Forum di Riflessioni.it
ATTENZIONE Forum in modalità solo lettura
Nuovo forum di Riflessioni.it >>> LOGOS

Torna indietro   Forum di Riflessioni.it > Forum > Riflessioni > Riflessioni sulle Scienze
 Riflessioni sulle Scienze - Commenti sugli articoli della omonima rubrica presente su WWW.RIFLESSIONI.IT - Indice articoli rubrica


Vecchio 17-12-2011, 17.29.23   #61
mariodic
prof
 
L'avatar di mariodic
 
Data registrazione: 28-05-2011
Messaggi: 221
Riferimento: il gatto quantistico è paradossale, ma anche no

Citazione:
Originalmente inviato da nexus6
Chiaro che un filosofo di professione faccia filosofia e non scienza; in effetti ho parlato di scienziati che si sono interrogati in modo prettamente filosofico su problematiche inerenti al loro lavoro, “uscendo” per un po' dai laboratori o alzando lo sguardo dalla marea di calcoli. Ho affermato che ciò sia concretamente importante per -direzionare- la loro attività e dunque la scienza. Ed anche per spiegare al pubblico come vengono spesi i loro soldi e come rapportarsi nei confronti degli “esperti”.
Tra i due giganti, Bohr ed Einstein, si è svolto anche e soprattutto uno scontro tra due differenti modi di guardare alla scienza, dunque tra due differenti meta-fisiche. Cosa sono i gedanken-experiment, esperimenti mentali, se non un finissimo modo filosofico di fare scienza? Cosa spinge certi fisici, pochi per la verità, nel cercare di “riformulare” la meccanica quantistica, se non la consapevolezza che la teoria abbia delle incoerenze interne? Eppure molti colleghi pensano che non ne abbia... dunque, chi ha ragione? Se per me le teorie sono solo un mero strumento di calcolo, allora sono disposto ad accettare anche profonde incoerenze, ...........

Fino all'ultimo quarto dell'800, ma a partire almeno da Galilei, la filosofia scientifica, cioè il modo di pensare degli uomini di scienza e no, era basata su una visione assolutamente oggettivistica (realista) del mondo, gli idealisti (soggettivisti) erano relegati a dar colore ai solotti intellettuali del tempo. Il culmine del realismo scientifico fu il positivismo che da August Comte si portò a Ernst Mach. Il realismo, che fu l'apice del positivismo- dette consistenza di verità inappellabile al notissimo adagio di ogni uomo di buon senso comune e segnatamente di scienza, eccolo nella bocca di quest'ultimo: "Ogni teoria deve essere confermata dalla sperimentazione", nella versione dell'uomo comune diventa: "La teoria è una cosa e la pratica un'altra!" oppure "se non vedo non credo". Chi potrebbe contestare queste affermazioni? Contestarle no, ma analizzarle nei significati meno esteriori si per evidenziarne il vero senso.
Il termine "teoria" può, come tanti altri termini, avere significati piuttosto diversi, quello più in voga nel linguaggio scientifico è che la teoria sia una costruzione logica che conduce, appunto, costruttivamente, ad una proposizione da valere, con estesa generalità, all'interno di un sottosistema logico compreso nel più grande e generale sistema logico che è l'universo (qui confesso la mia visione soggettivistica dell'Universo). Questa proposizioone è sorretta da una teoria che la dimostrerebbe, grazie al percorso logico nell'ambito del sottosistema, potrebbe abbisognare di una conferma la dove l'Osservatore, cioè l'IO (che qualcuno lo indica come IO cosmico), non avesse una sufficiente fiducia delle conclusioni generali della teoria stessa. A questo punto l'Osservatore richiede delle conferme, diciamo così, sperimentali o pratiche; ma cosa significa questo? Significa trovare un'altro percorso logico (che rimane logico anche se, all'occhio disattento di chi non è avvezzo a questo tipo di discussioni potrebbe apparire "pratico") tale da condurre alla conferma della teoria in questione con sufficiente approssimazione. A questo punto l'Osservatore ha queste alternative:

a) Ritiene che l'insieme delle due teorie (si, proprio due, perchè anche il secondo percorso logico è una teoria che potrebbe richiedere, a sua volta, una conferma) sia soddisfacente per l'Osservatore stesso;

b) Ritiene gli eventi che la teoria prevede, altamente improbabili (secondo l'ottica popperiana) sicchè anche un percorso di conferma piuttosto debole ma che dia indizi di confermare, almeno in qualche caso, quanto prevede la teoria, dà soddisfacente sicurezza all'Osservatore.

Questa seconda alternativa può essere chiarita con un esempio. Supponiamo che una teoria preveda che sotto certe condizioni si generi l'emissione di un fascio di particelle P aventi certe proprietà; per la verifica di ciò sia necessario un laboratorio dotato di sofisticate apparecchiature che, secondo la teoria (più o meno soddisfacente per l'Osservatore), che ha portato alla realizzazione di esse, siano capaci di "leggere" le particelle P (distinguendole da altre). L'Osservatore, però, non "vede", come dire, direttamente le particelle P, ma un insieme di dati, per esempio, su un monitor che vanno interpretati con l'aiuto di una teoria, pur essa legata alla teoria costruttiva della macchina, a cui l'Osservatore pure dà fiducia.
Alla fine dei conti, la teoria di cui si vuole verificare deve necessariamente essere confrontata con una o più teorie si servizio tutte di gradimento dell'Osservatore, l'accordo della teoria da verifica e della o delle teorie di servizio o strumentali, fino a che l'Osservatore si ritenga "convinto".
Potrebbe darsi che l'Osservatore che le teorie di servizio non convincano completamente l'Osservatore, a questo punto rimangono due possibilità, la prima è la mera ripetizione delle prove di conferma e basarsi sulla frequenza delle conferme, la seconda è il ricorso ad un'altre teorie strumentali da aggiungersi a quella o quelle che non hanno completamente soddisfatto l'Osservatore.

