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Psicologia - Processi mentali ed esperienze interiori.
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Vecchio 25-03-2008, 10.33.28   #1
arsenio
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Il dialogo è finito

Il dialogo è finito

L'arte del dialogo è alla base di ogni relazione comunicativa in cui ci si confronta tramite un corretto pensiero ed un cooperativo sistema di domande e risposte.
E' a carattere speculare perchè – se di dialogo si tratta – entrambi gl' interlocutori scoprono qualcosa di nuovo in uno stato di parità, pure se i rispettivi ruoli non sono simmetrici.
Mentre il dibattito ha più che altro un carattere agonistico, dove si gareggia nel difendere il proprio pensiero. Anche quando la ragione sta dalla parte dell'avversario, non si tengono conto di dati che smentiscono le proprie ipotesi. Si mettono da parte buona fede, verità, raziocinio e si adotta qualche espediente. Ad esempio risulta vantaggioso non farsi troppo comprendere per sconcertare l'interlocutore,fagocitando i suoi ragionamenti, sia pure corretti, con un verbalismo inconcludente che per i sprovveduti è pure una dimostrazione di elevata cultura.
Altre volte è una tattica resa necessaria perchè il proprio retroterra conoscitivo è circoscritto, insufficiente e non trasferibile ad una argomentazione pertinente al tema in oggetto. Oppure si è determinati da una logica egocentrica fondata su credenze, stereotipi, ricordi, esperienze personali non generalizzabili, ecc. che veramente impediscono la piena comprensione delle ragioni altrui. Oggi la società competitiva e del successo ad ogni costo impone di esistere solo in contrapposizione nei confronti degli altri. Si teme di dover ammettere di avere qualche lacuna, e si sta sempre più perdendo la capacità di riesaminare con autocritica le proprie convinzioni; tralasciando il progetto di conoscere attraverso apporti multidirezionali.
Il dialogo risulta meno facile dell'entrare in una disputa, perchè richiede di sospendere i comportamenti difensivi e le proprie certezze, di esplorare con distacco il senso profondo delle nostre stesse osservazioni; di rintracciare malintesi personali e non solo quelli dell'altro , di valutare visioni personali, etichettature,inganni, della mente, insidiosi perchè spesso inconsci e resistenti anche quando si mettono il luce .

Un tempo il pensiero classico si affidava sul “buon senso”,allora considerato quale un equilibrato raziocinio, facoltà che si supponeva presente in ognuno. Si procedeva da adeguate premesse su cui ci si accordava, per proseguire con una visone pluridimensionale su ogni questione. Le opinioni, se erano in contrasto, si riteneva dipendesse dal condurre i nostri pensieri per vie differenti vie, dovuto al non considerare le stesse cose. Ma ricordo che un tempo l'educazione linguistica comprendeva il “trivio”: grammatica, retorica, dialettica.
Oggi è molto difficile trovare qualcuno che dubiti delle sue capacità di discernimento e di assennatezza, e che tenga a mente che ogni nostra individuale immagine del mondo si costruisce sulla somma di personali vissuti e loro interpretazioni, da cui talora è opportuno evadere. Il “buon senso” è diventato quasi sinonimo di “senso comune”,inteso come pregiudizi, opinioni acritiche o convenzionali. E purtroppo in tale forma spesso ne ha preso il posto.
Se il pensiero è sempre anche storicamente determinato, nell'era postmoderna il senso comune è suggerito dai media, sia i vecchi che i new media sempre più tecnologizzati e pervasivi.

Un altro antico modo di dibattere, tornato in auge, è il linguaggio vacuo. Non si tratta sempre di parole difficili, ma talora è indizio di di una disfunzione dello spirito,dovuta a un malessere del pensiero. Sono successioni slegate di enunciati senza coerenza logica, che non coincidono con una proposizione chiara e distinta. Credo che tali stati confusionali siano dovuti anche all'uso ormai comune, frastornante e sregolato, di fonti informative , in prevalenza i nuovi linguaggi mediatici digitali che rendono inautentica la dialogicità. Come i rimandi dei link, che fanno perdere il filo di un discorso lineare e coerente; i repertori on line sciatti e inaffidabili, i “tagli, copia, incolla”, ecc con cui si spostano periodi con effetti a volte non voluti.
Il potere delle parole sta anche nel fatto che ciò che siamo in grado di dire determina e il nostro pensiero, che a sua volta,in circolo vizioso, modella il nostro discorso esplicitato in parole.

Infine,la coscienza dialogica e relazionale è ormai declassata. Né potrebbe favorirla la frettolosità dei tempi. Infatti richiede una disponibile attenzione a ciò che intende dire l'altro. Il dialogo è finito; così la fortuna di chi ancora, in ogni contesto comunicativo, vorrebbe riproporlo.
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Vecchio 25-03-2008, 13.48.27   #2
nevealsole
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Il titolo del tuo intervento mi ha fatto tornare in mente una canzone: "la musica è finita, gli amici se ne vanno..." (non mi ricordo però di chi sia).

