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Psicologia - Processi mentali ed esperienze interiori.
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Vecchio 02-03-2008, 23.30.34   #91
ornella
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Originalmente inviato da iulbrinner
La confusione tra i termini, da parte di CATW, c'è e non è assolutamente casuale.
Se leggi bene lo stralcio riportato, vedrai che accanto "ai protettori, ai procacciatori dei bordelli ed altri luoghi di vendita del sesso" ci sono in bella evidenza anche i "compratori del sesso", ossia i banalissimi clienti.
Come vedi sono tutti omologati all'interno della medesima categoria "sfruttatori", nei confronti dei quali "gli Stati - predica ancora CATW - non devono mai operare alcuna depenalizzazione".
La confusione dei termini, dicevo, non è affatto casuale ma, semmai, sintomatica del gravoso squilibrio di valutazione etico-morale sul fenomeno di cui ho già detto, con tutte le conseguenti prese di posizione politica che conosciamo a tale riguardo.
Anche con riguardo al termine sfruttamento, a cui tu fai riferimento, bisogna intendersi; se qualcuno gestisce un locale e dà in gestione il bar a terzi, normalmente non lo dà per spirito caritatevole o per beneficenza. Lo dà per un tornaconto economico che, in quanto imprenditore, è il suo fine specifico.
Se un locale diventa strumento di "lavoro" per le professioniste del sesso e queste se ne servono per motivi di comodità, per la selezione della clientela o semplicemente per non andare in strada o esercitare a casa propria, versare una quota al gestore del locale - il quale rischia in proprio per far funzionare la struttura anche a vantaggio delle escort - a me sembra una "normale" transazione commerciale.
Mi rendo conto che è brutto parlare di transazione commerciale in questioni di sesso, ma se non è brutto per quelle che si prostituiscono non vedo perché dovrebbe esserlo solo per tutti gli altri.
Qualcuno dovrebbe spiegarmi anche questa differenziazione di significato morale.
E ricordo anch'io che stiamo parlando di prostituzione volontaria e liberamente scelta dalle donne (che non è affato minoritaria, bensì largamente maggioritaria). Sfatiamo questo infondato mito una volta per tutte.
Percentuali e dati ci sono nel link segnalato da misterxy, per chi vuole rendersi edotto/a.
Il link segnalato da misterxy parla delle schiave, non di prostitute, ammesso che le cifre siano realmente quelle, considerato che parliamo di schiavitù vera e propria e illegale. Io contesto la scelta consapevole, cioè quanto può considerarsi libera una scelta data dalla necessità. Gli esseri umani sono stati progettati per adattarsi nelle situazioni più estreme, la Storia dell'umanità lo dimostra.La scelta reale è in mancanza di necessità. Ma davvero pensiamo che una donna senza problemi finisce per strada?L'ho detto all'inizio, una donna diciamo disinibita e cinica al punto giusto, non fa certo la prostituta, opta per usar il sesso per raggiungere un ruolo sociale diverso.I matrimoni di convenienza poi non li ho certo inventati io. Anche le studentesse che per pagarsi gli studi fanno "marchette", dimostrano che ci sono nella nostra società diversi problemi da risolvere.Lessi settimane e non mesi fa, su un mensile finanziario, la mobilità sociale nel nostro Paese, non legata al merito, e ridicola nella percentuale. Tipo che solo il 19% riesce a salire di classe sociale durante la propria vita, un immobilità allucinante. Uguale più o meno l'inverso. Parliamo ancora del bisogno sessuo -genitale? Cioè, una ragazza per studiare si prostituisce, ed è accettabile? Nessuno mi ha risposto se gli farebbe piacere aver familiari nel business?
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Vecchio 03-03-2008, 02.21.14   #92
misterxy
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Originalmente inviato da Franco
In realtà, dico in realtà, il tuo post comincia a porre un problema che se sviluppato in un certo modo, la direbbe lunga non solo sul moralismo preconcetto di cui sopra ma anche sull'essenza stessa del 'mestiere più antico del mondo'. Come si fa a non considerare il maschietto-cliente ora un sciocco, ora un pervertito, ora un maniaco, ora un porco se non se ne indaga la sessualità? Come si fa a non considerare la prostituta di turno come vittima di un sistema edificato essenzialmente da maschietti cattivi e pervertiti, se non si pone seriamente il problema della genitalità, tanto di quella della prostituta quanto di quella del suo cliente?
Siamo così certi di sapere di queste cose in senso sessuo-genitale?

