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Psicologia - Processi mentali ed esperienze interiori.
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Vecchio 04-10-2014, 12.18.53   #1
vanina
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Messaggi: 268
Personalizzazione della fede religiosa (in chiave psicologica)

Credo che ciascuno di noi possa attingere dal proprio quotidiano all'esempio conturbante di persone che conosce, che si professano credenti (ad esempio Cattolici, e sono i più per noi italiani) e che poi ti lasciano incredulo perchè...appunto come italiano...almeno il catechismo l'hanno impartito istituzionalmente anche a te che osservi e...anche se nei nei uscito miscredente...ricordi bene che per chiamarti "cattolico" avresti dovuto osservare ben altro che andare a messa a Pasqua e a Natale, o anche tutte le domeniche....

Insomma: credo che ognuno di noi possa contare (senza fatica) numerosi casi di persone che...si ritengono "in pace con la propria coscienza di fedeli cattolici" ...facendo della loro vita qualcosa che nell'insieme ...sembra proprio non aver mai interiorizzato neanche i fondamenti da catechismo infantile del Messaggio Cristiano.

Tralascio i mille esempi che potrei portare su UNA INFINITA' di capitoli "minori" (ho sempre apertamente detto di riscuotere - con mia stessa meraviglia - gran successo tra "pie donne" pur non essendo tale, e...potrei far notte nel narrare delle miserie umane che per questa via ho dovuto conoscere, dalla catechista e corista e docente universitaria di Dirittto Canonico...che è l'amante da sempre del sacerdote direttore col coro, alla poveretta che non naviga in internet per il terrore di incappare in siti "indemoniati e peccaminosi" ma poi...abbatte con l'auto un cancello automatizzato del suo condominio ....e mi chiede di supportarla nel dire che era il cancello ad essere impazzito e ad essersi inspiegabilmente abbattuto contro la sua auto..... ).

Vado direttamente al caso che mi ha segnata davvero, cercando di sintetizzare per quanto posso.
Io: separata e divorziata, avevo suoceri bigottissimi ed ex marito che (come me) aveva formato una nuova coppia dopo la separazione (in realtà lui ce l'aveva da prima, ma ...per me non cambia nulla) .
Con la nuova compagna ha un figlio, ma malgrado il divorzio perfettamente condiviso non penserà mai di sposare la nuova compagna da cui ha nel frattempo avuto un figlio (quanto mai da lui indesiderato).
Non c'è mai stata alcuna ostilità fra me e la nuova compagna di mio marito, e non c'è mai stata alcuna ostilità (anzi c'è sublime affetto) tra mio figlio e il nuovo arrivato da sola parte paterna.
Nel 2009 questo fratellino, che vive in un paesino del Centro Italia assai provincialissimo, deve fare la prima comunione.
E allora ricevo una telefonata, da parte della compagna del mio ex marito, in cui è lei a chiedermi TESTUALMENTE "Vanina...siccome parlare di questo a X (il padre dei nostri figli) è del tutto inutile...lo promuoveresti tu l'annullamento del vostro matrimonio?"
Dire che resto basita è dir poco. E' tutto surreale. E' surreale che l'annullamento ecclesiastico del mio matrimonio...me lo chieda quella che per diritto canonico sarebbe la pubblica concubina di mio marito anzichè mio marito (a cui, è lei stessa a confermarlo, non viene manco in mente).
A caldo...resto sconcertata e (perchè negarlo?) anche sconvoltamente URTATA, ma ne dò immediato segno, come nella mia tradizione personale.
Inoltre...conosco per mestiere il Diritto Canonico...e SO che non ci sarebbero mai ragioni per chiedere l'annullamento ecclesiastico , neanche ad inventarsele!!!
Quando, come sempre, cerco di "spiegare" la mia posizione al riguardo, spiego appunto che...in Diritto Canonico non mi è nota alcuna ragione che giustificherebbe la richiesta di annullamento ecclesiastico...salvo che mio marito non intenda invocare la propria "riserva mentale" (che ovviamente non c'è mai stata).
Ottengo una specie di implorazione che non so se mi faccia più pena o schifo:
"te lo chiedo perchè altrimenti non posso prendere la comunione, e il bimbo soffrirebbe di questo! E IL SACERDOTE HA DETTO CHE L'UNICO SISTEMA PER RICEVERE LA COMUNIONE E' QUELLO DI FAR ANNULLARE IL VOSTRO MATRIMONIO!" (e che je frega, ar sacerdote...se ' presupposti per l'annullamento canonico ce stanno o no? )
Faccio presente che questa istanza mi tocca molto, ma certo....devo riconoscere che mi tocca molto di più l'idea di dichiarare a dio e agli uomini - MA SOPRATTUTTO A MIO FIGLIO - che ...lui (mio figlio, nostro figlio) sia figlio di un dio minore e frutto di un matrimonio che non aveva i presupposti per essere...quando questo sarebbe più FALSO di una moneta di sabbia fatta con lo stampino............
Mi redime (rispetto al Fastidio provato per la prima volta verso la nuova compagna di mio marito) proprio il mio compagno, il quale - molto prosaicamente - mi segnala "ma non ti fa pena, anzichè urto? E' chiro come il sole che siccome a tuo marito non gliene importa niente di consacrare un bel niente con lei...lei sperava che tu avessi una ragione tua per volere lo stesso annullamento? ".