Vedi Ars,
il dialogo è una bella cosa nella vita e sui forum.
Però tante volte mi torna in mente Ciro (Ciairo): sai chi è?
E' un personaggio del comico Paolantoni (credo la trasmissione fosse "Mai dire Gol" di qualche anno fa).
Ecco, la frase ricorrente cui ricorreva (giochino di parole) era proprio: "Parlammo e 'n se capaimmo" (non ho idea di come si scriva ma suonava così). Tradotto: parliamo e non ci capiamo.
Nella mia vita di tutti giorni, specie in mezzo a discussioni di cui sono stanca, io talvolta 'sta frase la uso... anche perché smorza le tensioni e le scioglie in sorriso.
Alle volte penso sia condizione necessaria dell'essere umano, alle volte penso che sia prerogativa di chi dietro le parole cerca il proprio comodo rifugio.
Ci possono essere due motivi per dialogare: il farsi comprendere o l'amore per il dialogo.
Quelli che amano il dialogo io me li figuro un po' come nella Scuola di Atene di Raffaello, all'aria aperta trascorrono le giornate a schermire (si dice così di chi pratica la scherma?)... giocan di spada con le parole per arrivare a stabilire chi è il più abile oratore.
Poi c'è chi, come me, si nutre (ohhhhhhhhhhhh) del vissuto delle persone.
Ecco, io ascolto volentieri anche parole contorte, purché arrivino dal cuore, perché solo quelle so comprendere.
C'è chi ama la forma, e chi ama la sostanza.

Mi domando e ti/vi domando: ma nella vita, esiste sempre un punto d'incontro attraverso il dialogo con chi ci sta dinanzi, oppure alcune volte è meglio risparmiare l'energia... perché la costruzione mentale è talmente differente che si perde tempo entrambi?
nevealsole is offline  
Vecchio 26-03-2008, 12.39.58   #3
arsenio
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Originalmente inviato da nevealsole
Il titolo del tuo intervento mi ha fatto tornare in mente una canzone: "la musica è finita, gli amici se ne vanno..." (non mi ricordo però di chi sia).

Mi domando e ti/vi domando: ma nella vita, esiste sempre un punto d'incontro attraverso il dialogo con chi ci sta dinanzi, oppure alcune volte è meglio risparmiare l'energia... perché la costruzione mentale è talmente differente che si perde tempo entrambi?

Io la sentii da Ornella Vanoni: splendida canzone e voce

Cara nevealsole Socrate inventò il dialogo e ancor oggi il senso della filosofia s'identifica in tale strumento, indiscusso e riconosciuto pure da astratti accademici o metafisici. La “verità” non esiste, nessuno ha mai completamente torto, nessuno ha mai completamente ragione, ed il contrario di una verità può esser un'altra verità ugualmente valida. Esistono solo interpretazioni di “verità”, mai una sola! da confrontare con spirito collaborativo, ma senza barare nell'illustrare le proprie premesse, se s'intende pervenire a qualcosa che si può condividere, o accettare con qualche compromesso. Del resto è ciò che s'insegna anche nella psicoterapia sistemico-relazionale della famiglia. Il dialogo è pure un vano appello nel mondo della politica e in quello della religione, che ora invita al dialogo nientemeno che la scienza, esigendone ovviamente qualche sorta non di pacifica e reciproca accettazione, ma di sottomessa concessione. Secondo me non è possibile che la scienza accetti, essendo le premesse del tutto diverse: dogma teologico contro ricerca aperta e continua.

Socrate inventa il dialogo per far notare ai sofisti del tempo le loro contraddizioni. Li detestava; erano abili dialettici in virtù delle loro contorte capziosità con cui riuscivano a persuadere con inganni verbali chi li ascoltava. Interrogava ad arte e maieuticamente per fra loro ammettere le loro contraddizioni, perchè nonostante tutto, riusciva a farsi comprendere, tale era la limpidezza del suo eloquio. Eppure ama il dialogo che ha inventato, è tutto il giorno sull' agorà a parlare tra la folla che a sua volta lo ama. Non tutti certo,se pur oggi qualcuno gli farebbe bere la cicuta: ma lui bevendola suggerisce ancora una cosa: un uomo “nuovo” che è riconosciuto anche oggi dai maggiori teorici del linguaggio, come Gadamer, e da filosofi come Cacciari, Galimberti, ecc. Si fanno ancora incontri di piazza nei Festival della filosofia, e in qualche modo rispunta la sua “arte di porre domande”, unico modo per rivalutare la filosofia della “verità”, quella verità ancora oggi mal vista pure da illustri cattedratici che continuano scambiarla con la “verità rivelata”, facendola passare per assoluta.

Questo per dirti che si può farsi comprendere e/o amare il dialogo, e farsi amare .