Franco, in ogni dove e ormai da decenni, si racconta che le donne si prostituiscono perché costrette dalla povertà o dalla violenza dei loro sfruttatori, perciò in assenza della prima e dei secondi non lo farebbero. Ora, poiché la prostituzione esiste dalla notte dei tempi, deve seguirne non solo che sempre sono esistiti degli uomini che l'hanno imposta alle donne, ma anche che l'umanità è sempre vissuta nella povertà, carattere dell'intera sua storia sino all'avvento della società dell'abbondanza e dello spreco che però non l'ha debellata, come prova il fatto che qui la prostituzione non solo non è scomparsa, ma semmai è aumentata.

[Verrebbe "quasi" da pensare che nella nostra "libera" società la prostituzione sia anzitutto l'effetto del calcolo collettivo femminile, la lesina, che rende preferibile vendere quel che dovrebbe essere gratuito...]

La prostituzione quindi sarebbe voluta e/o causata dagli uomini, stando a quel che raccontano le femministe e le donne in genere. Resta da spiegare perché mai gli appartenenti al sesso maschile avrebbero creato un sistema in cui si trovano costretti a pagare per ciò che potevano/potrebbero avere gratis.
Stupidità congenita maschile? Masochismo allo stato puro? Mancanza di reale potere verso le femmine? Sovrastruttura culturale creata per avvantaggiare il cosiddetto "maschio alpha" ?(=uomo ricco=uomo di potere) a scapito del "maschio medio" ?(=uomo che non conta niente=carne da macello, etc. etc.). Oppure, molto più semplicemente, il "segreto" è da ricercare in Madre Natura, quindi nel DNA, nei cromosomi XY-XX, nella disparità ormonale esistente fra i due sessi...?

Se, infatti, non ci fosse alcun differenziale di potere nella sfera erotico-sessuale fra i due sessi, fondata su una profonda diversità di costituzione biologica che differenzia la pressione motivazionale del desiderio rendendolo, per l'uno stato di necessità e, per l'altra, questione del tutto accessoria priva di carattere necessitante, come potrebbe esistere tale baratto? Mi chiedo: se le donne avvertissero lo stesso identico bisogno di sesso (in termini di quanto, non di come, è chiaro) l’incontro tra le nostre esigenze non sarebbe armonioso e spontaneo e del tutto estraneo a logiche di potere o di supremazia? Chi impedirebbe questo*, oggi, anno 2008, in Occidente?

(*Tranne ovviamente e fortunatamente singoli casi che, seppur numerosi, non sono la maggioranza, tantomeno la regola.)

Ora, se si ammette che gli uomini vanno per sesso a pagamento soprattutto perché non lo trovano gratis e che il loro è un bisogno e non un capriccio, tutto si rovescia e si stravolge. Allora appare chiaro che quel bisogno non è soddisfatto in altro modo che pagando e che le donne non soffrono nella stessa misura degli uomini dell'assenza di sesso in quanto tale.
Di conseguenza affermare come fanno le femministe, nonché tutti gli innumerevoli "cagnolini maschi" al loro seguito - fra i quali Willy Pasini - , che gli uomini vanno a pagamento per desiderio di potere e per volontà di dominio, è a dir poco ridicolo e assurdo.

Ed è qui, però, che subentrano le responsabilità maschili, dicesi anche l'assordante silenzio maschile, che a mio parere non è giustificabile nella maniera più assoluta e non può essere imputato interamente alla colpevolizzazione portata avanti dalle femministe, ormai da decenni, in tutto il mondo occidentale.
Anzi, ritengo che gli stessi uomini siano i maggiori responsabili di tutto ciò, uomini che nella grandissima maggioranza dei casi sono totalmente incapaci di parlare di sé. E quindi di spiegare correttamente all'altra metà del cielo (nonché ai "non clienti"), le ragioni, le motivazioni, le pulsioni, che li spingono a pagare le prostitute - alle quali gli stessi clienti-uomini mentono spesso e volentieri -. A mio parere questo atteggiamento maschile ha radici molto profonde, ed è da ricercare in primis, in quella che potremmo chiamare "la cultura della crudeltà" in cui viviamo e conseguenzialmente "della menzogna". Mi spiego meglio, andando a parare altrove.

Qualsiasi uomo ha da raccontare una storia di quand'era ragazzo - ricordi di cameratismo - e magari un episodio di iniziazione. Può darsi che riguardino un amico, oppure il "branco", magari i tempi memorabili trascorsi insieme scorrazzando in bicicletta, giocando a pallone, andando al cinema o anche, semplicemente, "bighellonando". Oppure, può darsi che la sua storia non riguardi tanto gli amici quanto piuttosto un evento, un momento che oggi è intenso nella memoria come il giorno in cui accadde, anni fa. Queste sono le storie che agli uomini piace raccontare.

