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 Riflessioni Sociologiche - Commenti sugli articoli della omonima rubrica presente su WWW.RIFLESSIONI.IT - Indice articoli rubrica


Vecchio 03-01-2009, 10.16.49   #1
La_viandante
stella danzante
 
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Soggetti e nuove tecnologie tra dimensione sistemica e nuove socialità.

Come si sta modificando il sociale e la società attraverso le nuove tecnologie di comunicazione?
Ce ne parla sul sito Fedele Paolo in
https://www.riflessioni.it/riflession...cnologie-1.htm
Soggetti e nuove tecnologie tra dimensione sistemica e nuove socialità.
In un sistema dove la comunicazione è sempre più disincarnata, in mondi dove l’individuo sembra dissolversi, dove non è necessario essere presente fisicamente, perché la comunicazione si svolge in non luoghi, non esistono gli aspetti relazionali legati alla fisicità dell’individuo il qui ed ora ma una trasposizione di se stesso, della sua parte invisibile sempre in un altrove, come sta modificando la socialità?
Marc Augè, antropologo si è occupato dell’assenza spazio-temporale di numerosi nuovi luoghi che lui chiama non luoghi, come può esserlo un ipermercato, un aeroporto, dove si è (a parte il caso vi si lavori ) sempre solo di passaggio, non si è stanziali, non si creano rapporti, relazioni stabili, e il mondo virtuale sembra essere il non luogo per eccellenza.
Molti sono gli studi sociologici su questa nuova realtà, da McLuhan che ha visto nel mezzo il messaggio stesso, l’informazione che plasma la società la modifica reversibilmente, come un tempo la stampa rimpiazzò una cultura orale come la scolastica, che non seppe utilizzare al meglio la nuova via di comunicazione, ora la nostra cultura sta subendo un profondo cambiamento.
Il brano si conclude con
“Forse, anzi probabilmente, gli uomini in futuro troveranno altre forme comunicative (modalità di stare insieme) più sofisticate delle nostre oppure creeranno forme comunicative molto semplici che le nostre discussioni e i nostri problemi appariranno agli uomini del futuro come nostri semplici passatempi. Certamente però avranno bisogno di una nuova semantica per descrivere la società.”

Forse in questo momento di profonda trasformazione persino dell’individuo occorre cominciare a reinventarsi già da ora una nuova semantica laddove la realtà non è più come da sempre la esperiamo, ma in un perenne altrove, non luogo
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Vecchio 26-02-2009, 01.39.24   #2
UomoSuono
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Arrow Riferimento: Soggetti e nuove tecnologie tra dimensione sistemica e nuove socialità.

La virtualità sta ormai rimpiazzando il modello del colloquio fisico, non c'è più fisicità, espressione colloquiali di gesture visibili, ma tutto si è virtualizzato, ormai la semantica si è ritrasformata, sempre più i modelli verbiali fisici si sono incanalati nella virtual life.
Questo è futuro ma è anche presente, tutto si è esasperato alla follia...ci mancano solo gli "androidi" che ben presto soppianteranno gli umani per svolgere i nostri compiti, il cinema ha saputo rappresentare questo con "Io Robot", il "Tredicesimo Piano" e quanti altri flm.
Questa è una mia visione alquanto futuristica, ma il futuro nel presente è attuale.
Comunque questo non solo ha rotto il dialogo verbiale, ma ancor di più ha reso le persone impotenti di fronte a questo.
Finiremo alla fine di fare la fine di "Matrix"....a essere governati dalle "Macchine"...chi lo sà quel che accadrà....
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Vecchio 06-03-2009, 15.17.15   #3
senzanome
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Riferimento: Soggetti e nuove tecnologie tra dimensione sistemica e nuove socialità.

Citazione:
Originalmente inviato da La_viandante
Forse in questo momento di profonda trasformazione persino dell’individuo occorre cominciare a reinventarsi già da ora una nuova semantica laddove la realtà non è più come da sempre la esperiamo, ma in un perenne altrove, non luogo

a proposito di perenne non luogo, di perenne altrove...
ma anche di virtualità e di colloquio fisico.

