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Vecchio 12-12-2007, 16.45.33   #61
Il_Dubbio
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Riferimento: Cervello-coscienza

Citazione:
Originalmente inviato da Marius
Questa faccenda non mi è tanto chiara.........Non mi pare che la MQ sia giunta a queste conclusioni.

Allora Marius, prima di tutto quella è una interpretazione (come ti diceva spiritolibero), come ce ne sono altre. Io non sostengo nulla. Io per il momento sto mettendo nel piatto tutto ciò che ci può essere utile per comprendere il problema.
E ci ritorniamo al problema, e questa volta ti darò una possibile soluzione, anche se chiaramente da verificare.

Tu dicesti:
Citazione:
Originalmente inviato da Marius
Il primo è soggetto alla variabile tempo, non è assoluto e, quindi, soggetto al principio del nesso : evento = causa - effetto.

La seconda, che pure spesso tende a confondersi con il pensiero, non è soggetta alla variabile tempo ed è, quindi, solo "causa" identificandosi, nella fattispecie, con la "volontà".

Non so se era esattamente questo il problema che ponevi e mi incuriosisce molto il tuo punto di vista.........


Un'altra considerazione da fare è quella dedicata al "tempo". Qui prevedo che la discussione sarà più lunga e complessa, perché qui io ho delle mie idee che non so quanto corrispondano con lo studio fisico, chiedo aiuto.

Ci provo:
Il tempo possiamo misurarlo in base a qualcosa di esterno a noi come un l'orologio, in base allo scorrere degli avvenimenti (di causa effetto), alla velocità della luce (anno luce) o con orologi atomici, insomma abbiamo bisogno di un punto di riferimento per determinare lo scorrere del tempo.

Una macchina si sposta da A a B in un tempo C. Posso immaginare di avere un orologio sulla postazione dell'osservatore A che misuri un tempo T zero prima che la macchina si sposti verso B, e quando arriva a B lì, attenderà un altro orologio (del secondo osservatore) che stabilirà quando la macchina ha raggiunto B. Se i due orologi erano sincronizzati avremo che il tempo necessario per la macchina di muoversi da A a B è la somma del tempo zero + il tempo X dell'orologio di B. In base a questo ragionamento il tempo è una scansione ritmica che dipende dalla natura degli orologi. Si complicherebbe se "in macchina" ci fosse un altro osservatore con un altro orologio e che questa macchina riuscisse a raggiungere la velocità della luce. Il tempo che registrerebbe l'osservatore in macchina non sarà più corrispondete con quello dei due osservatori. Alla velocità della luce (non è possibile per una macchina avente massa possa andare alla velocità della luce, ma a me per il momento non interessa questo) l'orologio in macchina è ancora al tempo zero, non si è mosso. Quindi anche in presenza di due eventi sincronici avremo che l'oggetto che noi stiamo studiando (la macchina che si muove) non si è mossa, o meglio si è mossa senza produrre un avanzamento temporale. Tutto questo è stupefacente. Vado avanti con la congettura riguardante coscienza, ma avrei bisogno di chiarire questo concetto, dove sbaglio e se sbaglio.

E' possibile, in linea teoria, che un sistema non massivo, non materiale, studiato con orologi classici, esprima una dimensione di tempo zero? La luce lo esprime, questo lo sanno anche le pietre. Ma l'esempio riportato da me (ammesso che non ci siano errori di forma che la invaliderebbero) cosa potrebbe dirci sulla natura intrinseca del tempo?

Tu Marius per esempio hai detto che il pensiero sembra essere dipendente dal tempo; esiste una relazione quindi tra ciò che avviene tra una operazione e l'altra, per esempio visiva: <<io guardo un albero>> <<un albero giunge alla mia sensazione celebrale>>. Sono due avvenimenti dipendenti dal tempo di causa effetto. Cosa succede in mezzo? Sembra che la causa della mia visione di un albero, causi la mia sensazione dell'albero. E se non fosse così?

