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Psicologia - Processi mentali ed esperienze interiori.
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Vecchio 19-10-2007, 07.11.24   #31
paperapersa
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Riferimento: Il mito della malattia mentale.

Citazione:
Originalmente inviato da Elijah
Ma sbaglio, o l'errore, come sempre, alla fin fine è quello di voler generalizzare a tutti i costi?



La verità, alla fin fine, credo che stia in mezzo. La famosa e leggendaria via di mezzo.

Insomma: la famosa "botta di cu*o". Se ti va bene, becchi la persona giusta, se no, amen.


C'è molta saggezza in ciò che dici e dovrebbe valere, anzi per me è così, anche per
la spiritualità e i sacerdoti o i maestri spirituali.
In fondo un bravo psicologo ti porta ad autoguarirti, poichè non ti giudica,
ti accoglie, ti aiuta ad accoglierti, a integrare tutte le parti della tua personalità.(Ne conosco uno che è uno schianto, definisce la personalità
come il maiale, non si butta via niente).
Lo stesso fanno i maestri (veri) di spiritualità. Ti aiutano a trovare ciò che cerchi non fuori di te, ma dentro e lì trovi il maestro interiore e lì trovi
il vero Te. (Sè) Tuttavia non ritengo che dobbiamo parlare di fortuna
ma di "apertura alle opportunità", di "sincronicità" di "bussate e vi sarà
aperto" "come potete ottenere se non chiedete?" "di affidarsi alle
vie infinite" che ti portano verso l'esperienza o la persona che serve in quel
momento per quella determinata persona. E poichè anche le esperienze negative a volte sono indispensabili......a volte anche un cattivo maestro
o psicologo può essere ciò che in quel particolare "spazio/tempo" di vita
occorre a quell'anima.
paperapersa is offline  
Vecchio 19-10-2007, 10.04.26   #32
kore
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Riferimento: Il mito della malattia mentale.

Non generalizzare, appunto.
Da una parte quello che dice Maxim è vero, è vero perché quando ci rivolgiamo a uno psicoterapeuta ci rivogliamo anche, e soprattutto, a un uomo. Esistono cattivi maestri, esistono pessimi medici, esistono cattivi psicologi. Sono tutti uomini, per cui è bene non prostrarsi dinnanzi a loro come se ci trovassimo in presenza di un Santo.
Per tornare all'argomento principe del 3d, il "mito della malattia mentale" barcolla da anni, oggi si usa molta cautela nel definire "malato di mente" una persona, si preferisce usare la parola "disturbo". Alla parola "paziente" gli psicologi e gli psichiatri hanno da tempo sostituito la parola "cliente", che non mi piace, ma è sempre meglio di "malato" o "paziente".
Le diagnosi, gli incasellamenti nelle definizioni del DSM IV, vengono formulate a scopo indicativo, come quando io, storica, mi metto a parlare del Medioevo, o del XII secolo. Sono generalizzazioni, definizioni di comodo, ma è in un certo senso inevitabile, perché, come dice Aristotele, "non si ha scienza se non dell'Universale".
Purtroppo però, devo togliere la speranza a Elijah, ci sono "gli scienziati" che si affidano fiduciosamente ai manualetti, perché in vita loro non hanno mai letto altro, e se non vi fossero stati costretti perché dovevano laurearsi, non avrebbero letto neanche quelli.
Esiste una corrente di pensiero in psichiatria, secondo cui: "Ingoiati 'sta pillola e non rompere!".
Conosco gente che si è sentita dire che doveva prendere ansiolitico e antidepressivo a vita.
E conosco gente che è stata contentissima di poterlo fare, infatti che fatica c'è nell'ingoiare una pillola? Dio sia lodato, la scienza mi risparmia un sacco di tempo e fatica!
Questi "scienziati" credono solo ed esclusivamente nella loro scienza, arroccati negli "orti conclusi" si rifiutano di attribuire il benché minimo valore alla "terapia della parola", perché "non è scientifica".
Eppure funziona, eppure cura, mentre le pillolette sedano, non curano.
Ora, tra una scienza che non funziona, e una "cosa" che invece ottiene dei risultati visibili e duraturi nel tempo, io preferisco la seconda.
Io non sono solo "mente", oppure "corpo", oppure "anima". Non sono la somma delle mie parti.
Chi pretende di curarmi deve tenere a mente questa semplice verità.
Ma in un'epoca di "specialismi" e "settorialità del sapere" è esigere molto.
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Vecchio 19-10-2007, 10.16.17   #33
maxim
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Riferimento: Il mito della malattia mentale.

