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Vecchio 04-02-2007, 23.25.25   #1
Bani Roberto
Ospite
 
Data registrazione: 17-01-2007
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Psiche e Società nella Preistoria

Roberto Bani da Firenze: PSICHE E SOCIETA’ NELLA PREISTORIA

1.Oggi
2.Progresso delle Società Animali
3.Gruppi “Faccia a Faccia”
4.Genesi della Psiche

1. L’uomo che io sono. Se ne sta davanti alla televisione come una finestra sul mondo, a rimirare residui ambienti naturali e subire a valanga l’impatto con l’intera umanità. L’uomo che io sono oggi cammina come un fantasma umano in mezzo a tanti altri fantasmi, per strade o luoghi gremiti dove rarissimamente incontrerà qualcuno che conosce e gli darà un moto di simpatia o antipatia. E terrà conto delle tante regole, fino all’ultimo leguleio di qualche recondito ufficio, e pagherà per mantenere tanta gente che, umanamente, non gli piace affatto.
Sarei solo un ingranaggio della megamacchina, dell’intricato telaio che avvolge la terra e la specie, se non sentissi l’arcano vitale istinto di trovarmi felice, anche se intorno trovo poco da rallegrarmi; e ancor prima vorrei capire il disagio, i perché. Capire diventa imperativo.
2. L’idea settecentesca degli uomini che stabilirono il patto sociale per vivere insieme è ingenua e fasulla. L’uomo è intimamente animale sociale, soprattutto perché gran parte della sua psiche si è formata in ambiti sociali. Nell’evoluzione degli animali a più riprese e in distinti gruppi sistematici si attuarono unioni sopraindividuali, per poi all’interno specializzare i singoli in ruoli particolari nella socio-struttura utile alla specie. Nei metazoi inferiori (poriferi, celenterati, briozoi, tunicati) come colonie i cui individui restano fisicamente uniti; nei superiori, dati i ben più evoluti organi di senso, nervosi e motori, per rapporti conseguenti a comportamenti a dare piccoli gruppi o società complesse come nelle api, termiti, formiche. E umani!
Pesci, anfibi e rettili sono quasi sempre solitari e il solo legame è quello col proprio territorio; mentre anche nei mammiferi più solitari esiste il legame tra madre e prole, e in vari loro ordini, per vie separate, si attuò l’evoluzione in sociostrutture sempre più ampie e coinvolgenti. Dopo il legame madre-prole compare quello tra femmina e maschio a dare la famiglia o coppia stabile che alleva i cuccioli; che si allarga ai giovani nella famiglia estesa; la tolleranza tra più femmine adulte consente il gruppo poligamo intorno all’unico maschio adulto. Infine la comparsa del legame tra più maschi adulti realizza la stabile convivenza e unione tra molti individui di ambo i sessi e di tutte le età. Per esempio nei Canidi esistono specie solitarie (crisocione, urocione), in coppie o famiglie (coyote, sciacallo) e gruppi sociali di tutte le classi di età-sesso (lupo, cuon, licaone).
Antenati dell'uomo furono sia mammiferi solitari, dove l’affettività motiva il legame madre-figlio, sia specie viventi in coppie maschio-femmina con prole: come negli animali, anche tra noi il legame di coppia nasce con l'innamoramento, la travolgente infatuazione espressa nel corteggiamento, mentre è reso durevole dal sentimento d'amore. Seguendo gli stadi presenti nei primati, la nostra filogenesi passò da solitarie proscimmie alle coppie stabili come nel gibbone, quindi alla poligamia, come nel gorilla, fino ai gruppi sociali di più maschi e femmine adulti, giovani e cuccioli, come tra macachi, babbuini e scimpanzé. Anche australopitechi e ominidi dovevano vivere in analoghi piccoli gruppi promiscui.
3. Nel Homo sapiens: “Sociologi e antropologi riconoscono come gruppo primario, in tutti i tipi di società, il gruppo “faccia a faccia”, in cui tutti gli individui si incontrano tra loro nel corso delle attività giornaliere. Questo tipo di gruppo è di genere simile a quelli che abbiamo esaminato nei primati subumani” (Chance e Jolly). Aldilà della particolare struttura, di unità madre-prole o monogama o poligama, clan o tribù, ogni stabile gruppo ristretto è comunque un insieme in cui tutti i partecipanti interagiscono frequentemente. Il fatto di essere poco numeroso e durevole consente ai membri d'incontrarsi nel corso delle attività quotidiane e avere rapporti così frequenti da potersi conoscere personalmente e stabilire sentimenti di unione. La qualità “faccia a faccia” consente all’insieme di familiarizzare e socializzare ben aldilà dei rapporti formali e superficiali, portando a collaborare nelle mansioni comuni quali l'organizzazione collettiva, l’economia e la difesa dai pericoli. Proprio per favorire e incrementare l’armonia interna comparvero coerenti sentimenti di simpatia, stima, fiducia, confidenza e gratitudine, amicizia e fratellanza, concordia e solidarietà. Tendenze psichiche adeguate per diminuire la repulsione e facilitare l'aggregazione.
