi e incongruenti, sono a distanze siderali dalle esperienze, problemi , angosce dell'umanità.
Può curare un discorso non psicoanalitico né psicoterapeutico che si propone come una non strutturata terapia delle idee? In cui un consulente mette in gioco più la propria personalità che specifici metodi? In ogni caso se il processo di dialogica riflessione a due dev'essere di tipo confidenziale, s'instaurerà un transfert dove il filosofo dovrà dimostrare pure qualche competenza relazionale e di automonitoraggio. Ad esempio dovrà stimolare all'autoespressione sapendo quando lasciare che le parole dell'altro fluiscano libere o intervenire, riconoscere l'ambiguità della parola, i sensi impliciti o latenti da chiarire per far emergere i vissuti soggettivi che creano problemi di adattamento. Accettare incondizionatamente la specificità individuale dell'”ospite”, evitare proprie personali e disturbanti interpretazioni, fantasie, imposti modi di pensare. Soprattutto riconoscere che infine deve essere il soggetto a decidere le scelte che per sé ritiene migliori.

Come interpretare questo essenziale ”saper giocare” carente nei filosofi? E' così difficile passare dalla stanza dell'analisi alla stanza dei giochi? Per scoprire il mondo del possibile tra fantasia e limiti posti dalla realtà, dove anche riconsiderare con lievità le nostre opinioni e attenuare le rigidità comportamentali diventa occasione di gioco. Significa esprimere liberamente nostre risorse e potenzialità scoperte, lasciarsi andare e non prendersi troppo sul serio, uscendo dall'ovvietà, noia, copioni fallimentari. Vi rientra anche una forma di scrittura per un ravvivato linguaggio del cambiamento, il gioco con le parole, un mai smarrito spirito giocoso.

Potrebbe essere questa la futura figura del filosofo?
arsenio is offline  
Vecchio 02-10-2006, 10.21.35   #2
Yam
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https://www.riflessioni.it/forum/
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Vecchio 05-10-2006, 18.55.50   #3
pascal
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ormai sono tutti filosofi
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Vecchio 06-10-2006, 10.40.51   #4
Patri15
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A proposito di Rovatti, tempo fa mi ero annotata una sua risposta durante una intervista a studenti dell'Università di Trento, ed è questa:

"Luomo non può sublimare l'enigma dell'esistere, non può farlo diventare opera d'arte, né può farlo diventare scienza, né qualsiasi altra cosa che in qualche modo cancelli l'enigma.

L'uomo deve affrontare l'enigma dell'esistere come tale, come enigma, senza pretendere di scioglierlo.

La grande potenza tecnico - scientifica dell'umanità si è costruita basandosi sull'illusione di superare l'enigma dell'esistenza.
Il delirio conseguente a questa illusione è quello che ha preso in senso descrittivo l'artista, il politico.

Rispetto a questa illusione l'uomo può scegliere tra due o più direzioni. A seconda di quella che prende, egli si dichiarerà convinto che quella presa sembra essere l'unica che alimenta tutto il grande meccanismo con cui l'uomo vuole mettersi a concorrere con Dio...."

In fondo è di questo che si tratta, no?

<L'essere per la morte>, per Heidegger, è ciò che dà senso alla vita. Non è affatto un pensiero pessimistico. E un modo di vivere, un gioco.

Ciao
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Vecchio 06-10-2006, 12.14.15   #5
epicurus
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è già stato detto qualcosa a riguardo in questa discussione, provate a dare un occhio:
Consulenza Filosofica

lì avevo scritto, il seguente messaggio di risposta a Yam:

