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Psicologia - Processi mentali ed esperienze interiori.
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Vecchio 24-12-2005, 23.12.55   #41
Essere
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Io ho terrore dei psichiatri , non ho mai preso farmaci , io non sono daccordoti capisco
ciao
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Vecchio 25-12-2005, 01.29.05   #42
Weyl
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Bene. Cari amici. Io sono uno psichiatra.

Suppongo che nessuno leggerà per intero il mio scritto, per cui mi dilungherò in esso, senza aspettative di interlocutorio, dato che non ho alcun interesse nelle risposte immediate.
Ho lavorato, dopo la specializzazione, per circa quattordici anni in un servizio psichiatrico.
In università, beh..., lasciai nel corso di un progetto di ricerca, perchè non era materialmente possibile operare seriamente: il compito era quello di fare da segretario particolare del professore in incarico, molto benvoluto dalla titolare della Cattedra.
In pratica: fissare le visite private del suddetto, organizzare le sue partecipazioni ai vari congressi, prendere i dovuti contatti con gli sponsor al fine di ottenere i contratti più vantaggiosi per le relazioni da proporre.
Relazioni, beninteso, frutto di rimasticazioni "random" della letteratura straniera (io conosco parecchie lingue), a fronte di ricerche del tutto virtuali, mai eseguite, eppure regolarmente pubblicate.
Io non ho peli sulla lingua, ma neppure mi piace sprecare tempo e, laddove si parla di lavoro, operare in un modo che può mettere fuori strada altri professionisti.
Dopo due anni di questa situazione, sentendo che altrove, nelle università italiane, tutto accadeva nello stesso modo, me ne sono andato.
Sebbene la direttrice mi prospettasse ponti d'oro: cattedre, benefits di varia natura... Ero il suo pupillo.

Mio padre, un uomo assolutamente geniale e buono, si era sempre adattato a inventarsi la vita, con la sua laurea in ingegneria, presa spaccando ghiaccio nelo suo paese.
Ho pensato che anche io potevo inventarmi la mia, e non potevo fare a meno di amare il pensiero, perchè in esso si racchiude quanto di più puro e autentico si sprigiona dall'essere vero dell'umanità.
Con facilità giunsi alla seconda laurea, in filosofia teoretica e mi ricompresi, in atto a questa, come partecipe del mio lavoro in seno al mio intendere la riflessione come essenza, fortunata, di esso.
Sei anni fa, lasciai il lavoro pubblico in seguito alle disposizioni "Bindi": avevo vinto un concorso per accedere all'impiego ospedaliero per motivi straordinari.
Il Primario dell'epoca, infatti, transfuga dell'università, amante del pi8anoforte e della musica classica, non si peritava di obbedire ed appartenere ad alcuna cordata amicale.
Risultato: entrai al primo colpo, ma fui per sempre il "vaso di coccio in mezzo a quelli di ferro".

Capisco che i due o tre lettori che mi hanno seguito fin qui sono stufi, per cui la faccio breve.
Quando mi dissero che avrei dovuto cedere le responsabilità dei servizi da me creati (una struttura di Day Hospital psichiatrico che gestiva 150 pazienti, un ambulatorio di Psicosomatica che correlava la Reumatologia e la Neurologia con la Psichiatria, un altro ambulatorio di Andrologia. che legava l'Urologia con i nostri Psicologi) a ragazzi neolaureati, per il solo fatto che io lavoravo anche nel privato...Beh, sbattei la porta e me ne andai.
Pensai: ora potrò dedicarmi a ciò che davvero amo, ossia lo studio, la matematica prima di tutto, ma anche quei lavori di ricerca che sempre avrei voluto produrre e mai avevo avuto il tempo di fare.

Di nuovo chiedo scusa per le lungaggini: assicuro chi mi legge che io stesso provo fastidio e noia di questi resoconti.
In realtà le cose si mossero in modo diverso: moltissime persone continuarono a far riferimento al mio lavoro e, in pochi mesi, mi ritrovai a gestire, privatamente, lo stesso carico di lavoro che mi era attribuito nel "pubblico".
Attualmente, lavoro assai più di prima, e apprezzo le giornate in cui le ore di riposo equivalgono a quelle di lavoro.