Recentemente al forum sono stato forse troppo assertivo e non sempre disposto al gioco, tuttavia non leverei una virgola da ciò che ho detto, anche rileggendo con una più analitica freddezza alcuni post che mi sono stati diretti (veramente assurdi), pur sempre presenti in archivio e disponibili per una comune disanima, parola per parola. Nella mia frequenza sempre moderata, in quanto a interventi, ai forum ho sempre dimostrato anche le mie zone d'ombra, che sono numerose, ad esempio il modo piuttosto atipico di come partecipo e non nego a volte una certa aria di saccenza dovuta alla sicurezza in alcuni temi, che mi concede di non nascondere lacune o fragilità caratteriali sotto uno sterile verbalismo. Non nego talora di provare uno stupito disagio nel dar una rapida occhiata a certi percorsi di discorso (non solo a riflessioni) su alcune tematiche dove non solo noto disinformazione ma nemmeno sono state citati alcuni particolari che ritenevo fondamentali per quel dato argomento piuttosto impegnativo e delicato, e non da protratte dissertazioni banali dove la frivolezza e la superficialità sono d'obbligo. La morale infine è che se qualcuno ritiene di poter ricavare qualcosa nel .... dialogare con me , sono disponibile, negli argomenti di cui m'interesso, altrimenti può astenersene. Perchè altro non sono in grado di dare,sebbene aperto a certi argomenti collaterali in qualche modo pertinenti. Finora la fortuna mi ha assistito e ho trovato sempre un paio di nick il cui scambio di post mi ha molto arricchito, in tutti i sensi , ed è vero che chi vuole continua a maturare e ad compiere la propria personalità e autoconoscersi durante tutto l'arco di vita, se sa fruire in modo adeguato di tutti gli stimoli che gli provengono dal mondo esterno, anche quelli (o soprattutto? ) negativi o se gli si presentano osservazioni costruttive come la tua presente.

La possibilità di indurre al dialogo gli altri dipende da alcune variabili: cosa in effetti si cerca in un forum, come s'intende autorappresentarsi, quali alleanze a propria misura, per condivisioni, si decide di rafforzare, qual'è stata la propria educazione familiare,in base a modelli di tolleranza di idee pur contrastanti con le proprie, l'apertura mentale, premesse culturali note ad entrambi, l'empatia, in tal caso, sì , come ascolto in cui ci si immedesima anche nei punti di vista degli altri e non solo nelle loro emozioni, non affrontare argomenti che si sanno a rischio, come di corde nella casa dell'impiccato, oppure di eccessiva divergenza politica o religiosa: con alcune conoscenti vicine di casa ho un buon dialogo, improntato a cose non molto profonde, ma gradevoli, tuttavia con alcune “berlusconiane”, evito accuratamente di parlare di politica tuttavia in un forum denominato Psicologia si può anche supporre che non si dovrebbe incorrere in certi travisamenti, o trasferirvi considerazioni assolutamente estranee, oppure giudizi ad personam, e non sul topic in sè ,che fatalmente scatenano un rimando di reazioni sgradevoli.
Infine se hai seguito miei post scambiati con nick che tu pure conosci bene, con alcuni non è stato possibile un'intesa, forse per mia forma di scrittura, ma io penso più per visioni del mondo troppo dissimili e dissonanze di pensiero che turbano un consolidato sistema di credenze. Viceversa, per esempio, poteva sorgere un'ottima intesa discorsiva con Mary, ma giustamente pure lei credo abbia modi personali e da rispettare, di partecipazione al forum. Con altra ho tentato di chiarire invano, con lunghi post alcuni miei punti di vista. Se poi si vuole considerare i miei 3d (nemmeno qui tra i più lunghi) solo come premessa per continuare un dialogo su temi più confidenziali, autochiarificanti o giocosi (ma ho notato come qui si vada facilmente OT) sono ancora più soddisfatto. Ma come ho detto mi converrà darmi altrove ai giochi di rima.

Oggi temo di avverti un po' frastornato con le mie pesantezze, e dovrò rimediare con qualche poesiola adatta ...

arsenio is offline  
Vecchio 26-03-2008, 19.18.25   #4
chlobbygarl
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Originalmente inviato da nevealsole
Mi domando e ti/vi domando: ma nella vita, esiste sempre un punto d'incontro attraverso il dialogo con chi ci sta dinanzi, oppure alcune volte è meglio risparmiare l'energia... perché la costruzione mentale è talmente differente che si perde tempo entrambi?