Citazione:
Originalmente inviato da kore
La scienza risponde al "come" e non al "perché". Interrogarsi sul senso, in sede psicoterapica è importante.
Io sono d'accordo con quanto afferma Galimberti, che sia necessario, cioé, un "oltrepassamento della psicologia intesa come scienza autonoma e solidificata sui suoi propri principi, per un esplicito riconoscimento della sua dipendenza dai più vasti ambiti culturali da cui la psicologia media i suoi modelli di lettura.

Non chiamiamoli psicologi…

Nelle comuni depressioni che affliggono la nostra società, le religioni giocano un ruolo predominante. Le crisi esistenziali trovano sfogo solo nella metafisica e la testimonianza di Papera è uno dei moltissimi classici. Basta fare un giro anche nella sezione spirituale di questo forum per trovar conferme. La psicologia è una scienza e quindi come tale viene attualmente affrontata. Non servono requisiti spirituali per praticare, nemmanco studi di teologia o esperienze di illuminazione. L’impianto della psicologia è strutturato in un ambito prettamente scientifico ed il voler sconfinare in ambito spirituale, foss’anche solo con semplici consigli, non solo è un affronto all’anima dell’uomo ma addirittura svilente per l’intera religione che verrebbe trattata al pari di uno psicofarmaco curativo.
Quando un professionista come il tuo amico parla di meditazione e abbandono dell’ego, avvicinandosi così ad una spiritualità orientaleggiante, sta invadendo un campo riservato a percorsi che non dovrebbero sfiorare minimamente la scienza…e viceversa! Sarebbe la dimostrazione che la religione è una scappatoia dell’uomo, frutto della sua mente, e cura della sua vacua esistenza…io, fra l’altro, sono proprio convinto sia così ma se fossi un uomo di “scienza” mi guarderei bene dall’affrontare l’argomento con il diretto interessato e con strutture sanitarie che non sono certo luoghi di culto. Lasciare la religione nelle mani della psicologia significherebbe avviare un processo di estinzione della stessa in virtù di un sempre più prorompente antropocentrismo.
Ritornando a noi, per rispondere anche alla bravissima Odissea, ribadisco che il mio “attacco” si riferiva al metodo di cura dei piccoli malesseri quotidiani e non a vere e proprie malattie mentali per le quali si rende necessaria una terapia ove a mio avviso i psicofarmaci giocano un ruolo essenziale più importante di qualsiasi ipotesi di causa.
Del resto mi chiedevo…ma non avete un amico con il quale parlare anziché spifferare tutto ad un freddo sconosciuto ove è palese la mancanza d’affetto tra le parti?

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Vecchio 19-10-2007, 17.55.52   #34
kore
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Riferimento: Il mito della malattia mentale.

Citazione:
Nelle comuni depressioni che affliggono la nostra società, le religioni giocano un ruolo predominante

Chi lo afferma? Su quali basi? Esiste una statistica pubblicata dall'organizzazione mondiale della sanità?

Citazione:
La psicologia è una scienza e quindi come tale viene attualmente affrontata. Non servono requisiti spirituali per praticare, nemmanco studi di teologia o esperienze di illuminazione. L’impianto della psicologia è strutturato in un ambito prettamente scientifico ed il voler sconfinare in ambito spirituale, foss’anche solo con semplici consigli, non solo è un affronto all’anima dell’uomo ma addirittura svilente per l’intera religione che verrebbe trattata al pari di uno psicofarmaco curativo.

Non capisco bene dove io abbia mai parlato di requisiti spirituali o esperienze di illuminazione. Io ho solo detto che " se il bisogno di spiritualità insito nell'essere umano viene valorizzato e rispettato anche in sede terapeutica non mi sembra un gran male".
La psicologia in quanto scienza si occupa dei processi cognitivi tra i quali il pensiero, ovvero: quell' attività mentale che comprende una serie svariata di fenomeni come ragionare, riflettere, immaginare, fantasticare, prestare attenzione, ricordare, che permette di essere in comunicazione con il mondo esterno, con se stessi, e con gli altri, nonché di costruire ipotesi sul mondo e sul modo di pensarlo.
Il fatto che la psicologia si interessi e prenda in considerazione l'ambito spirituale, non mi sembra avvilente né per l'anima dell'uomo, né per la religione.
Anzi, dà giusto rilievo e importanza a quella dimensione umana che continua a essere fonte di grande creatività.