******

Citazione:
Originalmente inviato da Yam
lamentando il distacco della filosofia accademica dalla vita reale, rivendica il ruolo pubblico svolto dalla filosofia nell'antica Grecia, laddove essa si occupava anche della saggezza (in greco: phronesis), ossia del modo in cui ciascun uomo può condurre la propria vita, e veniva pertanto considerata una disciplina "pratica". Assumendo Socrate e il suo dialogo maieutico come modelli di riferimento

la filosofia può (e deve) avere anche risvolti pratici, ma una cosa è dire che chi si interessa di filosofia reagisca concretamente in base alla propria filosofia (teorica), un'altro è dire che i filosofia debbano andare a propinare ad altri le loro riflessioni, in questo secondo caso c'è un grande problema. infatti se si dice "io sono un filosofo e la penso così", allora il filosofo si mette in discussione pubblicamente, cioè si fa bersaglio delle critiche di altri filosofi, e così svolge la sua funzione principale; ma se invece uno dice "io sono un filosofo e tramite la mia consulenza ti aiuterò a trattare con la tua visione del mondo", allora il filosofo si innalza rispetto al suo paziente. non c'è più il filosofo che socraticamente si continua a mettere in discussione attraverso i confronti dialettici, ma c'è il filosofo su un piedistallo che dispensa consigli.

Citazione:
Originalmente inviato da Yam
Per indicare gli ambiti e le situazioni in cui la consulenza filosofica risulta particolarmente utile ed efficace, si possono citare le parole del presidente della maggiore associazione statunitense di consulenti filosofici, Lou Marinoff, il quale la ritiene adatta per "fronteggiare dilemmi morali, conflitti etico-professionali; per riconciliare l'esperienza con le credenze, i conflitti tra ragione ed emozione, le crisi di significato, scopi e valori; per favorire la ricerca di identità personale, di strategie nelle relazioni familiari; per superare l'ansia dovuta al cambio di un lavoro, l'incapacità di ottenere i propri obiettivi, la crisi di mezza età, le difficoltà relazionali; per affrontare la morte di una persona amata o la difficoltà a vivere la propria mortalità".
A differenza dalla psicoterapia, la consulenza filosofica non opera con tecniche psicologiche, non si occupa di inconscio e non ricerca nel passato le cause del sintomo, ma guarda al futuro lavorando razionalmente e realisticamente sul presente.

continuo a non capire come un filosofo possa, professionalmente, aiutare una persona in forte crisi. per di più la maggior parte delle volte (se non tutte) il problema è un problema di accettazione emotiva: razionalmente si sa cosa fare e come interpretare una data situazione, ma emotivamente si è nel panico più totale. e allora un filosofo, che si muove solo 'razionalmente', non so quanto possa servire. per di più l'uomo è un essere fortemente storico, e rinunciare a cercare nel passato le cause di alcuni disturbi (studiare la sua storia), credo, sia un forte limite. d'altro canto se una persona si sta rivolgendo ad uno specialista (spendendo un bel po' di dinero) allora presumibilmente tale persona avrà dei forti problemi.

Citazione:
Originalmente inviato da Yam
Egli instaura con il consultante una relazione dialogica che mira ad esplorarne e chiarirne la Weltanschauung, rispettandone però esigenze e priorità . Il consulente filosofico non ha modelli di "salute" o di "normalità", non lavora sull'inconscio, sulla psiche o sulla biografia della persona che lo consulta: la aiuta, facilitando la comprensione della sua visione della realtà, contribuendo a una riflessione su di essa e a una sua rielaborazione.

lo aiuta facilitando la comprensione della sua visione della realtà e chiarisce la visione del mondo, rispettandola e senza proiettare su di essa modelli di salute e normalità?

in un modo o nell'altro, se il filosofo vuole mutare lo stato del soggetto, deve modificargli la visione del mondo, questo è poco ma sicuro. e su quali basi? con quali modelli? Maieutica Socratica, si risponde, ma questa comunque presuppone già in punto di arrivo (più o meno vago) dove si vuole far arrivare l'interlocutore.