Dopo sei mesi da questo ...purtroppo...mio marito muore.
Muore nel paesello di provincia in cui risultava residente e in cui, quindi, si svolge il funerale.
La parrocchia è la stessa in cui si era celebrata la prima comunione del fratellino di mio figlio, e di cui la compagna di mio marito fa parte con la famiglia d'origine dei "bravi parrocchiani".
Qui avviene quel che da integralista per nascita non dimenticherò MAI.

Nei necrologi affissi (ma questi son stati dettati dalla famiglia, e la chiesa non c'entra nulla) leggo con stupore che il triste annuncio della dipartita lo danno..."la moglie" XX (che non è Vanina) e figli Y e Z (dove Z è mio figlio, che dal testo pare figlio di XX).
Ascrivo il tutto all'essere "paesani", e vado oltre.
In chiesa, al rito funebre, io spontaneamente assisto in piedi, DIETRO all'ultimo banco, in cui si trovavano i carissimi compagni di liceo e università di mio marito, che conoscevo tutti e con cui fu l'unico e vero abbraccio sincero.
Al primo banco i miei suoceri e la "moglie" XX (nulla di strano : i miei suoceri mi odiavano, anche se non sanno ancora perchè...tutto NORMALE, giuro!!!).

Sapete cosa mi conturba ancora oggi, invece?
Mi conturba (oltre al fatto che anche per i miei suoceri che s'erano ingrossate le ginocchia sui banchi di chiesa per non sapere che La Moglie - davanti a al loro dio - ero io, mentre quella che sedeva al loro fianco in pool position fosse - per lo stesso dio - la "pubblica concubina") mi conturba il FATTO di aver assistito ad una funzione religiosa (unica, nel suo genere) in cui...E' IL SACERDOTE CHE IN ATTEGGIAMENTO ULTRA PILATESCO ....RECITA LA PROPRIA PARTE FINO IN FONDO ED ARRIVA AL FATIDICO PUNTO IN CUI I FAMIGLIARI DEL DEFUNTO SI INDICANO ALLA COMUNITA' PER NOME DI BATTESIMO.
EBBENE: MIO MARITO - PER QUESTIONI DIPLOMATICO-PARROCCHIALI - ...VIENE NELLE PAROLE DEL SACERDOTE....RICORDATO DA UNA MOGLIE CHE NON HA NOME DI BATTESIMO!!!!
Una moglie di cui il sacerdote fariseo..OMETTE il nome...affinchè : ognuno continui a credere che sia quella che crede, e affinchè le offerte della famiglia parrocchiana della compagna (e pubblica concubina) restino e si incrementino con fervore...e cosicchè la condivisione con l'ecclesia sia la stessa di sempre : sapientemente condita di pensieri, parole, opere e OMISSIONI, degli stessi ministri del culto.

E resto a chiedermi, io NON cattolica : ma come si fa? ma come è possibile? ma PERCHE'?

E non avrei postato in psicologia se non sapessi che...tutti questi, tutti, dal primo all'ultimo e prete compreso, si sentono più "fedeli" di me!!!!
MA FEDELI A COSA?
COME FANNO?
NON HANNO MENO STRUMENTI DI DECODIFICA E AUTOCENSURA CULTURALE DI QUANTI NE ABBIA IO!
COME FANNO, ALLA LUCE DI QUESTO, A SENTIRSI "A POSTO" COLLEZIONANDO BUGIE MATERIALMENTE FUNZIONALI AL SOLO MATERIALE E FUNZIONALE MONDANO??????????????????????
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Vecchio 05-10-2014, 06.25.45   #2
acquario69
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Originalmente inviato da vanina
Credo che ciascuno di noi possa attingere dal proprio quotidiano all'esempio conturbante di persone che conosce, che si professano credenti (ad esempio Cattolici, e sono i più per noi italiani) e che poi ti lasciano incredulo perchè...appunto come italiano...almeno il catechismo l'hanno impartito istituzionalmente anche a te che osservi e...anche se nei nei uscito miscredente...ricordi bene che per chiamarti "cattolico" avresti dovuto osservare ben altro che andare a messa a Pasqua e a Natale, o anche tutte le domeniche....

Insomma: credo che ognuno di noi possa contare (senza fatica) numerosi casi di persone che...si ritengono "in pace con la propria coscienza di fedeli cattolici" ...facendo della loro vita qualcosa che nell'insieme ...sembra proprio non aver mai interiorizzato neanche i fondamenti da catechismo infantile del Messaggio Cristiano.

