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Psicologia - Processi mentali ed esperienze interiori.
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Vecchio 15-03-2005, 20.41.09   #11
VanLag
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Messaggio originale inviato da FantasiaFinale
sei così sicuro che basterebbe a asfamarci tutti un sistema da te pensato?

E poi...

sei così sicuro che la gente preferisca soffrire ma avere una macchina bella?
Bah…. Io sono sicuro di ben poche cose……
Comunque io credo che nessun uomo può stare sempre inattivo, anzi penso che l’uomo è fatto per il dinamismo ed il movimento. Però il lavoro com’è diventato nelle nostre società è, a mio avviso, di gran lunga fuori dalla misura d’uomo è come tale faticoso, inumano, doloroso. Questo non significa che nell’isola del Pacifico me ne starei con le mani in mano, potrei, ad esempio, creare stoviglie dai gusci delle noci di cocco, oppure ancora meglio, coltivare le relazioni umane corteggiando le isolane.

Il punto però è che la “sparata” sul lavoro o sulla nostra società è incidentale nel post, scritta solo per dare una visione del dolore….. Una visione che mi rendo conto può essere la mia visione, nel senso che un altro ci gode davvero nel mondo del lavoro.
L’universalità del dolore però, (parlo sempre dal mio angolo di osservazione), è quasi palpabile ed allora ecco il collegamento con le parole del sapiente: - L'attaccamento alla vita è attaccamento al dolore. Amiamo ciò che ci fa soffrire. Tale è la nostra natura. –
Ed ecco che dopo avere costato che è vero mi sgorga spontanea una domanda –Perché? – accompagnata dal desiderio di trovare dentro me stesso questa "natura", per indagarla...... per capire e comprendere.

Faccio qui una precisazione che ebbi la tentazione di fare più volte in 3d precedente, (ma che non feci), intitolato: - parliamo un po’ del male - e dove si è finito a parlare, (per altro degnamente), del dolore e della sofferenza.
La precisazione è sui termini nel senso che per me il male è la causa, il dolore l’effetto e la sofferenza è dolore reiterato.

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Vecchio 15-03-2005, 20.44.44   #12
FantasiaFinale
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nel senso... mi sembra che tuabbia interpretato in modo molto semplicistico la parola "dolore", impressioni...
dal mio punto di visuale...

(ps sto salvando la discussione per metterla sul mio plog.)
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Vecchio 15-03-2005, 22.25.35   #13
VanLag
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Messaggio originale inviato da FantasiaFinale
nel senso... mi sembra che tuabbia interpretato in modo molto semplicistico la parola "dolore",
Quello che so del dolore è quello che ho conosciuto in ormai 54 anni di vita non so se è semplicistico o complesso so che è la mia esperienza.

Sai una cosa Fantasia…. Se io ti dico che ho il mal di pancia tu pensi (a parte e chi se ne frega), pensi al tuo ultimo mal di pancia e ritieni di sapere cosa ho. In realtà cosa stò provando lo so solo io e nessun altro ha modo di saperlo. Non solo il mal di pancia che ho è diverso dal tuo, ma è anche diverso da tutti gli altri mal di pancia che ho avuto prima e che avrò in futuro.
Ora tu potrai dirmi: - ma come mai mi dici queste cose? - Beh la risposta è semplice dal mio punto di vista mi sembrava di doverle dire.
Forse potresti anche chiedermi: - ma come fai ad essere così sicuro di ciò che affermi? – ma perché ho detto che sono sicuro di poche cose e, che ogni mal di pancia sia diverso dagli altri, è una delle poche cose che sono sicuro.
Quello che non so è se questo pezzo di discussione ci starà bene nel tuo blog. Quello che so invece è che pur essendo ironico e pungente non voleva sfottere, ma voleva comunicare alcune ovvietà che, se le capissimo, forse saremmo tutti un po’ più veri…..

