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Psicologia - Processi mentali ed esperienze interiori.
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Vecchio 26-09-2006, 21.47.57   #1
flyfree
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come abbiamo fatto a sopravivere

Vorrei proporrvi il messaggio di un libiricino che mi è stato regalato in occasione del mio 40.esimo compleanno.
È dedicato a noi "ragazzi" degli anni 50, 60 e 70.
"Le auto non avevano cinture di sicurezza, nè poggiatesta, nè airbag.
Sul sedile posteriore noi bambini ci divertivamo tanto e non era pericoloso giocare.
Non c'erano i bloccasportelli, nè copriprese, nè chiusure di sicurezza per medicinali e detersivi.
Grazie alla vernice velenosa i nostri giocattoli e lettini erano meravigliosamente colorati.
Si poteva andare in bici senza casco.
I nostri genitori ci lasciavano giocare fuori fino a che faceva buio.
Dovevamo semplicemente promettere di tornare a casa alla sera. I nostri genitori avevano fiducia in noi.
Non c'erano i cellulari!
Come succedeva a tutti i bambini ci siamo procurati escoriazioni o qualche volta si è spezzato un dente.
Ma mai nessuno è stato denuciato per questo! Così abbiamo imparato a badare a noi stessi.
Abbiamo mangiato tante schifezze, caramelline e gommose, pane inburrato e salame. Non avevamo problemi di sovrapeso, perchè giocavamo sempre fuori e ci scatenavamo.
Ci dividevamo una bottiglia di limonata in tre, quattro. Si, abbiamo bevuto dalla stessa bottiglia e nessuno è morto per questo.
Non avevamo Playstations, Computer, niente i-pods e dvd, niente sky, e nemmeno chat in internet
Ma avevamo amici!
I ragazzi giocavano a pallone. Qualche volta veniva escluso qualcuno, ma non per questo doveva andare dallo psicologo dell'età evolutiva.
Abbiamo vissuto vittorie e sconfitte, gioie e dolori, avevamo le nostre libertà e i nostri compiti
e sapevamo cosa farcene!
Tutto sommato siamo stati molto fortunati! o no??"
Cosa ne pensate?
flyfree is offline  
Vecchio 27-09-2006, 04.06.50   #2
Weyl
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Riferimento: come abbiamo fatto a sopravivere

Citazione:
Originalmente inviato da flyfree
Vorrei proporrvi il messaggio di un libiricino che mi è stato regalato in occasione del mio 40.esimo compleanno.
È dedicato a noi "ragazzi" degli anni 50, 60 e 70.
"Le auto non avevano cinture di sicurezza, nè poggiatesta, nè airbag.
Sul sedile posteriore noi bambini ci divertivamo tanto e non era pericoloso giocare.
Non c'erano i bloccasportelli, nè copriprese, nè chiusure di sicurezza per medicinali e detersivi.
Grazie alla vernice velenosa i nostri giocattoli e lettini erano meravigliosamente colorati.
Si poteva andare in bici senza casco.
I nostri genitori ci lasciavano giocare fuori fino a che faceva buio.
Dovevamo semplicemente promettere di tornare a casa alla sera. I nostri genitori avevano fiducia in noi.
Non c'erano i cellulari!
Come succedeva a tutti i bambini ci siamo procurati escoriazioni o qualche volta si è spezzato un dente.
Ma mai nessuno è stato denuciato per questo! Così abbiamo imparato a badare a noi stessi.
Abbiamo mangiato tante schifezze, caramelline e gommose, pane inburrato e salame. Non avevamo problemi di sovrapeso, perchè giocavamo sempre fuori e ci scatenavamo.
Ci dividevamo una bottiglia di limonata in tre, quattro. Si, abbiamo bevuto dalla stessa bottiglia e nessuno è morto per questo.
Non avevamo Playstations, Computer, niente i-pods e dvd, niente sky, e nemmeno chat in internet
Ma avevamo amici!
I ragazzi giocavano a pallone. Qualche volta veniva escluso qualcuno, ma non per questo doveva andare dallo psicologo dell'età evolutiva.
Abbiamo vissuto vittorie e sconfitte, gioie e dolori, avevamo le nostre libertà e i nostri compiti
e sapevamo cosa farcene!
Tutto sommato siamo stati molto fortunati! o no??"
Cosa ne pensate?