Tralascio i mille esempi che potrei portare su UNA INFINITA' di capitoli "minori" (ho sempre apertamente detto di riscuotere - con mia stessa meraviglia - gran successo tra "pie donne" pur non essendo tale, e...potrei far notte nel narrare delle miserie umane che per questa via ho dovuto conoscere, dalla catechista e corista e docente universitaria di Dirittto Canonico...che è l'amante da sempre del sacerdote direttore col coro, alla poveretta che non naviga in internet per il terrore di incappare in siti "indemoniati e peccaminosi" ma poi...abbatte con l'auto un cancello automatizzato del suo condominio ....e mi chiede di supportarla nel dire che era il cancello ad essere impazzito e ad essersi inspiegabilmente abbattuto contro la sua auto..... ).

Vado direttamente al caso che mi ha segnata davvero, cercando di sintetizzare per quanto posso.
Io: separata e divorziata, avevo suoceri bigottissimi ed ex marito che (come me) aveva formato una nuova coppia dopo la separazione (in realtà lui ce l'aveva da prima, ma ...per me non cambia nulla) .
Con la nuova compagna ha un figlio, ma malgrado il divorzio perfettamente condiviso non penserà mai di sposare la nuova compagna da cui ha nel frattempo avuto un figlio (quanto mai da lui indesiderato).
Non c'è mai stata alcuna ostilità fra me e la nuova compagna di mio marito, e non c'è mai stata alcuna ostilità (anzi c'è sublime affetto) tra mio figlio e il nuovo arrivato da sola parte paterna.
Nel 2009 questo fratellino, che vive in un paesino del Centro Italia assai provincialissimo, deve fare la prima comunione.
E allora ricevo una telefonata, da parte della compagna del mio ex marito, in cui è lei a chiedermi TESTUALMENTE "Vanina...siccome parlare di questo a X (il padre dei nostri figli) è del tutto inutile...lo promuoveresti tu l'annullamento del vostro matrimonio?"
Dire che resto basita è dir poco. E' tutto surreale. E' surreale che l'annullamento ecclesiastico del mio matrimonio...me lo chieda quella che per diritto canonico sarebbe la pubblica concubina di mio marito anzichè mio marito (a cui, è lei stessa a confermarlo, non viene manco in mente).
A caldo...resto sconcertata e (perchè negarlo?) anche sconvoltamente URTATA, ma ne dò immediato segno, come nella mia tradizione personale.
Inoltre...conosco per mestiere il Diritto Canonico...e SO che non ci sarebbero mai ragioni per chiedere l'annullamento ecclesiastico , neanche ad inventarsele!!!
Quando, come sempre, cerco di "spiegare" la mia posizione al riguardo, spiego appunto che...in Diritto Canonico non mi è nota alcuna ragione che giustificherebbe la richiesta di annullamento ecclesiastico...salvo che mio marito non intenda invocare la propria "riserva mentale" (che ovviamente non c'è mai stata).
Ottengo una specie di implorazione che non so se mi faccia più pena o schifo:
"te lo chiedo perchè altrimenti non posso prendere la comunione, e il bimbo soffrirebbe di questo! E IL SACERDOTE HA DETTO CHE L'UNICO SISTEMA PER RICEVERE LA COMUNIONE E' QUELLO DI FAR ANNULLARE IL VOSTRO MATRIMONIO!" (e che je frega, ar sacerdote...se ' presupposti per l'annullamento canonico ce stanno o no? )
Faccio presente che questa istanza mi tocca molto, ma certo....devo riconoscere che mi tocca molto di più l'idea di dichiarare a dio e agli uomini - MA SOPRATTUTTO A MIO FIGLIO - che ...lui (mio figlio, nostro figlio) sia figlio di un dio minore e frutto di un matrimonio che non aveva i presupposti per essere...quando questo sarebbe più FALSO di una moneta di sabbia fatta con lo stampino............
Mi redime (rispetto al Fastidio provato per la prima volta verso la nuova compagna di mio marito) proprio il mio compagno, il quale - molto prosaicamente - mi segnala "ma non ti fa pena, anzichè urto? E' chiro come il sole che siccome a tuo marito non gliene importa niente di consacrare un bel niente con lei...lei sperava che tu avessi una ragione tua per volere lo stesso annullamento? ".

Dopo sei mesi da questo ...purtroppo...mio marito muore.
Muore nel paesello di provincia in cui risultava residente e in cui, quindi, si svolge il funerale.
La parrocchia è la stessa in cui si era celebrata la prima comunione del fratellino di mio figlio, e di cui la compagna di mio marito fa parte con la famiglia d'origine dei "bravi parrocchiani".
Qui avviene quel che da integralista per nascita non dimenticherò MAI.

Nei necrologi affissi (ma questi son stati dettati dalla famiglia, e la chiesa non c'entra nulla) leggo con stupore che il triste annuncio della dipartita lo danno..."la moglie" XX (che non è Vanina) e figli Y e Z (dove Z è mio figlio, che dal testo pare figlio di XX).
Ascrivo il tutto all'essere "paesani", e vado oltre.
In chiesa, al rito funebre, io spontaneamente assisto in piedi, DIETRO all'ultimo banco, in cui si trovavano i carissimi compagni di liceo e università di mio marito, che conoscevo tutti e con cui fu l'unico e vero abbraccio sincero.
Al primo banco i miei suoceri e la "moglie" XX (nulla di strano : i miei suoceri mi odiavano, anche se non sanno ancora perchè...tutto NORMALE, giuro!!!).