Ahhhhhh dimenticavo non mi spieghi perché la mia interpretazione ti sembra, dal tuo punto di vista semplicistica.

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Vecchio 15-03-2005, 22.43.49   #14
FantasiaFinale
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mai pensato che tu volessi sfottere, mi spiace se ho lasciato emergere questo equivoco.
nemmeno io volevo sfottere, e non metto in dubbio il tuo parlare...
Forse sono io che ho una visione "metafisica" del dolore, ma tu parli di "mal di pancia" l'esmpio non calza....
Io parlavo di dolore "mentale" e "spirituale" tu qui hai fatto un esempio con del dolore "fisico"

La metto sul mio blog perchè mi piace l'inizio del tuo post, concetto sul quale avevo meditato a lungo e mi sentivo della tua stessa opinione.
soltanto che io l'avreio dimostrato ed argomentato in modo differente.
La mia replica era più sull'esposizione formale del concetto che sul concetto in se...

Tanto, nell'infinita vanità di tutto, come è già stato scritto, trovo inconcludente un'esprimere questi temi su un mondo fittizio tale che internet....


FantasiaFinale
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Vecchio 15-03-2005, 23.00.45   #15
VanLag
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Messaggio originale inviato da FantasiaFinale
Forse sono io che ho una visione "metafisica" del dolore, ma tu parli di "mal di pancia" l'esmpio non calza....
Io parlavo di dolore "mentale" e "spirituale" tu qui hai fatto un esempio con del dolore "fisico"
Ho usto il male di pancia solo per fare capire come, il solo sistema che abbiamo per comprendere ciò che ascoltiamo o leggiamo, sia di “interpretare” gli input paragonandoli a ciò che noi conosciamo o abbiamo esperito. (C’è anche un altro modo, ma è meno spiegabile e difficile da descrivere).

Internet non è così fittizio se riesci a parlare col cuore…. Tutto quello che fai col cuore può sembrare poco ma ha una sua ragione.
Noi sappiamo, (anche se questo c'entra poco col cuore), che a volte le farfalle sbattendo le ali, provocano gli uragani.
La mente non le vede queste cose e dice: - ma che cavolo di ragionamento è che un battito d’alti di farfalla può fare venire un uragano? - eppure se ci pensi bene, se togli dal nascere di un uragano, anche un solo “atomo” di forza, non sarebbe più stato tale....... e, quel battito d’ali, può segnare la differenza.

Lo sfottere forse era perché sono io che ho paura di abusare dell'ironia e pensavo che magari potesse essere fraintesa…….

Cavoli ma allora siamo su blog???


Ultima modifica di VanLag : 15-03-2005 alle ore 23.14.30.
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Vecchio 16-03-2005, 07.02.14   #16
Mr. Bean
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Io credo che occorra distinguere tra dolore (fisico) e sofferenza (mentale) che è la conseguenza del dolore, perché a me pare che VanLag sia sintonizzato sul dolore fisico mentre FantasiaFinale sia sulla sofferenza.
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Vecchio 16-03-2005, 16.02.04   #17
VanLag
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Messaggio originale inviato da Mr. Bean
Io credo che occorra distinguere tra dolore (fisico) e sofferenza (mentale) che è la conseguenza del dolore, perché a me pare che VanLag sia sintonizzato sul dolore fisico mentre FantasiaFinale sia sulla sofferenza.
Mr.Bean io credo che l’enfasi non debba essere data al tipo di dolore ma alla domanda se è vero che esiste nell’uomo un generico “attaccamento al dolore”.

Riporto dal Profeta di K. Gibran

E una donna disse: Parlaci del Dolore.
E lui disse:
Il dolore è lo spezzarsi del guscio che racchiude la vostra conoscenza.
Come il nocciolo del frutto deve spezzarsi affinché il suo cuore possa esporsi al sole, così voi dovete conoscere il dolore.
E se riusciste a custodire in cuore la meraviglia per i prodigi quotidiani della vita, il dolore non vi meraviglierebbe meno della gioia;
Accogliereste le stagioni del vostro cuore come avreste sempre accolto le stagioni che passano sui campi.
E veglieresti sereni durante gli inverni del vostro dolore.

