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Vecchio 21-01-2008, 09.38.34   #51
Noor
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Originalmente inviato da nexus6
significativo per me è il fatto che tu non abbia risposto alla terza domanda – situazione, quella, diciamo, che più direttamente ci avrebbe messo a contatto con quella che potremmo percepire come “impotenza” di fronte all’accadere di eventi così distanti da noi... dove va a finire quella “fortissima empatia”?
Ti rispondo adesso.
Il punto è secondo me,nexus,che sono solo ipotesi. Oltretutto il mio corpo-mente che mi “rappresenta” sulla Terra ..non è che mi ci identifichi pienamente…
Quindi potrebbe darsi che ,di fronte alla videovisione in diretta di un cruento incidente o altro,mi morda le labbra impotente ,o imprechi contro qualcuno,o ancora spenga il video,o osservi il tutto lasciandomi attraversare da un’onda di dolore. Ma sono comunque tutte reazione del corpo-mente,me ne renderei conto presto,passato il momento. L’accettazione del tutto,che accade con la disidentificazione e la consapevolezza ,ha quindi un suo tempo. Anche i veri illuminati hanno il loro..
Non credo comunque che l’empatia coinvolga quel momento:e’ piuttosto un movimento di calore che supera te stesso e può accadere in qualsiasi momento. Ora,per quanto non sia un illuminato,so però benissimo le “mie” reazioni continueranno ad accompagnarmi per tutta la vita (in questo caso di fronte al dolore altrui) e potrebbe trattarsi di impazienza come rabbia o altro. Si racconta,ad esempio, che Krishnamurti,di fronte ad un documentario sull’uccisione di cuccioli di foca, si alzò immediatamente alla prima scena. Considerare l’illuminato come l’essere imperturbabile e perfetto è solo un mito. Così:l’onda reattiva mi attraversa,la osservo più o meno consapevolmente,e con i miei tempi..la rilascio. Il lasciar permanere quel’onda di dolore,il trattenerla dipende da altro (ne ho accennato:identificazione nel corpo-mente,sensi di colpa,profonde ferite nell’anima non guarite ecc.)solo che il permanere di quest’onda viene proiettata fuori come “dolore del mondo” e ci si identifica a tal punto da costruirci un sofisma (ciò che dicevo a Visechi, in fondo).
Beh mi fermo qui..può bastare credo.Buona giornata
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Vecchio 21-01-2008, 10.09.17   #52
maxim
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Originalmente inviato da Yam
Beh, Maxim, mi auguro che la sofferenza, quella vera e non quella di chi la contempla con la mente come stai facendo qui, non ti tocchi mai da vicino, che non tocchi mai un tuo figlio, o te stesso, o un amico caro...ma che tu continui a vederla solo alla TV, o nei tuoi pensieri..cosicche' tu rimanga cieco, quale sei, di fronte al dolore...quello vero...anche quello dell'animale che hai appena ucciso con il tuo fucile...perche' si diventa sensibili anche a quello.
Contemplare l'unita' di tutte le cose significa che il dolore di un altro e' il nostro, perche' vi e' un unico corpo, il corpo della Realta'.

Riprendo te perché ormai mi sei diventato il classico esempio…ma avete seguito poi il consiglio di Visechi nel provare a rileggervi?
Oltre a citare casi personali (sarà questione di karma poi? ) ti sei preso pure la briga di sbilanciarti e pensare, nella tua divina convinzione contemplativa, che a me non siano mai toccate!...orsù Yam! Le veggenze sulla vita altrui non rendono mai onore a quella osannata consapevolezza che tutto vorrebbe vedere e tutto vorrebbe sentire.

Vi chiedo…ma non è più comodo e corrispondente al vero attribuire la giusta tonalità ad ogni colore della vita? Perché un grigio opaco dev’essere per forza un rosso brillante? L’interpretazione delle varie tonalità avviene a posteriori rispetto a ciò che ci si presenta innanzi quando percepiamo per la prima volta quel grigio…un grosso lavoro personale rende daltonici fino a trasformarlo in un altro colore ma la prima risposta a quel grigio, quella più ovvia e naturale, non è il rosso…ma è proprio così necessario arrivare a non attribuire una corretta percezione a quel grigio?
La percezione della sofferenza e del dolore, proprio o altrui, in prima analisi offre una risposta chiara, limpida e senza alcuna possibilità di fraintendimenti…non v’è risposta a tanto innocente patire ed è sicuramente il grigio più opaco che ci circonda!
Giocare successivamente con i colori, tingendo il pennello un po’ qua ed un po’ la sulla tavolozza dell’indifferenza, offrirà un quadro ritoccato la cui base iniziale di partenza rimarrà sempre quel colore sbiadito impresso su di una tela che non ci è stata consegnata bianca ma direttamente tinta in maniera uniforme di quel grigio opaco. Meglio allora restituire quadro e tavolozza così come ci sono stati dati senza mescolare fra loro le varie tonalità perchè c'è pure il pericolo che mescolando tutti i colori fra loro ne risulti un quadro completamente nero.