Sapete cosa mi conturba ancora oggi, invece?
Mi conturba (oltre al fatto che anche per i miei suoceri che s'erano ingrossate le ginocchia sui banchi di chiesa per non sapere che La Moglie - davanti a al loro dio - ero io, mentre quella che sedeva al loro fianco in pool position fosse - per lo stesso dio - la "pubblica concubina") mi conturba il FATTO di aver assistito ad una funzione religiosa (unica, nel suo genere) in cui...E' IL SACERDOTE CHE IN ATTEGGIAMENTO ULTRA PILATESCO ....RECITA LA PROPRIA PARTE FINO IN FONDO ED ARRIVA AL FATIDICO PUNTO IN CUI I FAMIGLIARI DEL DEFUNTO SI INDICANO ALLA COMUNITA' PER NOME DI BATTESIMO.
EBBENE: MIO MARITO - PER QUESTIONI DIPLOMATICO-PARROCCHIALI - ...VIENE NELLE PAROLE DEL SACERDOTE....RICORDATO DA UNA MOGLIE CHE NON HA NOME DI BATTESIMO!!!!
Una moglie di cui il sacerdote fariseo..OMETTE il nome...affinchè : ognuno continui a credere che sia quella che crede, e affinchè le offerte della famiglia parrocchiana della compagna (e pubblica concubina) restino e si incrementino con fervore...e cosicchè la condivisione con l'ecclesia sia la stessa di sempre : sapientemente condita di pensieri, parole, opere e OMISSIONI, degli stessi ministri del culto.

E resto a chiedermi, io NON cattolica : ma come si fa? ma come è possibile? ma PERCHE'?

E non avrei postato in psicologia se non sapessi che...tutti questi, tutti, dal primo all'ultimo e prete compreso, si sentono più "fedeli" di me!!!!
MA FEDELI A COSA?
COME FANNO?
NON HANNO MENO STRUMENTI DI DECODIFICA E AUTOCENSURA CULTURALE DI QUANTI NE ABBIA IO!
COME FANNO, ALLA LUCE DI QUESTO, A SENTIRSI "A POSTO" COLLEZIONANDO BUGIE MATERIALMENTE FUNZIONALI AL SOLO MATERIALE E FUNZIONALE MONDANO??????????????????????

le vicende che ti capita di riportare
mi fanno tornare in mente a una miscela variegata dei bellissimi racconti di piero chiara,fino alle novelle della pescara di d'annunzio

forse quello che poi ci hanno voluto dire questi due autori mette appunto in luce il lato strettamente umano e credo appunto più psicologico dei loro personaggi.

ricordo di un detto popolare che dice così:
"Fa quel che il prete dice, non quel che il prete fa"
acquario69 is offline  
Vecchio 05-10-2014, 11.34.34   #3
maral
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Se fede=volontà di credere si può avere volontà di credere nella verità? La verità ha bisogno di di una volontà per crederci? Evidentemente no, mentre la menzogna sì, solo la menzogna ha bisogno di fede.
Il tuo racconto biografico mi pare un'ottima esemplificazione evidente del principio sopra esposto che non riguarda solo la fede religiosa (prima che i pii cristiani insorgano stracciandosi le vesti), ma qualsiasi atteggiamento fideistico, ossia qualsiasi atteggiamento dettato da una doverosa volontà di credere ciò che è necessario (opportuno) credere, per salvarei l'anima, per il progresso dell'umanità tutta o anche solo per godere della propria posizione sociale in un piccolo paese di provincia.
maral is offline  
Vecchio 05-10-2014, 12.33.54   #4
vanina
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Originalmente inviato da acquario69
le vicende che ti capita di riportare
mi fanno tornare in mente a una miscela variegata dei bellissimi racconti di piero chiara,fino alle novelle della pescara di d'annunzio

forse quello che poi ci hanno voluto dire questi due autori mette appunto in luce il lato strettamente umano e credo appunto più psicologico dei loro personaggi.

ricordo di un detto popolare che dice così:
"Fa quel che il prete dice, non quel che il prete fa"


Grazie dell'attenzione, Acquario.
Rapidissimo OT : è grave e lo so , ma...sai che non ho mail letto nulla di D'annunzio? Proprio ultimamente, vedendo un bellissimo documentario sulla sua vita, me ne era venuto il desiderio, perchè mi è improvvisamente apparso come probabilmente molto più geniale e profondo di quanto i testi scolastici dei miei tempi del liceo fossero disponibili a riconoscere, e dunque...grazie di avermi dato un input ulteriore!
Piero Chiara, invece, sì...: spaccati impietosi di vita di provincia, ma...quanto amaro resta nel sondarli!