Bella domanda neve: in teoria il dialogo dovrebbe essere una terra potenzialmente oggettiva in cui è lecito pensare, seppure dopo sforzi, di capire e farsi capire da chi si ha di fronte.La pretesa di essere assolutamente esaustivi e inequivocabili nell'esporre le idee, rinforzata non di rado dal ricorso al linguaggio più esatto inventato che è quello logico-matematico, porta però a forzare il dialogo al fine di ottenere un risultato netto e antinomico rispetto all'interlocutore:o ha ragione lui o noi, non possono esserci dubbi.In particolare, se anche viene ammessa la possibilità del concorso di ragione (un pò di ragione per ciascuno ) si ritiene impossibile che nel merito ristretto, specifico e particolare di quanto ci vede dalla parte della ragione possa esserci posto anche per l'altro.Insomma, all'interno di una discussione articolata i punti nei quali si ha ragione lo devono vedere necessariamente dalla parte del torto o della minor ragione.
E' il lascito del pensiero scientifico, che tende se non ad escludere tesi molteplici afferenti lo stesso fenomeno attraverso la verifica sperimentale, quantomeno a stilarne gerarchie di valore maggiore o minore.E' il linguaggio di chi ha già misurato il mondo e intende solo confermarne le dimensioni, ma non sa di farlo.Se questo ha permesso alla scienza di fare un balzo in avanti spaventoso, ha per contro creato l'illusione paradossale di poter controllare la plausibilità dei punti di vista sugli eventi non riproducibili (la vita di tutti i giorni) a partire dalla pretesa di poterli misurare e tradurre in termini esatti come quelli riproducibili in laboratorio (ammesso per convenzione che anche quelli c.d. riproducibili lo siano completamente).Si parla di "cose" complesse e irriducibili a modelli matematici investendole del carattere di oggettività dato dalla convinzione opposta, e seguenti deduzioni dogmatiche.La premessa autoreferenziale per cui un tal modo di procedere nella conoscenza è cmq il migliore che abbiamo e che contiene implicitamente l'antidoto alla sua assunzione a dogma (e cioè che essere il migliore non vuol dire essere infallibile..) non ne inficia però il metodo sostanziale:si possono conoscere aspetti di una 'cosa' solo per gerarchia del valore predittivo e conoscitivo delle tesi esposte su quella 'cosa';non esistono nella scienza ufficiale più tesi in grado di spiegare altrettanto bene lo stesso fenomeno, ne esisterà sempre una migliore dell'altra.Se tale percorso è stato certo necessario al progredire del pensiero scientifico, potrebbe non esserlo affatto rispetto alla conoscenza lata che tale pensiero si prefigge.Il finalismo e la direzione che la scienza intrinsecamente si danno appaiono allo stesso tempo funzione e limite della medesima:io riuscirò a scoprire solo ciò che ho la possibilità di misurare e viceversa, eppure quanto non riesco a misurare- semplicemente per aver scelto un metodo anzichè un altro, quindi per l'ontologia alla base del metodo scelto- è una variabile sulla base della quale il filone speculativo è morto per aborto spontaneo.Nessuno pensa alle cose che verosimilmente non potranno essere mai scoperte, o lo saranno con molta lentezza, proprio perchè si è scelto quel modo di conoscere e solo quello.
Tutti gli adepti di fede scientista pensano che in relazione alla variabile tempo molto di quanto sarebbe stato possibile conoscere è stato conosciuto (viene omessa la premessa "con quel metodo") e molto altro verrà conosciuto in seguito (sempre però "con quel metodo").Se infatti quel metodo è il solo ad essere ritenuto valido si può ometterne la premessa succitata e se è il solo a poter essere usato dopo essere stato selezionato come vincitore in mezzo ad altri sui criteri delle stesse condizioni che lo fondano perchè mai avere dubbi di questo tipo?!Ma quando ne troveremo mai un altro se la premessa alla sua ricerca è l'omissione della premessa per cui quello vecchio non sarebbe nè infallibile nè imparziale?!E se per cercarne un altro è necessario passare attraverso le verifiche imposte dal primo, dove sarebbe la novità, dove avremmo mai domani un metodo nuovo?IL METODO per come è inteso oggi è una strada che ha permesso di vedere molte cose, ma appare impossibile avere tutto il panorama da una sola strada:si tratta di propendere verso lo stato per il quale esistano dimensioni conoscitive molteplici circa lo stesso fenomeno e che, ammettendo "io" di poter osservare solo ciò che sono in grado di scoprire a partire dal metodo scelto, per averne un nuovo (di metodo conoscitivo) dovrò mettere in crisi alcuni fondamenti di quello vecchio, diversamente continuerò a osservare sempre solo i fenomeni possibili con quest'ultimo.Quando la razionalità scientifica fosse in grado di afferrare concretamente qualcosa di analogo a mio avviso anche il dialogo sarebbe sdoganato dall'obbligo ineludibile di decretare un migliore e un peggiore.Nel frattempo l'arte può consentirci per intuizione di cogliere il 'senso' molteplice e lato delle cose.

scusa la lunghezza e il più o meno apparente essere andato off-topic
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Vecchio 27-03-2008, 18.19.15   #5
nevealsole
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Che bello leggervi