Che il mondo fosse più bello... non so.
Era il nostro, e pareva già tanto complicato.
Ti racconto una storia, un breve racconto, di cui ascoltai la trama anni fa.
Mi sedetti un giorno sulla panchina del parco, vicino a un vecchio.
Aprii il mio libro e per un po' stetti in silenzio.
Poi, fu lui ad esordire: "Lo sa? Da cinquant'anni io vengo qui, ogni sabato ed oggi, come sempre, ci vengo ogni giorno della settimana, poichè sono in pensione"
"Davvero?" accennai a rispondere.
"Certo- mi disse- e sapesse, mi creda, quanto è cambiato questo parco nel tempo... Lei è tanto giovane, non può sapere... non può capire..."
"Davvero?... - replicai, un po' annoiato, con l'intento di impedire il profluvio di una storia che non mi interessava.
Ma poi guardai i suoi occhi e vidi che vi si celava una commozione profonda.
Voleva parlare, perchè a quel punto gli pareva essenziale dirmi delle sue riflessioni, dei suoi pensieri.
"Vede, tanti anni fa, quando Lei ancora non era nato, sapesse... Quanto era pieno di vita questo parco, come i bimbi vociavano e correvano, quante mamme li chiamavano e li riprendevano..."
"E poi..." si interruppe.
"E poi?" ripresi.
"E poi, sapesse, quante rondini, qui, mi creda, qui sopra, tra gli alberi, sciamavano e garrivano, piene di vita e sapesse quanta luce donava quello stormire dei rami, tra il vento e il caldo che vi si disperdeva..."
"Questi silenzi...sa - proseguì- mi intristiscono, quanto è avvilente oggi, lo vede, lo sente... questo silenzio?"
Io lo guardai ancora negli occhi e tacqui.
Considerai la sua sofferenza, ma preferii tacere.
Perchè tra gli alberi, sopra di noi, nel vento, era tutto un grido di rondini, uno sciame pulsante di vita che ci avvolgeva.
Weyl is offline  
Vecchio 27-09-2006, 12.11.57   #3
Patri15
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Riferimento: come abbiamo fatto a sopravivere

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Originalmente inviato da Weyl
Che il mondo fosse più bello... non so.
Era il nostro, e pareva già tanto complicato.
Ti racconto una storia, un breve racconto, di cui ascoltai la trama anni fa.
Mi sedetti un giorno sulla panchina del parco, vicino a un vecchio.
Aprii il mio libro e per un po' stetti in silenzio.
Poi, fu lui ad esordire: "Lo sa? Da cinquant'anni io vengo qui, ogni sabato ed oggi, come sempre, ci vengo ogni giorno della settimana, poichè sono in pensione"
"Davvero?" accennai a rispondere.
"Certo- mi disse- e sapesse, mi creda, quanto è cambiato questo parco nel tempo... Lei è tanto giovane, non può sapere... non può capire..."
"Davvero?... - replicai, un po' annoiato, con l'intento di impedire il profluvio di una storia che non mi interessava.
Ma poi guardai i suoi occhi e vidi che vi si celava una commozione profonda.
Voleva parlare, perchè a quel punto gli pareva essenziale dirmi delle sue riflessioni, dei suoi pensieri.
"Vede, tanti anni fa, quando Lei ancora non era nato, sapesse... Quanto era pieno di vita questo parco, come i bimbi vociavano e correvano, quante mamme li chiamavano e li riprendevano..."
"E poi..." si interruppe.
"E poi?" ripresi.
"E poi, sapesse, quante rondini, qui, mi creda, qui sopra, tra gli alberi, sciamavano e garrivano, piene di vita e sapesse quanta luce donava quello stormire dei rami, tra il vento e il caldo che vi si disperdeva..."
"Questi silenzi...sa - proseguì- mi intristiscono, quanto è avvilente oggi, lo vede, lo sente... questo silenzio?"
Io lo guardai ancora negli occhi e tacqui.
Considerai la sua sofferenza, ma preferii tacere.
Perchè tra gli alberi, sopra di noi, nel vento, era tutto un grido di rondini, uno sciame pulsante di vita che ci avvolgeva.

E' uno scritto talmente bello e commovente, che non è possibile contestarlo.