Tornando al tema : sì, anche io desidererei orientarmi nel quadro psicologico che favorisce o determina questi risultati, ma...ho postato proprio perchè mi ritrovo senza nessuna bussola per farlo!

Senza alcun protagonismo, solo per cercare di spiegarmi.
Quel che mi smagnetizza qualunque possibile bussola è proprio il fatto che non parlo di azioni e reazioni di sempliciotti o di analfabeti, da cui è doveroso potersi attendere voragini della capacità critica e di giudizio (che poi non sono matematiche, perchè potrebbero essere geniali, ma...se non lo risultano...siamo pronti a capirli), no no no !!!! Qui parliamo di tutte persone che hanno ottimo cervello e ottima istruzione (e siam d'accordo che l'istruzione non è Cultura...però insomma...aiuterebbe un bel po'!).
E allora, quando devo mio malgrado verificare che si abbraccia un Credo, che ha La Sua Regola, e che di questa si prende quel che si vuole (come al supermercato) e si lascia con indifferenza quel che non si vuole...ma DAVVERO non trovo spiegazione.

Io...ner mio piccolo....so che papà mio, figlio di mamma attivista irriducibile dell'Azione Cattolica e letteralmente cresciuto dai Frati Francescani di Assisi (dove fu in seminario e scuola dagli otto ai diciotto anni) ...pur vissuto e poi deceduto da non credente...UN CONCETTO ha posto sempre al centro della propria condotta, del proprio Esempio, e dell'educazione che mi ha dato , e quel concetto era LA BASILARITA' DELL'ESAME DI COSCIENZA.

Vedi Acquario...quando io mi autodefinisco "integralista per nascita" lo devo al fatto che il famoso "esame di coscienza" (semplice, in fondo, e a cui sono allenata da sempre) mi ha sempre impedito di potermi professare Cattolica, perchè anche a dieci anni - facendolo tra me - potevo riconoscere benissimo sia il fatto che qualunque mia buona condotta fosse eventualmente dovuta al timore delle conseguenze e/o al desiderare IO , per me stessa, di comportarmi "bene" piuttosto che "male", ma non potevo assolutamente dire che mi comportavo bene per "amore di Dio" e/o "per obbedire a Dio".
Ergo : Dio non mi arrivava proprio, se dovevo essere sincera. E...se volevo sentirmi una personcina perbene...in seguito all'esame di coscienza dovevo riconoscerlo e concludere che NON sono fedele, nè posso esserlo! Perchè mi manca il meglio , e cioè "sentire Dio" e per questo non riuscire assolutamente ad ossequiare La Sua Regola, di cui riconosco l'altissima valenza e di cui ...evidentemente...non sono degna.

ORA : è possibile che partendo dall'amica docente di Diritto Canonico in tre Facoltà Universitarie, e poi passando attraverso : l'amica che oltre me frequenta solo suore, preti ed esorcisti, e poi i suoceri che sono ipertitolati accademicamente e che stanno più in chiesa che in casa, e poi la compagna XX che brama di "comunicarsi", e poi il sacerdote ...che appunto E' un sacerdote (!!!!!!!) .....ma è possibile che un elementare ESAME DI COSCIENZA , basato sulla semplicissima domanda "ma perchè vorrei questo, qual è la ragione vera MIA?" , non sia mai venuto in mente?????????

E' questo che non mi torna, perchè ci sta tutta che a ciascuno venga in mente , di primo acchito, quel che è funzionale a lui stesso!
Ma è possibile che con questi gradi di capacità di critica e giudizio (che si devono presumere sia per età anagrafica e sia per globale erudizione) NON venga MAI in mente di chiedersi "ma...mica sarò un fariseo?"..............

E' proprio questo che chiedo a chi ne sa più di me: come si spiega, in chiave PSICOLOGICA, che una Regola che invita anzitutto alla Coscienza (e dunque necessariamente all'autoesame della stessa coscienza) possa essere bellamente oblìata proprio da chi avrebbe tutti gli strumenti sia intellettivi che culturali per coltivarla, e che costoro si sentano pure "a posto" dopo averla BEFFATA PRO DOMO LORO O AVER ALMENO CERCATO DI FARLO
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Vecchio 05-10-2014, 18.03.06   #5
altamarea
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Originalmente inviato da maral
Se fede=volontà di credere si può avere volontà di credere nella verità? La verità ha bisogno di di una volontà per crederci? Evidentemente no, mentre la menzogna sì, solo la menzogna ha bisogno di fede.
Il tuo racconto biografico mi pare un'ottima esemplificazione evidente del principio sopra esposto che non riguarda solo la fede religiosa (prima che i pii cristiani insorgano stracciandosi le vesti), ma qualsiasi atteggiamento fideistico, ossia qualsiasi atteggiamento dettato da una doverosa volontà di credere ciò che è necessario (opportuno) credere, per salvarei l'anima, per il progresso dell'umanità tutta o anche solo per godere della propria posizione sociale in un piccolo paese di provincia.