Mi avete fatto associare alcune cose.
Per prima cosa i codici.
E' vero, la matematica non è che un codice, come lo è il linguaggio.
Ricordo il prof al liceo (diceva sempre "la matematica è fantasia") poi una volta ci ha fatto sostituire tutti i numeri primi con un codice di simboli creato da noi, e facevamo le operazioni con quel codice lì... è stato un bell'esperimento.
L'intervento di Chlobbygarl (che poi non ho capito se il tuo nick c'ha solo un suono oppure anche un significato ... ) però mi ha fatto venire in mente quanta diversità ci sia tra la scienza (osservare sotto-luce) e la filosofia (osservare contro-luce) e quanto sia diverso il mio modo di pensare (e infatti sono un po' fuori di testa).
Giustamente si può analizzare solo partendo da un codice (metodo) condiviso, ed attenendosi a quello... però io credo molto nella percezione ulteriore (o intuito che dir si voglia), in un altro modo di sentire e di comunicare.
Questo modo di sentire e comunicare è penalizzato nel web, ma è vivissimo nella realtà, e forse dovrebbe essere utilizzato in alternativa al dialogo... quando col dialogo non si riesce ad arrivare in alcun luogo.
Boh, forse son fuori tema anche io, ma in fondo stiamo dialogando, no?

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Vecchio 28-03-2008, 15.50.45   #6
chlobbygarl
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Originalmente inviato da nevealsole
L'intervento di Chlobbygarl (che poi non ho capito se il tuo nick c'ha solo un suono oppure anche un significato ... )
....riferito al suono il significato è la sua onomatopeia...tra Boccaccio e Pietro Aretino ...ma, ripeto, è un reperto casuale rinvenuto solo dopo la creazione del nick, che invece spinge verso la negazione del senso delle cose e verso la surrealtà.
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Giustamente si può analizzare solo partendo da un codice (metodo) condiviso, ed attenendosi a quello... però io credo molto nella percezione ulteriore (o intuito che dir si voglia), in un altro modo di sentire e di comunicare.
Questo modo di sentire e comunicare è penalizzato nel web, ma è vivissimo nella realtà, e forse dovrebbe essere utilizzato in alternativa al dialogo... quando col dialogo non si riesce ad arrivare in alcun luogo.
Boh, forse son fuori tema anche io, ma in fondo stiamo dialogando, no?
intuire appare come il precipitare e il catalizzare proiezioni-sospese in immagini mentali precise, mentre dialogare oggettivamente e minuziosamente può rivelarsi un percorso ad ostacoli, proprio per la pretesa insussistente dell'oggettività del linguaggio.L'intuizione è però abbastanza spesso incondivisibile, mentre la comunicazione dialogica permette di scambiare e condividere piccolissime quantità di informazione rispetto allo sforzo compiuto.Per questo l'arte propriamente intesa è così espressiva e al tempo stesso 'incondivisibile' in modo oggettivo, perchè contrae e catalizza 'senso' senza spiegarlo direttamente, senza spiegare, a differenza di un manuale o di una teoria scientifica, i passaggi intermedi che la causano, solo perchè questi non ci sono.L'arte si dà per intuizione della sola schermata centrale e topica dell'ipotetico film che la sviluppa, per questo è così carica e densa di messaggio, inesplicato ma 'innescato'.L'intuizione e l'arte assomigliano a bombe semantiche gettate nel mare della comunicazione e che attendono di essere disvelate con plausibilità nei loro passaggi intermedi.

una cosa da valutare a mio avviso è che l'intuizione sia possibile, come credo, anche leggendo le persone da qui, virtualmente.
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Vecchio 28-03-2008, 18.08.41   #7
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il dialogo è una bella cosa nella vita e sui forum.

Quelli che amano il dialogo io me li figuro un po' come nella Scuola di Atene di Raffaello, all'aria aperta trascorrono le giornate a schermire (si dice così di chi pratica la scherma?)... giocan di spada con le parole per arrivare a stabilire chi è il più abile oratore.
Poi c'è chi, come me, si nutre (ohhhhhhhhhhhh) del vissuto delle persone.
Ecco, io ascolto volentieri anche parole contorte, purché arrivino dal cuore, perché solo quelle so comprendere.
C'è chi ama la forma, e chi ama la sostanza.


Cara nevealsole scusami ma devo chiarire con te qualcosa e come sai non ho mai usato estrapolare parole per poi farne critica.
Credo tu abbia letto un po' in fretta il mi post da cui avresti compreso meglio ciò che intendevo dirti alla luce di una mia mie esperienze, su tutte le implicazioni del “dialogo”, di cui finora mi è sembrato che ti sia fidata. Qui nel post seguente userai un voi, ma non mi citi nemmeno una volta.

