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 Riflessioni sulla Laicità - Commenti sugli articoli della omonima rubrica presente su WWW.RIFLESSIONI.IT - Indice articoli rubrica


Vecchio 25-01-2009, 17.16.06   #1
chlobbygarl
Lance Kilkenny
 
Data registrazione: 28-11-2007
Messaggi: 362
Riflessioni sulla laicità.Dott.Loprieno

Da:

https://www.riflessioni.it/laicita/riflessioni-sulla-laicita-1.htm

Rispondo per punti al contributo di Donatella Loprieno quotandolo tutto.
Citazione:
Nel contesto delle discussioni in merito a tali materie, tanto negli ambienti cattolici tanto in quelli (sedicenti) laici è divenuto frequente l’uso di locuzioni del tipo: laicità buona, giusta, sana lasciando sottointendere che, da qualche parte o in qualche momento, vi sarebbe una laicità cattiva, ingiusta, insana. Tale profusione di aggettivazioni certamente non contribuisce a fare chiarezza ed, anzi, ha favorito una attribuzione di significati (una sorta di “ermeneutica della laicità”; sul punto si veda V. Pacillo, in www.olir.it) tale da far assumere alla laicità connotati diametralmente opposti. Ora, se pure è vero che il concetto di laicità, come modo di essere dello Stato costituzionale moderno e contemporaneo, presenta una endemica vaghezza e non conosce un unico modello di implementazione, da più parti se ne è attestata (o, forse, auspicata) la crisi ‘profittando’ proprio della indeterminatezza e incertezza dei suoi contenuti, della polisemia e della equivocità a cui si presta.
dott.Leoprieno, la endemica vaghezza e la equivocità con cui lei definisce lo status attuale della laicità, altro non sono a mio avviso che condizioni essenziali al suo invece pieno svilupparsi nel tessuto e nel dibattito sociale.Posta infatti come pietra fondante il concetto di laicità che escluda qualunque dogmatismo, dobbiamo elidere però anche qualunque di quelli proto-giuridici che sovente assume: ad esempio il concetto di laicità può, deve, ben concedersi di osservare in ordine a sè stesso il dibattito su quale e quanto dialogo intrattenere con i diversi culti, qualunque sia l'interpretazione che si dà del trattato costituzionale.Lei tocca il punto poco più sotto, e pare assumere come "equivoca" la posizione di un laico che intendesse improntare alla contaminazione dialettica il rapporto con i diversi culti, prefigurando la necessità di porre un limite a tale dialogo.Eppure, qualunque culto ha meno bisogno di Lei, laica, dell'assenza di un dialogo oggettivo e secolarizzante, mentre invece prolifera e deriva... nella chiusura ideologica che impedisce tale dialogo.
Citazione:
La laicità, piuttosto, presenta un contenuto inequivocamente giuridico e la edulcorazione della sua consistenza altro non produce se non l’impoverimento del pluralismo che della democrazia resta uno dei principali connotati. Il nucleo minimo ‘indisponibile’ del principio di laicità pretende dallo Stato “equidistanza ed imparzialità nei confronti di tutte le confessioni religiose” (Corte cost., sent. n. 508/2000); impone allo Stato di assicurare pari protezione alla coscienza di ogni persona che si riconosca in una fede, quale che sia la sua confessione di appartenenza e la visione immanente o trascendente dell’esistenza umana (Corte cost., sent. n. 440/1995); richiede ai pubblici poteri di mantenere sempre distinto “l’ordine delle questioni civili” dall’ordine delle questioni religiose. Da quest’ultimo corollario del principio di laicità discende che il sentimento religioso ed il senso di dovere verso di esso che caratterizza i fedeli non possono essere imposti come mezzi al fine dello Stato cui rimane precluso di “ricorrere a obbligazioni di ordine religioso per rafforzare l’efficacia dei propri precetti” (Corte cost., sent. n. 334/1996).
Lei conosce certo meglio di me la quantità di scritti in ordine a laicità e costituzione, "come", "quale", "dove".A partire dalla carta costituzionale dunque non è nè semplice nè scontato definire cosa sia in Italia laicità, il diritto appare 'solo' continua elaborazione, questo anche sembrano suggerire le sentenze da lei citate, intervenute per cogenza socio-giuridica 50 anni dopo la stesura di quella carta.E allora non sarebbe necessario dirsi almeno che, anche ove definita giuridicamente diciamo per esclusione, la laicità sia effettivamente conseguibile come fatto solo in seguito al suo aprirsi alla speculazione proprio in quanto concetto polisemantico?Se laicità e pluralismo democratico sono prodromi l'uno dell'altra, quando non sinonimi come lei considera, perchè laicità non può contemplare al suo interno un pluralismo di voci in positivo fermento?Perchè laicità viene fatto coincidere sempre con una nettezza di posizioni che pare avere le sembianze paradossali più del culto dogmatico che del 'veicolo' razionale, democratico e pluralista?