Da Il corpo, luogo di utopia di Michel Foucault:

Il mio corpo, in realtà, è sempre altrove. E' legato a tutti gli altrove del mondo. E, a dire il vero, è altrove solo nel mondo. Perché è intorno a esso che le cose si dispongono, è rispetto a esso, e rispetto a esso come rispetto a un sovrano, che ci sono un sopra, un sotto, una destra, una sinistra, un avanti, un dietro, un vicino, un lontano. Il corpo è il punto zero del mondo ... Il corpo non è da nessuna parte. E' nel cuore del mondo, questo piccolo nocciolo utopico a partire dal quale io sogno, parlo, avanzo, immagino, percepisco le cose al loro posto e insieme le nego con il potere indefinito delle utopie che immagino. Il mio corpo è come la Città del Sole, non ha luogo, ma è da lui che escono e risplendono tutti i luoghi possibili, reali o utopici.
....
... sono il cadavere e lo specchio che ci insegnano, o meglio, che insegnano ai greci e ora insegnano ai bambini, che abbiamo un corpo; che questo corpo ha una forma; che questa forma ha un contorno; che dentro a questo contorno ci sono uno spessore, un peso; insomma che il corpo occupa un luogo. Sono lo specchio e il cadavere ad assegnare uno spazio all'esperienza profondamente e originariamente utopica del corpo.
...
E' grazie a loro, grazie allo specchio e al cadavere, che il nostro corpo non è pura e semplice utopia.
...
Anche l'amore, come lo specchio e come la morte, placa l'utopia del tuo corpo, la fa tacere, la calma, la rispone come in una scatola, la chiude, la sigilla. E' per questo che è così vicino all'illusione dello specchioe alla minaccia della morte. E se, nonostante sia circondato da queste due pericolose figure, ci piace tanto fare l'amore, è perché nell'amore il corpo è "qui".



E così, se per Marc Augè è il mondo virtuale ad essere il non luogo per eccellenza, per M. Foucault è il corpo a essere il non luogo, o meglio luogo di u-topia.
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Vecchio 07-03-2009, 11.43.53   #4
La_viandante
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Riferimento: Soggetti e nuove tecnologie tra dimensione sistemica e nuove socialità.