Gran parte del vostro dolore è scelto da voi stessi.
E' la pozione amara con la quale il medico che è in voi guarisce il vostro male.

Quindi confidate in lui e bevete il suo rimedio in serenità e in silenzio. Poiché la sua mano, benché pesante e rude, è retta dalla tenera mano dell'Invisibile,
E la coppa che vi porge, nonostante bruci le vostre labbra, è stata fatta con la creta che il Vasaio ha bagnato di lacrime sacre.



Ultima modifica di VanLag : 16-03-2005 alle ore 16.04.42.
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Vecchio 16-03-2005, 16.21.15   #18
Mr. Bean
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Messaggio originale inviato da VanLag
Mr.Bean io credo che l’enfasi non debba essere data al tipo di dolore ma alla domanda se è vero che esiste nell’uomo un generico “attaccamento al dolore”.

Riporto dal Profeta di K. Gibran

E una donna disse: Parlaci del Dolore.
E lui disse:
Il dolore è lo spezzarsi del guscio che racchiude la vostra conoscenza.
Come il nocciolo del frutto deve spezzarsi affinché il suo cuore possa esporsi al sole, così voi dovete conoscere il dolore.
E se riusciste a custodire in cuore la meraviglia per i prodigi quotidiani della vita, il dolore non vi meraviglierebbe meno della gioia;
Accogliereste le stagioni del vostro cuore come avreste sempre accolto le stagioni che passano sui campi.
E veglieresti sereni durante gli inverni del vostro dolore.

Gran parte del vostro dolore è scelto da voi stessi.
E' la pozione amara con la quale il medico che è in voi guarisce il vostro male.

Quindi confidate in lui e bevete il suo rimedio in serenità e in silenzio. Poiché la sua mano, benché pesante e rude, è retta dalla tenera mano dell'Invisibile,
E la coppa che vi porge, nonostante bruci le vostre labbra, è stata fatta con la creta che il Vasaio ha bagnato di lacrime sacre.




Attaccamento al dolore? Mah, credo che se si potesse fare a meno del dolore sarebbe meglio per tutti. Tu scrivevi in merito ad un mal di pancia. Fammi capire: sei tu che scegli di avere mal di pancia? Io direi di no. Io facevo distinzione tra dolore e sofferenza, semplicemente perché, secondo me il dolore accade a causa di una nostra leggerezza di valutazione del nostro corpo e di ciò che esso ha bisogno. La sofferenza è il dolore trasformato dalla mente. Qui non è più leggerezza, a mio avviso.
Tornando al mal di pancia: perché ti è venuto? Hai mangiato qualcosa che forse era meglio evitare? Eri a conoscenza che ciò che hai mangiato potesse nuocere alla tua salute?
Dicono che i malati di mente non si ammalano mai: nemmeno un raffredore. Mettono la mano sul fuoco senza provare dolore nemmeno se si scottano. Che c'entri qualcosa col discorso che stai facendo tu?
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Vecchio 16-03-2005, 17.02.35   #19
VanLag
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Messaggio originale inviato da Mr. Bean
Tu scrivevi in merito ad un mal di pancia. Fammi capire: sei tu che scegli di avere mal di pancia? Io direi di no.
Accidenti a me ed all'esempio del mal di pancia.......
La propensione al dolore o sofferenza, secondo me, l'abbiamo eccome..... La ricerca stessa è dolore......
La felicità è appagamento, è pienezza e non ricerca......

Boh..... che casino.....

