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 Religioni? Il mondo di NonCredo - Commenti sugli articoli della omonima rubrica presente su WWW.RIFLESSIONI.IT - Indice articoli rubrica


Vecchio 04-01-2012, 13.58.56   #1
Elijah
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Commento sull'articolo di Paolo Bancale

Vorrei fare alcune riflessioni sul seguente articolo uscito di recente: "Relativismo del rapporto con la 'propria' religione."

Queste sono le principali incongruenze che ho notato:

1) L'autore vuole far credere di avere rispetto per le religioni, quando il vero intento mi pare quello di considerarle nocive.

2) Tutti i credenti sarebbero fideisti, dopo aver lodato il credente Kant?!

È risaputo che Kant fosse un credente cristiano protestante. Secondo lui Dio è un postulato della ragion pratica, insomma Dio è una necessità morale. Il filosofo era un sostenitore di un cristianesimo a-dogmatico.
In tal senso l'assolutamente ingiustificata generalizzazione fatta sotto non ha alcun senso.

"[T]utti [sic!] i credenti di ogni fede sostengono in modo assolutamente acritico e fideistico la assoluta giustezza dei loro riti, miti, dogmi per quanto spesso fantasiosi appaiano." (Paolo Bancale)

Chiunque è un po' afferrato nella filosofia della religione sa che la realtà è ben diversa.
Quanto scritto sopra mi pare essere il risultato disastroso del volersi cimentare unicamente nell'antropologia escludendo altre materie altrettanto importanti per capire fino in fondo il fenomeno religioso.

3) La violenza è limitata alle religioni?

Dopo che nel secolo scorso abbiamo assistito al nascere e perire del Comunismo a sfondo ateo, mi chiedo come non si possa includere nel discorso anche l'ateismo.
Sono state fatte cose atroci nei confronti dei credenti da parte degli atei comunisti, eppure Paolo Bancale sembra ignorare questa realtà e sostenere l'ingenua tesi che senza le religioni il mondo sarebbe un posto migliore (sic!).

Come la pensa anche il buon Dalai Lama, la verità è che ogni religione insegna la non-violenza. È solo a causa della sete di potere degli uomini che le religioni sono state sfruttate in modo negativo.
Il problema in sé della violenza non è quindi attribuibile alle religioni in sé (tesi assurda e inconsistente), bensì piuttosto nella natura umana stessa, nella sua insanabile sete al potere.

Qualsiasi persona che usa la ragione ammette ed è consapevole di questo dato di fatto.

4) Luogo dove nasci, religione che pratichi... e l'ateismo?

È curioso notare l'assenza dell'ateismo nella seguente lunga lista:

"Facciamo una facile verifica e vedremo che, guarda caso, chi nasce a Delhi è indù, a Oslo è luterano, a Tel Aviv ebreo, cattolico in Italia e scintoista in Giappone, buddhista in Thailandia, a Mosca ortodosso, in Inghilterra anglicano e calvinista in Scozia, musulmano sunnita in Arabia, sciita in Iran, ismailita a Hunza in Pakistan e sikh ad Amritsar in Punjab, mormone a Salt Lake City, animista tra gli inuit e in tante foreste del mondo, e così via per valdesi, quaccheri, rastafariani, parsi, amish e quant’altro..."

Non è forse vero che chi è nato in Cina (come anche a Mosca - al contrario di quello che vuol far credere Paolo Bancale) ha buone probabilità di essere ateo, visto che lì troviamo una cultura atea (come conseguenza del comunismo)?
Eppure Paolo Bancale evita di fare questa osservazione, come anche non fa presente che persone nate e cresciute da atee in quel contesto abbiano poi aderito di propria spontanea iniziativa ad una qualche religione (l'ortodosso di turno a Mosca, prima ateo).

Sarà forse che una simile constatazione va contro la sua idea preconcetta che l'essere atei equivale allo stato naturale delle persone?

Mah, a me pare più che anche l'essere atei dipende dalla cultura circostante in cui si è nati e cresciuti.
L'ateismo diventa quindi una posizione tra le tante, e non la soluzione al problema del pluralismo religioso.

