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Vecchio 24-04-2014, 21.44.11   #1
Davide M.
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La fondazione del soggetto trascendentale secondo Adorno

In riferimento all'articolo di Alberto Simonetti, Negativo e problema della dialettica in Theodor W. Adorno, alla pagina 4. «Kant, conoscenza, pratica e negativo», Adorno pretenderebbe di trovare il fondamento del soggetto trascendentale su di un falso storico, ovvero l'identificazione idealistica di una mera funzione conoscitiva con un'attività empirica di una coscienza pensante.
Il primo punto sul quale Adorno viene a posizionarsi su di una siffatta alterazione dell'identità puramente funzionale-gnoseologica del soggetto trascendentale, è quello in cui oppone ad una vuota e formale libertà dello stesso quella umiliata di un soggetto politico, e quindi eminentemente empirico; forzatura unilaterale, in quanto il soggetto trascendentale kantiano è libero in quanto puro, e non, come velatamente sottinteso da Adorno, puro in quanto libero. E la sua libertà scaturisce proprio e necessariamente dalla sua natura trascendentale, e non è di questa succube, così come è libera qualsiasi attività che agisca senza essere succube di una realtà ad essa retrostante.
La libertà del soggetto trascendentale è giustificata dalla sua estraneità all'oggetto della sua conoscenza, che non è suo prodotto a priori, ma sua stessa giustificazione razionale a posteriori; l'io penso non produce i suoi effetti, ma di essi ne è causa. Questo è il classico equivoco nel quale cadono sovente i critici del criticismo kantiano.
Il soggetto trascendentale, invero, non trova limitazione alcuna alla sua attività unificatrice, in quanto l'oggetto di tale unificazione non è effetto di una causa formatrice ma solo di una causa ricettiva, quella dell'intuizione sensibile; ma senza la quale non sarebbe possibile alcuna conoscenza fenomenica e quindi necessaria. Per dirla con le stesse parole di Adorno, l’io trascendentale, garante del processo gnoseologico, non perde la sua possibilità di azione concreta, perché non si può perdere ciò che non si possiede. Una coscienza trascendetale è tale solo e in quanto pura, e non è nella sua natura quella di relazionarsi a qualcosa di contaminato dall'esperienza empirica, come potrebbe essere una coscienza empirica di un io vivente. Anzi, la sua trascendalità è la garanzia più significativa di qualsivoglia contaminazione dogmatica sia da parte del soggetto, come nelle intenzioni kantiane, sia da parte dell'oggetto, come nelle pretese adorniane.
Non manca alcuna corrispondenza con un'esistenza empirica, come stigmatizzato da Adorno, semplicemente perché l'io trascendentale non ne ha alcuna, essendo unicamente una funzione unificatrice dell'intelletto, e non un'attività riflessiva di una coscienza empirica.
Sull'aporia ravvisata in ambito morale, dove Kant avrebbe sottomesso il concetto di libertà alle stesse tavole categoriali dell'intelletto, secondo Adorno la sua stessa idea di libertà diventerebbe paradossale in quanto confinata in ambito pratico in sé stessa; dimenticando che invece la stessa risulta fondata, in ambito teoretico e non pratico, su di un concetto metafisico innato, che è il senso del dovere. Poiché all'agire umano, ambito pratico della libertà del soggetto empirico, è conveniente dare un fondamento puro onde evitare gli stessi fraintendimenti concettuali nei quali lo stesso Adorno puntualmente è caduto, è necessario che questo sia svincolato dal significato aleatorio e arbitrario che tradizionalmente si è dato, o voluto dare, al concetto stesso di Bene. Lì dove Kant aveva trovato il modo di ridare alla morale un fondamento trascendente e quindi assoluto, Adorno è ricaduto nella tradizione dogmatica di assoggettare l'agire umano ad una causa pratica e non teoretica, e in quanto tale relativa e non assoluta. Ma una morale che non sia fondata su di un valore assoluto, non può che avere come effetto un agire relativo e quindi negativo, laddove Adorno intende rivestire l'effimero e contraddittorio volere del singolo con una positività che è concettuale per sua natura, e non vedo come potrebbe l'aconcettualità di una negazione determinata come da lui intesa, essere di quello un fondamento pratico, quando una cosa così come un comportamento prima di essere tale deve essere necessariamente pensato, e non il frutto di impeto, stati d'animo e condizioni determinate.
Davide M. is offline  

 



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