Citazione:
Come può evincersi da queste pochissime notazioni, ad entrare in gioco sono le acquisizioni irretrattabili del modello pluralista e del pluralismo delle fedi e delle visioni del mondo che sono tra le virtù principali dello Stato costituzionale contemporaneo. A voler essere più precisi, invero, occorre ricordare come lo stesso Stato moderno, quale forma di organizzazione del potere politico, nasce sulla premessa fondante e fondativa di vanificare il ruolo della religione come fonte di legittimazione del potere e come collante per una civile convivenza dei consociati. È quantomeno ragionevole pensare che ciò sia accaduto perché le religioni (o meglio le Chiese) non hanno dato sufficienti prove della loro capacità di unire.

La scelta dei Costituenti italiani del 1948, in linea con quanto stava accadendo nel resto della vecchia Europa, fu di inserire nella Carta fondamentale, in forma solenne ed indisponibile a qualsiasi futura maggioranza parlamentare, i principi per una rinnovata convivenza basata principalmente sui diritti e sulle libertà e sulla pari dignità sociale delle persone, senza alcuna discriminazione di sorta. Ciononostante le tentazioni temporaliste della Chiesa (storicamente e socialmente dominante) di esercitare una potestas indirecta ovvero una ingerenza su qualsiasi materia coinvolgente profili religiosi, sopite a seguito del Concilio vaticano II, si sono talmente rinvigorite in questo scorcio del nuovo millennio da aver svuotato di senso e di contenuto l’idea della laicità.

La carica esplosiva insita nell’idea di uno Stato equidistante dalle confessioni religiose perché sufficientemente in grado di determinare da sé l’etica pubblica, avendo come sua stella polare i principi sanciti nella Costituzione, si depotenzia ogni volta che le gerarchie ecclesiastiche ‘suggeriscono’ ai rappresentati del popolo sovrano i parametri cui commisurare la ‘bontà’ della laicità stessa (come chiedere ai rei di reinterpretare la norma incriminatrice).

E si badi bene che non sono per essa rilevanti soltanto le classiche materie in cui la Chiesa ha, da sempre, appuntato la sua attenzione (insegnamento, riconoscimento civile dei matrimoni, famiglia, presenza di ministri di culto nelle istituzioni segreganti, esenzioni fiscali e varie); piuttosto essa tende a farsi portatrice di un ethos generale valido per tutta la società, somministrando ricette per l’immigrazione, le politiche sociali o contro ogni ‘sovvertimento dell’ordine naturale’. La laicità strettamente intesa, ovvero quanto di indisponibile vi è nella sua natura, viene identificata dalle gerarchie ecclesiastiche con il relativismo etico e con il pensiero debole, con lo sfrenato edonismo e l’egoismo individualistico, con il materialismo o con lo scientismo. La libertà di coscienza, il convincimento che valori, fedi, credi sono relativi a chi li professa, sovente vengono spacciati per relativismo etico, per assenza di valori, per indifferenza verso le diverse opzioni etiche.