Citazione:
Quando un professionista come il tuo amico parla di meditazione e abbandono dell’ego, avvicinandosi così ad una spiritualità orientaleggiante, sta invadendo un campo riservato a percorsi che non dovrebbero sfiorare minimamente la scienza…e viceversa!

E chi lo dice? La spiritualità fa parte dell'uomo, dunque la psicologia se ne occupa. Esiste, infatti, il pensiero intuitivo, che ci permette di cogliere la verità non col ragionamento, ma con una specie di illuminazione interna, improvvisa, inconscia. Questo pensiero spesso lo si ritrova (unito al pensiero logico) a capo di molte scoperte scientifiche, ma soprattutto nel campo artistico e religioso.
Il mio amico ha precisamente detto, citando anche un pò di bibliografia, che: "I fini dell’etica umanistica si riferiscono allo sviluppo del potenziale umano (Maslow) e allo sviluppo delle qualità dell’essere, come empatia, cooperazione, consapevolezza, intuizione, pace, ecc.
Ecco perché si avvia a seguire e pratica nella formazione un’etica umanistica non può prescindere dall’inserire nel percorso gli insegnamenti spirituali del nucleo originario e centrale di molte religioni. Il fondamento valoriale delle grandi religioni è una fonte inesauribile di saggezza e sapienza, che solo l’ignoranza può escludere o negarne l’accesso. La psicologia, come ci ha insegnato Assaggioli, non può che ricercare ed elaborare connessioni e tessere legami con i fondamenti, le verità e le esperienze di natura spirituale, utilizzando anche metodi specifici, uno tra tutti la meditazione."

Citazione:
Sarebbe la dimostrazione che la religione è una scappatoia dell’uomo, frutto della sua mente, e cura della sua vacua esistenza…

Dov'è la dimostrazione? E poi, continuo a chiedere, chi ha parlato di religione? Gli insegnamenti spirituali sono altra cosa dalla religione, che è un insieme di credenze, riti, comportamenti, riconosciuto da un gruppo di persone.

Citazione:
Lasciare la religione nelle mani della psicologia significherebbe avviare un processo di estinzione della stessa in virtù di un sempre più prorompente antropocentrismo.

Chi vuole lasciare la religione nelle mani della psicologia? Chi ha mai affermato tale cosa? Da dove l'hai desunta?

Citazione:
Ritornando a noi, per rispondere anche alla bravissima Odissea, ribadisco che il mio “attacco” si riferiva al metodo di cura dei piccoli malesseri quotidiani e non a vere e proprie malattie mentali per le quali si rende necessaria una terapia ove a mio avviso i psicofarmaci giocano un ruolo essenziale più importante di qualsiasi ipotesi di causa.

Quali sarebbero i piccoli malesseri quotidiani? Ansia? Depressione? Attacchi di panico? Sindrome ossessivo-compulsiva?
Per quanto riguarda gli psicofarmaci, è ormai risaputo e accettato, anche da punti di vista differenti, che essi curano il sintomo ma non intervengono sui fattori che hanno indotto il disturbo.

Citazione:
Del resto mi chiedevo…ma non avete un amico con il quale parlare anziché spifferare tutto ad un freddo sconosciuto ove è palese la mancanza d’affetto tra le parti?

Non so con quale titolo tu parli di "spifferare tutto ad un freddo sconosciuto ove è palese la mancanza d’affetto tra le parti". Se tu non hai mai sperimentato una psicoterapia allora ne devo dedurre che affermi questa cosa in base alla tua rappresentazione immaginaria di un setting psicoterapico.
Non posso prendere per buona questa tua affermazione, dunque, perché essa non si basa sull'esperienza diretta, esperienza diretta che invece io ho potuto fare e che si è rivelata l'esatto contrario di quanto tu affermi.
Recepisco soltanto il tono estremamente ironico con cui chiudi il tuo post, mi sorge il dubbio di esserne l'oggetto, e con me, tutti coloro che hanno deciso di curare quei disturbi che hanno influito sulla loro vita privata, sociale e lavorativa in maniera pesante e pervasiva.
Trovo che in un sereno ed educato dibattito, questa ironia sia del tutto fuori luogo.
kore is offline  
Vecchio 19-10-2007, 17.58.20   #35
Golem
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Riferimento: Il mito della malattia mentale.