La soddisfazione dell'Osservatore, che sembra essere un fatto poco scientifico perchè mal misurabile, se non in pectore, rimane lo zoccolo di fondo nel campo scientifico, ciò, ai tempi del Positivismo sarebbe apparsa una vera bestemmia!
mariodic is offline  
Vecchio 13-01-2012, 21.39.41   #62
mariodic
prof
 
L'avatar di mariodic
 
Data registrazione: 28-05-2011
Messaggi: 221
Riferimento: il gatto quantistico è paradossale, ma anche no

Citazione:
Originalmente inviato da ulysse
AMICO NEXUS6….a me pare veramente di dovermi preoccupare!
Da un punto di vista tutto soggettivo già da alcuni anni sempre più leggo e sento parlare di m.q., ma non di una sola m.q. di cui potrei impadronirmi per alcuni concetti semplificatori e confinarli poi in un cantuccio della mia mente.

Ingenuamente credevo che "la strana cosa" fosse limitato al micromondo del subatomico e vivevo tranquillo…e invece apprendo dall’articolo di Alberto Viotto di cui richiamo un paio di frasi a dir poco conturbanti
cioè …non solo:
[B…..] una particella si può trovare in più di un posto contemporaneamente, un elettrone può passare attraverso barriere invalicabili…. effetti, però, confinati al mondo microscopico: nella realtà di tutti i giorni non percepiamo nulla di simile.[/b]

E si potrebbe dire meno male!
Ma invece subito si apprende che
Nel caso del paradosso di Schroedinger, invece, la m.q. sembra applicarsi ad un gatto “quantistico”, invadendo il campo delle normali esperienze. Per risolvere questo paradosso dobbiamo applicare il paradigma quantistico anche all’esperienza quotidiana.

Infatti:
Il meccanismo ideato da Schroedinger estende questa ambiguità al mondo macroscopico. Per cui, si è costretti ad utilizzare il modello quantistico anche per il gatto: fino a che non si effettua la misura (aprendo la camera d’acciaio), il gatto non è nè vivo nè morto: si trova in una mescolanza di stati. Il gatto va descritto da una funzione d’onda, che sarà una mescolanza dei due stati gatto-vivo e gatto-morto.

Caro Ulysse,
Prendo lo spunto da questo tuo post non tanto per dare una qualsiasi risposta o aggiungere qualcosa da te dimenticata, ma per riprendere un paio fra i tanti punti della MQ che nel passato mi avevano sbalordito e tale rimasi finchè, grazie alle numerose letture sull'argomento, specialmente di Heisemberg, Planck e tanti altri, sono riuscito a convincermi modificando la mia filosofia di approccio alle cose del mondo: da oggettivista (=realista) -come quasi tutti naturalmente nasciamo e ci formiamo, a soggettivista (=idealista). L'oggettivista considera qualsiasi cosa -specie della sua res extensa cartesiana, come oggettivamente esistente indipendentemente dal suo pensiero e della sua azione che, secondo lui, non dovrebbe tangerla. Così pure l'oggettivista si comporta nei confronti di oggetti presi dall'area della res cogitans -o al limitare di questa-, come la traiettoria nello spazio e nel tempo, che reputa come oggetti logici acquisiti ed immutabili e, quindi, incontrovertibili. Orbene, nel mondo del pensar comune -che è oggettivistico e che tale rimane anche agli occhi di un convinto soggettivista almeno quando agisce nella sua vita quotidiana, la visione oggettivistica è agevole e pratica e di massima efficienza. Ma quando parliamo del comportamento di oggetti la cui natura si muove tra la res cogitans e la res extensa, come, per esempio, il concetto di elettrone, tutte le logiche oggettiviste cascano: casca, per esempio, la validità del concetto di dimensione spaziale di un tale oggetto quantistico e, come già detto, quello della traiettoria che l'elettrone dovrebbe poter compiere, rimane, invece, un sistema di equazioni che descrive le proprietà che si richiedono (che l'Osservatore richiede) all'elettrone nonchè la sua posizione e la velocità forzatamente eartificiosamente attribuite nell'intento di attribuire almeno similitudini con la visione oggettiva.

L'applicazione alle cose quotidiane dei principi quantistici è notoriamente lecita anche se non proficua e men che mai pratica, tuttavia è utile per approfondire la natura delle cose che non potrà, quest'ultima, non essere sviluppata se non in senso idealista; l'Universo è una struttura logica non una struttura fisica semplicemente approssimabile che modelli logici come la matematica!
mariodic is offline  

 



Note Legali - Diritti d'autore - Privacy e Cookies
Forum attivo dal 1 aprile 2002 al 29 febbraio 2016 - Per i contenuti Copyright © Riflessioni.it