Possiamo, dunque, dire che, pur non presentando i connotati tragici del passato (anche recente), i problemi legati ad un pieno dispiegamento dei molteplici contenuti del diritto di libertà religiosa (che implica anche una libertà dalla religione essendo assodato che anche gli atei godono di piena cittadinanza costituzionale; sul punto si leggano le interessanti notazioni di E. Lecaldano, Un’etica senza Dio, Laterza, Roma-Bari, 2006) continuano a riprodursi, oggi, con nuove ed inedite sembianze. Sono in molti ad interrogarsi sulle cause che avrebbero determinato questa ‘rivincita di Dio’ e cioè la deprivatizzazione dell’esperienza religiosa che, da fenomeno individuale destinato a declinare a fronte della modernità e dei processi di secolarizzazione, ha rinverdito le sue pretese di farsi coscienza collettiva e vuole ambire a rioccupare gli spazi pubblici.

Anche dove le derive fondamentaliste, tipiche di ogni pretesa che si erge a verità assoluta e non negoziabile, sono meno di ostacolo ad una armoniosa integrazione tra le diverse istanze, la discussione intorno ai temi della laicità delle istituzioni pubbliche, dei suoi apparati e delle sue politiche, ha assunto toni intensi e problematici. Infatti, è assai controverso come il ‘ritorno al sacro’ possa coniugarsi con processi di secolarizzazione, altrettanto forti, osservabili nelle nostre società. Nel passaggio storico sotteso al nuovo millennio emergono nuove contraddizioni. Per esempio, da una parte, i processi di integrazione europea tendono a diluire le specificità nazionali; dall’altra, i processi di complessificazione della società e di erosione della capacità regolativa del diritto (e della politica) nei confronti dell’ordine economico, risvegliano il bisogno di confortanti identità.


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chlobbygarl is offline  
Vecchio 25-01-2009, 18.09.18   #2
chlobbygarl
Lance Kilkenny
 
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Messaggi: 362
Riferimento: Riflessioni sulla laicità.Dott.Loprieno

Citazione:
[...] sempre da: https://www.riflessioni.it/laicita/ri...-laicita-1.htm
Un collante, in questa ricerca di tratti identitari, è costituito proprio dalla comunanza di fede, accreditata di una più coinvolgente intensità in quanto l’agire delle persone di fede sarebbe sollecitato non solo da un senso di doverosità verso sé stessi e l’umanità, ma verso una entità che le sovrasta ed alla quale esse credono di dover prestare devozione ed obbedienza. Rebus sic stantibus, da più parti si auspica un recupero della capacità dialogica tra i sostenitori della dimensione laica e secolarizzata e chi ritiene imprescindibile attingere al patrimonio della dottrina sociale della Chiesa onde evitare un allentamento ‘degenere’ dei vincoli sociali. A cosa è dovuta siffatta urgenza e, soprattutto, quanto è praticabile il dialogo?

Nell’era del postsecolare, come da taluno viene definito l’attuale contesto storico-sociale europeo, le società, pur avendo introiettato ed accolto i risultati della secolarizzazione tanto sul piano giuridico-istituzionale tanto su quello dei comportamenti individuali e collettivi, sembrerebbero ritrovarsi in uno ‘stato di insicurezza morale che porta le religioni a offrire il loro aiuto, in particolare nelle problematiche connesse alla natura umana’ (G. E. Rusconi, Non abusare di Dio. Per un’etica laica, Rizzoli, Milano, 2007), influenzando per tale via la determinazione dell’etica pubblica.

Il vincolo ad obbedire, per i fedeli, vale non solo nella professione di fede ma anche nella loro qualità di cittadini in nome di quella verità ultima di cui la Chiesa si fa interprete unica non rendendola disponibile alla verifica dell’etica del dubbio (si veda, da ultimo, il densissimo libro di G. Zagrebelsky, Contro l’etica della verità, Laterza, Roma-Bari, 2008).