E poi ci sono altre storie di iniziazione che gli uomini non raccontano altrettanto volentieri o non raccontano affatto, perché anche a distanza di anni il dolore emotivo legato all'esperienza continua a disturbarli profondamente come il giorno in cui l'evento accadde, quando avevano dodici o quattordici anni. Queste sono storie di crudeltà - di prepotenza, umiliazione, paura e tradimento - che la stragrande maggioranza delle donne non sente mai narrare e che in genere uomini e ragazzi non riescono a condividere nemmeno fra di loro.

A partire all'incirca dai dieci anni, quando un bambino si avvicina alla pubertà, il normale sviluppo cognitivo lo rende più consapevole di se stesso e della sua posizione nel gruppo, alzando la posta in gioco in tutte quelle occasioni di competizione nelle quali i giovani maschi vanno consumandosi: chi è più forte, chi piace di più alle ragazzine, chi prende i voti migliori, chi gioca meglio a basket, chi è più ricco e ha le cose migliori, chi riesce ad avere il sopravvento nei loro scontri verbali. Il desiderio di autonomia di un ragazzo, il fatto che ora sia sottoposto a una minor supervisione degli insegnanti e il suo desiderio di svincolarsi dall'influenza dei genitori, ne fa una recluta volontaria nella cultura del gruppo dei suoi coetanei.

Allo stesso tempo, il gruppo pretende da lui un'adesione completa e lo metterà in ridicolo ogni qualvolta egli non si conformerà. Non importa se si tratta dei programmi televisivi che guarda, dei libri che legge, delle scarpe che porta, del colore delle calze, della lunghezza dei calzoncini, del taglio dei capelli, del suono della risata o altro: qualsiasi cosa un ragazzo faccia o dica di diverso dal suo gruppo può essere, e di fatto sarà, usata contro di lui.
I cambiamenti fisici di questa età - l'altezza, la muscolatura, la voce e la comparsa dei peli sul viso, per esempio - non fanno che aumentare l'imbarazzo di un adolescente.

Quasi tutti i ragazzi nascondono la propria sofferenza, perché ammetterla sembra una debolezza. E tutti cercano, se appena è possibile, di giocare d'anticipo, spostando l'attenzione sugli altri per distorgliela da sé. In questa guerra psicologica nessuno è al sicuro, né ci sono veri "vincitori". Quando si inoltrano in questa età così incerta, i giovani maschi hanno un disperato bisogno di modelli di ruolo e nella maggioranza dei casi l'immagine dominante della maschilità richiede sempre forza e stoicismo.
Fra di loro i ragazzi si impegnano in una continua guerra psicologica. I più grandi tormentano i più piccoli - sopraffacendoli grazie alla superiorità fisica - e i più piccoli li imitano, creando un ambiente che contrappone il forte e il debole, il simpatico e l'antipatico, chi ha il potere e chi non ce l'ha, il "branco" ispirato alla conformità e il ragazzino che in un modo o nell'altro non riesce ad adeguarsi alle aspettative del gruppo.

In proposito riporto dei fatti accaduti negli USA; fatti che, comunque, accadono dappertutto.

Un pomeriggio era capitato un episodio significativo nella sala di ritrovo di una scuola della East Coast; un alunno di prima media, spalleggiato da alcuni amici dall'aria contrita, finse di essere sconvolto per la morte del padre. Un altro ragazzino lo avvicinò per consolarlo, credendo sinceramente che l'altro si trovasse nella più triste delle circostanze.
Dopo aver preso in giro il suo premuroso compagno per diversi minuti, l'altro confessò l'inganno - i suoi genitori erano vivi e vegeti - e una volta trionfalmente rivelato lo scherzo, lui e i suoi amici si fecero una gran risata.
Il ragazzo compassionevole, che si sentiva stupido e rabbioso per essere caduto nella trappola, diventò lo zimbello degli altri. E imparò la lezione: la prossima volta, non sarebbe stato tanto lesto a mostrare compassione.

[continua]
misterxy is offline  
Vecchio 03-03-2008, 02.42.34   #93
misterxy
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Un altro episodio, accaduto sempre negli USA.
Al compleanno di un bambino che non riscuoteva le loro simpatie, un gruppo di ragazzi cantò per lui la tradizionale canzoncina, ma finse di essersi dimenticato il suo nome. Quando l'imbarazzo del festeggiato fu palese, essi si scusarono e poi tirarono fuori la torta: un blocco di ghiaccio ricoperto di glassa.
Negli spogliatoi della palestra, alcuni ragazzi urinarono sui vestiti dei compagni e nelle bottiglie del loro shampoo. Ci furono casi di "strizzamento dei capezzoli", dolorosi e umilianti per la vittima. I ragazzi facevano gli svenevoli e si strofinavano contro i compagni bersagliati dalle molestie. A volte mettevano dei preservativi usati o della spazzatura fra i loro vestiti o nei loro armadietti.