Perchè tutta questa faticosa premessa, amici cari?
Poca cosa che vuol dire come la vita di uno psichiatra sia fatta di tante dolorose frustrazioni e di un'infinità di luminose conferme.
Vedete, se io sono qui, solo con un gatto, la sera di Natale, sarà pure per qualcosa.
Certo, le mie scelte non sono mai state "vincenti", per carità. Non mi lamento certo del mio stato: non ho mai avuto bisogni che superassero le mie possibilità.

Ho il piacere di corrispondere con eccellenti colleghi stranieri ai quali, credo tra i pochi in italia, comunico intuizioni ed idee che di regola vengono accolte ed applicate.
Ho eccellenti collaborazioni con poche case farmaceutiche: quelle il cui lavoro di ricerca gode il credito della comunità scientifica internazionale.

Dunque, in breve, a Ventomagnetico: mi dispiace, si tratta di un diario clinico di cinquant'anni fa. Esso è attuale, in psichiatria, quanto lo può essere il Disposto Terapeutico dei papiri egiziani, in medicina interna.
Sono umanamente dispiaciuto di quanto accadde a quella sfortunata collega, il cui dramma è essenzialmente quello di essere nata nel 1924.
Con le presumibili possibilità di una famiglia che consente ad un rampollo del 1924 di giungere ad una laurea, ella avrebbe avuto, ragionevolmente, oggi, un decorso assai meno cruento.
Purtroppo questi sono limiti invalicabili per la Medicina: a Vicenza morirono centomila persone nel 1850 per la peste, e la massima parte di loro sarebbe stata salvata dalle terapie di oggi.
Il fatto che nessun diretto discendente ce lo rimproveri, non deve farci distrarre dal fatto che "perder tempo a chi più sa, più spiace", come scriveva Dante.

All'amico del sito segnalato, fin troppo sveglio per essere una vittima del sistema, vorrei dire (e lo farei, se potessi, direttamente) che, personalmente, credo venuto il tempo in cui la cosiddetta "incapacità di intendere e volere" andrebbe depennata del tutto dal codice penale.
Ciascuno risponda di ciò che fa e commette, senza scusanti di incapacità, di religione, di razza, cultura, e orpelli vari.
Il posto giusto per chi commette un reato è la prigione: punto.
Per il tempo previsto, nei modi previsti, senza sconti o ammende: vivere è già sufficientemente difficile per tutti, senza dover far sconti a chi non sa farlo.
La pericolosità sociale non è una malattia: per essa non vi sono cure.
Tocca agli organi di polizia e agli istituti giuridici occuparsene: le patologie del vivere sociale non interessano la psichiatria moderna.
Weyl is offline  
Vecchio 25-12-2005, 06.36.29   #43
jon
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ché perder tempo a chi più sa più spiace

Dante Alighieri
La Divina Commedia
Purgatorio


.....io dico d'Aristotile e di Plato
e di molt'altri»; e qui chinò la fronte,
e più non disse, e rimase turbato.

Noi divenimmo intanto a piè del monte;
quivi trovammo la roccia sì erta,
che 'ndarno vi sarien le gambe pronte.

Tra Lerice e Turbìa la più diserta,
la più rotta ruina è una scala,
verso di quella, agevole e aperta.

«Or chi sa da qual man la costa cala»,
disse 'l maestro mio fermando 'l passo,
«sì che possa salir chi va sanz'ala?».

E mentre ch'e' tenendo 'l viso basso
essaminava del cammin la mente,
e io mirava suso intorno al sasso,

da man sinistra m'apparì una gente
d'anime, che movieno i piè ver' noi,
e non pareva, sì venian lente.

«Leva», diss'io, «maestro, li occhi tuoi:
ecco di qua chi ne darà consiglio,
se tu da te medesmo aver nol puoi».

Guardò allora, e con libero piglio
rispuose: «Andiamo in là, ch'ei vegnon piano;
e tu ferma la spene, dolce figlio».

Ancora era quel popol di lontano,
i' dico dopo i nostri mille passi,
quanto un buon gittator trarria con mano,

quando si strinser tutti ai duri massi
de l'alta ripa, e stetter fermi e stretti
com'a guardar, chi va dubbiando, stassi.

«O ben finiti, o già spiriti eletti»,
Virgilio incominciò, «per quella pace
ch'i' credo che per voi tutti s'aspetti,

ditene dove la montagna giace
sì che possibil sia l'andare in suso;
ché perder tempo a chi più sa più spiace».