Ciao Maral, a proposito di "verità"..., ho cominciato a leggere un interessante libro di Maurizio Bettini, titolato “Elogio del politeismo. Quello che possiamo imparare oggi dalle religioni antiche”. L’autore evidenzia che i Greci e i Romani non fecero mai una guerra per affermare la propria religione su un’altra, ed il termine “paganesimo” fu coniato dal cristianesimo vincente, che vinse per “colpa” dell’imperatore Teodosio I, sobillato da Ambrogio, vescovo di Milano.

Mai gli antichi pensarono di usare il lemma “politeismo” per definire il loro sistema religioso. Il termine “politeismo” ha senso solo in una prospettiva monoteistica. Per i Greci ed i Romani era cosa normale avere più dei e non avevano bisogno di ribadirlo. Fu il lessico cristiano a far diventare spregiativi quegli dei.

I Romani consideravano gli dei degli altri non una minaccia né una falsità, ma una risorsa da integrare nel proprio pantheon, come accadde con il dio solare Mitra. L’apertura agli altri culti è invece impossibile per il monoteismo (ebraico, cristiano, islamico), esso pretende la sovranità totale sulla complessità della vita e degli esseri umani.

Se dio e la “verità” s’identificano, ogni altro dio od ogni altra verità sono falsi, perciò da combattere, vincere, eliminare. Come accadde in Europa con le “guerre di religione” che causarono migliaia di morti. Da quelle guerre nacque la “tolleranza” religiosa. Essere tolleranti per i cristiani significa astenersi dall’azione violenta nei confronti dell’altro e della sua fede, ma sempre considerando questa un errore e quello un peccatore.

Per i seguaci del monoteismo al di fuori dei proprio dio o del modo d’intendere quel dio non c’è verità, la fede e la verità s’identificano. La fissità dei loro testi sacri, dati una volta per tutte, non permette “interpretatio”.

I monoteismi tendono ad opporsi alla laicità e alla democrazia, alla pluralità delle opinioni, inducono molti alla superbia per il loro credo.
altamarea is offline  
Vecchio 05-10-2014, 21.27.39   #6
vanina
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Originalmente inviato da maral
Se fede=volontà di credere si può avere volontà di credere nella verità? La verità ha bisogno di di una volontà per crederci? Evidentemente no, mentre la menzogna sì, solo la menzogna ha bisogno di fede.

Devo ammettere di aver sempre (e stupidamente) sottovalutato la tua insistenza sul "fede = VOLONTA' di credere".
E invece è una (possibile, plausibile, iper logica) premessa d e t e r m i n a n t e ...

Possiamo edulcorarla per un minimo (secondo me) : il bisogno di fede ...non è detto che sia tipico della menzogna, ma è sicuramente e indiscutibilmente e necessariamente tipico di tutto ciò che si sostiene e si vuol sostenere senza averne prova....



Sul piano psicologico, però, in che modo ci aiuta questa osservazione che trovo geniale (tanto quanto la legge di gravità capìta da Uno in rapporto alla mela che cade vista da sempre e da tutti ) ?

Per me la Fede resta Fede (e io NON sono assolutamente Fedele).
Come fa uno che si ritiene veramente fedele a (pardon) fregarsene della serietà della sua fede...più di me (e di tanti come me) che non oserebbero mai dirsi "fedeli" PERCHE' QUELLA FEDE NON LA CONDIVIDONO, MA...ALMENO LA RISPETTANO?

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Vecchio 06-10-2014, 12.34.24   #7
donquixote
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Riferimento: Personalizzazione della fede religiosa (in chiave psicologica)

Citazione:
Originalmente inviato da vanina
come si spiega, in chiave PSICOLOGICA, che una Regola che invita anzitutto alla Coscienza (e dunque necessariamente all'autoesame della stessa coscienza) possa essere bellamente oblìata proprio da chi avrebbe tutti gli strumenti sia intellettivi che culturali per coltivarla, e che costoro si sentano pure "a posto" dopo averla BEFFATA PRO DOMO LORO O AVER ALMENO CERCATO DI FARLO

A me pare innanzitutto logico (per quanto apparentemente banale) chiarire che per fare il cosiddetto "esame di coscienza" bisogna innanzitutto possedere la medesima.
Con la necessaria semplificazione imposta dal mezzo si può definire grosso modo la coscienza l'organo del giudizio morale, ovvero la facoltà di giudicare istintivamente se un fenomeno (in cui sono ovviamente compresi i comportamenti personali) rientra nello schema morale che si è nel tempo imparato a condividere interiorizzandolo nel corso della prima parte della vita, e che viene utilizzato per esprimere il giudizio sui vari fenomeni e quindi anche sui propri comportamenti.
La coscienza quindi presuppone una morale che la preceda, altrimenti qualunque "esame di coscienza" non avrebbe senso.
Per quanto molti ritengano che esista un fondamento morale comune a tutta la specie umana, che Aristotele chiamava "sensazione comune", la filosofia scolastica "ratio particularis", e che G.B. Vico aveva descritto come «un giudizio senz’alcuna riflessione, comunemente sentito da tutto un ordine, da tutto un popolo, da tutta una nazione o da tutto il genere umano» chiamandolo "senso comune", se ci si riflette un poco si può vedere che ogni popolo ha morali anche molto diverse tra loro, e norme unanimemente condivise come il "non uccidere" vengono da ogni popolo interpretate in modi completamente differenti e a volte opposti, per cui appare quantomeno azzardato, se non addirittura folle, il progetto di unire i popoli "sulla base dei sentimenti morali suscitati dall'appartenenza alla comune specie umana".