Il “dialogante” non è mai un “oratore”nel senso corrente, ma un colloquiante

Non si pone mai in cattedra, ne vuol persuadere le folle. Questi artefici della parola casomai devono essere persuasivi, usare frasi ad effetto, strategie spesso sottili ma non per questo corrette, se vogliono ottenere sempre e comunque ragione,che è la meta prefissata a priori. Non come un dialettico, che non gareggia. E' vero che io una volta ho usato sorridendo il termine dell'incrocio elegante di fioretto, ma sempre con la dovuta correttezza, se si viene attaccati ingiustificatamente con strategie che non reggono;o metaforicamente con il lancio di “pattume”.Il dialogante è soprattutto uno che ascolta l'altro con molta attenzione e pacatezza, proprio perchè per decidere di concordare o meno con l'interlocutore (mai avversario), deve sapere esattamente cosa intende dire , e non a priori svalutare ciò che dice basandosi su impressioni soggettive come qui spesso succede.

C'è tutta una storia della filosofia, ancor più che della pragmatica della comunicazione, che ti spiega le origini greche della “civiltà del dialogo, cooperativo, democratico, tollerante: sogno ancor oggi per una società più giusta: l'”etica del dialogo”,disattesa da tutti i politici.

Quindi non si tratta né di idee “contorte” (attorcigliate, prive di naturalezza, difficile da comprendere,da Zingarelli) che tu dici di ... ... essere le sole che riesci a comprendere bene, perchè sono sostanza e non vuota forma e ... arrivano al cuore. Io suppongo che sia un tuo lapsus e che intendevi dire semplici e lineari, e non trppo elaborate come le mie (ma esitono, a riflessioni?). Che ti assicuro, almeno nelle mie intenzioni, non sono esclusivamente “forma” o contorte come insinui, ma forse volevi dire “accurate”,eppure talora ci metto l'anima per includervi un po' di sostanza,e in forma il più corretta possibile, usando pure qualche congiuntivo e condizionale, perchè mai io ho certezze, ma sollevo interrogativi, a meno che non venga provocato su cose talmente lampanti, che non si può non dimostrare una certa sicurezza.

Cara neve, parole”contorte”, difficilmente arrivano al cuore come tu dici, e nemmeno quelle di un argomento psicologico il più schematico e limpido possibile può veicolare sentimenti. Talora qualche poeta di quelli più alti, ci sono riusciti, ma non sempre, perchè come dice Saba, le poesie sono come le bolle di sapone, non tutte riescono a salire.

Io come dissi ho sempre cercato di farmi comprendere pur nei limiti concessi da certi argomenti,per lessico e registro linguistico; forse non ho mai raggiunto quella chiarezza che tu noti nei nuovi nick. Cerco sempre di migliorarmi,ma certi temi richiedono periodi un po' complessi, ma mai con circonlocuzioni tortuose. Eppure ho amato anche il dialogo e chi ha dialogato con me. Ma non chi insinua che propongo solo arida forma e che scambia un dialogante, sia pure a volte battagliero e assertivo, quando richiesto dalla situazione. Ma non mi sono mai proposto l'arroganza di chi nemmeno legge tutto il post, e ti estrapola a volte una sola parola tentando di demolire il tuo discorso anche, o soprattutto agli occhi di altri, per poi sentirsi superiore.

In quanto alla “matematizzazione” di un dialogo è assurdo ( se mi parli di teorie del linguaggio, potremmo casomai parlare di logica formale).
Il dialogo fa parte delle scienze storiche o dello spirito, dette “nomotetiche”. Non seguono leggi generali ma colgono eventi nella loro specificità e singolarità; a differenza delle scienze della natura , nomotetiche, che seguono leggi generali. La comprensione è sempre idiografica,la spiegazione è sempre nomotetica. In psicologia ci possono esser entrambi i casi, ma nel dialogo di derivazione filosofica improntato alla comprensione, mai. Quindi le scienze della natura, sperimentali si possono dire scientifiche perchè usano i metodi della matematica e perchè, secondo la tradizione popperiana sono “falsificabili”. Ora non ho tempo di spiegarti bene; diciamo che possono essere messe alla prova. Oggi, con le neuroscienze, ci sarebbe qualche spiraglio di scientificità pure per la psicoanalisi.

In quanto al linguaggio in sé è vero che anche la filosofia analitica è molto attenta alla logica formale, (teorie dei linguaggi naturali e artificiali), per la retorica, le teorie della' argomentazione, il dialogo ecc, si può parlare, ed è già tanto, solo di logica informale., risalente ancor oggi alla “Retorica “ di Aristotele. Se me lo chiedevi ti dedicavo un 3d tutto per te su logica informale, su neuroscienze, sulle oggi possibili prospettive “scientifiche dei linguaggi”, ecc,

Cara neve un abbraccio, sempre che tu lo accetti ancora e poi ti prego di privilegiare i nuovi nick con cui giustamente hai una migliore intesa; se t'interesserà qualche mio topic puoi sempre partecipare ancora indirettamente. Nulla di male, senza rancore; succede anche fuori rete che ad un certo punto non ci si comprenda più. Ma ricorda che per quattro anni talvolta abbiamo .... scambiato qualche opinione. E non m'importa sapere se si trattava di dialogo o altro.