[quote=maxim]Non chiamiamoli psicologi…

Nelle comuni depressioni che affliggono la nostra società, le religioni giocano un ruolo predominante. Le crisi esistenziali trovano sfogo solo nella metafisica e la testimonianza di Papera è uno dei moltissimi classici. Basta fare un giro anche nella sezione spirituale di questo forum per trovar conferme. La psicologia è una scienza e quindi come tale viene attualmente affrontata. Non servono requisiti spirituali per praticare, nemmanco studi di teologia o esperienze di illuminazione. L’impianto della psicologia è strutturato in un ambito prettamente scientifico ed il voler sconfinare in ambito spirituale, foss’anche solo con semplici consigli, non solo è un affronto all’anima dell’uomo ma addirittura svilente per l’intera religione che verrebbe trattata al pari di uno psicofarmaco curativo. ...()

Proverò a dire qualcosa in merito, dal momento che ancora una volta non mi trovo in accordo su questo argomento che riguarda la relazione ahimè fin troppo complessa che intercorre tra psicologia, fede, religiosità, e misticismo. Spero mi si perdoni la deriva dall'argomento originario, ma provo a seguire il flusso degli interventi.
La posizione di Maxim (non me ne voglia) mi pare piuttosto intransigente e forse non ha mai preso in considerazione gli apporti estremamente interessanti di correnti psicoterapeutiche come ad esempio la Psicosintesi di Roberto Assagioli.
Invece di temere l'eventualità di imbattersi in quelle esperienze cosiddette transpersonali, Assagioli tratta con incredibile semplicità e anche con estremo tatto l'argomento, descrivendo tra l'altro ciò che accade prima, durante e dopo queste singolarità, e su come farne un uso terapeutico e avere un atteggiamento aperto e comprensivo al riguardo.
E' evidente che le due figure (più o meno professionali?) dello psicologo e del mistico o dell'uomo di fede dovrebbero essere separate, anche se chi va da uno psicologo non sempre ha ben chiaro cosa stia in realtà cercando e a che livello si situi il suo disagio. Negare però la complessità di un essere umano e non considerare la possibilità di aver avuto esperienze su piani diversi della realtà è spesso antieconomico e in ultima considerazione, irrealistico, denotando una scarsa apertura verso ciò che non si conosce e forse si teme.
L'atteggiamento però più frequente che capita di incontrare nelle persone è un uso difensivo della religiosità e della fede, in questo ambito separare l'oro dalla paglia è spesso impossibile e lezioso, ma occorre almeno essere aperti a riconoscere l'enorme differenza intercorrente tra una comunissima depressione e quella che ad esempio S. Giovanni della Croce descrive come “la notte oscura dell'anima”. Le manifestazioni sono estremamente diverse anche se qualche sprovveduto potrebbe trattare entrambe con dei comuni psicofarmaci, anche in modo coercitivo.
Certe fughe all'apparenza psicotiche sono a volte talmente intrise di sincronicità sorprendenti al punto da far necessariamente vacillare le posizioni più strenuamente legate alla laicità della scienza e della ragione.
Un atteggiamento più possibilistico è auspicabile, soprattutto dopo l'avvento della meccanica quantistica che ha definitivamente eradicato le obsolete rappresentazioni della realtà a favore di una concezione certamente più complessa che, come ormai dimostrato, è sorprendentemente e paradossalmente legata in modo indissolubile all'osservatore e prevede molte dimensioni delle quali solo quelle spaziotemporali sono immediatamente accessibili ed evidenti. (Provate a leggere l'esperimento della doppia fenditura concepito da Thomas Joung sul fenomeno dell'interferenza e sarete inevitabilmente costretti a cambiare la vostra visione del mondo fisico.)
Lancio un sassolino nello stagno affermando poi che sono ormai propenso a ritenere che la successiva dimensione, dopo quelle macroscopicamente osservabili, sia qualcosa che ha a che fare con quello che C. G. Jung definisce Inconscio collettivo, o se preferite chiamatela mente, o semplicemente inconscio (spero di aver almeno dato un'idea approssimativa, nell'impossibilità di fornire una definizione chiara e rigorosa).
Quello che mi sento di testimoniare, protetto dall'anonimità del forum, ma esponendomi a più che comprensibili attacchi e forse anche lazzi da parte di lettori legati all'ortodossia psichiatrica, è che ho più volte avuto l'opportunità di fare esperienza diretta di questi diversi piani, e fortunatamente anche di aver mantenuto una sufficiente capacità critica per poter confrontare quanto esperito in queste occasioni con i dati della realtà oggettiva.
Occorre tener ben presente la situazione di chi va in terapia perché è assolutamente necessario un atteggiamento di sobrietà e adeguarsi al tipo e al livello delle problematiche presentate. Ci sono persone con le quali non capiterà probabilmente mai di trattare anche questi argomenti perché non c'è richiesta in tal senso e anche solo il menzionarli sarebbe fuorviante o invasivo, e sicuramente prematuro. Allo stesso modo – come giustamente Maxim ha osservato – di cultori dello spirito, in buona fede o meno, ce ne sono a iosa.
Quello che si trascura, è che - in quei (rari) casi in cui non si ha a che fare con millantatori o facili istrionismi traslati su questi ambiti - la portata di questi accadimenti, per piccoli che siano, è sufficiente creare enormi cambiamenti, a volte purtroppo devo dire anche dei veri e propri sconvolgimenti nella personalità, ed è bene saper accogliere ciò che si presenta. Forse non avremo a che fare con Saul e certamente non saremo sulla via di Damasco, ma anche in situazioni ben più modeste gli effetti sono di enorme portata.
Lo ribadisco perché era anche prevedibile che fosse così. Terapie come quelle basate esclusivamente sul comportamento necessitano di innumerevoli ripetizioni per sortire qualche effetto e per giunta molto aleatorio. Le terapie catartiche mediante l'espressione di forti emozioni vanno un pò più in profondità, quelle che coinvolgono anche la storia personale e ciò che è stato rimosso sono ancora più incisive. Scoprire che l'essere umano ha un centro, un Sé (se preferite chiamatela anima), poterne fare l'esperienza, e realizzare che questo ha delle caratteristiche non solo molto singolari ma sempre molto belle e che si affacciano su piani che possiamo nel migliore dei casi solo sfiorare o intuire, ha a mio giudizio un'efficacia potenzialmente ancora maggiore nel riarmonizzare e nel dotare di senso la vita di una persona.
Dico questo nella convinzione, come sopra accennato, che è molto più facile oggigiorno assistere purtroppo a personalità destrutturate, soprattutto isteriche o schizoidi, che colgono con molta superficialità la facile occasione che offre il variopinto mondo New Age o peggio ancora dei cultori del demoniaco per una ribalta e un insulso protagonismo ritagliandosi un posto in qualche associazione o setta di fanatici.
Un saluto a tutti.