Come le pecorelle escon del chiuso
a una, a due, a tre, e l'altre stanno
timidette atterrando l'occhio e 'l muso;

e ciò che fa la prima, e l'altre fanno,
addossandosi a lei, s'ella s'arresta,
semplici e quete, e lo 'mperché non sanno;

sì vid'io muovere a venir la testa
di quella mandra fortunata allotta,
pudica in faccia e ne l'andare onesta.

Come color dinanzi vider rotta
la luce in terra dal mio destro canto,
sì che l'ombra era da me a la grotta,

restaro, e trasser sé in dietro alquanto,
e tutti li altri che venieno appresso,
non sappiendo 'l perché, fenno altrettanto.

«Sanza vostra domanda io vi confesso
che questo è corpo uman che voi vedete;
per che 'l lume del sole in terra è fesso.

Non vi maravigliate, ma credete
che non sanza virtù che da ciel vegna
cerchi di soverchiar questa parete».

Così 'l maestro; e quella gente degna
«Tornate», disse, «intrate innanzi dunque»,
coi dossi de le man faccendo insegna.

E un di loro incominciò: «Chiunque
tu se', così andando, volgi 'l viso:
pon mente se di là mi vedesti unque».

Io mi volsi ver lui e guardail fiso:
biondo era e bello e di gentile aspetto,
ma l'un de' cigli un colpo avea diviso.

Quand'io mi fui umilmente disdetto
d'averlo visto mai, el disse: «Or vedi»;
e mostrommi una piaga a sommo 'l petto.

Poi sorridendo disse: «Io son Manfredi,
nepote di Costanza imperadrice;
ond'io ti priego che, quando tu riedi,

vadi a mia bella figlia, genitrice
de l'onor di Cicilia e d'Aragona,
e dichi 'l vero a lei, s'altro si dice.


Weyl sei forte............Complimenti e Buon Natale


Ciao Jon ché perder tempo a chi più sa più spiace».
jon is offline  
Vecchio 25-12-2005, 11.36.32   #44
Elijah
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Re: Bene. Cari amici. Io sono uno psichiatra.

Citazione:
Weyl

Bene...io sono uno psichiatra

Bene... non sei l'unico...

Elia

P.S.: purtroppo il mondo non è solo l'Italia... il mondo comprende anche una qualche nazione in più... o erro?
Sappiate che succedono cose che voi nemmeno immaginate...
Elijah is offline  
Vecchio 25-12-2005, 12.24.40   #45
Ventomagnetico
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X Weyl

Dunque, in breve, a Ventomagnetico: mi dispiace, si tratta di un diario clinico di cinquant'anni fa. Esso è attuale, in psichiatria, quanto lo può essere il Disposto Terapeutico dei papiri egiziani, in medicina interna.


Carissimo Weyl
ahahahah....l'evidenza non lasciava dubbio alcuno...c'è la data mooolto visibile nella cartella...è vero sono passati molti anni...


Ascolta...Weyl...

..auguro un Bellessimo Natale a te e anche al tuo Gatto...naturalmente.

Grazie per la consistenza del post.
Un salutone
vento


B U O N N A T A L E A T U T T I
Ventomagnetico is offline  
Vecchio 25-12-2005, 13.16.56   #46
lobelia
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Messaggi: 448
Re: Bene. Cari amici. Io sono uno psichiatra.

Citazione:
Messaggio originale inviato da Weyl


....All'amico del sito segnalato, fin troppo sveglio per essere una vittima del sistema, vorrei dire (e lo farei, se potessi, direttamente) che, personalmente, credo venuto il tempo in cui la cosiddetta "incapacità di intendere e volere" andrebbe depennata del tutto dal codice penale.
Ciascuno risponda di ciò che fa e commette, senza scusanti di incapacità, di religione, di razza, cultura, e orpelli vari.
Il posto giusto per chi commette un reato è la prigione: punto.
Per il tempo previsto, nei modi previsti, senza sconti o ammende: vivere è già sufficientemente difficile per tutti, senza dover far sconti a chi non sa farlo.
La pericolosità sociale non è una malattia: per essa non vi sono cure.
Tocca agli organi di polizia e agli istituti giuridici occuparsene: le patologie del vivere sociale non interessano la psichiatria moderna. [/b]