arsenio is offline  
Vecchio 28-03-2008, 19.29.26   #8
nevealsole
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Originalmente inviato da arsenio
Cara neve un abbraccio, sempre che tu lo accetti ancora e poi ti prego di privilegiare i nuovi nick con cui giustamente hai una migliore intesa; se t'interesserà qualche mio topic puoi sempre partecipare ancora indirettamente. Nulla di male, senza rancore; succede anche fuori rete che ad un certo punto non ci si comprenda più. Ma ricorda che per quattro anni talvolta abbiamo .... scambiato qualche opinione. E non m'importa sapere se si trattava di dialogo o altro.


Arsenio Caro,
ma come puoi solo pensare che rivolgessi a te le mie critiche?
Mi scuso, nel mio leggere e rispondere in fretta evidentemente faccio solo pasticci.
L'idea della scuola di Atene non mi è venuta pensando a te, mi è venuta pensando ad altre conversazioni in cui mi sono innervosita perché si tendeva a travisare il senso dei miei scritti smontandoli pezzetto, pezzetto per poi arrivare a niente.
Pensavo di parlare di te con l'altro esempio, quello della parola che arriva al cuore.
I riferimenti matematici mi incuriosiscono perché cerco di comprendere la logica di quelli che tentano di parlare usando i teoremi, ma non volevo assolutamente mettere in discussione te.

Io, se posso pensare una cosa, penso che forse sei in un momento più difficile del solito, in cui magari tra il bicchiere mezzo vuoto e quello mezzo pieno, vedi quello mezzo vuoto.
O che forse vuoi allontanarti dal forum, ed hai bisogno di trovare una motivazione.
Io ti voglio bene, ti leggo volentieri, e mi piace parlare con te (ma anche solo leggere di te).
Questo non è in discussione.
Alle volte ho l'impressione tu cerchi il modo di "uccidere" Arsenio, per andar via.
Io, se sarà e a malincuore, rispetterò la tua scelta.
Ma non perché io preferisco nuovi o vecchi nick, bensì perché lo vuoi tu.
Io sono qui per crescere. E per crescere mi servono molti punti di vista, molti modi di scrivere e molti modi di pensare, condivisibili e meno condivisibili.
E alle volte ho poco tempo.
Questo non ha a che vedere con te, che sei uomo che stimo: ieri, oggi e sempre.

Io del tuo star male (scusami non so come altro chiamarlo) mi dispiaccio sinceramente, ma non so come aiutarti, mi sembra non ci sia modo.
Se c'è modo dimmelo.

Scusami se ti ho offeso, non intendevo farlo.

Con affetto sincero,
nevealsole is offline  
Vecchio 28-03-2008, 20.42.38   #9
veraluce
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Riferimento: Il dialogo è finito

Ciao Arsenio...

..intrigante questa proposta di discussione (sai già che mi attirano molto le tematiche che vertono sulla "comunicazione") .. non vorrei deturparla con qualche sproloquio verbale.. come sai mi sto abituando ad andare di fretta (me misera) e ogni tanto qualche danno comunicativo lo faccio...
...però volevo porti almeno una domanda, sicuramente un pò banale... ma siccome sei riuscito sempre a darmi delle gradite indicazioni ogniqualvolta te ne ho fatto esplicita richiesta, spero che non ti dispiacerà venirmi incontro anche stavolta...

...ti chiedo quindi se secondo te, la predisposizione al dialogo, o meglio al saper dialogare è, come dire, "costituzionale"?
Oppure se dietro al saper comunicare c'è un volere saper comunicare...
...basta l'impegno della propria volontà affinché il dialogo possa realizzarsi?

Non so se mi sono spiegata bene... spero di si...


Citazione:
Da Arsenio:
Il “dialogante” non è mai un “oratore”nel senso corrente, ma un colloquiante

Non si pone mai in cattedra, ne vuol persuadere le folle. Questi artefici della parola casomai devono essere persuasivi, usare frasi ad effetto, strategie spesso sottili ma non per questo corrette, se vogliono ottenere sempre e comunque ragione,che è la meta prefissata a priori. Non come un dialettico, che non gareggia. E' vero che io una volta ho usato sorridendo il termine dell'incrocio elegante di fioretto, ma sempre con la dovuta correttezza, se si viene attaccati ingiustificatamente con strategie che non reggono;o metaforicamente con il lancio di “pattume”.Il dialogante è soprattutto uno che ascolta l'altro con molta attenzione e pacatezza, proprio perchè per decidere di concordare o meno con l'interlocutore (mai avversario), deve sapere esattamente cosa intende dire , e non a priori svalutare ciò che dice basandosi su impressioni soggettive come qui spesso succede.

Interessante...