5) Sul presunto virus monoteista

Quello che si vuol far passare come il padre di tutte le guerre, il monoteismo, in realtà è riconducibile in ambito religioso a Zarathustra e al suo pensiero DUALISTICO, mentre in ambito filosofico ad Aristotele con il suo principio di non-contraddizione (la logica dell'out-out).

Detto in altro modo, è l'idea dell'esistenza del bene e del male, l'idea che se A è vero, allora B dovrà essere per forza di cose falso, che ha portato all'intolleranza di ciò che viene considerato come falso e il male.
Davvero peccato però che tutto il pensiero occidentale si basi proprio sul principio di non-contraddizione esposto da Aristotele (e non solo i vari monoteismi), e che quindi criticando tale principio si critica indirettamente tutto, dalle varie filosofie dei pensatori occidentali (incluso gli ateismi), al progresso tecnico che è avvenuto in occidente proprio grazie a tale dialettica (al contrario dell'oriente, dove sono rimasti palesemente indietro).

In soldoni: senza tale "virus" oggi non staremmo qui a comunicare via internet, e non ci sarebbe nemmeno l'ateismo.

6) Lo sviluppo della scienza è stato bloccato dalla religione?

Le cose non stanno esattamente così: http://www.bede.org.uk/sciencehistory.htm

Si dovrebbe anche smettere di abusare del caso di Galileo, il quale argomentava la sua tesi in modo errato. Intuizione giusta, ma argomentazione sbagliata.
Chiunque utilizzi la ragione gli avrebbe dato torto.

7) Giudizio finale dell'articolo di Paolo Bancale

Insufficiente. Ci sono troppe generalizzazioni negative nei confronti delle religioni, pregiudizi, preconcetti atei per essere considerato un buon articolo.
Il giudizio è ovviamente personale.

Ultima modifica di Elijah : 04-01-2012 alle ore 18.46.00.
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Vecchio 04-01-2012, 21.18.42   #2
paul11
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Riferimento: Commento sull'articolo di Paolo Bancale

Le religioni prigioniere dei loro dogma e creatrici di caste sacerdotali intermediarie fra il popolo e Dio e detentrici in terra del potere della verità assoluta, hanno fatto la loro storia dove le popolazioni hanno accresciuto il loro livello culturale. La sudditanza, la servitù al timor di dio
così simile al totem con il tabù di freudiana memoria ,almeno in occidente hanno veramente concluso a livello di dialettica culturale il loro cammino.
Si sta assistendo al passaggio dalla devozione che sfiora il becero fanatismo ad una fase in cui Dio viene conosciuto e riconosciuto attraverso la propria sensibilità dettata da una ricerca diretta sui testi sacri, senza mediazioni interpretative (per quanto sia possibile). Quindi finalmente si sta passando dall’ignoranza fanatica alla consapevolezza culturale attraverso anche l’esercizio del dubbio.
Questo porta ad una tolleranza culturale fra il credente e il non credente , alla discussione e al confronto.
La base affinché sia fruttuosa è la condivisione dei valori umani e sociali senza teocrazie , ma consapevoli che è nel libero arbitrio/libertà che tutte le religioni e spiritualità hanno fondamento, sia in chi crede al Dio del giudizio , sia a chi crede alla servitù karmatica e nel rispetto della tolleranza , mai anteponendo il pregiudizio del “io ho la verità assoluta”.
paul11 is offline  
Vecchio 10-01-2012, 20.42.24   #3
VanLag
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Riferimento: Commento sull'articolo di Paolo Bancale

Citazione:
Originalmente inviato da Elijah
Non è forse vero che chi è nato in Cina (come anche a Mosca - al contrario di quello che vuol far credere Paolo Bancale) ha buone probabilità di essere ateo, visto che lì troviamo una cultura atea (come conseguenza del comunismo)?
Scusa se non entro nel merito del discorso, ma una rettifica te la devo fare.
Secondo te poco più, poco meno di un secolo di comunismo può avere cancellato almeno 4 millenni di storia cinese?
I cinesi continuano ad essere confuciani e taoisti anche se forse si credono atei, esattamente come io, per il semplice fatto di essere nato in un paese cristiano continuerò ad esserlo, anche se ho fatto e faccio di tutto per cambiarmi.
Ma la sfida alle religioni non viene dalle altre ideologie. La sfida alle religioni viene dalla società industriale e dalla tecnologia, che negli ultimi due secoli stanno cambiando i valori della società contadina. Quei valori cioè che per millenni hanno dominato e guidato le nostre vite.
Se la società industriale e tecnologica non trova al più presto altri valori credo che per l'uomo non ci sarà storia.