L’etica pubblica, quando si traduce in statuizioni di diritto, necessita di norme di portata generale la cui primigenia fonte di ispirazione, nello Stato liberal-costituzionale, è il catalogo dei principi costituzionali e non certamente la dottrina morale della Chiesa. Detto in altri termini, si condivide appieno quella dottrina che vuole estranea alla esegesi delle disposizioni costituzionali la ricerca della giustificazioni dei diritti di libertà e dei loro antecedenti. Se uno Stato vuole dirsi autenticamente laico, se vuole reggersi sulle sole risorse che il disegno costituzionale ha prefigurato, se vuole costruire dialetticamente il proprio ethos, allora non può – a meno di rinnegare le sue stesse premesse – chiedere ad altri di delinearne il contenuto abdicando ad essi un tale immane compito.

Il surplus di rappresentazione delle posizioni della Chiesa, ogni volta che essa rivendica a sé la ‘naturalezza’ di giudizi etici assoluti sulle vicende umane, conferisce a tale confessione uno status iper privilegiato che è formalmente e sostanzialmente incompatibile con la cittadinanza democratica. Nello Stato costituzionale, come osserva Zagrebelsky, non può esistere una verità assoluta, unilateralmente intesa, da far valere come verità per tutti. A fronte di una asserita verità non discutibile e non negoziabile, ad esempio in merito alla naturalità della famiglia eterosessuale fondata sul matrimonio e sulla innaturalità ‘disordinata’ e ‘peccaminosa’ delle relazioni omosessuali, il laico fino a che punto può rinunciare al proprio punto di vista ed accettare supinamente che l’Italia al riguardo sconti un ritardo gravissimo rispetto agli altri ordinamenti europei?


Di quest’ultima tematica, e di molte altre (dalla libertà di coscienza e di ateismo fino alle questioni di bioetica, dalle limitazioni possibili della ricerca scientifica fino alla censura cinematografica per motivi religiosi), tenterò di occuparmi, prossimamente, in questa rubrica.

A me pare in sintesi che anche quando riuscissimo ad escludere per via giuridica la possibilità della chiesa cattolica di esprimersi "ingerendo" le questioni temporali dello stato italiano non avremmo risolto granchè, se il problema è culturale prima che giuridico.

La laicità è inequivocabilmente un terreno da edificare sottraendolo alle mani di qualunque culto retrivo e oscurantista, conservatore e discriminatorio.Ma tutto questo non possiamo farlo a suon di proclami sdegnosi strutturati come enunciazioni cattedratiche in relazione a presunte violazioni della carta costituzionale da parte degli ecclesiasti: non possiamo perchè il terreno è minato.....in quanto il vaticano - riprendo per sommi capi da una mia precedente discussione sul forum -

è uno stato "straniero", istituito con il trattato dei patti lateranensi del '29 allo scopo di garantire primariamente l'indipendenza del pontefice nello svolgimento della sua missione evangelica nel mondo (Italia compresa).
http://www.giustizia.it/cassazione/leggi/l810_29.html
Premesso quindi:
"Che la Santa Sede e l'Italia hanno riconosciuto la convenienza di eliminare ogni ragione di dissidio fra loro esistente con l'addivenire ad una sistemazione definitiva dei reciproci rapporti, che sia conforme a giustizia ed alla dignità delle due Alte Parti e che, assicurando alla Santa Sede in modo stabile una condizione di fatto e di diritto la quale Le garantisca l'assoluta indipendenza per l'adempimento della Sua alta missione nel mondo,"


dovendosi intendere, immagino, per alta missione nel mondo l'opera di evangelizzazione del medesimo (Italia compresa).
La religione cattolica dopo il concordato del '29, ratificato con voto unanime nell'art 7 comma 2 della Costituzione, sembra a tutti gli effetti religione di stato con tutto quanto ne consegue.Lo stesso accordo di villa madama dell'84 ribadisce "Art.2 - Le garanzie in ordine alla missione salvifica, educativa e evangelica della Chiesa Cattolica.".L'articolo 1 di detto accordo rimanda all'art.7 della cost. Art 1- L'Indipendenza e la Sovranità dei due Ordinamenti, Stato e Chiesa in linea con il dettato Costituzionale - art 7-. che a sua volta rimanda ai patti lateransì così modificati.