Buona serata a te!
veraluce is offline  
Vecchio 31-03-2008, 10.44.31   #10
arsenio
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Citazione:
Originalmente inviato da nevealsole
Arsenio Caro,
ma come puoi solo pensare che rivolgessi a te le mie critiche?
Mi scuso, nel mio leggere e rispondere in fretta evidentemente faccio solo pasticci.
L'idea della scuola di Atene non mi è venuta pensando a te, mi è venuta pensando ad altre conversazioni in cui mi sono innervosita perché si tendeva a travisare il senso dei miei scritti smontandoli pezzetto, pezzetto per poi arrivare a niente.
Pensavo di parlare di te con l'altro esempio, quello della parola che arriva al cuore.
I riferimenti matematici mi incuriosiscono perché cerco di comprendere la logica di quelli che tentano di parlare usando i teoremi, ma non volevo assolutamente mettere in discussione te.

Io, se posso pensare una cosa, penso che forse sei in un momento più difficile del solito, in cui magari tra il bicchiere mezzo vuoto e quello mezzo pieno, vedi quello mezzo vuoto.
O che forse vuoi allontanarti dal forum, ed hai bisogno di trovare una motivazione.
Io ti voglio bene, ti leggo volentieri, e mi piace parlare con te (ma anche solo leggere di te).
Questo non è in discussione.
Alle volte ho l'impressione tu cerchi il modo di "uccidere" Arsenio, per andar via.
Io, se sarà e a malincuore, rispetterò la tua scelta.
Ma non perché io preferisco nuovi o vecchi nick, bensì perché lo vuoi tu.
Io sono qui per crescere. E per crescere mi servono molti punti di vista, molti modi di scrivere e molti modi di pensare, condivisibili e meno condivisibili.
E alle volte ho poco tempo.
Questo non ha a che vedere con te, che sei uomo che stimo: ieri, oggi e sempre.

Io del tuo star male (scusami non so come altro chiamarlo) mi dispiaccio sinceramente, ma non so come aiutarti, mi sembra non ci sia modo.
Se c'è modo dimmelo.

Scusami se ti ho offeso, non intendevo farlo.

Con affetto sincero,

Cara nevelasole è un fraintendimento: intenzioni che sortono l'effetto contrario, forse per un senso diverso dato a un aggettivo.

Non mi sono offeso, ho solo provato uno stupito disagio perchè siamo amici virtuali di lunga data e ho sempre apprezzato il tuo riuscire spesso a completare i miei topic con intuizioni femminili a cui io non avevo pensato e che mi facevano prolungare l'argomento anche per altre angolazioni.

In quanto a me non cerco pretesti per uscire, né sono depresso, anzi è un periodo in cui mi sento lievemente euforico. E' vero che m'infastidisce chi entra nei miei 3d usando un “noi” maiestatico o definendomi in terza persona: “egli, arsenio, afferma che, e poi seguono solo svalutazioni ad personam. Le ultime sono state “intellettuale disonesto” “ginnasiale tonto” ecc. A ciò è dovuta una mia inquietudine che cesserà appena m'ignoreranno. Lo so, il nick-personaggio arsenio (mia proiezione e non recita di ciò che vorrei essere) si è troppo coinvolto,quasi come fosse off line. E poi cosa mi manca? Ci sei tu, veraluce, qualche new entry, finchè non passa nella galassia dell'altra tendenza di pensiero.

Se approfondiremo qualche tema (sempre se t'interessa ) sul rapporto tra scienza ,arte, discipline umane, umanistiche, ecc. fin d'ora posso dirti che la soggettività non può essere circoscritta da nessuna scienza oggettiva, perchè non si tratta di un fenomeno della natura ma dello spirito, per dualistica convenzione.
La scienza non ha rapporto con certe ”verità”, ma produce premesse già anticipate (metodo scientifico) Se si accosta ad esempio alla psiche, scientificamente non si trovano verità o “metodi” per raggiungerla, ma solo il risultato prodotto da quel metodo limite, disconosciuto dalla psicologia. La psicologia (includiamoci anche tutte le discipline della parola) indaga la soggettività, che non può essere conosciuta da nessuna scienza oggettiva. Il metodo scientifico sopprimerebbe il contenuto filosofico. Anzi, la filosofia dovrebbe essere accettata per sostenere certe tesi psicologiche.Io sono stato sempre a favore di un' interdisciplinarità antitradizionalistica, e in qualche caso pure, dove possibile, ad una simbiosi tra scienza e materie umanistiche, ma senza forzature da profani o da malintesa fantascienza. Con tale accettazione si eviterebbero che “filosofie” entrassero in modi impropri nel linguaggio scientifico ,fino a renderlo poco chiaro sia scientificamente che “filosoficamente”

“Per quanto cammini non incontrerai mai i confini dell'anima, tanto è profondo il suo logos”, dice Eraclito. Vogliamo forse oggettivare un'anima, creare griglie valutative per definire il valore di una poesia?

arsenio is offline  

 



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