Citazione:
Originalmente inviato da Elijah
Eppure Paolo Bancale evita di fare questa osservazione, come anche non fa presente che persone nate e cresciute da atee in quel contesto abbiano poi aderito di propria spontanea iniziativa ad una qualche religione (l'ortodosso di turno a Mosca, prima ateo).
Anche qui vale quanto ho detto prima. L'odierno ortodosso prima di essere ateo era ortodosso.

Citazione:
Originalmente inviato da Elijah
Quello che si vuol far passare come il padre di tutte le guerre, il monoteismo, in realtà è riconducibile in ambito religioso a Zarathustra e al suo pensiero DUALISTICO, mentre in ambito filosofico ad Aristotele con il suo principio di non-contraddizione (la logica dell'out-out).
L'origine del monoteismo non è conosciuta. Zarathustra con la sua Avesta non è databile e comunque è sicuramente posteriore alle dinnastia egizia di Akenathon, (1350 A.c.) da alcuni considerato appunto il fondatore del monoteismo. Prima di aristotele tutti i presocratici cercavano già un "principio eterno", che è un alias per dire Dio.

VanLag is offline  
Vecchio 23-03-2012, 10.16.07   #4
Giorgiosan
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Riferimento: Commento sull'articolo di Paolo Bancale

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Originalmente inviato da Paolo Bancale
Perché gli esseri umani si dicono “fedeli” di una qualsiasi religione mentre ignorano le altre e magari addirittura le avversano? Né hanno provato a starne senza e camminare sulle proprie gambe come hanno insegnato, tra gli altri filosofi, il Buddha e Kant? Questo è un problema su cui ho riflettuto molto trovandovi una discontinuità logica ed una abdicazione intellettiva verso quel fenomeno antropologico che sono le religioni prese in blocco come categoria etnico-sociologica. E qui non sono assolutamente in discussione etica, morale, spiritualità, amore, carità e men che mai “dio”, se c’è o non c’è, ritenendone il concetto, quale che sia, una personalissima, lecitissima, rispettabilissima, irrisolvibile e indimostrabile opinione che non cambia assolutamente i fatti. Deismo, teismo, panteismo, agnosticismo, ateismo sono “ismi” che appartengono al legittimo ed anche colto mondo delle opinioni personali, non verificabili né dimostrabili, ma a cui ognuno può liberamente accostarsi ritenendola la più giusta per lui. Quale che sia questa opinione, finché resta una visione di speranza individuale non fa alcun danno, anzi contribuisce al grande dibattito culturale. Il danno avviene, ed è grande, quando si passa all’associazionismo e colonialismo ideologico di massa che, avvalendosi del potere che detiene, come avviene nelle religioni istituzionalizzate e gerarchizzate, pretende di convertire, quando non coartare o reprimere, le libere opinioni altrui. Il pensiero umano dovrebbe restare avventura, presa di rischio, inseguimento di un ideale, amore pervasivo che non può essere ridotto a passiva infantile obbedienza a dogmi, cleri, libri e dicitur.

L’articolo di Paolo Bancale è molto “eterogeneo”, per usare un eufemismo; lo si deve commentare una parte alla volta.
Sarebbe stato metodicamente più razionale ed anche più corretto cominciare dando la definizione sociologica di religione che si assume invece di partire con una tirata demagogica piena di pregiudizi, di luoghi comuni, propri dell’ateismo militante e mai argomentati. Assomiglia l’ esordio ad un comizio.
Che tutti i credenti siano all’oscuro delle altre religioni è una opinione senza alcun fondamento in re e mi sembra una fotografia della realtà piuttosto datata. Ovviamente la conoscenza delle altre religioni sarà proporzionale al livello culturale di ognuno, così come ogni altro genere di conoscenza, e al momento storico. Forse Bancale ha tanti pregiudizi sul fenomeno religioso che non si cura affatto di conoscerlo veramente?