Immagino che oltre "all'amico del sito segnalato", con questo tu risponda anche a me. Almeno io l'ho letta come una puntuale risposta al mio post.
Aldilà delle considerazioni che potremo fare, e mi piacerebbe anche, sulla ridotta capacità di intendere e di volere in ambito penale (lavoro nell'ambito del penale minorile e quindi il mio lavoro è intriso di questo anche e soprattutto aldilà di patologie specifiche), sono totalmente d'accordo con te che fortunatamente le patologie del vivere sociale non interessino più la psichiatria moderna.
Vorrei però aggiungere che non dovrebbero però nemmeno interessare esclusivamente gli organi di polizia e gli istituti giuridici.
E' sicuramente un discorso lungo ed anche molto interessante ed ora non ho nemmeno il tempo di cominciarlo (sto cucinando funghi (!) e salsa per i lessi per il pranzo natalizio ed è già tardi.
Vorrei però chiederti se un ragazzo di 16 anni rinchiuso in un carcere perchè trovato a spacciare qualche grammo di hashish come tanti altri ragazzi stranieri con cui lavoro, sbatte la testa contro il muro fino quasi a rompersela, ingoia forchette di plastica, mangia le proprie feci, urla di essere posseduto dai demoni, fugge dal reparto psichiatrico dove viene finalmente ricoverato dopo giorni e giorni di questa agonia trascorsa in carcere in zona d'isolamento, vagola di notte fino all'autostrada e si butta sotto le auto in corsa che non si fermano nemmeno e viene trovato cadavere all'indomani nel fosso circostante...se a questo ragazzo te la sentiresti di dire che "vivere è già sufficientemente difficile per tutti, senza dover far sconti a chi non sa farlo".
Lo so. In Italia la legislazione è tra le più avanzate ed illuminate ed il problema è molte volte solo la sua gestione.
Il carcere non sa gestire la filosofia delle leggi che lo dovrebbero reggere, nè tanto meno i regolamenti che lui stesso si dà, ma credo che nemmeno un carcere "modello", che non esiste, saprebbe affrontare da solo situazioni come questa (e tante altre che purtroppo conosco).
E nemmeno la psichiatria da sola, con tutte le sue contraddizioni, inefficienze, facilonerie e spocchie che conosco purtroppo molto bene, anche considerandola nella sua pratica "perfetta", che non esiste, potrebbe da sola affrontare situazioni come queste.
Certo, le sociopatie non sono di competenza psichiatrica e nemmeno le psicosi di competenza giudiziaria.
Allora che fare con Abdel, Mohamed, Alì, Antonio, Lucia e tanti altri che non sanno vivere?
La mia non è una critica sterile al tuo commento, è proprio una domanda che scaturisce da uno sguardo attonito e impotente.
E secondo te chi o cosa è responsabile della morte di quel ragazzo? L'auto che lo ha investito? Chi non ha sorvegliato sufficientemente su di lui? Le terapie errate? Una dimensione carceraria inefficiente e disumana? La sua sociopatia? La sua malattia? L'ente autostradale? Il degrado del paese da cui proveniva e che lo ha spinto ad emigrare solo e senza alcun riferimento? La scarsa propensione all'accoglienza del paese in cui è approdato? La solitudine e l'isolamento culturale ed affettivo? L'amico che gli ha dato qualche grammo di hashish da vendere per sopravvivere? La sua piena responsabilità nel decidere di delinquere invece che tornarsene al paesello?
Forse sono anche domande retoriche, pure confuse, ma mi fa rabbia vedere semplificati problemi che non lo possono essere. Non da te Weil. Se qualcuno tentasse di semplificare la sofferenza delle persone di cui ti occupi, trovandole una collocazione impraticabile, credo faresti lo stesso.
E ribuon natale! Se vivessi più vicino, inviterei te e il tuo gatto a mangiare tortellini, lessi, salse e funghi, ma immagino che non sarai solo come dici e quindi, non mi offenderei se declineresti l'invito
E buon appetito a tutti
lobelia is offline  
Vecchio 25-12-2005, 14.05.01   #47
Metropolis
Neofita
 