In genere, né la vittima né i suoi amici riportavano questi incidenti agli insegnanti, soprattutto perché sapevano che gli atti erano di natura talmente intima e così chiaramente dolorosi che qualsiasi adulto, insegnante o genitore, li avrebbe disapprovati; ci sarebbero stati dei castighi e le ripercussioni avrebbero potuto essere peggiori dell'incidente originale.
Come se non bastasse, mostrare il proprio dolore sarebbe equivalso a un'ammissione di sconfitta e non avrebbe fatto che aumentare la vulnerabilità della vittima di fronte a nuove ondate di derisione e di attacchi. Chiunque sa che è così.

Perché mai un ragazzo dovrebbe starsene seduto a disagio in classe preferendo trattenersi per un intero pomeriggio di lezioni piuttosto che mettere piede in bagno e liberarsi? Perché una fila di orinatoi aperti è un invito all'umiliazione. Tutto quel che ci vuole è una rapida spinta da dietro e il ragazzo che perde l'equilibrio resta con i calzoni bagnati, ridicolizzato all'infinito. Non solo l'aggressore lo tormenterà; qualsiasi altro ragazzo abbia assistito all'episodio o ne abbia anche solo sentito parlare, rincarerà la dose. Lo prenderanno in giro, e continueranno a mormorare e ridacchiare per l'accaduto finché qualcun altro, ancora più umiliato, non prenderà il suo posto.


Nonostante le apparenze, tutti i ragazzi vivono con paura in questa cultura della crudeltà. Essi inoltre aderiscono al suo codice e sono fedeli ai suoi princìpi (anche se molto spesso non li sentono propri), perché lo considerano un inevitabile banco di prova della loro virilità.*

(*O il "Grande Impossibile", come la definiscono le popolazioni Fox, degli Altopiani Orientali di Papua Nuova Guinea.)

In ognuna di queste lezioni di prepotenza, paura e tradimento, un ragazzo è trascinato lontano dalla fiducia, dall'empatia e dal legame con gli altri. Questo è quanto i giovani maschi - che successivamente saranno uomini - hanno da perdere abbracciando la "cultura della crudeltà". Ciò che invece imparano da essa è un comportamento emotivamente circospetto, quel fare guardingo col quale tantissimi uomini (troppi) si accostano alle relazioni umane per il resto della loro vita.

Perciò, come si può poi sperare che gli uomini siano in grado di parlare seriamente del fenomeno della prostituzione? Come si può credere che essi siano in grado di spiegare alle donne le ragioni, le motivazioni, le pulsioni, che li spingono a pagare le prostitute? Come si può pensare che i nostri simili siano in grado di farlo, se non sono in grado nemmeno di parlare chiaramente, lealmente, fra di loro? Ragion per cui, chi è il vero problema degli uomini? Risposta: gli stessi uomini.
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Vecchio 03-03-2008, 03.31.19   #94
misterxy
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Originalmente inviato da Franco
misterxy,

Ciò che ha originato il mio inter-vento mi interessa particolarmente, e m'interessa al punto da chiederti se la tua riflessione, oggettivamente assai valida, sia anche, dico anche il frutto di un'esperienza diretta della prostituzione femminile.

Franco
Sì, è anche il frutto di una esperienza diretta, benché occasionale e passata.
Tuttavia, io sono stato anche e soprattutto - e per alcuni anni - un frequentatore di "locali hard" (privé, locali di lap dance, etc.), dove ho avuto modo di "conoscere" - in tutti i sensi - delle spogliarelliste ed anche delle porno attrici, nonché degli scambisti.
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Vecchio 03-03-2008, 09.13.13   #95
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Originalmente inviato da iulbrinner
Mi rendo conto che è brutto parlare di transazione commerciale in questioni di sesso, ma se non è brutto per quelle che si prostituiscono non vedo perché dovrebbe esserlo solo per tutti gli altri.
Qualcuno dovrebbe spiegarmi anche questa differenziazione di significato morale.
E ricordo anch'io che stiamo parlando di prostituzione volontaria e liberamente scelta dalle donne (che non è affato minoritaria, bensì largamente maggioritaria).
sulla percentuale di donne che scelgono di prostituirsi avevo iniziato un altro thread proprio per discutere i termini della questione con le donne, dunque al di là delle cifre (https://www.riflessioni.it/forum/psic...tml#post211031)
ma credo che qualunque sia tale cifra, anche secondo me più consistente di quanto possa sembrare, non si possa non convenire sul fatto che, ove non ci sia sfruttamento ma libera scelta, prostituta e cliente si collocano allo stesso livello etico, che a seconda della propria ottica sarà cmq giudicato in modo diverso.