VanLag is offline  
Vecchio 17-03-2005, 13.39.16   #20
visechi
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Ego-istica-mente

Marhaji:
“L’attaccamento alla vita è attaccamento al dolore. Amiamo ciò che ci fa soffrire. Tale è la nostra natura”
Gibran:
“Il dolore è lo spezzarsi del guscio che racchiude la vostra conoscenza.
Gran parte del dolore è scelto da voi stessi.
E’ la pozione amara con la quale il medico che è in voi guarisce il vostro male”


Il dolore, nell’ultimo concetto espresso da Gibran, non è dunque la causa, ma l’effetto del male, è altro e conseguenza del male, non si deve dunque agire sul dolore, ma intervenire direttamente sulla fonte che lo genera… credo sia più che corretto, è un po’ come la paura, quando non sfocia in patologia nevrotica, essa è utile per preservare, non per distruggere. Anche se, in ogni caso, sono entrambi causa di disarmonie. Gibran ci dice che il dolore agisce un po’ come una pozione amara che siamo costretti a sorbire per guarire dal male e far svanire così il dolore stesso, e, ancora prima, che è come una frattura che si crea nel guscio che racchiude la nostra conoscenza. Credo che la chiave di volta per comprendere, o anche solo provare a comprendere il pensiero di Maharaji sia racchiusa nelle parole di Gibran. Il dolore non è dunque visto in sé e per sé come un qualcosa di negativo, tutt’altro, se possiede questa proprietà curativa, almeno in potenza, in fieri, anche qualora la sua attitudine ‘terapeutica’ non dovesse mai rendersi compiutamente palese, sarebbe addirittura positivo. E’ visto più che altro come un seme che, una volta piantato, deve germogliare per sviluppare interamente la sua forza e le sue qualità, che altrimenti resterebbero inespresse. In altro senso, potrebbe essere inteso, così come il seme, non ‘altro’ dal suo effetto finale (la pianta o la condizione di ‘nirvana’), ma esso stesso, in nuce, il ‘nirvana’ stesso - la pianta stessa nell’esempio del seme -. Caratteristiche, o qualità, o elementi tutti che, silenti e contratti, si espandono nel momento in cui sviluppano la propria facoltà di evolvere sé stessi. La condizione di ‘niravan’ e la pianta sono insiti e racchiusi nel dolore e nel seme. E’ così che trascendere il dolore è solo un diverso piano evolutivo del dolore stesso, così come la pianta lo è per il seme. Il dolore è dunque una stilla d’umanità, insita in ciascuno di noi, in tal senso è vita, e l’attaccamento alla vita non potrebbe che essere anche attaccamento al dolore, rappresentando esso la spinta inerziale per l’intrapresa del percorso che dovrebbe condurre alla sua conoscenza consapevole e alla sua trascesa.
Concetti filosofico/spirituali molto complessi e difficili da accettare completamente. Ci si concentra spesso più sull’effetto che sulla causa. In tale ottica si inserisce, a parer mio, più che bene il concetto espresso da Maharaji. Si, il dolore è attaccamento alla vita, è vita esso stesso, o quantomeno una sua parte essenziale, che qualcuno afferma possa essere trasceso, altri, come me, nutrono forti dubbi in tal senso. Al dolore segue altro dolore, come alla gioia segue altra gioia, in un incessante movimento di consegna del testimone.
Il dolore è vita, e, in quanto tale, esercita tutto il suo fascino, perché l’uomo, consapevolmente o meno, da questo variopinto mistero è attratto ed affascinato. Non potrebbe essere altrimenti: siamo qui per vivere, e se il dolore ne fa parte, anch’esso deve necessariamente esercitare la sua forza di attrazione… giustamente!