Citazione:
[..]L’etica pubblica, quando si traduce in statuizioni di diritto, necessita di norme di portata generale la cui primigenia fonte di ispirazione, nello Stato liberal-costituzionale, è il catalogo dei principi costituzionali e non certamente la dottrina morale della Chiesa. Detto in altri termini, si condivide appieno quella dottrina che vuole estranea alla esegesi delle disposizioni costituzionali la ricerca della giustificazioni dei diritti di libertà e dei loro antecedenti. Se uno Stato vuole dirsi autenticamente laico, se vuole reggersi sulle sole risorse che il disegno costituzionale ha prefigurato, se vuole costruire dialetticamente il proprio ethos, allora non può – a meno di rinnegare le sue stesse premesse – chiedere ad altri di delinearne il contenuto abdicando ad essi un tale immane compito.
in particolare questo suo paragrafo dottoressa mi pare emblematico, per il quale la costituzione appare un testo congelato e asettico rispetto al contesto sociale nel quale è maturato/che lo ha prodotto.Credo invece che status etici e diritti si conquistino, nel senso di rimodellarli, sul terreno dell'elaborazione sociale e dialettica più ampia, necessariamente più pregnante e 'contemporanea' nell'indicare orientamenti e fermenti rispetto al trattato costituzionale, pur esso fondante e 'inviolabile'.Una secolarizzazione progressivamente maggiore ed effettiva dei culti potrà ottenersi a mio avviso solo con il totale abbandono da parte del mondo laico di diniego e tabù in ordine al concetto di dialogo contaminatore: analisi critica da parte laica delle carte bibliche alla luce di ragione interpretativa, disponibilità però a confrontarsi col credente non ritenendolo un decerebrato eterodiretto ma invece una persona che si confronta/ricerca la propria dimensione spirituale e metafisica, posto che nessuno di noi laici sia in grado di eradicarla da sè stesso, nè di eluderla con un atto di raziocinio.
chlobbygarl is offline  
Vecchio 05-08-2009, 14.19.32   #3
Gianfry
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Riferimento: Riflessioni sulla laicità.Dott.Loprieno

Laicità vs Laicismo

Quando si intende la "misura dell'interesse" come conseguenza di un Dovere di Rispetto si parla di Laicità; quando invece la si intende come conseguenza di un Diritto di Libertà (senza un sottostante Dovere di Rispetto) si parla di Laicismo. In altre parole, è laico un interesse che viene difeso rispettando, secondo i valori della propria misura dell'interesse, se stessi e gli altri; è laicistico un interesse che viene difeso imponendo la propria Libertà, secondo i valori della propria misura dell'interesse, agli altri.

Questa distinzione pone in risalto una differenza sostanziale importante tra Rispetto e Libertà: mentre il Rispetto è collettivo (nel senso che per sua natura riguarda tutti, colui che rispetta compreso quindi: rispetto verso se stessi), la Libertà è egoistica (nel senso che per sua natura riguarda solo se stessi: libertà del singolo individuo o di un gruppo di individui): e non può che essere così, perché la Libertà non può logicamente essere esercitata nella sua totalità da più di un soggetto contemporaneamente.

Dobbiamo cioè distinguere tra Libertà assoluta e Libertà relativa: la prima è "libertà dalla Legge", la seconda è "libertà nella Legge". La Libertà assoluta è cioè un comportamento privato (che riguarda quindi l'Etica privata) mentre la Libertà relativa è un comportamento pubblico (che riguarda quindi l'Etica pubblica).