mentre altrettanto ovvio appare che nel caso in cui la ragazza sia sfruttata e obbligata i due livelli di giudizio non possano assolutamente coincidere.

rispondo poi ad Ornella che chiede se qualcuno di noi accettasse il mestiere di puttana per qualche donna a sè riconducibile:credo che anche nel caso in cui ti venga risposto di NO non ci sarebbe ipso facto incoerenza in chi d'altra parte afferma che la prostituzione può anche essere una libera scelta.
Perchè Ornella la libertà in un sistema sociale è tale proprio se io riconosco il tuo diritto di comportarti in un modo che non condivido ma che non mi lede come soggetto giuridico.Quindi i due piani dell'analisi prima del fenomeno e poi dell'assunzione della medesima come etica personale specifica non sono mai per forza la stessa cosa, anche se nulla toglie che possano diventarlo.
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Vecchio 03-03-2008, 09.17.18   #96
Franco
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Originalmente inviato da nevealsole
Moralista e fiera di esserlo, grazie.
C'è poco da fare gli spiritosi...
L'unica cosa che trovo vera è l'affermazione di mrxy che più o meno (vado a memoria) dice che sia uomini che donne fanno meno sesso di quanto si crede.

Aggiungo, mia convinzione, che ciò dipenda dalla sopravvalutazione dell'atto sessuale in sé (senza altro tipo di coinvolgimento), operata più spesso dall'uomo ma abbastanza frequentemente anche dalla donna.

Poi, ovviamente, come tutte le cose nella vita, è questione di gusti, basta incontrare chi li ha simili a noi... senza insinuare ogni volta che chi li ha diversi di abbia qualche tipo di problema "morale"...

nevealsole,

se tu avessi detto di essere morale, non avrei in un certo senso avuto nulla da ridire, giacchè essere morali è in un certo senso e misura un che di inevitabile. Ma io ho affermato che i tuoi interventi sono improntati al moralismo pre-concetto e tu in parte me lo confermi dichiarandoti moralista. Ebbene tra moralità e moralismo, soprattutto se preconcetto, si dà una sensibile differenza, a maggior ragione nell'ambito di temi di così vasta portata come quelli della prostituzione femminile.

Non solo ti dichiari moralista, prestandomi il fianco, ma mi dai anche dello spiritoso. Ora, anche qui non posso che puntualizzare un attimino facendoti notare che nella lingua italiana, di quest'altro aggettivo si danno significati anche positivi.

Per tornare al tema e fuor di metafora: non solo l'intervento di misterxy che ha dettato il mio, cosituisce un approfondimento decisivo della questione della prostituzione femminile occidentale odierna, ma non mi è facile comprendere ciò che intendi con quanto ho appena quotato.

Dici di ritenere vera solo l'affermazione di misterxy secondo la quale si fa molto meno sesso di quanto si crede. Rispetto a cos'altro di non vero? Mi andrebbe di approfondire. Ed infatti scrivi:

L'unica cosa che trovo vera è l'affermazione di mrxy che più o meno (vado a memoria) dice che sia uomini che donne fanno meno sesso di quanto si crede.

Queste sono cose davvero importanti, cose che necessiterebbero una riflessione rigorosa, pena l'impossibilità di non affrontare moralisticamente il fenomeno sul quale s'incentra il thread. Cosa intendi con questo 'si crede'? Si crede, chi? A cosa pensi quando dici si crede? Forse agli stessi soggetti che come dice lo stesso misterxy, non fanno sesso per niente o lo fanno pochissimo? Se così fosse sarebbe un bel rompicapo... Gli stessi soggetti credenti in costumi sessuali liberi e sovrabbondanti sarebbero più o meno gli stessi che farebbero pochissimo sesso o non lo farebbero per nulla.
Vorrei che tu mi chiarissi.

Scrivi: Aggiungo, mia convinzione, che ciò dipenda dalla sopravvalutazione dell'atto sessuale in sé (senza altro tipo di coinvolgimento), operata più spesso dall'uomo ma abbastanza frequentemente anche dalla donna.