Non intendo con ciò la fascinazione necrofiliaca, cioè di colui che è incline ad indugiare sulla morte e i suoi nefasti collegati, che nella morte si rotola e di essa si pasce. Il dolore, forse, assolve alla funzione di ricondurre al proprio interno un Io troppo preso dall’osservazione volta verso l’esterno. E’ forse un indirizzare in un verso auto-riflessivo ed auto-attentivo le energie psichiche e pulsionali, tant’è che è uso dire che toccare il proprio dolore equivale ad effettuare una visita nel proprio intimo Averno. E’ una visita spesso orrida, ma quando si riemerge dal sacro pozzo nero, forse si è riusciti a comprendere un po’ meglio il proprio essere. Allora, in tal senso, è corretto affermare che “amiamo ciò che ci fa soffrire”.
Ma vi è di più. Qualcosa con cui sono entrato più volte in contatto, qualcosa, per certi versi, ancor più inquietante: esiste la fascinazione e l’attrazione nei confronti del dolore altrui. Mi domando spesso come e perché mai ciò possa accadere. Pare non ci si accontenti delle proprie intime afflizioni, si ricerca e si rimane invischiati anche in quelle altrui.
Van, è vero ciò che affermi: il dolore è uno status ed una percezione personali, individuali, unici ed irripetibili; la sua intensità varia da individuo ad individuo ed è in funzione anche delle diverse situazioni. Mai nessuno potrà avvertire il dolore altrui con la medesima intensità di colui che lo patisce… un terzo lo vivrà sempre come un riflesso, ma è un riflesso o un bagliore che talvolta ha la forza d’infiggersi nell’animo altrui: con forza, protervia e, capita, dolce arroganza. S’insinua dentro nel cuore, ed ivi s’insedia, con infida, malefica, spesso calda ed avvolgente voluttà.
Siamo affascinati da questa energia, spesso la cerchiamo nel prossimo, perché un po’ forse l’amiamo… Perché? E’ forse solo il forte sentimento di com-passione, di empatica partecipazione alla vita intima altrui… alla vita? Non ho alcuna risposta… non so … forse posso solo provare ad ipotizzare delle possibili risposte.
La partecipazione, o com-partecipazione fa parte del nostro ‘essere sociale’, per cui, in sua virtù, potrebbe essere che s’ingeneri in noi, soprattutto in chi ha sviluppato una particolare sensibilità in tal senso, vuoi per vicende personali o per altri motivi, o anche per predisposizione congenita, una forte propensione all’incontro, tale da rappresentare, questa com-partecipazione, una spinta verso il prossimo, una sorta di mutuo soccorso, finalizzato, come tutta la socialità, alla preservazione e perpetuazione della specie.
Credo che una delle più forti pulsioni verso il prossimo non sia l’amore, ma l’egoismo, un sano ed equilibrato egoismo… dell’uomo non si butta mai nulla (forse così svilisco tutto, ma potrebbe anche essere così). Nutro il mio Ego, che si autoafferma, sentendosi ed avvertendosi utile, fors’anche indispensabile. L’Egoismo, o ego-icità, è forse quanto di più coesivo possa esistere; anche l’Amore è intriso di questo elemento, che io, eterno realista, tenderei a rivalutare. L’Egoismo non è, a parer mio, quell’elemento patogeno atto a dissolvere la coesione o comunione fra umani; viceversa, se ben dosato, se non invasivo, se ben amalgamato con il resto, è utile ed indispensabile, perché non vi è nulla di più funzionale ad un sano sviluppo del paradigma educativo, formativo ed evolutivo del sistema del ‘rinforzo’ (o processo). Ogni atto da noi compiuto, se coerente con la morale dominante, se riscontra l’approvazione del contesto culturale in cui ci muoviamo ed agiamo, opera anche da ‘rinforzo’. L’attrazione nei confronti del dolore altrui, il continuo, forse incessante, prodigarsi per lenirlo entrandovi in contatto, risponde ed è funzionale proprio a questa esigenza inconscia, inconfessabile, inconfessata, inesprimibile ed inespressa. (Mai aver timore di sé stessi, anche se Io ora non ho alcuna intenzione di scendere ad osservare l’abnorme che si muove nel profondo del mio essere).
Fuori tema, scriverebbe la mia prof. D’italiano----- mi sono fatto prendere la mano

Bye
visechi is offline  

 



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