Citazione:
Originalmente inviato da Yam
"L'obiettivo del consulente filosofico non è semplicemente rendere felici e soddisfatti i propri clienti, ma piuttosto chiarire e migliorare le loro idee e visioni del mondo attraverso un processo di riflessione critica. Si assume che tale riflessione possa spesso portare ad una soluzione dei problemi dei clienti, e che da ciò possano scaturire anche soddisfazione e felicità;[...]"

leggiamo bene quel che c'è scritto qui sopra: si ritiene che l'obiettivo non sia la felicità e l'equilibrio del cliente (perchè altrimenti sarebbe una filosofia fittizia, solamente strumentale), però dato che si sa che il cliente cerca questo (e cos'altro dovrebbe cercare il paziente?!) si dice che si assume che tale riflessione filosofica porti felicità ed equilibrio. ma chi è che lo assume? e con quali giustificazioni? molti (dunadan compreso, almeno credo) credono che la filosofia (per la profonda analisi delle cose) porti fatalmente all'infelicità, sebbene io non sia d'accordo (non porta sempre all'infelicità) riconosco che può portarci. quindi un'analisi filosofica della nostra visione del mondo (se tale analisi vuole essere neutrale, come il conculente filosofico ci dice) è assolutamente indifferente alla nostra felicità/infelicità.

d'altro canto la storia è piena di filosofi (accademici) pessimisti........

epicurus
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Vecchio 06-10-2006, 12.35.45   #6
Patri15
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Non so bene se la filosofia possa essere alternativa alla psicologia: certo è che, tornando agl antipodi, la filosofia è amore della conoscenza.

Il Conosci te stesso si applica perfettamente anche alla psicologia, seppur in modo più individuale che non universale.

Entrambe però (psicologia e filosofia) cercano un senso ed è spesso la incapacità a trovarlo questo senso che crea i problemi nell'uomo.
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Vecchio 18-10-2006, 09.25.38   #7
arsenio
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Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
è già stato detto qualcosa a riguardo in questa discussione, provate a dare un occhio:
Consulenza Filosofica

lì avevo scritto, il seguente messaggio di risposta a Yam:

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la filosofia può (e deve) avere anche risvolti pratici, ma una cosa è dire che chi si interessa di filosofia reagisca concretamente in base alla propria filosofia (teorica), un'altro è dire che i filosofia debbano andare a propinare ad altri le loro riflessioni, in questo secondo caso c'è un grande problema. infatti se si dice "io sono un filosofo e la penso così", allora il filosofo si mette in discussione pubblicamente, cioè si fa bersaglio delle critiche di altri filosofi, e così svolge la sua funzione principale; ma se invece uno dice "io sono un filosofo e tramite la mia consulenza ti aiuterò a trattare con la tua visione del mondo", allora il filosofo si innalza rispetto al suo paziente. non c'è più il filosofo che socraticamente si continua a mettere in discussione attraverso i confronti dialettici, ma c'è il filosofo su un piedistallo che dispensa consigli.



continuo a non capire come un filosofo possa, professionalmente, aiutare una persona in forte crisi. per di più la maggior parte delle volte (se non tutte) il problema è un problema di accettazione emotiva: razionalmente si sa cosa fare e come interpretare una data situazione, ma emotivamente si è nel panico più totale. e allora un filosofo, che si muove solo 'razionalmente', non so quanto possa servire. per di più l'uomo è un essere fortemente storico, e rinunciare a cercare nel passato le cause di alcuni disturbi (studiare la sua storia), credo, sia un forte limite. d'altro canto se una persona si sta rivolgendo ad uno specialista (spendendo un bel po' di dinero) allora presumibilmente tale persona avrà dei forti problemi.



lo aiuta facilitando la comprensione della sua visione della realtà e chiarisce la visione del mondo, rispettandola e senza proiettare su di essa modelli di salute e normalità?

in un modo o nell'altro, se il filosofo vuole mutare lo stato del soggetto, deve modificargli la visione del mondo, questo è poco ma sicuro. e su quali basi? con quali modelli? Maieutica Socratica, si risponde, ma questa comunque presuppone già in punto di arrivo (più o meno vago) dove si vuole far arrivare l'interlocutore.