E’ vero che ci sono stati periodi storici in cui il cristianesimo ha coartato le conversioni e si è imposto con l’uso della forza politica ed è vero anche per quanto riguarda l’islamismo ma non è vero, ad esempio, per l’ebraismo e comunque l’uso della forza non è certamente connaturato alla religione cristiana.

L’individualismo di Bancale, che sembra avere qualche rapporto ideale con l’anarchismo, sembra avverso ad ogni forma di associazionismo, una avversione inutile, irrazionale ed utopica, dal mio punto di vista.
L’uomo non può prescindere dall’associarsi e non mi sembra proprio che sia necessario argomentare questa verità di fatto e di ragione.

Quanto all’obbedienza acritica ad un insegnamento dogmatico questo è strettamente relazionato all’educazione ed alla trasmissione di ogni tradizione. Cosa non viene trasmesso e assunto dogmaticamente? Le scienze forse? Le domande sono retoriche.
Dopo l'età dell'apprendimento acritico, viene l'età della riflessione e l'età della presa di posizione critica che non comporta necessariamente il rigetto dei primi insegnamenti.

L'ultima frase di Bancale è una espressione di puro romanticismo: ritengo utile una piccola dose di romanticismo che però quando diviene eccessiva sconfina nell'irrazionalismo come è stato storicamente.
Vorrei sapere se questa centralità dell'amore che condivido, Bancale, l'ha mutuata o e una sua originale concezione. Anche questa domanda indiretta è retorica.

Ultima modifica di Giorgiosan : 23-03-2012 alle ore 12.04.59.
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Vecchio 24-03-2012, 12.59.25   #5
Giorgiosan
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Riferimento: Commento sull'articolo di Paolo Bancale

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Originalmente inviato da Paolo Bancale
Che cosa è una religione?
Quando si dice religione si intende antropologicamente quel noto settario, in senso buono, spirito di gruppo che la storia ci ha fatto conoscere, mosso dal desiderio, spesso anche violento, di egemonizzare ed omologare a se stessi gli altri, di “colonizzare” ideologicamente e comportamentalmente individui e popoli, che impone riti di iniziazione e condizionamenti psichici fin dalla più tenera età, che pretende obbedienza agli addetti ai lavori della casta sacerdotale e che troppo spesso perseguita il dissenso. Insomma un movimento politico ed ideologico totalizzante e di potere.

A mio avviso, invece, l’etica collettiva e la morale individuale non provengono da queste organizzazioni finalizzate bensì dal profondo del cuore degli umani, dal vibrare dello spirito, dalla logica della condivisione e della reciprocità, dalla empatia dei sentimenti, e le vedo come traguardi laici, della nostra specie e del suo patrimonio filogenetico, senza la necessità di mediazioni, oltretutto così diverse, incompatibili e ostili tra loro quali sono le religioni istituzionalizzate.


A questo punto vediamo come e perché le religioni, il plurale è d’obbligo, siano controproducenti nel percorso di automaturazione dell’etica e del messaggio morale.
Innanzitutto, che significato ha l’“appartenere” ad una religione che dopo tutto è soltanto una credenza ereditata dal corpo sociale in cui siamo nati e vissuti, da noi non scelta ma fondamentalmente impostaci fin dalla più tenera età. Chiunque pensi di “credere” in una qualsiasi religione deve onestamente ammettere che egli deve quella religione, anziché una qualsiasi altra, soltanto al Caso, a sua totale insaputa. Egli la deve soltanto al dato fortuito di dove e quando il Caso lo ha fatto nascere, a quali genitori, lingua, clima ambiente storico e geopolitica il Caso lo ha predestinato, proprio come se il suo cervello, come un robot, fosse inderogabile funzione matematica delle coordinate geografiche del suo luogo di nascita.