In un sistema con più di un attore, è per definizione necessario limitare la Libertà degli attori affinché il sistema esista: ogni sistema (o realtà), in quanto essenza limitata nel tempo e nello spazio, per definizione necessita di limitazioni che stiano alla base della sua stessa esistenza. Senza limitazioni, infatti, nessuna essenza può essere definita concettualmente e di conseguenza anche spazialmente e temporalmente.

Il comportamento laico è un comportamento che si basa solo sulla Libertà relativa, intesa come conseguenza "residua" del Rispetto della Legge. Il comportamento laicistico è un comportamento che si può basare sia sulla Libertà assoluta sia sulla Libertà relativa, intese però non come conseguenza "residua" del Rispetto della Legge bensì come concetto originario.

Tale natura egoistica della Libertà (che permette la distinzione tra Libertà assoluta e Libertà relativa) non esiste nel Rispetto, il quale come detto è collettivo. Il Rispetto, cioè, non può mai essere per definizione relativo, poiché è un concetto limitante e non un concetto limitato (o illimitato). E come ogni concetto limitante, la sua funzione è assoluta, è regola, è Legge. Un concetto limitante è per definizione l'insieme di "paletti" posti per definire gli ambiti concettuali, spaziali e temporali di determinati concetti limitati.

La Laicità è quindi un comportamento pubblico, cioè che si basa sull'interesse pubblico; il Laicismo è invece un comportamento privato, cioè che si basa sull'interesse privato. La Politica è quindi laica quando è misura dell'interesse pubblico, mentre è laicistica quando è misura dell'interesse privato.

Il Laicismo non è mai un comportamento compatibile con l'interesse pubblico, sia che si basi sulla Libertà assoluta sia che si basi sulla Libertà relativa. Anche se la Libertà relativa è un comportamento pubblico, infatti, nel momento in cui viene intesa come concetto originario (come succede nel Laicismo) e non come conseguenza del Dovere di Rispetto, allora essa non pone di fatto l'interesse pubblico prima di quello privato.

Il Laicismo è la misura dell'interesse su cui si basa una politica demagogica. La Laicità, di contro, è la misura dell'interesse su cui si basa una politica democratica. Sia il Laicismo sia la Laicità possono basarsi su un'Etica privata (non legale) o su un'Etica pubblica (legale). Ciò che cambia è la diversa priorità data ai due tipi di Etica. Nel Laicismo, Etica privata ed Etica pubblica non hanno una priorità predeterminata l'una sull'altra: il comportamento laicistico può sia dare temporaneamente priorità ad una delle due, sia cercare un compromesso che permetta ad entrambe di coesistere con pari importanza. Nella Laicità, l'Etica pubblica ha una priorità predeterminata sull'Etica privata: il comportamento laico dà sempre priorità all'interesse pubblico su quello privato.
Gianfry is offline  
Vecchio 09-03-2013, 17.07.26   #4
Tornelius83
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Data registrazione: 06-03-2013
Messaggi: 7
Riferimento: Riflessioni sulla laicità.Dott.Loprieno

Personalmente non ho una posizione forte a riguardo, perchè non vedo che differenza possa esserci tra stato confessionale e stato laico. Purtroppo il problema emerge quando si ritiene la religione un freno per lo sviluppo, senza comprendere che la religione di norma comporta la coltivazione di una teologia morale che potenzia l'educazione civica di una nazione. Mi rendo anche conto che un uso sbagliato della religione possa essere un freno per la civiltà, ad esempio l'islam essenzialmente non è una religione violenta, però può essere strumentalizzata per produrre attentati.
Penso che l'utilità della laicità emerga solo nel caso di degenerazione della religione in fanatismo. Se i ministri di culto invitassero i fedeli alla coltivazione di una religiosità matura non si sentirebbe la necessità della laicità. Un passo avanti sarebbe il dialogo tra religione e politica al fine di portare alla coltivazione di una religiosità matura che possa contribuire al miglioramento della società.
Tornelius83 is offline  

 

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