Ringrazio per aver riesumato questo mio thread e potermi dar modo di continuare un argomento che mi appassiona molto. Passando attraverso alcuni spunti che avete dato vorrei aprirne altri man mano che si affollano nella mia mente.
Una delle prime cose che accende una lampadina è utopia, la parola che letteralmente nella sua etimologia indica il non luogo e immediatamente mi richiama alla mente una delle ultime cose che mi è capitato di leggere.
Riallacciandomi anche all’altro thread di Neve sulle modalità dell’essere ed il social network è, l’ambito internettiano, solo una delle accezioni in cui possiamo usare la parola “virtuale” giacchè già prima che internet facesse la sua comparsa tante occupazioni un tempo umane non solo da oggi sono svolte da macchine, pensiamo agli sportelli automatici, il prelievo al bancomat, i distributori automatici, questi sono ambiti in cui non si creano delle relazioni tra due uomini, la comunicazione esce dal soggetto e si esaurisce nella macchina, senza un “osservatore”. L’individuo è dunque in una relazione che non ha “luogo”. in una comunicazione reale c’è chi produce il messaggio in uscita e il ricevente, ma nella moderna comunicazione c’è il mezzo di mezzo, lo strumento, e se tanto l’ho avversato ad una prima lettura, oggi devo ricredermi, McLuhan aveva perfettamente ragione, è il mezzo a costituire la comunicazione, ma non solo! la comunicazione stessa è l’essere, non è il mero pensiero che mi dimostra di esistere, è la sua comunicazione ad altri che mi dà conferma di esistere, ma il mezzo stesso plasma la comunicazione e il mio messaggio non è già più me.
Per fare un paragone Dostoevskij fa dire al Grande Inquisitore rivolto a Cristo stesso, in persona “Tu hai trasmesso tutto al papa e quindi ora tutto è nelle mani del papa” per assurdo se anche dio in persona fosse venuto giù sulla terra il suo messaggio non avrebbe nessuna speranza di essere accolto, l’uomo se n’è fatto mezzo, la chiesa è quel messaggio e Cristo stesso non ha nessuna speranza di ottenere giustizia. Neppure l’assoluto fatto persona per assurdo potrebbe sottrarsi a questa legge.
Mi son persa per strada l’utopia, bene Zigmunt Bauman ne parla ampiamente nell’ultimo capitolo del suo Modus Vivendi, inferno ed Utopia (appunto) nel mondo liquido.
Citando autori come Tommaso Moro e Oscar Wilde dà a questa parola il suo senso originario molto diverso da quello che oggi si è soliti darle, il non luogo non è sinonimo di chimera, illusione irrealizzabile, è qualcosa verso cui tendere, il motore stesso del progresso, quello che nel mondo solido, il mondo dei produttori costituiva il fine cui giungere attraverso un cambiamento dello stato delle cose, profondamente ingiusto ad uno stato di felicità di giustizia sociale e tanto altro. Nel mondo dei consumatori invece l’utopia è la costante perenne corsa alla soddisfazione di bisogni senza che li si possa mai soddisfare, perché sempre nuovi: il non luogo per l’appunto.
Tornando a Dostoevskij che intendeva esprimere il suo smarrimento da credente davanti a quello che lui riteneva essere il tradimento della Parola io penso invece che non di tradimento si tratta ma di corso naturale e inevitabile delle cose, qualunque mezzo finisce per essere il messaggio stesso, traduce e tradisce per ovvie ragioni le parole, le stesse parole attraversando diversi ambiti e situazioni diventano tutt’altro da ciò che erano in origine, come utopia nel corso dei secoli e come una qualsiasi parola o insieme di parole attraverso il mezzo che le ricrea.
Il mezzo stesso sta cambiando la semantica e attraverso questa l’identità della persona. L’essere.
Per ora penso di fermare qui il post, ma da quanto detto immagino che chiunque possa avvertire la necessità di porre un limite, di tentare per lo meno di arrestare questo processo, magari andando a recuperare proprio le cose nel loro senso originario, l’utopia come fiducia dell’uomo in se stesso, nelle sue possibilità attraverso l’uso di uno dei suoi strumenti, la Ragione per invertire la rotta fin qui protratta. Mi riservo di tornarci nuovamente su magari aspettando altre vostre riflessioni, da cui ripartire
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Vecchio 15-03-2009, 10.19.34   #5
La_viandante
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Riferimento: Soggetti e nuove tecnologie tra dimensione sistemica e nuove socialità.