Gli uomini progettano e gli dei sorridono...
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Vecchio 22-10-2007, 10.22.58   #36
maxim
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Riferimento: Il mito della malattia mentale.

[quote=Golem]
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Originalmente inviato da maxim

La posizione di Maxim (non me ne voglia) mi pare piuttosto intransigente e forse non ha mai preso in considerazione gli apporti estremamente interessanti di correnti psicoterapeutiche come ad esempio la Psicosintesi di Roberto Assagioli.

……………………….
Dico questo nella convinzione, come sopra accennato, che è molto più facile oggigiorno assistere purtroppo a personalità destrutturate, soprattutto isteriche o schizoidi, che colgono con molta superficialità la facile occasione che offre il variopinto mondo New Age o peggio ancora dei cultori del demoniaco per una ribalta e un insulso protagonismo ritagliandosi un posto in qualche associazione o setta di fanatici.

Scusami…ma non comprendo!
La psicosintesi non offre per caso un indirizzo (facile o meno facile) New Age, tecniche comprese?
Anche nel caso di Assagioli, come per l’amico di Kore, lo stampo spirituale che si vorrebbe impartire (passami il termine) al cliente (termine ancor peggiore di paziente) è chiaramente orientaleggiante. Quel famoso “tutto cosmico” tanto osannato dagli amici forumisti spirituali che coincide in senso panteistico con Dio, la meditazione, l’armonizzazione della propria vita richiama ed indirizza il cliente/paziente ad una spiritualità fatta a misura d’uomo per la quale basta scegliere tra le numerosissime offerte presenti nei mercatini delle nuove tendenze religiose. La psicologia transpersonale arriva a principi divini attraverso la mente umana e lo studio di essa…vallo a raccontare nella sezione spirituale… ...c'ho provato io e mi hanno mangiato

maxim is offline  
Vecchio 22-10-2007, 18.36.05   #37
Golem
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Riferimento: Il mito della malattia mentale.

