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Psicologia - Processi mentali ed esperienze interiori.
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Vecchio 14-03-2005, 23.07.15   #1
VanLag
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Attaccamento al dolore

Interrogante: E la morte libera?

Maharaji: Chi si crede nato teme molto la morte. Per chi si conosce è un lieto evento.
.....Per me la morte non è una calamità, così come la nascita di un bambino non è una gioia. Il bambino va verso i guai, il morto ne è fuori. L'attaccamento alla vita è attaccamento al dolore. Amiamo ciò che ci fa soffrire. Tale è la nostra natura. Per me la morte sarà un momento di giubilo, non di paura. Piangevo quando nacqui, e morirò ridendo.


E’ uno stralcio dei cento dialoghi con un sapiente di villaggio, dialoghi con sri Nisargadatta Maharaji, un “maestro” indiano.
Il dialogo in particolare verteva sulla morte, ma mi ha colpito l’affermazione che ho messo in neretto. “L'attaccamento alla vita è attaccamento al dolore”.
Ho sempre pensato di essere un po’ masochista, ma guardandomi bene attorno direi che siamo in tanti….. ma tanti, tanti.
Basti pensare al modo disumano in cui ci buttiamo nel lavoro sacrificando tutto di noi stessi. OK. il lavoro è socialmente approvato, anche se produciamo inutilissimi soprammobili, ma il sacrifico, la fatica, la durezza, in ultima analisi il dolore, nelle fabbriche, negli uffici, nelle azienda, è riscontrabile da chiunque non voglia mentire dicendo: - no è bello ed io mi diverto come un pazzo. –
Ma il lavoro è solo un esempio, cosa non facciamo per complicarci la vita, creando società sempre più opprimenti, per poi dire: - ma guarda che bel progresso! –

Bel progresso ste due OO se fosse vero progresso saremmo tutti qui, (o su un’isola del pacifico), felici, sorridenti, beati a gustarci il frutto di questa macchina produttiva che ormai potrebbe andare avanti con poco sforzo da parte dell’uomo. Se fossimo davvero progrediti non andremmo in giro in città con decibel impossibili di rumore, con aria che ti uccide solo a guardarla e con torrenti che hanno messo in crisi le fabbriche di acido, perché se ti serve vai ad imbottigliare direttamente nel Seveso dietro casa. (Il Seveso è un ex torrentello fuori Milano).
Ora la domanda: - secondo voi c’è una spiegazione per questo attaccamento al dolore? -


Ultima modifica di VanLag : 14-03-2005 alle ore 23.26.04.
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Vecchio 14-03-2005, 23.17.19   #2
VanLag
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L'idea era di metterlo in "filosofia"...... ma ho sbagliato a postare.
Comunque sarebbe bello sapere se la psicologia riconosce questo "attaccamento al dolore" e se si, come lo spiega.

.........
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Vecchio 15-03-2005, 13.44.58   #3
carolina
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Io non sono un'esperta di psicologia, ma posso darti la mia opinione e dirti che la penso come te...anche se sono francamente anche convinta che la vita vada la pena di essere vissuta anche per le poche cose belle che ti offre.....no?
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Vecchio 15-03-2005, 13.55.20   #4
VanLag
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Messaggio originale inviato da carolina
Io non sono un'esperta di psicologia, ma posso darti la mia opinione e dirti che la penso come te...anche se sono francamente anche convinta che la vita vada la pena di essere vissuta anche per le poche cose belle che ti offre.....no?
Non è in discussione il fascino della vita. Dolore non è necessariamente sempre e solo negativo per quanto ci siamo abituati a considerarlo così. Semplicemente mi domandavo se può esistere un fascino del dolore? E/o se quella "maturazione" che tutti cerchiamo non sia altro che un imparare ad identificare la vita non nel dolore ma nei suoi opposti, il più immediato dei quali sarebbe il piacere. Ma figuriamoci se una società come la nostra, dove il piacere è spesso associato al vizio, accetta un’affermazione del genere, cioè che il dolore è male ed il piacere è bene, che la fatica è male, che il relax è bene, che la tristezza è male, e l'allegria è bene.