Terminata la lettura di un altro intellettuale che si è speso nel tentativo di analisi su comunicazione e media, Neil Postman, aggiungo qualcosa.
Postman ha la sua giusta dose critica nei confronti dei mezzi di comunicazione, con giusta dose intendo dire che è equilibrato e non scade né nel pessimismo radicale che si avverte tante volte in Bauman, né in tante di quelle risposte che alcuni intellettuali propongono, come per Galimberti il quale ritiene il nichilismo una soluzione, o Severino che appiattisce tutto in un perenne nonsense postmodernista.
Non sottovaluta l’importanza del progresso ma ne vede la necessità di operare una analisi critica, di porsi alcune domande e esortare a che esse occupino spazi pubblici.
Da linguista avverte che, se la semantica è il contenuto delle parole, la comunicazione odierna ne sta sradicando il significato e se le parole smettono di comunicare quello che realmente significano ne deriva una ignoranza sempre crescente, ed una mancata aderenza dell’uomo al suo vivere nell’ambiente.
Là dove, scomparendo man mano l’abitudine alla lettura, rimpiazzata da “informazione” per lo più in forma di brevi slogan, come la pubblicità ed i telegiornali ma anche sempre più spesso i giornali di carta fanno, come anche la rete coi suoi siti nei quali deve presentare i prodotti in brevi accattivanti slogan, o la scrittura sul web che non deve essere prolissa, deve contenere frasi riassuntive e testi concisi, mai perdersi in lunghe dissertazioni, qui si crea terreno fertile per tornare alla vita tribale.
In altre parole la lettura articolata stimola delle capacità che non possono essere attivate invece in altre modalità di ricezione di informazione, media caldi e freddi avrebbe detto McLuhan, del quale Postman è stato allievo.
Ritiene di grande importanza lo studio di quali ripercussioni possa avere la modalità di comunicazione sulla società al fine di imparare ad usarla piuttosto che farsene usare.
In un mondo sempre più tecnologico dove ciò che conta è la velocità, dove l’informazione deve passare nel più veloce dei modi possibili per far posto a quelle sempre nuove (e non lasciando dunque nemmeno traccia nella memoria), liquida direbbe Bauman, io dico frammentaria, Postman dice che non dà gli strumenti adatti a chiedersi il perché di una notizia piuttosto che un’altra. Perché al tg si sente di un kamikaze in un luogo mentre nel mondo gli omicidi sono tanti di più, perché si sceglie quello tra i tanti? Questa domanda raramente ce la poniamo, quando dovrebbe essere invece l’approccio più utile alla nostra formazione di conoscenza.
La comunicazione diventa sempre più stimolo-risposta, senza passare per le vie razionali di riflessione e rielaborazione, la tv parla sempre di più alla pancia e genera reazioni istintive, e per ovvie ragioni inefficaci. Pensiamo alle ronde, il problema dell’immigrazione è da ricondurre a grandi ragioni di globalizzazione, ragioni globali difficilmente risolvibili al livello locale, ma tanta gente è pronta a scendere in strada e fare le ronde, tipica modalità di risposta di pancia e irrazionale e che non risolve nulla, nemmeno placa la paura perché è essa stessa che si autogenera prendendo da se stessa linfa vitale.
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Vecchio 30-10-2009, 21.06.43   #6
Lilly
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ciao e innanzitutto piacere, sono Lilly.
io ho notato che il mondo di internet sta cambiando i nostri bisogni. E' una cosa che a dire il vero avevo notato già qualche anno fa con l'avvento dei cellulari, prima che internet si diffondesse così tanto. Avevo notato che i cellulari incrementavano il nostro bisogno di comunicare. Ora è la stessa cosa con internet ma amplificata a tremila. Il fatto stesso che abbiamo possibilità di comunicare fa sì che quando non possiamo comunicare ci viene l'angoscia. siamo diventati troppo dipendenti non tanto dalla tecnologia quanto dalla comunicazione. Seppur virtuale, ci ha creato un'enorme dipendenza. Voi che dite?
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Vecchio 20-11-2011, 20.00.06   #7
Tempo2011
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ciao e innanzitutto piacere, sono Lilly.
io ho notato che il mondo di internet sta cambiando i nostri bisogni. E' una cosa che a dire il vero avevo notato già qualche anno fa con l'avvento dei cellulari, prima che internet si diffondesse così tanto. Avevo notato che i cellulari incrementavano il nostro bisogno di comunicare. Ora è la stessa cosa con internet ma amplificata a tremila. Il fatto stesso che abbiamo possibilità di comunicare fa sì che quando non possiamo comunicare ci viene l'angoscia. siamo diventati troppo dipendenti non tanto dalla tecnologia quanto dalla comunicazione. Seppur virtuale, ci ha creato un'enorme dipendenza. Voi che dite?
I due mezzi di comunicazione, li vedo un tantino differenti; nel senso che il telefono, spesso, serve per comunicare con le persone a noi care, come amici e parenti che ci sono lontani, mentre internet ci mette in comunicazione con tutto il mondo. Per altro, il desiderio a tremila di comunicare con gli altri nel web, dipende molto dalla nostra solitudine, poiché più si vive isolati più sentiamo impellente quella necessità. La mia potrebbe essere una sensazione sbagliata, ma i desideri sembrano siano amplificati sempre dalle richieste di una mancanza.
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Vecchio 19-12-2011, 22.40.04   #8
paul11
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Ma il soggetto storico rimane l'uomo, quello che da secoli non ha cambiato il suo essere e la sua essenza pur sulla via della conoscenza. La tecnologia è strumento o metastrumento che può condizionare l'uomo, ma non mutarne il suo essere. E allora l'uomo della post modernità della società visiva è mediatica ha più significato nella storia o ne è diventato condizionato?
Lo strumento tecnologico, la scienza il prodotto storico della conoscenza dell'umanità ora è divenuto soggetto che condiziona l'atomismo umano.
L' uomo nella costante ricerca di un significato di una relazione che lo giustifichi nel mondo , solo nella solitudine dell'etere dell'impersonale del tutto e tutti standardizzato alla ricerca dell'attimo di notorietà e celebrità .
paul11 is offline  

 



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