Anche qui mi e ti chiedo, sempre cercando di non perdere di vista le preziose riflessioni di misterxy :" quali sarebbero qui i soggetti sopra-vvalutanti? Quali e quanti? Ti riferisci forse al soggetto sociale in quanto tale? O ad una o più classi sociali? Sarebbe operante e imperante qualcosa come una sopravvalutazione dell'atto sessuale in sè. Ma da parte di chi? Di quale categoria sociale? Forse di quella stessa che non fa sesso per nulla o lo fa pochissimo?

Lasciare questioni e fenomeni come questi sullo sfondo o lasciarli non indagati, significa non essere nessuna possibilità autentica di comprensione del fenomeno della prostituzione femminile. E tengo a ribadirlo, "la" prostituzione è femmina fino a prova contraria.

Franco
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Vecchio 03-03-2008, 10.03.31   #97
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Originalmente inviato da misterxy
Sì, è anche il frutto di una esperienza diretta, benché occasionale e passata.
Tuttavia, io sono stato anche e soprattutto - e per alcuni anni - un frequentatore di "locali hard" (privé, locali di lap dance, etc.), dove ho avuto modo di "conoscere" - in tutti i sensi - delle spogliarelliste ed anche delle porno attrici, nonché degli scambisti.

Puntualizzo che gli scambisti con il "sesso in vendita", le porno attrici, le spogliarelliste e le lap dance non c'entrano assolutamente nulla. I seri frequentatori di privè non abbisognano di alcuna prestazione, pratica o trasgressione a pagamento in quanto ottengono già il massimo con il partner ufficiale.

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Vecchio 03-03-2008, 10.20.38   #98
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Originalmente inviato da Franco
Lasciare questioni e fenomeni come questi sullo sfondo o lasciarli non indagati, significa non essere nessuna possibilità autentica di comprensione del fenomeno della prostituzione femminile. E tengo a ribadirlo, "la" prostituzione è femmina fino a prova contraria.
Franco
ciao Franco, cosa intendi esattamente con <<"la" prostituzione è femmina fino a prova contraria>>?La tua espressione mi sembra davvero imprescindibile e lasciarla come questione e fenomeno sullo sfondo o lasciarla non indagata, significa non essere nessuno nella possibilità autentica di comprensione del fenomeno della prostituzione femminile.
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Vecchio 03-03-2008, 11.23.40   #99
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Originalmente inviato da Franco
Ebbene tra moralità e moralismo, soprattutto se preconcetto, si dà una sensibile differenza, a maggior ragione nell'ambito di temi di così vasta portata come quelli della prostituzione femminile.

Questa affermazione, per non dirla moralista, la direi una ovvietà.

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Originalmente inviato da Franco
Non solo ti dichiari moralista, prestandomi il fianco, ma mi dai anche dello spiritoso.

Sono abbastanza avvezza a riconoscere la presa per i fondelli, anche ben mascherata...
In ogni caso:

Moralista (Garzanti linguistica)

1 scrittore che, analizzando i costumi di un ambiente, di un'epoca, mira a illuminare gli impulsi, le ragioni, le convenzioni che improntano l'agire umano: Montaigne è uno dei più grandi moralisti dell'età moderna
2 filosofo che approfondisce i temi della morale | studioso di etica
3 chi fa professione di moralismo | chi ostenta un eccessivo rigore morale o si ammanta di moralismo
¶ agg.
1 di scrittore o filosofo che approfondisce i temi morali
2 moralistico.


Io non presto il fianco proprio a nessuno, e tendenzialmente nella sopra riportata discussione mi ci specchio abbastanza (semmai sei tu a connotare negativamente il tutto).

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Originalmente inviato da Franco
Dici di ritenere vera solo l'affermazione di misterxy secondo la quale si fa molto meno sesso di quanto si crede. Rispetto a cos'altro di non vero? Mi andrebbe di approfondire...

Cosa intendi con questo 'si crede'? Si crede, chi? A cosa pensi quando dici si crede? Forse agli stessi soggetti che come dice lo stesso misterxy, non fanno sesso per niente o lo fanno pochissimo? Se così fosse sarebbe un bel rompicapo... Gli stessi soggetti credenti in costumi sessuali liberi e sovrabbondanti sarebbero più o meno gli stessi che farebbero pochissimo sesso o non lo farebbero per nulla.
Vorrei che tu mi chiarissi.

Esatto, ritengo che la maggior parte delle persone faccia sesso in maniera moderata, e spesso racconti di farne in sovrabbondanza. Questo per evitare di sentirsi in difetto rispetto ai racconti degli altri.
Ed infatti, anche in questo forum, si affacciano spesso soggetti disperati per non riuscire a fare sesso ma, per come interpreto i loro scritti, non per il fatto in sé ma per il disagio derivante dal confronto con la presunta normalità degli "altri" (questo, in ultimo, ad esempio nel post di thunder qualche settimana fa).