Semplicemente mi domandavo quello che ho espresso, ma dentro di me turbina la domanda: - come può Nisrgadatta, che è uno di quelli che secondo me, “non ha sbagliato una parola di ciò che ha detto”, affermare: - L'attaccamento alla vita è attaccamento al dolore. Amiamo ciò che ci fa soffrire. Tale è la nostra natura. -


Ultima modifica di VanLag : 15-03-2005 alle ore 14.00.35.
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Vecchio 15-03-2005, 14.11.59   #5
carolina
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Nel mio caso ti rispondo che esiste un fascino del dolore di sicuro...altrimenti non saprei spiegarmi la mia intera esistenza....è che tutte le cose che facciamo le facciamo perchè speriamo di stare meglio, e spesso è il contrario..il lavoro è un esempio eclatante si lavora per dare più alla famiglia e poi si rischia di darle di meno e via dicendo...credo che sia anche un problema culturale ormai....
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Vecchio 15-03-2005, 14.16.16   #6
rodi
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credo che esista...
non sto qui a giudicare e discutere sul fatto che sia o meno positivo questo attaccamento al dolore per la vita degli individui...
faccio una banale constatazione e ti rispondo di si.
altrimenti come li spieghiamo gli atteggiamenti di quelli che si fanno vivi per farti il necrologio?
genericamente dico necrologio, perchè vale per sveriate situazioni...
in un'altra discussione tu parlavi dei 'dispensatori di malessere' ed io vedo una qualche relazione tra i due atteggiamenti...
come se non fossero capaci di cogliere nessuno degli aspetti positivi che la vita ci riserva e scegliessero di direzionare la loro energia ed il loro interesse solo dove c'è qualcosa che non va...

se ci pensi molto della religione cattolica si basa su questa oggettiva caratteristica umana...si sente più spesso parlare di come si deve soffrire su questa terra in funzione dello star bene nell'altra...eppure se poi guardi il messaggio di Cristo non è proprio quello...

Perchè?
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Vecchio 15-03-2005, 15.05.37   #7
La_viandante
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Messaggi: 1,751
non sono in possesso d tutte le mie facolta' mentali in questo momento ma volevo partecipar elo stesso

stavo pensando ai 7 vizi capitali

ira, lussuria superbia, gola, accidia
nn me li ricordo mai tutti (quali sono gli altri?)

ma come potrebbe svilupparsi altrimenti una societa' con la cultura cattolika?
arrabbiarsi, mangiare le cose piu' buone, concedersi la piu' assoluta astensione da ogni fatica fisica,
sono i piaceri piu' demonizzati, credo ke a livello subliminale kiunque si sente un po' in colpa per aver fatto ognuna d queste cose

ah l'invidia, e il settimo nn mi viene mai

al giorno d'oggi credo ke potremmo starcene tutti in panciolle e far fare tt i lavori ai robot, dedicarci tutti soltanto a quelo ke c piace fare
invece te' vedi ke c0'e' gente ke si laurea in medicina per passione e poi il posto lo danno a ki magari ha dovuto accontentare il babbo importante con gli studi ke gli trova il posto per conoscenze
naturale ke poi cresce anke il numero d persone ke fa il lavoro controvoglia
ma e' tutto cosi' strano.. kissa' perke'.. vado a fare un po' d sirsasana, magari torno a vedere le cose dritte
La_viandante is offline  
Vecchio 15-03-2005, 17.24.38   #8
cielo
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Messaggi: 11
L’attaccamento al dolore, da un punto di vista individuale, non ha bisogno di spiegazioni troppo misteriose…
Quando il legame con l’Altro è fondato sull’odio e l’aggressività (più o meno inconsapevole) più che sull’amore e l’affetto…il bambino impara ad amare anche chi lo rifiuta, semplicemente perché non ha scelta.
Impara ad accettare la sofferenza, ed in qualche modo la scambia per amore. O comunque la vive come l’unico sentimento per lui possibile.
Un legame fondato sull’aggressività è pur sempre un legame, e anche quando si diventa adulti ci si avvicina agli altri nell’unico modo che si conosce…
La sofferenza (auto-inflitta) genera altra sofferenza, e passa di generazione in generazione.
Se poi se ne vuol fare un discorso universale, è un altro conto.
Ma sappiamo bene che le leggi universali corrispondono a quelle individuali
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Vecchio 15-03-2005, 18.28.56   #9
Mr. Bean
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Re: Attaccamento al dolore

Citazione:
Messaggio originale inviato da VanLag
Interrogante: E la morte libera?