Provo a dare finalmente una delle risoluzioni (non completa chiaramente):
Tra i due avvenimenti abbiamo un tempo iniziale A (visione dell'albero) e B (senzazione celebrale). Per sensazione celebrale intendo l'esistenza di tutte le procedure fisiche note e non, che determinino la sensazione dell'albero.
Assumendo che non sappiamo ancora come avviene in me la sensazione dell'albero (cosa vuol dire avere una sensazione di vedere un albero?),perchè sia fissata in me questa sensazione non può essere di causa effetto, essa deve riuscire ad essere "appesa al tempo". Esiste in altre parole un "orologio interno" che viaggia, probabilmente, ad una velocità tale, che sebbene i due avvenimenti di causa effetto siano consecutivi nel tempo (tanto che gli orologi degli osservatori esterni misurano due avvenimenti distinti), per la nostra coscienza essi sono "atemporali". Quindi rimangono tali fino a che la misurazione non si sposti verso un'altra osservabile (per esempio, mentre sto guardando un albero fuori la finestra squilla il telefono di casa, e la coscienza perde la fase..ecc. ecc.)

Dimmi che ne pensi... può funzionare?

ciao
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Vecchio 12-12-2007, 17.33.52   #62
epicurus
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
E' molto semplice controbattere a quello che dici. [...]
Ogni proposizione che scrivi è paragonabile ad un calcolo, questi possono essere rappresentate da tutte le variabili che un qualsiasi computer (sufficientemente potente) potrebbe computerizzare se avesse tali informazioni (anche di ordine emotiva). La scelta però della macchina "Uomo" non assomiglia a quella che una macchina computer adotterebbe, perchè il calcolo viene fatto perchè la macchina dia una risoluzione finale. [...] Quindi non vedo nessuna differenza tra l'uomo ed una macchina che sceglie una possibile soluzione tra le variabili e che scelga a caso quando non sa quale soluzione adottare. Solo se introducessimo una libertà intrinseca l'uomo si differenzierebbe da una macchina, come in effetti si differenzia già sostanzialmente quando, mentre calcola,i possibili risultati diventano "autocoscienti" e passano al vaglio di una non determinata "sostanza" che in un tempo T ,esaminando i possibili risultati, "scelga" se,per esempio, adottare (questo è importante) una delle possibili soluzioni adottate dall'elaborazione, procedere a caso (testa o croce per esempio) o "trovare" un'altra soluzione. Questa è una scelta, ciò che hai messo in fila sono solo calcoli deterministici finalizzati a trovare una soluzione.

Le considerazioni che noi facciamo (come nell'esempio che ho fatto) non sono calcoli meccanici che noi buttiamo "a video". Noi quelle ragioni le comprendiamo, sappiamo che significano (mentre una macchina no! credo che si basi su questo il risultato che ho esposto nella discussione su Goedel in filosofia). I ragionamenti sono coscienti, sentiti, e non calcolati meccanicamente passo passo. [Tra parentesi: le informazioni di orine emotivo non credo siano trattabili computazionalmente, dato che l'emotività è strettamente in relazione con la coscienza, il "sentirsi vivi".]

Questa nostra capacità di riflettere consapevolmente (in contrapposizione con calcolare meccanicamente) è ciò che noi chiamiamo libertà.

Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
se le leggi della natura fino ad ora trovate non sono adeguate per spiegare la coscienza, le ipotesi sono due:o le leggi fino ad ora trovate sono sbagliate (o incomplete) oppure abbiamo una opinione sbagliata della coscienza.

Oppure è come ho proposto io qualche post fa, dove proponevo una visione più plurale del mondo
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Vecchio 12-12-2007, 17.39.46   #63
epicurus
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Originalmente inviato da Rainboy
Anche se la struttura del cervello è tanto aliena da rendere impossibile l'identificazione "binaria" di un algoritmo, ci sono zone del nostro sistema nervoso centrale, come ad esempio il cervelletto, che hanno una capacità di calcolo matematico che appare più che evidente; questa è soltanto una spia del fatto che comunque tutto il cervello fa uso di un network computazionale su vasta scala, dalle procedure basilari in gran parte note ma dal significato spesso incomprensibile e comunque intrinsecamente caotico, basato sulla funzionalità del risultato anziché sull'ordine formale. Ciò detto, il solo fatto che le zone deputate alle funzioni più facilmente riconducibili alla matematica non siano le zone coscienti (per l'ovvia ragione che queste utilizzano la propria capacità di calcolo al fine di, appunto, generare la coscienza anziché non di risolvere equazioni) non mi pare ci autorizzi in nessun modo a disconoscere la natura intrinsecamente "matematizzata", o per meglio dire meglio matematicamente descrivibile, della miriade di lavori che il cervello compie per il mantenimento di sé stesso, della propria mente, del proprio corpo.