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Originalmente inviato da Franco
Anche qui mi e ti chiedo, sempre cercando di non perdere di vista le preziose riflessioni di misterxy :" quali sarebbero qui i soggetti sopra-vvalutanti? Quali e quanti? Ti riferisci forse al soggetto sociale in quanto tale? O ad una o più classi sociali? Sarebbe operante e imperante qualcosa come una sopravvalutazione dell'atto sessuale in sè. Ma da parte di chi? Di quale categoria sociale? Forse di quella stessa che non fa sesso per nulla o lo fa pochissimo?

Già qui mi pare che siamo in parecchi... basta guardare quali sono le discussioni più seguite...

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Originalmente inviato da Franco

Lasciare questioni e fenomeni come questi sullo sfondo o lasciarli non indagati, significa non essere nessuna possibilità autentica di comprensione del fenomeno della prostituzione femminile. E tengo a ribadirlo, "la" prostituzione è femmina fino a prova contraria.

Franco
L'affermazione la prostituzione è femmina non la capisco neppure io.
Resto, in ogni caso, in attesa di conoscere la tua posizione non sui miei scritti ma sul tema proposto (che mi sembra non essere presente).
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Vecchio 03-03-2008, 11.39.05   #100
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Originalmente inviato da misterxy
Ora, poiché la prostituzione esiste dalla notte dei tempi, deve seguirne non solo che sempre sono esistiti degli uomini che l'hanno imposta alle donne, ma anche che l'umanità è sempre vissuta nella povertà, carattere dell'intera sua storia sino all'avvento della società dell'abbondanza e dello spreco che però non l'ha debellata, come prova il fatto che qui la prostituzione non solo non è scomparsa, ma semmai è aumentata.
l'analisi non mi convince, la società è dell'abbondanza e dello spreco solo per alcuni, mentre la forbice che divide questi ultimi dagli altri, che lo spreco non lo conoscono (eufemismo), si amplia dati alla mano nel corso dei decenni.Il terzo mondo lo è sempre di più rispetto alla "civiltà".

Ora, premettendo e ribadendo che le donne che scelgono la prostituzione in assenza di coercizione fisica o sociale esistono-possiamo poi discutere sul concetto di libertà assoluta- (rimando al link presente nel mio post poco sopra)
è doveroso osservare come le africane e molte delle ragazze dell'est più povero sono a tutt'oggi bestialmente sfruttate.I due fenomeni, scelta/sfruttamento, coesistono e non andrebbero mescolati nè strumentalizzati da una parte o dall'altra a seconda della tesi perorata.

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La prostituzione quindi sarebbe voluta e/o causata dagli uomini, stando a quel che raccontano le femministe e le donne in genere. Resta da spiegare perché mai gli appartenenti al sesso maschile avrebbero creato un sistema in cui si trovano costretti a pagare per ciò che potevano/potrebbero avere gratis.
qui appare strumentale, le femministe non dicono che gli uomini creano e mantengono la prostituzione pur potendo accedere al sesso gratuitamento e con donne non prostituite.Ma dicono che gli uomini, in assenza della possibilità di rimorchiare donne ad ogni erezione, preferiscono pagarne una con tutte le economie di scala che ciò consente, aggiungendo però il loro disprezzo di donne per un tale modo di non-considerare coloro che sono spesso costrette a scopare con quegli uomini a costo della vita.

Il fatto che il femminismo consideri tutte le prostitute sfruttate e vittime dell'uomo non ci esime dal valutare che una parte di quelle è sicuramente vittima e sfruttata.E questo lo dobbiamo e lo possiamo fare femminismo o non femminismo.

La pessima considerazione verso chi va con una prostituta
non curandosi se sia una schiava anzichè una donna che ha scelto è appannaggio trasversale a molte categorie umane, non solo e non necessariamente delle femministe.
Citazione:
Se, infatti, non ci fosse alcun differenziale di potere nella sfera erotico-sessuale fra i due sessi, fondata su una profonda diversità di costituzione biologica che differenzia la pressione motivazionale del desiderio rendendolo, per l'uno stato di necessità e, per l'altra, questione del tutto accessoria priva di carattere necessitante, come potrebbe esistere tale baratto? Mi chiedo: se le donne avvertissero lo stesso identico bisogno di sesso (in termini di quanto, non di come, è chiaro) l’incontro tra le nostre esigenze non sarebbe armonioso e spontaneo e del tutto estraneo a logiche di potere o di supremazia? Chi impedirebbe questo*, oggi, anno 2008, in Occidente?
la cultura impedirebbe (impedisce) questo! il costume consolidato nei primi anni di vita fino a diventare ethos condiviso e prescelto.Io non so quanto esattamente le differenze nel desiderio tra i sessi abbiano di biologico, ma so che assolutamente non tutto quanto differenzia i due desiderii è biologico.Il costume sessuale reprime ancora oggi la donna a favore dell'espressione del maschio."Troio", "puttano"e "maialo" ancora non si danno mai nè nei vocabolarii nè nell'uso comune, mentre "porco" come a quanto dici hai sperimentato, si rivolge nell'intimità dell'interazione maschio femmina (o si riferisce ad essa) all'uomo che chiede "troppo".Ma non è un termine per connotare selettivamente e significativamente un uomo, così come lo sono invece al femminile i termini di cui sopra.