L'evoluzione sociale dei Primati avvenne per gruppi “faccia a faccia”. Con lente genetiche acquisizioni dalle solitarie proscimmie ai gruppi sociali di macachi e scimpanzé, approdando alle tribù di ominidi; che sono gruppi plurifamiliari ma sovente articolati in sottogruppi di età/sesso, di donne dedite sopratutto alla raccolta, uomini per la caccia, anziani impegnati a trasmettere cultura e saggezza, e bambini che giocano per imparare. La preistoria sociale dell'uomo si caratterizza come impercettibile trasferimento, dalle scimmie antenate fino ai più recenti popoli primitivi, della continuità organizzativa per piccoli gruppi di più maschi e femmine adulti, e di giovani fino alla prole inetta. E l'organizzazione della tribù attraversò indenne i radicali mutamenti economici della rivoluzione agricola, conservandosi nei gruppi di contadini e allevatori, mentre verrà cancellata dalla successiva rivoluzione urbana. Pure rimane costante, sotto la massificazione delle grandi società storiche, la tendenza dei piccoli gruppi stabili a ricostituirsi in società “faccia a faccia”: nei villaggi o paesetti contadini, di gente di mare o in montagna, nelle piccole cittadine ma anche nelle contrade delle grandi città.
4. Negli animali ogni sociostruttura è ereditaria in quanto frutto di tendenze genetiche; se la socialità animale presenta progressi e regressi, per adattarsi agli ambienti, sempre avviene per selezione naturale. Ognuna è intreccio di rapporti e legami tra individui i cui comportamenti scaturiscono da idee e motivazioni come un software cerebrale che è innato. Ma come nacquero emozioni e sentimenti?
Vivere è in gran parte sopravvivere ovvero integrità fisica e soddisfacimento dei bisogni: il piacere ci dice che siamo nella condizione utile, il dolore che non lo siamo. Stabiliamo legami con ciò che dà fiducia cioè piacere, presente e futuro; stiamo lontani da ciò che diffidiamo perché ci porterà dolore. Se il piacere indica la situazione favorevole però sul momento, la fiducia ci volge a ciò che ripetutamente fornirà piacere per la sopravvivenza e riproduzione. Comparvero nell’animale l’uno per spingere verso ciò che lo fa meglio vivere (cibo, sesso, rifugio), l’altra per rendere duratura tale condizione. Alla fiducia e affetto, evidenti nei legami tra genitore e figlio, maschio e femmina o nell’amicizia, sono antitetici la diffidenza e antagonismo fino all’odio, generatori di asocialità e di lotte. Quindi l’evoluzione sociale negli animali avvenne per incremento della fiducia verso gli altri: essa motiva ai legami e all’aggregazione intraspecifica.
La necessità di mangiare, del rifugio sicuro e di attrarre le femmine inducono a delimitare aree o territori dai quali il maschio tiene lontani gli altri maschi: il territorio è proprietà di chi lo possiede e fornisce la maggior garanzia di soddisfare i bisogni presenti e futuri; da ciò deriva il possesso con esclusione degli altri. Esistono pure territori di gruppo, al cui interno la lotta è transitoria mentre l’antagonismo si condensa in stabile gerarchia a definire la priorità verso il cibo, il posto migliore, le femmine. Dominio e sottomissione sono presenti tra gli animali sociali come tra gli umani.
Nella sua genesi il nostro DNA acquisì gli istinti, piacere e dolore, rabbia e paura, ma anche motivazioni territoriali, di lotta e corteggiamento, com’è nella etologia dei vertebrati; e nei gruppi con gerarchia i sentimenti di dominio/sottomissione o sadismo/masochismo. Ma quei sentimenti più maturi e che tutti sappiamo essere ottimali, valorizzanti le doti personali insieme a quelle sociali, furono favoriti e premiati dalla competizione tra gruppi. Perché i gruppi più forti, con individui dalle marcate personalità ma anche tra loro solidali (l’unione fa la forza) ebbero più probabilità di sopravivere: verso i predatori, nella caccia e avere territori migliori. Autonomia, autenticità, coraggio, intraprendenza, saggezza, fortezza, temperanza e altri sentimenti personali furono sinergici con lealtà, amicizia, fratellanza, concordia, collaborazione, condivisione, solidarietà, generosità, tolleranza.
Così nacque l’organo psichico comune alla specie umana. Stratificato e riattraversato a ogni ontogenesi o sviluppo, da esso si origina e cresce ogni Io, ogni tipo psicologico, condizionato dalla educazione familiare e della società, da cultura e ideologia egemoni. Derivandone che l’individuo solitario non è che la “edizione” umana del territorialismo solitario degli animali: per isolamento, diffidenza, antagonismo, attaccamento alla proprietà, avarizia. Mentre chi è animato da sentimenti di dominio/sottomissione sente l’impellenza del potere come nelle gerarchie animali, per cui cerca il ruolo da tiranno, dittatore, sadico, autoritario, paternalistico o da suddito, esecutore, masochista, fideista; o l’uno e l’altro insieme ma su persone diverse, perché è forte con i deboli e debole con i forti. Stadio superabile coi successivi e più maturi sentimenti di autonomia e socievolezza. Perché, pensiamoci e teniamo presente: dietro le trasformazioni fisiche evidenziate dai fossili, dietro ai manufatti che narrano della progressiva intelligenza, quel che si è andato geneticamente plasmando nei milioni d'anni dell’ominazione è, nella sfera dei sentimenti, l'uomo della tribù.
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