Mircea Eliade, Georges Dumézil , Henry Corbin, Nathan Soderbloom, Emile Durkeim, Levi Strauss, Carl Jung, Michel Meslin, Henry Clavier, per citare alcuni nomi . Ognuno di questi antropologi della religione ha colto un aspetto, ne ha sottolineato un altro, gli uni talvolta in contrasto con gli altri ma nessuno di questi interpreta la religione come quel “ noto settario … mosso dal desiderio … ecc.ecc.” . Quindi “quel noto settario …” è mistificatorio e la citazione dell'antropologia a sostegno è "millantatoria". Le riflessioni antropologiche non si possono improvvisare con tanta disinvoltura.

Che l’etica collettiva e la morale individuale non abbiano come origine anche le religioni è una affermazione che ignora o vuole ignorare la storia dell’umanità. Le differenze delle morali religiose non sono rilevanti in rapporto alle fondamentali affinità anche se le varie istituzioni religiose sono state nel tempo e lo sono ancora fonte di conflitti per l’umanità.

Che la morale provenga dal “ profondo del cuore degli umani, dal vibrare dello spirito, dalla logica della condivisione e della reciprocità, dalla empatia dei sentimenti” non toglie che la morale e l’etica possano essere perfezionate, completate e condotte al loro vertice evolutivo da maestri morali che con l’esempio e la parola precedono le coscienze individuali nella consapevolezza, siano essi filosofi o spiriti religiosi o altro.

Laico non è una categoria distintiva rispetto a credente.

Trovo assai poco riflessa l’analisi che fa risalire al Caso, con la C, per via delle coordinate geografiche l’adesione ad un credo religioso e che questo abbia una rilevanza nel discorso che si sta facendo.
Rimarco, intanto, che il progressivo aumentare di tutti gli interscambi, commerciali, culturali, politici relativizza ogni tradizione e permette ad ognuno di accedere ad altre culture, religiose e morali. Lo conferma la varietà di confessioni presenti in ogni area del mondo.
Contrario a quello che si vorrebbe dimostrare essere una situazione negativa e specifica delle religioni è la constatazione che ogni individuo, dalla nascita alla morte, è soggetto, inevitabilmente, ad ogni tipo di influenza, a partire dalla dipendenza genitoriale, a quella scolastica, politica, ideologica, e religiosa: una condizione di ideale isolamento dalle influenze esterne non esiste. Contemplare una possibile realtà diversa da questa è privo di qualsiasi ragionevolezza. La vita in tutti i suoi aspetti è sempre relazione, "contaminazione", reciproca influenza.

Ultima modifica di Giorgiosan : 24-03-2012 alle ore 20.58.21.
Giorgiosan is offline  
Vecchio 28-06-2013, 21.40.58   #6
mariodic
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Riferimento: Commento sull'articolo di Paolo Bancale

Il commento di Paolo Brancale, ma anche i post che lo hanno preceduto mi hanno suggerito una sintesi della questione "Credo non Credo", questa sintesi la porrei, almeno per chi dice "non credo" così: "Ma non credi in cosa?". Se a questa domanda la risposta è quella di non credere in cose come riti, credenze d'altri, oggetti ai qualche speciale genere, affermazioni di persone che si dicono credenti, di maestri e loro insegnamenti, scritti sacri o non sacri o critici, di persone e di enti religiosi, tesi filosofiche, personaggi, seppure determinanti, tramandateci dalle scritture ecc., cioè cose del mondo cioè creature nel mondo, allora questo "non credere" non è esaustivo in quanto l'elenco delle cose a cui non ci si crede non comprende quella più importante ciè il proprio IO! Cioè l'IO universale, l'unico che l'IO, appunto, può sperimentare ma non può trasferire ad altro/i se non simulando una estensione del SE'. Mi si potrebbe rispondere, "ma l'IO sarà forse DIO?" Risposta: "no", o, meglio, non lo è perchè all'IO manca la D iniziale, vale a dire l'assolutezza della Conoscenza". Del resto nei vangeli ricorre la sottolineatura di Gesù quando dice che Lui è in DIO E Dio in Lui, ma aggiunge ancora, rivolgendosi agli apostoli, che Lui (Gesù) è in loro e loro in Lui.
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