leggiamo bene quel che c'è scritto qui sopra: si ritiene che l'obiettivo non sia la felicità e l'equilibrio del cliente (perchè altrimenti sarebbe una filosofia fittizia, solamente strumentale), però dato che si sa che il cliente cerca questo (e cos'altro dovrebbe cercare il paziente?!) si dice che si assume che tale riflessione filosofica porti felicità ed equilibrio. ma chi è che lo assume? e con quali giustificazioni? molti (dunadan compreso, almeno credo) credono che la filosofia (per la profonda analisi delle cose) porti fatalmente all'infelicità, sebbene io non sia d'accordo (non porta sempre all'infelicità) riconosco che può portarci. quindi un'analisi filosofica della nostra visione del mondo (se tale analisi vuole essere neutrale, come il conculente filosofico ci dice) è assolutamente indifferente alla nostra felicità/infelicità.

d'altro canto la storia è piena di filosofi (accademici) pessimisti........

epicurus

Per completare il discorso, ancora alcune precisazioni sempre riferendomi ad Achenbach, padre della consulenza filosofica. Tale indirizzo deve assumere una veste pratica per non evadere dai problemi quotidiani presentati da un singolo e specifico individuo, escludendo oziosi problemi astratti e arrovellamenti inutili sull'essere, sul mondo, su Dio, su di un senso trascendentale della vita, ecc.
In particolare serve a far riflettere sulla propria individualità in tempi di comportamenti omologati e pensieri indotti dai media. Lo scopo sono autochiarificazioni senza imporre prescrizioni o etichettare con classificazioni categoriche come sano/malato, normale/anormale.
Si ispira al dialogo socratico per ravvivare il modo di pensare, conoscendo alcune linee dei grandi pensatori, ma senza proporsi di insegnare la filosofia. Le domande cruciali sono Cosa so? Cosa faccio? Cosa spero? Chi sono? Consulente e consultante si mettono in gioco al di là delle suggestioni di opinioni dominanti, ovvietà,false certezze, apparenze ingannevoli. L'obiettivo è far raggiungere una propria personale verità, anche facendo concettualizzare ciò che non si è mai riusciti ad esprimere, discutendo su ciò che sembra pur ovvio,ecc.
La consulenza filosofica è distante dalla tradizione, tuttavia la accomunerei a una filosofia
dell'esistenza come quella teorizzata da Jaspers. Secondo il filosofo il filosofare ha voluto ritrovare la via verso la realtà svincolandosi da un puro e semplice conoscere qualche cosa, dai modi di dire convenzionali, da atteggiamenti prefissati e da ogni tipo di presupposto.
Inoltre, il filosofare sospinge il pensiero fino a quel punto in cui il pensiero ha la possibilità di trasformarsi in esperienza della realtà stessa. Non fornisce istruzioni psicoterapeutiche ma insegna la libertà dell'essere-sè- stessi. Parla solo dove sapere e tecnica falliscono, indica senza dare nulla. Pone questioni da poter esprimere e perciò provoca inquietudine.
Questo lo riferisco al “cosa”. Per il “come” sono scettico. Si avrà compreso che figure professionali adatte al compito, per personalità e cultura, sarebbero piuttosto rare.
Spero di aver maggiormente chiarito questo possibile orientamento della filosofia futura su cui spesso si fraintende.

Ciaociao

Saluti anche a yam, pascal, patri15
arsenio is offline  
Vecchio 19-10-2006, 20.26.35   #8
S.B.
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Non voglio entrare nel merito della discussione, comunque la filosofia mi ha aiutato tantissimo, più di quanto immaginassi, e pensare che il mio livello è scolastico con un minimo di approfondimento personale, nulla di che.

Il metodo filosofico mi ha aiutato, mi ha dato nuove prospettive, nuovi strumenti d'analisi, una maggiore apertura mentale soprattutto verso i miei errori. Posso dire con tranquillità che mi sento molto meglio ora rispetto a quando non conoscevo la filosofia. E' stato un punto di riferimento a cui aggrapparmi per crescere.