Magari ci si incontra su un altro 3d

Ciao
Patri15 is offline  
Vecchio 27-09-2006, 14.44.12   #4
psyca
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Riferimento: come abbiamo fatto a sopravivere

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Originalmente inviato da flyfree
"Le auto non avevano cinture di sicurezza, nè poggiatesta, nè airbag.....
....Tutto sommato siamo stati molto fortunati! o no??"
Cosa ne pensate?
Ho 27 anni e sto nel mezzo...
ricordo quando papà ci portava con la macchina a casa della nonna (avevo tre o quattro anni) io e le mie due sorelle stavamo sedute senza la cintura a ridere e giocare.
Oggi porto mio figio con la macchina dalla nonna con la cintura e sediolino a norma di legge.
Forse perchè papà aveva una "127" che non aveva un motore con prestazione di una macchina di oggi tipo 2000 TDI ecc...
sai il mondo si migliora tecnologicamente e più si va avanti più ci sono rischi. E più ci sono rischi più si cercano i metodi per evitare rischi.
Ciao
psyca is offline  
Vecchio 27-09-2006, 17.01.37   #5
flyfree
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Originalmente inviato da psyca
Ho 27 anni e sto nel mezzo...
ricordo quando papà ci portava con la macchina a casa della nonna (avevo tre o quattro anni) io e le mie due sorelle stavamo sedute senza la cintura a ridere e giocare.
Oggi porto mio figio con la macchina dalla nonna con la cintura e sediolino a norma di legge.
Forse perchè papà aveva una "127" che non aveva un motore con prestazione di una macchina di oggi tipo 2000 TDI ecc...
sai il mondo si migliora tecnologicamente e più si va avanti più ci sono rischi. E più ci sono rischi più si cercano i metodi per evitare rischi.
Ciao


Hai ragione. siamo vittime della corsa alle tecnologie sempre più evolute che ci accellera la vita e non so dove ci vuole portare. vorrei porre l'attenzione su un altro punto però: i nostri figli non riescono a muoversi cosi liberamente come qualche decennio fa. siamo noi che ci complichiamo la vita con la nostra ansia magari spesso fuori luogo o i nostri genitori erano più incoscienti?

Ciao
Flyfree
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Vecchio 28-09-2006, 00.39.12   #6
cannella
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Originalmente inviato da flyfree
Hai ragione. siamo vittime della corsa alle tecnologie sempre più evolute che ci accellera la vita e non so dove ci vuole portare. vorrei porre l'attenzione su un altro punto però: i nostri figli non riescono a muoversi cosi liberamente come qualche decennio fa. siamo noi che ci complichiamo la vita con la nostra ansia magari spesso fuori luogo o i nostri genitori erano più incoscienti?

Ciao
Flyfree

La forza dei bambini di ieri erano il gruppo e gli occhi dei conoscenti, dei vicini, del parroco, dei nonni.
E' vero che avevamo la libertà di uscire e tornare la sera, ma avevamo cortili, campi per giocare a pallone e parchi pubblici senza siringhe, e non si usciva da soli, anche se i nostri compagni di giochi erano bambini anche loro.
I nostri genitori, anche senza cellulare, sapevano sempre dove ci trovavamo.
C'erano meno auto, e questa cosa fa la differenza: la via dove abito, molto stretta, nelle ore di punta diventa pericolosa anche per attraversare, mentre in agosto si può tranquillamente uscire in bicicletta.
Se le città non sono più a misura d'uomo, lo sono ancor meno a misura di bambino: mio figlio dietro al cofano di un auto non si vede.

Per tornare allo scritto iniziale, è vero anche quello che suggerisce Weyl: i ricordi dell'infanzia si tingono di un sapore perduto per sempre, e questo a prescindere da ciò che si è vissuto.
Non è raro sentire persone che hanno vissuto nel tempo di guerra racconti che rivelavano almeno in parte la nostalgia per qualcosa che comunque era diverso e più vero.