Citazione:
Ora, se si ammette che gli uomini vanno per sesso a pagamento soprattutto perché non lo trovano gratis e che il loro è un bisogno e non un capriccio, tutto si rovescia e si stravolge. Allora appare chiaro che quel bisogno non è soddisfatto in altro modo che pagando e che le donne non soffrono nella stessa misura degli uomini dell'assenza di sesso in quanto tale.
perdonami ma la consecutio logica mi lascia ancora perplesso, il fatto che gli uomini vadano a puttane per bisogno non esclude matematicamente che lo stesso possa essere anche un capriccio, o comunque un "effetto" dal quale si può anche astenersi ove lo si voglia.Tanti sono i bisogni istintuali a cui per cultura e necessità o per etica si rinuncia o si sopperisce in altro modo (ex.ricerca di un piacere diverso, per me maggiore, nel corteggiare e fare sesso con donne libere senza ogni irragionevole dubbio, masturbazione, sublimazione etc etc )

Citazione:
Di conseguenza affermare come fanno le femministe, nonché tutti gli innumerevoli "cagnolini maschi" al loro seguito - fra i quali Willy Pasini - , che gli uomini vanno a pagamento per desiderio di potere e per volontà di dominio, è a dir poco ridicolo e assurdo.
qui come ho già scritto in precedenza concordo:non vedo la ricerca del potere ma del piacere fine a sè stesso ottenuto proprio al di là della questione del potere perso o acquisito nella contrattazione intersessuale con donne vere.

Citazione:
Anzi, ritengo che gli stessi uomini siano i maggiori responsabili di tutto ciò, uomini che nella grandissima maggioranza dei casi sono totalmente incapaci di parlare di sé. E quindi di spiegare correttamente all'altra metà del cielo (nonché ai "non clienti"), le ragioni, le motivazioni, le pulsioni, che li spingono a pagare le prostitute - alle quali gli stessi clienti-uomini mentono spesso e volentieri -. A mio parere questo atteggiamento maschile ha radici molto profonde, ed è da ricercare in primis, in quella che potremmo chiamare "la cultura della crudeltà" in cui viviamo e conseguenzialmente "della menzogna". Mi spiego meglio, andando a parare altrove.

Qualsiasi uomo ha da raccontare una storia di quand'era ragazzo - ricordi di cameratismo - e magari un episodio di iniziazione. Può darsi che riguardino un amico, oppure il "branco", magari i tempi memorabili trascorsi insieme scorrazzando in bicicletta, giocando a pallone, andando al cinema o anche, semplicemente, "bighellonando". Oppure, può darsi che la sua storia non riguardi tanto gli amici quanto piuttosto un evento, un momento che oggi è intenso nella memoria come il giorno in cui accadde, anni fa. Queste sono le storie che agli uomini piace raccontare.

E poi ci sono altre storie di iniziazione che gli uomini non raccontano altrettanto volentieri o non raccontano affatto, perché anche a distanza di anni il dolore emotivo legato all'esperienza continua a disturbarli profondamente come il giorno in cui l'evento accadde, quando avevano dodici o quattordici anni. Queste sono storie di crudeltà - di prepotenza, umiliazione, paura e tradimento - che la stragrande maggioranza delle donne non sente mai narrare e che in genere uomini e ragazzi non riescono a condividere nemmeno fra di loro.
mentre qui non vedo onestamente il legame tra la difficoltà di parlare di riti iniziatorii subiti in modo più o meno emotivamente lesivo e invece l'impossibilità di spiegare alle donne il perchè si va a puttane, a meno che i due termini della questione non siano legati da causa-effetto e quindi a meno che quegli uomini feriti in pubertà non considerino il ricorrere alle prostitute un tabù di cui tacere solo perchè figlio diretto o indiretto di quelle ferite adolescenziali.
Ma non credo tu alludessi a questo.
chlobbygarl is offline  

 



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