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Messaggi: 112
Io sono sempre combattuta se studiare medicina o psicologia...perchè sia ad uno psicologo che ad una psichiatra devo tantissimo.
Non starò qua ad elencare le ragioni per le quali vorrei fare questo tipo di lavoro..entrerei in speculazioni personali-analitiche infinite.
Però io credo che non siamo più ai tempi di Asylums che Goffman descriveva magistralmente parlando delle istituzioni totali.
Ribadisco che il singolo è fondamentale per la buona riuscita del sistema.
Io principalmente avevo paura di uno psichiatra,perchè mi figuravo l'immagine di chi conosce la medicina e predilige il raziocinio all'approccio psicoterapico emotivo (detta alla buona).
Eppure,anche se non prendo farmaci,non sono psicotica,ma soffro "solo" di una classica nevrosi d'ansia,devo tanto alla mia psichiatra,che è veramente una persona d'oro.
Quindi non è il titolo,ma la persona che ci sta dietro.
Io credo.
Condividete?

Weyl posso chiederti qualcosa? qualche curiosità sul tuo percorso di studio?
Metropolis is offline  
Vecchio 25-12-2005, 14.34.02   #48
r.rubin
può anche essere...
 
Data registrazione: 11-09-2002
Messaggi: 2,053
non sono sicuro che tutti abbiano notato che quello di tristano, non è un "diario clinico", ma un "fanta-diario" clinico. Leggete bene.http://tristano-ajmone.oism.info/diario_clinico.htm
r.rubin is offline  
Vecchio 25-12-2005, 15.48.21   #49
Weyl
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Messaggi: 728
Re: Re: Bene. Cari amici. Io sono uno psichiatra.

Citazione:
Messaggio originale inviato da lobelia
Immagino che oltre "all'amico del sito segnalato", con questo tu risponda anche a me. Almeno io l'ho letta come una puntuale risposta al mio post.
Vorrei però aggiungere che non dovrebbero però nemmeno interessare esclusivamente gli organi di polizia e gli istituti giuridici.
E' sicuramente un discorso lungo ed anche molto interessante ed ora non ho nemmeno il tempo di cominciarlo (sto cucinando funghi (!) e salsa per i lessi per il pranzo natalizio ed è già tardi.
Vorrei però chiederti se un ragazzo di 16 anni rinchiuso in un carcere perchè trovato a spacciare qualche grammo di hashish come tanti altri ragazzi stranieri con cui lavoro, sbatte la testa contro il muro fino quasi a rompersela, ingoia forchette di plastica, mangia le proprie feci, urla di essere posseduto dai demoni, fugge dal reparto psichiatrico dove viene finalmente ricoverato dopo giorni e giorni di questa agonia trascorsa in carcere in zona d'isolamento, vagola di notte fino all'autostrada e si butta sotto le auto in corsa che non si fermano nemmeno e viene trovato cadavere all'indomani nel fosso circostante...se a questo ragazzo te la sentiresti di dire che "vivere è già sufficientemente difficile per tutti, senza dover far sconti a chi non sa farlo".
Lo so. In Italia la legislazione è tra le più avanzate ed illuminate ed il problema è molte volte solo la sua gestione.
Il carcere non sa gestire la filosofia delle leggi che lo dovrebbero reggere, nè tanto meno i regolamenti che lui stesso si dà, ma credo che nemmeno un carcere "modello", che non esiste, saprebbe affrontare da solo situazioni come questa (e tante altre che purtroppo conosco).
E nemmeno la psichiatria da sola, con tutte le sue contraddizioni, inefficienze, facilonerie e spocchie che conosco purtroppo molto bene, anche considerandola nella sua pratica "perfetta", che non esiste, potrebbe da sola affrontare situazioni come queste.
Certo, le sociopatie non sono di competenza psichiatrica e nemmeno le psicosi di competenza giudiziaria.
Allora che fare con Abdel, Mohamed, Alì, Antonio, Lucia e tanti altri che non sanno vivere?
La mia non è una critica sterile al tuo commento, è proprio una domanda che scaturisce da uno sguardo attonito e impotente.
E secondo te chi o cosa è responsabile della morte di quel ragazzo? L'auto che lo ha investito? Chi non ha sorvegliato sufficientemente su di lui? Le terapie errate? Una dimensione carceraria inefficiente e disumana? La sua sociopatia? La sua malattia? L'ente autostradale? Il degrado del paese da cui proveniva e che lo ha spinto ad emigrare solo e senza alcun riferimento? La scarsa propensione all'accoglienza del paese in cui è approdato? La solitudine e l'isolamento culturale ed affettivo? L'amico che gli ha dato qualche grammo di hashish da vendere per sopravvivere? La sua piena responsabilità nel decidere di delinquere invece che tornarsene al paesello?
Forse sono anche domande retoriche, pure confuse, ma mi fa rabbia vedere semplificati problemi che non lo possono essere. Non da te Weil. Se qualcuno tentasse di semplificare la sofferenza delle persone di cui ti occupi, trovandole una collocazione impraticabile, credo faresti lo stesso.
E ribuon natale! Se vivessi più vicino, inviterei te e il tuo gatto a mangiare tortellini, lessi, salse e funghi, ma immagino che non sarai solo come dici e quindi, non mi offenderei se declineresti l'invito
E buon appetito a tutti