Il fatto nuovo di questi anni rimane la tecnologia: tv, playstation e computer tolgono ai bambini esperienze sensoriali e sociali la cui percezione formerà i ricordi a venire; a volte sembra non esista alternativa quando non c'è un amico con cui giocare o nelle domeniche invernali, ma stare davanti a uno schermo non è vivere.
cannella is offline  
Vecchio 28-09-2006, 04.50.51   #7
Weyl
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Originalmente inviato da cannella
La forza dei bambini di ieri erano il gruppo e gli occhi dei conoscenti, dei vicini, del parroco, dei nonni.
E' vero che avevamo la libertà di uscire e tornare la sera, ma avevamo cortili, campi per giocare a pallone e parchi pubblici senza siringhe, e non si usciva da soli, anche se i nostri compagni di giochi erano bambini anche loro.
I nostri genitori, anche senza cellulare, sapevano sempre dove ci trovavamo.
C'erano meno auto, e questa cosa fa la differenza: la via dove abito, molto stretta, nelle ore di punta diventa pericolosa anche per attraversare, mentre in agosto si può tranquillamente uscire in bicicletta.
Se le città non sono più a misura d'uomo, lo sono ancor meno a misura di bambino: mio figlio dietro al cofano di un auto non si vede.

Per tornare allo scritto iniziale, è vero anche quello che suggerisce Weyl: i ricordi dell'infanzia si tingono di un sapore perduto per sempre, e questo a prescindere da ciò che si è vissuto.
Non è raro sentire persone che hanno vissuto nel tempo di guerra racconti che rivelavano almeno in parte la nostalgia per qualcosa che comunque era diverso e più vero.

Il fatto nuovo di questi anni rimane la tecnologia: tv, playstation e computer tolgono ai bambini esperienze sensoriali e sociali la cui percezione formerà i ricordi a venire; a volte sembra non esista alternativa quando non c'è un amico con cui giocare o nelle domeniche invernali, ma stare davanti a uno schermo non è vivere.

Vedi, Aristotele sosteneva che l'"essenza dell'Uomo fosse data una volta per tutte".
In questa apparente certezza io sono piuttosto il "vecchio" sulla panchina, assai più che me stesso.
Ma quando mi confronto con la seguente idea: forse quell'atmosfera lontana, della mia infanzia, è data anch'essa per tutti e per ogni generazione... mi prende una specie di vertigine!
La vertigine di un avvitamento, di una circolarità del dolore e della speranza.
Sono assai incerto su questo punto: può essere che quel piccolo Paese, quell'Italia ingenua degli anni '60, sia la verità di quel tempo?
Ed è lecito credere che quelle intenzioni fossero più genuine e autentiche?

Strano e sciocco è invecchiare senza riuscire a dar conto neppure di queste evidenze.
"Arrivederci Roma" mi commuoveva alle lacrime, quando avevo tre anni, e non capivo che poche tra le parole della canzone: bilingue per forza, ho ancora nitido il ricordo di quando, tra mille ritagli di giornali in cui mi acquietavo, giocando con le strisce, con orgoglio mi accorgevo di capire e non capire le "parole".
Le parole che mia madre, in tedesco con me e in italiano con le amiche, pronunciava,e che non trovavano spesso alcuno spazio mentale in cui specchiarsi.
Tagliare le pagine delle riviste, ricondurle in strisce, dominarne la composizione e ancora "spezzarne il senso" come il frantumare l'immagine di un volto dal bianconero delle colonne di commento: avverto ancora, in me stesso, l'eco di quelle intenzioni, che mi trattenevano e permettevano a mia madre e le sue amiche di esercitare la "parola".
Conservo il ricordo delle mie intenzioni "senza pensiero compiuto", eppure indirizzate all'esecuzione di azioni assai precise: fare la "gondola", tagliare in strisce uguali la pagina di giornale, "Ciao ciao bambina" tra le bobine del vecchio Gelosino...

Debbo confidare che ciò che più mi angoscia non è questo, ma l'impossibilità di rintracciare antecedenze e forme improprie di "singolarità" mentali.
Per qualche strana ragione, mi sconvolge assai più il "nulla prima" che non il "nulla dopo" della vita.
A quest'ultimo mi pare di potermi riconsegnare, così come al sonno che consegue alle fatiche di una giornata densa di impegni, i quali spero di aver saputo assolvere.
Ma il primo, quello davvero mi inquieta: da quale sonno tormentato della materia, ma privo di intenzioni e pensiero, sia insorta questa breve veglia.
Weyl is offline  
Vecchio 28-09-2006, 07.50.40   #8
cincin
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E come facevano gli uomini e le donne di secoli prima?
Le generazioni del 50, 60 e 70 sono cresciuti con le comodità che magari non avevano quelle di 30-40 anni prima.
cincin is offline  
Vecchio 28-09-2006, 12.12.01   #9
Patri15
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Originalmente inviato da Weyl
Vedi, Aristotele sosteneva che l'"essenza dell'Uomo fosse data una volta per tutte".
In questa apparente certezza io sono piuttosto il "vecchio" sulla panchina, assai più che me stesso.
Ma quando mi confronto con la seguente idea: forse quell'atmosfera lontana, della mia infanzia, è data anch'essa per tutti e per ogni generazione... mi prende una specie di vertigine!
La vertigine di un avvitamento, di una circolarità del dolore e della speranza.
Sono assai incerto su questo punto: può essere che quel piccolo Paese, quell'Italia ingenua degli anni '60, sia la verità di quel tempo?
Ed è lecito credere che quelle intenzioni fossero più genuine e autentiche?