[quote=maxim]
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Originalmente inviato da Golem

Scusami…ma non comprendo!
La psicosintesi non offre per caso un indirizzo (facile o meno facile) New Age, tecniche comprese?
Anche nel caso di Assagioli, come per l’amico di Kore, lo stampo spirituale che si vorrebbe impartire (passami il termine) al cliente (termine ancor peggiore di paziente) è chiaramente orientaleggiante. Quel famoso “tutto cosmico” tanto osannato dagli amici forumisti spirituali che coincide in senso panteistico con Dio, la meditazione, l’armonizzazione della propria vita richiama ed indirizza il cliente/paziente ad una spiritualità fatta a misura d’uomo per la quale basta scegliere tra le numerosissime offerte presenti nei mercatini delle nuove tendenze religiose. La psicologia transpersonale arriva a principi divini
attraverso la mente umana e lo studio di essa…vallo a raccontare nella sezione spirituale… ...c'ho provato io e mi hanno mangiato



Spero vivamente che non si faccia di tutte le erbe un fascio. Mettere alla stessa stregua alcune insipienti fumosità New Age con la serietà dei lavori e degli apporti di terapeuti del calibro dell'Assagioli citato richiede una conoscenza molto superficiale dei suoi apporti.
Quasi rimpiango i tempi in cui si lavava la bocca ai bambini col sapone quando dicevano eresie! Ad ogni modo non fa nulla, in fondo non ho alcun interesse nè a voler aver ragione, nè a dimostrare che una "parrocchia" o una scuola è decisamente meglio di un altra, anche perchè questo risulterebbe un pò più chiaro solo dopo molti anni spesi a sperimentarlo a fondo, e non può emergere da conoscenze per sentito dire. E poi se uno si trova bene professando la sua fede in Manitù, nel Tao, nella scienza o solo in sè stesso e non vuole porsi altre domande non posso farci niente.
Riguardo a ciò che scrivi subito dopo, mi pare sia inevitabile che se vai a toccare convinzioni tanto più radicate quanto più acritiche o a proporre qualcosa di comunque diverso a casa d'altri (leggi nel loro spazio del forum filo-spirituale) non puoi aspettarti di non essere attaccato, se non altro in virtù di una territorialità che mi sembra ben più terrena e secolare di quanto vorrebbero far credere. Non hai idea di quanto lo stesso meccanismo sia presente anche negli ecclesiastici, che come si vede combattono con ogni mezzo queste nuove forme di culto che convogliano dei bisogni di forme diverse di religiosità che la loro non può offrire.
La scelta di un culto piuttosto che di un altro avviene nella stragrande maggioranza dei casi primariamente in funzione delle caratteristiche di personalità, così sarà molto frequente notare che individui tendenzialmente poco socievoli o comunque in difficoltà con le manifestazioni più corali di culto si orienteranno verso religioni "schizoidi" come ad esempio quella buddista, o verso lo yoga, e comunque coglieranno di queste in prevalenza gli aspetti solipsistici e l'opportunità del fai-da-te.
Questo livello di critica non vuole entrare nel merito della bontà della scelta di una religione o di una fede piuttosto che un'altra, ogniuno fa sempre come gli pare, anche se questo non mi sembra possa coincidere con la libertà. E' l'impossibilità di vedere ad esempio anche questi aspetti legati a fattori di personalità che mostra inequivocabilmente l'intransigenza e soprattutto la funzione difensiva di certi atteggiamenti fideistici.
L'icapacità di tollerare l'indeterminazione e l'incertezza che drivano dalla messa in discussione delle nostre scelte fa sì che risulti molto più comodo non porsi troppe domande, del resto risposte che creano instabilità non piacciono a nessuno...
Se guardo indietro alla mia storia, credo di essere passato a questo riguardo, attraverso molte fasi: da quell'animismo infantile ad una religiosità da circolo parrocchiale, poi a una sorta di ribellione adolescenziale fatta di un ateismo dubbioso e di insofferente agnosticismo, per passare poi ad una posizione di accoglienza dopo alcuni accadimenti del tutto personali che preferisco omettere, a un recente passato di studi e di ricerca in molte direzioni con l'atteggiamento di chi sa ormai per certo che questa dimensione "X" o spirituale che dir si voglia è una realtà innegabile ma della quale ne sa davvero pochissimo. Che strano, prima avevo certezze e annaspavo nel buio più assoluto, ora mi sembra di non sapere quasi nulla e sto molto meglio (saranno i primi segnali di demenza)...
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