Nell'era moderna, e in particolar modo in quella contemporanea, le morali si sono moltiplicate esponenzialmente, poiché ogni nuova ideologia che nasce ne elabora una propria, ogni confessione religiosa anche, ogni setta che si affranca da una confessione religiosa pure e così via. Basta guardare solo le varie Chiese cristiane come dicano cose diverse in termini di sessualità, diritti civili, eutanasia, ruolo delle donne in seno alla chiesa eccetera.

La frammentazione delle morali è stata talmente pervasiva da arrivare ad un punto tale per cui quasi ognuno ne ha una propria, che cambia a seconda dei momenti, del gruppo sociale con cui entra in contatto e da cui si lascia condizionare, della convenienza, del bisogno di riconoscimento e accettazione e di una serie di altre ragioni psicologiche; In sintesi cambia sulla base delle esigenze del proprio ego che si lascia condizionare da ogni suggestione moderna che solleciti l'emotività

L'unico punto di riferimento certo rimane quindi, al momento, l'ego di ognuno, i suoi bisogni e le sue esigenza, e se la soddisfazione di tali bisogni e di tali esigenze comporta una deviazione rispetto ai principi morali cui si afferma di fare riferimento si potrà sempre trovare una giustificazione nelle prescrizioni di una morale diversa; la scelta è talmente ampia che basta cambiare punto di vista e quasi nessun comportamento potrà essere considerato "immorale".

Abbiamo qui in Italia, ad esempio, un signore che si proclama grande liberista, ma è colui che allo stato dei fatti ha salvaguardato il proprio monopolio in tutti i modi, contro ogni basilare principio della morale liberale.

Se quindi il punto di riferimento è il proprio ego ogni "esame di coscienza" sarà parametrato alla sua soddisfazione, e quindi i meccanismi psicologici che si attiveranno saranno quelli che condurranno in quella direzione.
I "sensi di colpa" che talvolta suscitano gli esami di coscienza non saranno più quindi provocati dalla consapevolezza di non aver ottemperato ad una o più norme morali, ma da quella di non aver soddisfatto un proprio bisogno o un proprio desiderio.
donquixote is offline  
Vecchio 06-10-2014, 14.00.16   #8
maral
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Originalmente inviato da altamarea

Mai gli antichi pensarono di usare il lemma “politeismo” per definire il loro sistema religioso. Il termine “politeismo” ha senso solo in una prospettiva monoteistica. Per i Greci ed i Romani era cosa normale avere più dei e non avevano bisogno di ribadirlo. Fu il lessico cristiano a far diventare spregiativi quegli dei.
E certo il politeista può apparire solo agli occhi del monoteista per il quale il mito diventa religione, ossia acquisisce un finalismo unico e specifico di salvezza futura assicurata. La ragione di questo passaggio dai molti dei all'unico Dio è evidente nella storia delle religioni è la ragione di tante potenze litigiose e contrastanti che diventano una sola granitica e incontrastabile onnipotenza che non può tollerare nulla pari a sé. Ossia è la storia di una volontà di potenza che accentrandosi tutta nell' uno e solo si centuplica.

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Per me la Fede resta Fede (e io NON sono assolutamente Fedele).
Come fa uno che si ritiene veramente fedele a (pardon) fregarsene della serietà della sua fede...più di me (e di tanti come me) che non oserebbero mai dirsi "fedeli" PERCHE' QUELLA FEDE NON LA CONDIVIDONO, MA...ALMENO LA RISPETTANO?
Il problema che tu sottolinei a livello psicologico è quello della coerenza e dell'impossibilità del coerente di capire l'incoerente. Ma forse l'incoerente non è poi così incoerente, solo che non è coerente con ciò che proclama di essere, consciamente o inconsciamente, e in tal modo ottiene tutti i vantaggi sociali che quel proclamarsi consente senza il minimo impegno e ottimizza almeno apparentemente il rapporto costi benefici. L'incoerente è sostanzialmente un pragmatico ben funzionante che trova solo nel risultato ottenuto la propria intima conferma.
maral is offline  
Vecchio 06-10-2014, 23.46.27   #9
green&grey pocket
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ah cara vita di paese!!

mi spiace vanina mi sono fatto delle crasse risate.

veramente non intendi il lato psicologico della questione?

chiesa anche nella sua etimologia vuol dire comunità, e ogni comunità ha le sue regole, il pastore del gregge è un semplice amministratore dei sentimenti locali.
cosa c'entra il diritto canonico e la fariseità?

mi sembra più che altro che il tuo sia uno sfogo per una evidente incapacità di accettazione del senso comune del paese, più probabilmente una mancanza di sentirsi parte di un gruppo.
(se sei miscredente perchè andare in chiesa?non te ne rendi conto?)