Il fatto rilevante per questa discussione, secondo me, non è tanto capire se il cervello è descrivibile nel formalismo della macchina di turing. La questione interessante è capire se noi siamo descrivibili con una macchina di turing...

Se mi interessano le guerre e voglio studiarle, non mi pongo il problema se l'intera evoluzione degli atomi della Terra sono descrivibili computazionalmente, infatti mi interessano le guerre.
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Vecchio 12-12-2007, 18.58.09   #64
Marius
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Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
-------Un'altra considerazione da fare è quella dedicata al "tempo". Qui prevedo che la discussione sarà più lunga e complessa, perché qui io ho delle mie idee che non so quanto corrispondano con lo studio fisico, chiedo aiuto.

Ci provo:
Il tempo possiamo misurarlo in base a qualcosa di esterno a noi come un l'orologio, in base allo scorrere degli avvenimenti (di causa effetto), alla velocità della luce (anno luce) o con orologi atomici, insomma abbiamo bisogno di un punto di riferimento per determinare lo scorrere del tempo.

Una macchina si sposta da A a B in un tempo C. Posso immaginare di avere un orologio sulla postazione dell'osservatore A che misuri un tempo T zero prima che la macchina si sposti verso B, e quando arriva a B lì, attenderà un altro orologio (del secondo osservatore) che stabilirà quando la macchina ha raggiunto B. Se i due orologi erano sincronizzati avremo che il tempo necessario per la macchina di muoversi da A a B è la somma del tempo zero + il tempo X dell'orologio di B. In base a questo ragionamento il tempo è una scansione ritmica che dipende dalla natura degli orologi. Si complicherebbe se "in macchina" ci fosse un altro osservatore con un altro orologio e che questa macchina riuscisse a raggiungere la velocità della luce. Il tempo che registrerebbe l'osservatore in macchina non sarà più corrispondete con quello dei due osservatori. Alla velocità della luce (non è possibile per una macchina avente massa possa andare alla velocità della luce, ma a me per il momento non interessa questo) l'orologio in macchina è ancora al tempo zero, non si è mosso. Quindi anche in presenza di due eventi sincronici avremo che l'oggetto che noi stiamo studiando (la macchina che si muove) non si è mossa, o meglio si è mossa senza produrre un avanzamento temporale. Tutto questo è stupefacente. Vado avanti con la congettura riguardante coscienza, ma avrei bisogno di chiarire questo concetto, dove sbaglio e se sbaglio.

E' possibile, in linea teoria, che un sistema non massivo, non materiale, studiato con orologi classici, esprima una dimensione di tempo zero? La luce lo esprime, questo lo sanno anche le pietre. Ma l'esempio riportato da me (ammesso che non ci siano errori di forma che la invaliderebbero) cosa potrebbe dirci sulla natura intrinseca del tempo?

Non sarai il mio amico SIMMETRIA sotto mentite spoglie ?

Citazione:
Originalmente inviato da Il_Dubbio
...........Tu Marius per esempio hai detto che il pensiero sembra essere dipendente dal tempo; esiste una relazione quindi tra ciò che avviene tra una operazione e l'altra, per esempio visiva: <<io guardo un albero>> <<un albero giunge alla mia sensazione celebrale>>. Sono due avvenimenti dipendenti dal tempo di causa effetto. Cosa succede in mezzo? Sembra che la causa della mia visione di un albero, causi la mia sensazione dell'albero. E se non fosse così?