So che possono essere viste come banalità, ma volevo portare la mia esperienza personale, credo che la filosofia, anzi il fare filosofia nel senso più semplice del termine possa aiutare moltissimo anche per problemi psicologici.
S.B. is offline  
Vecchio 24-10-2006, 09.14.04   #9
cielosereno52
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Originalmente inviato da S.B.
Non voglio entrare nel merito della discussione, comunque la filosofia mi ha aiutato tantissimo, più di quanto immaginassi, e pensare che il mio livello è scolastico con un minimo di approfondimento personale, nulla di che.

Il metodo filosofico mi ha aiutato, mi ha dato nuove prospettive, nuovi strumenti d'analisi, una maggiore apertura mentale soprattutto verso i miei errori. Posso dire con tranquillità che mi sento molto meglio ora rispetto a quando non conoscevo la filosofia. E' stato un punto di riferimento a cui aggrapparmi per crescere.

So che possono essere viste come banalità, ma volevo portare la mia esperienza personale, credo che la filosofia, anzi il fare filosofia nel senso più semplice del termine possa aiutare moltissimo anche per problemi psicologici.


Sono felice di leggere che esistono molti modi di porsi davanti alla vita...
che non esiste un'indottrinamento unico filosofico nel raggiungere uno stato di benessere...
Dunque...una strada individuale... un riconoscersi diversi... sempre nel comune destino.
E il parlare di sè, il comunicare fra noi in modo empatico... rappresenta in sintesi la comunicazione fra le tante cellule del nostro organismo multicellulare...
Se le nostre cellule sono malate...comunicano in modo distorto...doloroso.. e...dove il nostro pensiero è malato... veicola disagi alla nostra fisicità...come se ci fosse una continua fonte di infezione .

Il confrontare le proprie idee.. il poter uscire da una fase acuta di malattia
psichica con letture filosofiche, con percorsi di confronto con altri , è un buon inizio...

Ps... spesso..le burrasche emotive nascono dal dentro...
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Vecchio 24-10-2006, 12.04.34   #10
Patri15
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Citazione:
Originalmente inviato da cielosereno52
Sono felice di leggere che esistono molti modi di porsi davanti alla vita...
che non esiste un'indottrinamento unico filosofico nel raggiungere uno stato di benessere...
Dunque...una strada individuale... un riconoscersi diversi... sempre nel comune destino.
E il parlare di sè, il comunicare fra noi in modo empatico... rappresenta in sintesi la comunicazione fra le tante cellule del nostro organismo multicellulare...
Se le nostre cellule sono malate...comunicano in modo distorto...doloroso.. e...dove il nostro pensiero è malato... veicola disagi alla nostra fisicità...come se ci fosse una continua fonte di infezione .

Il confrontare le proprie idee.. il poter uscire da una fase acuta di malattia
psichica con letture filosofiche, con percorsi di confronto con altri , è un buon inizio...

Ps... spesso..le burrasche emotive nascono dal dentro...

Il primo (a mia conoscenza) ad aver affrontato l'argomento fu Karl Jaspers:

Dopo aver rivoluzionato la psichiatria, rendendola da "esplicativa" (cos´è la schizofrenia, la depressione, la paranoia?) a "comprensiva" (come m´intendo io con questo schizofrenico, con questo depresso, con questo paranoico?), avvertì che ancora non si era sfiorato il problema del senso, e che non lo si sarebbe potuto accostare se non facendo filosofia e utilizzando strumenti filosofici.
Dopo Jaspers, vorrei consigliare il mio grande autore preferito, Eugenio Borgna, e uno degli ultimi sui libri Le intermittenze del cuore (Feltrinelli) o anche "Malinconia" il primo che lessi.
Li consiglio caldamente a tutti.

Ciao
Patri15 is offline  

 



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