No, è troppo facile gettare la colpa sempre sugli altri, la fede con il dogma della chiesa ha veramente poco a che fare, è dall'inizio del 900 che si chiede di riformulare tutto, si vedeva da parte dei teologi la fine del cristianesimo...e invece siamo ancora qui a parlare di diritto naturale.
le comunità vanno che è un piacere, è normale, ognuno vuol sentirsi parte di una storia, quella che ci è stata tramandata funziona ancora bene oggi, sopratutto quando è svuotata di qualsivoglia senso.(il senso lo fanno le lotte fra le comari)

psicologia? sociologia? non c'hanno capito nulla.

Solo noi che viviamo (io solo estivamente) in paese capiamo come funzionano le cose...io ci rido sopra.

green&grey pocket is offline  
Vecchio 07-10-2014, 01.38.25   #10
vanina
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Citazione:
Originalmente inviato da donquixote
A me pare innanzitutto logico (per quanto apparentemente banale) chiarire che per fare il cosiddetto "esame di coscienza" bisogna innanzitutto possedere la medesima.
Con la necessaria semplificazione imposta dal mezzo si può definire grosso modo la coscienza l'organo del giudizio morale, ovvero la facoltà di giudicare istintivamente se un fenomeno (in cui sono ovviamente compresi i comportamenti personali) rientra nello schema morale che si è nel tempo imparato a condividere interiorizzandolo nel corso della prima parte della vita, e che viene utilizzato per esprimere il giudizio sui vari fenomeni e quindi anche sui propri comportamenti.
La coscienza quindi presuppone una morale che la preceda, altrimenti qualunque "esame di coscienza" non avrebbe senso.
Per quanto molti ritengano che esista un fondamento morale comune a tutta la specie umana, che Aristotele chiamava "sensazione comune", la filosofia scolastica "ratio particularis", e che G.B. Vico aveva descritto come «un giudizio senz’alcuna riflessione, comunemente sentito da tutto un ordine, da tutto un popolo, da tutta una nazione o da tutto il genere umano» chiamandolo "senso comune", se ci si riflette un poco si può vedere che ogni popolo ha morali anche molto diverse tra loro, e norme unanimemente condivise come il "non uccidere" vengono da ogni popolo interpretate in modi completamente differenti e a volte opposti, per cui appare quantomeno azzardato, se non addirittura folle, il progetto di unire i popoli "sulla base dei sentimenti morali suscitati dall'appartenenza alla comune specie umana".

Verissimo e (secondo me) tutt'altro che banale. Anzi: decisamente illuminante.
Mi rendo conto solo ora (e grazie davvero) di avere sempre bypassato questa premessa essenziale che hai tracciato, e di aver sempre avuto una vera e propria fede nel "comune sentire" di sentimenti morali che accomunino per la sola appartenenza alla specie umana, e di averli sempre considerati sottesi a qualunque cultura ed epoca dell'Uomo. Fino al punto da non essere mai riuscita a considerare (ad esempio) la malvagità se non come devianza altamente patologica.


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Originalmente inviato da donquixote
Se quindi il punto di riferimento è il proprio ego ogni "esame di coscienza" sarà parametrato alla sua soddisfazione, e quindi i meccanismi psicologici che si attiveranno saranno quelli che condurranno in quella direzione.
I "sensi di colpa" che talvolta suscitano gli esami di coscienza non saranno più quindi provocati dalla consapevolezza di non aver ottemperato ad una o più norme morali, ma da quella di non aver soddisfatto un proprio bisogno o un proprio desiderio.

Ok, però...il fedele (di qualunque fede) è tale proprio perchè ha scelto di condividere anche e soprattutto uno schema morale, ed anzi uno schema morale che nei suoi fondamentali è continuamente ribadito nelle preghiere individuali e nell'ambito dei riti; uno schema che nessuno obbliga ad abbracciare e i cui fondamentali possono essere ben compresi.
E...quale deserto morale in età formativa dovrebbe mai potersi immaginare in chi si approccia a un Altare o ad un'Ostia dopo aver pensato-parlato-operato-omesso l'esatto contrario di quel che i dettami più basilari della fede che ha scelto gli avrebbero suggerito o imposto?

Eppure, sto riflettendo, dovresti aver ragione Tu.
Ci arrivo (ma con tanta meraviglia, credimi) da una stradina piccola piccola a questa conclusione. Ci arrivo pensando che ...in effetti...queste sono persone che regolarmente accedono al confessionale e ...tanto son lontane dal provare il benchè minimo "senso di colpa" che, sono certissima conoscendole, mai verrebbe loro di in mente di annoverare gli episodi e i moventi di cui sopra tra ciò di cui pentirsi, ma proprio mai!

vanina is offline  

 



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