Provo a dare finalmente una delle risoluzioni (non completa chiaramente):
Tra i due avvenimenti abbiamo un tempo iniziale A (visione dell'albero) e B (senzazione celebrale). Per sensazione celebrale intendo l'esistenza di tutte le procedure fisiche note e non, che determinino la sensazione dell'albero.
Assumendo che non sappiamo ancora come avviene in me la sensazione dell'albero (cosa vuol dire avere una sensazione di vedere un albero?),perchè sia fissata in me questa sensazione non può essere di causa effetto, essa deve riuscire ad essere "appesa al tempo". Esiste in altre parole un "orologio interno" che viaggia, probabilmente, ad una velocità tale, che sebbene i due avvenimenti di causa effetto siano consecutivi nel tempo (tanto che gli orologi degli osservatori esterni misurano due avvenimenti distinti), per la nostra coscienza essi sono "atemporali". Quindi rimangono tali fino a che la misurazione non si sposti verso un'altra osservabile (per esempio, mentre sto guardando un albero fuori la finestra squilla il telefono di casa, e la coscienza perde la fase..ecc. ecc.)

Dimmi che ne pensi... può funzionare?

ciao

Mi sopravvaluti......Non ne ho la più pallida idea...
Tuttavia ti "linko" questo pezzo tratto dal sito di Riflessioni.....
https://www.riflessioni.it/dal_web/pa...olografico.htm

Si parla del "paradigma olografico" di David Bohm.......Ci sono delle attinenze con alcune delle tue tesi...Se ti va puoi dargli un'occhiata perchè, secondo me, ci sono degli spunti che potrebbero interessarti.....

Ciao.
Marius is offline  
Vecchio 12-12-2007, 23.21.11   #65
Il_Dubbio
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Citazione:
Originalmente inviato da Marius
Mi sopravvaluti......Non ne ho la più pallida idea...
Tuttavia ti "linko" questo pezzo tratto dal sito di Riflessioni.....

Si parla del "paradigma olografico" di David Bohm.......

Si grazie l'avevo già letta.

Comunque non ti scoraggiare abbiamo solo scalfito il problema

Per esempio è indubbio che le cose invecchiano, noi diventiamo vecchi (anziani meglio dire), e questo lo dobbiamo alla legge dell'entropia che può solo aumentare. Ma se la coscienza (come ho supposto) fosse atemporale in che modo invecchierebbe? Cosa può dirci la legge dell'entropia in questo caso? Certo esistono tutte le malattie neurologiche dovute all'invecchiamento dei tessuti; l'alterazione della coscienza quindi sembra essere una malattia dovuta a cause esterne (o anche all'assunzione di alcool e droghe), ma non mi sembra che si possa affermare che la coscienza invecchi.
Va bhe... appena ci sarà qualche illuminazione mia o vostra riprendiamo

ciao
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 13-12-2007, 10.11.45   #66
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Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
Questa nostra capacità di riflettere consapevolmente (in contrapposizione con calcolare meccanicamente) è ciò che noi chiamiamo libertà.

Hai detto niente

La libertà io la intendo diversamente (questo spero si sia capito: una libertà intrinseca, una libertà libera dalla materia, che tutto determinerebbe se fosse il motore trainante), ma già considerare che la "riflessione consapevole" è un presupposto per la libertà è un passo in avanti. Il passo successivo è capire come possa una riflessione, uno stato di consapevolezza, agire in modo tale che noi si sperimenti la libertà. A me questa figurazione statica in cui si è consapevoli da una parte, e dall'altra il mondo materiale ci condiziona mi assomiglia (come gia ho detto tante volte) ad una messinscena, un prenderci per i fondelli. Non siamo liberi, non possiamo esserlo, e se diciamo di esserlo dobbiamo prendere coscienza del contrario perché è così! (se questo è il tuo ragionamento). Altrimenti dobbiamo dimostrare di essere liberi, ma sul serio... non con le chiacchiere



Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
Oppure è come ho proposto io qualche post fa, dove proponevo una visione più plurale del mondo

Purtroppo la tesi della pluralità non l'ho capita.

ciao
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 13-12-2007, 10.28.45   #67
Il_Dubbio
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Citazione:
Originalmente inviato da epicurus
Questa nostra capacità di riflettere consapevolmente (in contrapposizione con calcolare meccanicamente) è ciò che noi chiamiamo libertà.