Strano e sciocco è invecchiare senza riuscire a dar conto neppure di queste evidenze.
"Arrivederci Roma" mi commuoveva alle lacrime, quando avevo tre anni, e non capivo che poche tra le parole della canzone: bilingue per forza, ho ancora nitido il ricordo di quando, tra mille ritagli di giornali in cui mi acquietavo, giocando con le strisce, con orgoglio mi accorgevo di capire e non capire le "parole".
Le parole che mia madre, in tedesco con me e in italiano con le amiche, pronunciava,e che non trovavano spesso alcuno spazio mentale in cui specchiarsi.
Tagliare le pagine delle riviste, ricondurle in strisce, dominarne la composizione e ancora "spezzarne il senso" come il frantumare l'immagine di un volto dal bianconero delle colonne di commento: avverto ancora, in me stesso, l'eco di quelle intenzioni, che mi trattenevano e permettevano a mia madre e le sue amiche di esercitare la "parola".
Conservo il ricordo delle mie intenzioni "senza pensiero compiuto", eppure indirizzate all'esecuzione di azioni assai precise: fare la "gondola", tagliare in strisce uguali la pagina di giornale, "Ciao ciao bambina" tra le bobine del vecchio Gelosino...

Debbo confidare che ciò che più mi angoscia non è questo, ma l'impossibilità di rintracciare antecedenze e forme improprie di "singolarità" mentali.
Per qualche strana ragione, mi sconvolge assai più il "nulla prima" che non il "nulla dopo" della vita.
A quest'ultimo mi pare di potermi riconsegnare, così come al sonno che consegue alle fatiche di una giornata densa di impegni, i quali spero di aver saputo assolvere.
Ma il primo, quello davvero mi inquieta: da quale sonno tormentato della materia, ma privo di intenzioni e pensiero, sia insorta questa breve veglia.

La memoria, il ricordo... sono come creature che nascono a nuova vita: Passato che si ripresenta alla coscienza, costituendosi in una discontinuità di immagini e movimenti, dove abbiamo la possibilità di riconoscere l'essenza stessa della nostra fragilità.

Mi perdo tra corporee visioni e vaghi sentimenti, ansiosa di tracciarne i contorni, di fermarne la fuga verso l'indefinibile.

Danzano i ricordi con la musica di una struggente nostalgia, o con il ritmo inquietante di un vorticoso crescendo.

Prigioniera a volte, a volte tentata invece di trovare rifugio in quel passato che è la mia verità.

E allora sì, tornano gli odori, l'arrosto della domenica, il profumo di mia madre, la Leocrema sulla spiaggia, il tiglio che dava il via alle estati

Tutti i libri con le fate , la bicicletta rossa, il gioco a nascondino, le attese al tramonto del ritorno di mia madre ...

Io sono anche e soprattutto ciò che sono stata e con questa certezza posso sopravvivere.

Ciao
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Vecchio 28-09-2006, 15.02.42   #10
flyfree
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Riferimento: come abbiamo fatto a sopravivere

so reich waren wir nie wie heute
so habgierig aber waren wir nie wie heute
so satt waren wir noch nie wie heute
so unersättlich aber waren wir auch nie wie heute
so hoch entwickelt waren wir nie wie heute
so sehr am Ende aber waren wir nie wie heute.
Johann Wilhelm Wilms

non siamo mai stati cosi ricchi come oggi
ma non siamo mai stati così avidi come oggi
non siamo mai stati così sazi come oggi
ma non siamo stati nemmeno così insaziabili come oggi
non siamo mai stati così altamente evoluti come oggi
e non siamo mai stati cosi vicini alla fine come oggi.
flyfree is offline  

 



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