Maharaji: Chi si crede nato teme molto la morte. Per chi si conosce è un lieto evento.
.....Per me la morte non è una calamità, così come la nascita di un bambino non è una gioia. Il bambino va verso i guai, il morto ne è fuori. L'attaccamento alla vita è attaccamento al dolore. Amiamo ciò che ci fa soffrire. Tale è la nostra natura. Per me la morte sarà un momento di giubilo, non di paura. Piangevo quando nacqui, e morirò ridendo.


E’ uno stralcio dei cento dialoghi con un sapiente di villaggio, dialoghi con sri Nisargadatta Maharaji, un “maestro” indiano.
Il dialogo in particolare verteva sulla morte, ma mi ha colpito l’affermazione che ho messo in neretto. “L'attaccamento alla vita è attaccamento al dolore”.
Ho sempre pensato di essere un po’ masochista, ma guardandomi bene attorno direi che siamo in tanti….. ma tanti, tanti.
Basti pensare al modo disumano in cui ci buttiamo nel lavoro sacrificando tutto di noi stessi. OK. il lavoro è socialmente approvato, anche se produciamo inutilissimi soprammobili, ma il sacrifico, la fatica, la durezza, in ultima analisi il dolore, nelle fabbriche, negli uffici, nelle azienda, è riscontrabile da chiunque non voglia mentire dicendo: - no è bello ed io mi diverto come un pazzo. –
Ma il lavoro è solo un esempio, cosa non facciamo per complicarci la vita, creando società sempre più opprimenti, per poi dire: - ma guarda che bel progresso! –

Bel progresso ste due OO se fosse vero progresso saremmo tutti qui, (o su un’isola del pacifico), felici, sorridenti, beati a gustarci il frutto di questa macchina produttiva che ormai potrebbe andare avanti con poco sforzo da parte dell’uomo. Se fossimo davvero progrediti non andremmo in giro in città con decibel impossibili di rumore, con aria che ti uccide solo a guardarla e con torrenti che hanno messo in crisi le fabbriche di acido, perché se ti serve vai ad imbottigliare direttamente nel Seveso dietro casa. (Il Seveso è un ex torrentello fuori Milano).
Ora la domanda: - secondo voi c’è una spiegazione per questo attaccamento al dolore? -


Interessante. Ne avevo già sentito parlare.... Effettivamente anch'io resto un po' allibito di fronte alla gioia per un nuovo nato. Per me si tratta di un'altro individuo condannato a sorbirsi ogni forma di indottrinamento fino a quando ne avrà le tasche piene. Per la morte è un po' più difficile il discorso. L'emotività, alimentata da anni e anni di pregiudizi, la fa da leone in quella situazione. Ricordo che qualche anno fa, quando non eravamo ancora sposati, morì suicida un amico di mia moglie. Andammo a trovarlo nella camera mortuaria, allestita in ospedale. Allora, non so come, ma dissi all'allora mia ragazza: "Guarda il lato positivo della questione. Ora lui è su nel cielo che ti guarda. Non vorrai mica farti vedere piangere?" Basto questo a rasserenarla...
Mr. Bean is offline  
Vecchio 15-03-2005, 20.12.50   #10
FantasiaFinale
Utente bannato
 
Data registrazione: 03-01-2004
Messaggi: 0
Bella riflessione VanLang....
Però in mezzo ti sei un po' perso...
sei così sicuro che basterebbe a asfamarci tutti un sistema da te pensato?

E poi...

sei così sicuro che la gente preferisca soffrire ma avere una macchina bella?

In poche parole togli all'uomo molte altre cose, ad esempio il desiderio di affermarsi grazie al lavoro, sfuggire ai complessi di inferiorità mediante le cose e le azioni, o semplicemente rendere la vita una noia...

In poche parole...
Sei sicuro che riusciresti a vivere tutta la vita bevendo te qua come alle maldive?

Le difficoltà sono un pettine dell'esistenza.
Solo l'essenza migliore continua ad esistere.

La perfezione toglie la libertà.
E' l'uomo per sua natura tende ad essa. (Film matrix)

FantasiaFinale
FantasiaFinale is offline  

 



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