Subito dopo aver inviato il post precedente in risposta a quanto ho quotato, mi è venuta questa considerazione scaturita dall'esempio scherzoso di Marius.

Prendi il caso di un tostapane depresso

Lui (ora non è piu una cosa) sperimenta l'autocoscienza di essere depresso. In che modo potrebbe manifestare la sua libertà? Potrebbe non far uscire il tost decidendo di fare sciopero? Ma non dipende da lui non fare uscire il tost, ma da me (che sono la sua materia) che clikka sul pulsante: tosta sto tost

Potrebbe da solo scassare i fili elettrici in modo da manifestare la sua libertà di non voler fare i tost? E in che modo potrebbe farlo?

Ti posso portare infiniti esempi come la sola consapevolezza, non aiutata da una libertà di azione, non serve a <<nulla>>. Il tost può essere depresso quanto vuole, in nessun modo potrà beneficiare di questa sua capacità, che rimane <<fine a se stessa>>.

ciao
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 13-12-2007, 15.50.41   #68
Marius
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Citazione:
Originalmente inviato da Rainboy
Conclusioni.
Anche se la struttura del cervello è tanto aliena da rendere impossibile l'identificazione "binaria" di un algoritmo, ci sono zone del nostro sistema nervoso centrale, come ad esempio il cervelletto, che hanno una capacità di calcolo matematico che appare più che evidente; questa è soltanto una spia del fatto che comunque tutto il cervello fa uso di un network computazionale su vasta scala, dalle procedure basilari in gran parte note ma dal significato spesso incomprensibile e comunque intrinsecamente caotico, basato sulla funzionalità del risultato anziché sull'ordine formale. Ciò detto, il solo fatto che le zone deputate alle funzioni più facilmente riconducibili alla matematica non siano le zone coscienti (per l'ovvia ragione che queste utilizzano la propria capacità di calcolo al fine di, appunto, generare la coscienza anziché non di risolvere equazioni) non mi pare ci autorizzi in nessun modo a disconoscere la natura intrinsecamente "matematizzata", o per meglio dire meglio matematicamente descrivibile, della miriade di lavori che il cervello compie per il mantenimento di sé stesso, della propria mente, del proprio corpo.
Il che mi porta a credere, almeno sulla base delle mie attuali conoscenze, che una macchina di turing costruita con le opportune rassomiglianze logiche sia a livello harware che a livello software, sia in teoria perfettamente in grado di imitare le capacità della mente umana.
Se e quando simili tecnologie saranno alla nostra portata.
Saluti

Riprendo questo "post" di Rainboy che, sicuramente, ha molta più dimestichezza del Dubbio e del sottoscritto in materia.
Ho volutamente tralasciato le considerazioni troppo tecniche del post precedente che, pure, è molto interessante...
A questo punto, se dovessi prendere per buona questa impostazione dovrei assumere che l'autocoscienza, in realtà, si identifica con il pensiero e la memoria, ha natura esclusivamente fisica e funziona sul principio del nesso causa - effetto.
Potrei anche ipotizzare che una logica del tipo "if then", spinta a limiti inverosimili di complessità, potrebbe generare anche emozioni.....
Non solo.....Per quel poco che conosco di leggi di propagazione di onde elettromagnetiche, le percezioni extrasensoriali, le premonizioni, la comunicazione del pensiero, tanto osteggiate da strutture come il CICAP, potrebbero essere tranquillamente spiegate in ambito fisico, ipotizzando che dei cervelli, funzionando a guisa di "oscillatori" possano scambiare informazioni a distanza, tra loro o con l'ambiente circostante, trasmettendo e captando codici basati sulla variazione di frequenza delle onde trasmesse...