Cara amica,
i passi in questione, da cui scaturisce la tua tirata d'orecchi, non pretendevano certamente ad una disamina della questione.
La questione, intendo, della complicata correlazione tra "incapacità" per patologia, sociopatie e istituti giuridici.
Del resto, il caso che tu citi è, per certi versi, "estremo", nel senso che risulta trasparente dal decorso degli eventi che si tratta di un caso clinico, al di là di quelle che possono essere le determinanti sociologiche e le implicazioni (meglio, complicazioni) comportamentali, reati compresi.

Sul punto, però, le mie opinioni sono le seguenti: patologia mentale e comportamento debbono stare su due piani diversi, molto semplicemente.
Non è un discorso implicante questioni filosofiche "alte", come il libero o il servo arbitrio, etc.
E' un discorso semplice e pratico.
Al clinico compete la patologia e al giudice il reato.
L'analisi che farà il primo, relativamente al comportamento delittuoso, sarà un'analisi clinica, e l'inerenza del gesto delittuoso alle dinamiche psicopatologiche che gli sono sottese non avrà altro scopo che quello di orientare le cure e allestire la terapia.
L'analisi del giudice terrà conto degli aspetti patologici in funzione prognostica e lo orienterà alle modalità con cui comminare la pena.
Ma i due piani debbono restare separati.
Se la pena sarà detentiva, occorrerà che il reo, in quanto malato, possa ricevere le cure più adeguate, le quali possono comprendere anche la collocazione in un ambiente adeguato a fornirgliele: questo ambiente può essere quello ospedaliero, oppure il Day Hospital, o il semplice setting terapeutico.
Nè più nè meno di qualsiasi altro cittadino.
Trovo aberrante e idiota che esistano ancora gli Ospedali Psichiatrici Giudiziari: non capisco per quale ragione il reo debba ricevere cure e trattamenti diversi da quelli di ogni altro cittadino se la sua patologia è neuropsichiatrica, anzichè cardiologica o chirurgica.
Non capisco neppure perchè debba scontare una pena "sanitaria" in caso di psicosi: la pena è pena, e la terapia terapia.
Mi riesce incomprensibile e francamente stigmatizzante il fatto che, a trent'anni dalla chiusura degli ospedali psichiatrici, siano tuttora aperti degli istituti analoghi.
La ragione scientifica della chiusura dei manicomi sta, infatti, nei mezzi terapeutici a disposizione del clinico.
Se la Legge non l'avesse fatto nel 1978, la psichiatria, quella vera, scientifica, buona in senso aristotelico (che in Italia, purtroppo, è rara) avrebbe teso a farlo negli anni seguenti, in modo del tutto spontaneo: "ciò che è razionale è reale, e ciò che è reale è razionale", scriveva Hegel.
La sussistenza degli Ospedali Psichiatrici Giudiziari è un anacronismo storico.

Sono d'accordo con te sul fatto che la magistratura e la psichiatria non possano esaurire la gestione delle sofferenze sociali, mi pare ovvio.
Ad esse competano le malattie e, rispettivamente, i reati: due aspetti perlopiù contingenti, accidentali e secondari del fenomeno.
Gli aspetti sostanziali e primari competono alla politica, all'economia e, in parte, alla sociologia.
Ma credo che, su questo punto, andremmo fuori tema.
Ciao e buoni funghi!
Weyl is offline  
Vecchio 25-12-2005, 23.47.05   #50
Ventomagnetico
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Ciao a tutti
Guardate...guardate...cosa mi è capitato di trovare...buoni frutti di stagione...link per palati fini..
Un'occhiata a questo sito non farà certamente male a nessuno, spero.

http://www.nopazzia.it/

Salutoni
vento

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