Mi chiedo, allora, se davvero non possa esistere la depressione da tostapane e se non la si possa curare con l'ipnosi.....
Marius is offline  
Vecchio 13-12-2007, 17.57.20   #69
Il_Dubbio
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Citazione:
Originalmente inviato da Marius
Riprendo questo "post" di Rainboy che, sicuramente, ha molta più dimestichezza del Dubbio e del sottoscritto in materia.

Io per esempio non ho capito come funziona il test della macchina di Turing e perché dovrebbe scientificamente essere provato che, se una IA superasse questo test, si dimostrerebbe la sua Intelligenza. Cosa poi vuol dire intelligenza per una Intelligenza artificiale? Ha qualche attinenza con l'autocoscienza?

Il test, da come l'ho letto, dovrebbe essere impostato così:

Da una parte ho l' IA (colui che dovrebbe dimostrare di essere intelligente)

da un'altra parte (lontani, collegati per esempio tramite computer) avrei due "soggetti" un uomo e una macchina. Attraverso alcune domande (non capisco se formulate dalla IA o da i due soggetti, o da entrambi) la IA dovrebbe capire chi è l'uomo e chi è la macchina.

E' così che dovrebbe funzionare?

E quali sarebbero queste domande che mettono tanto in soggezione una IA?

Qualcuno può farmi qualche esempio?

grazie
Il_Dubbio is offline  
Vecchio 13-12-2007, 20.41.14   #70
Marius
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Originalmente inviato da Il_Dubbio
Io per esempio non ho capito come funziona il test della macchina di Turing ...................

Grazie ai miei potenti mezzi (Wickipedia) vengo a illuminarti....

Il Test di Turing è un criterio, introdotto da Alan Turing nell'articolo "Computing machinery and intelligence", apparso nel 1950 sulla rivista Mind, per determinare se una macchina sia in grado di pensare.

Il test consiste in un gioco, noto come gioco dell'imitazione, a tre partecipanti: un uomo A, una donna B, e una terza persona C. Quest'ultimo è tenuto separato dagli altri due e tramite una serie di domande deve stabilire qual è l'uomo e quale la donna. Dal canto loro anche A e B hanno dei compiti: A deve ingannare C e portarlo a fare un'identificazione errata, mentre B deve aiutarlo. Affinché C non possa disporre di alcun indizio (come l'analisi della calligrafia o della voce), le risposte alle domande di C devono essere dattiloscritte o similarmente trasmesse.

Il test di Turing si basa sul presupposto che una macchina si sostituisca ad A. In tal caso, se C non si accorgesse di nulla, la macchina dovrebbe essere considerata intelligente, dal momento che - in questa situazione - sarebbe indistinguibile da un essere umano.

Per macchina intelligente Turing ne intende una in grado di pensare, ossia capace di concatenare idee e di esprimerle. Per Turing, quindi, tutto si limita alla produzione di espressioni non prive di significato. Nell'articolo si legge: Secondo la forma più estrema di questa opinione, il solo modo per cui si potrebbe essere sicuri che una macchina pensa è quello di essere la macchina stessa e sentire se si stesse pensando. [...] Allo stesso modo, la sola via per sapere che un uomo pensa è quello di essere quell'uomo in particolare. [...] Probabilmente A crederà "A pensa, mentre B no", mentre per B è l'esatto opposto "B pensa, ma A no". Invece di discutere in continuazione su questo punto, è normale attenersi alla educata convenzione che ognuno pensi.

Le macchine di Turing sono macchine a stati finiti in grado di simulare altre macchine a stati discreti. Una macchina per sostenere il test dev'essere programmata considerando la descrizione di un uomo in termini discreti (stati interni, segnali, simboli). Dalla complessità del software, si legge tra le righe dell'articolo, emergeranno le funzioni intellettuali. Su questa aspettativa si fonda una disciplina nota come intelligenza artificiale il cui scopo è la costruzione di una macchina in grado di riprodurre le funzioni cognitive umane. Sebbene le previsioni di Turing fossero che entro il 2000 sarebbe stata realizzata una macchina intelligente, finora nessuna ha superato il test.

Marius is offline  

 



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