maxim is offline  
Vecchio 21-01-2008, 10.52.00   #53
visechi
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Forse è vero: <<Insistere troppo sull’argomento,ne converrai,significherebbe solo specularci.>>. Si corre il rischio che il dolore altrui si trasformi in oggetto di piacevoli disquisizioni, come parlare del tempo. Forse è davvero il caso di sospendere qui questo scambio virtuale, almeno su questo spinosissimo argomento. Vedo, fra l’altro, che Maxim ha già posto il sigillo. Troppo spesso percepisco anch’io quel che lui ha scritto con estrema chiarezza. Anch’io sospetto che l’Uno, che tanto fagocita le vostre menti, altro non sia che la rappresentazione in grafia (tanto c’è concesso, lo scritto), forse inconscia, del vostro percepirvi monadi, anche se quanto dichiarate verte in tutt’altra direzione. Apparite circonfusi di un’aura il cui raggio d’azione promana dalla vostra psiche e oltre essa non si espande, restando avvinghiata al vostro Io, al vostro Se, in definitiva, al vostro ego. Allora forse è il caso che rettifichi la mia sensazione iniziale. Forse davvero non si tratta d’ipocrisia, la vostra sincerità tradisce l’egoismo. Un egoismo sottaciuto, non acclarato, non cosciente, infido, che s’insinua fra le maglie dei buoni propositi dichiarati, trasparendo dal suono delle accorte parole che utilizzate.
Non è come pensa Nexus quando afferma che: <<parte della vera indifferenza ed egoismo forse sta proprio nel considerarci sofferenti con quel malato, nel patire inutilmente con lui, senza poi contemporaneamente far nulla, se non alimentare la filosofia che almeno “io compatisco, seppur non c’entri nulla, mentre altri non fanno neppure questo”...>>. La sensazione d’impotenza, ben corroborata dall’assenza di Dio, è più che altro motivo di frustrazione, non di alterigia. Nexus reitera il fraintendimento soggiacente che permea l’intera discussione. Oggetto o soggetto della relazione che s’instaura quando il dolore irrompe nelle nostre case penetrando il tubo catodico, non sono io, che l’osservo, è bensì colui che soffre. IO non sono termine di relazione, non occupo alcun punto dello spazio inscritto fra i due poli del filo teso fra dolore e Dio, non sono né il fulcro, tanto meno l’antipode, sono la voce narrante che vive, a modo suo e sulla scorta del proprio sentimento, una propria emozione che, come dice Veraluce, è davvero trait d’union fra lettore e protagonista della vicenda. Lettore che vive la storia nella e dalla sua alterità.

l'Amore per il prossimo ci Unisce alle sofferenze degli altri...

Non so se si possa parlare d’amore, certamente d’emozione sì. Tralascio il discorso sul dolore. Temo abbia ragione Noor quando denuncia il rischio di speculazione. Forse una metafora rende bene il concetto della comunione che s’ instaura a seguito dell’insorgere di un’emozione.
Essa è una vampata di sangue che ribolle nelle vene. E’ una sorta d’involucro impalpabile che avvolge la materialità corporea. In virtù dell’innegabile potere coercitivo che esercitano le emozioni nei confronti dell’agire umano, sono concrete. Non essendo tangibili e raffigurabili, se non facendo appello alla nostra connaturata facoltà d’astrazione, sono al tempo stesso astratte, non tangibili. Esse prendono vita dall’interazione che s’instaura con il mondo circostante, diversamente assomiglierebbero troppo ai deliri. Sono costituenti imprescindibili dell’essere, spesso predominanti. Sono condizionate e condizionanti; nel senso che si forgiano sulla scorta delle esperienze, del vissuto e, a loro volta, determinano l’agire umano, modellando, in buona misura, le esperienze. Sono parte integrante della nostra piattaforma culturale, pur nascendo dal ‘substrato istintuale’, di cui rappresentano una propaggine la cui estensione è strettamente dipendente e correlata a ciascun individuo – donde deriva l’irripetibilità di ciascun uomo o donna – esseri unici e non replicabili. Vivono e si nutrono di relazione. Sono dunque da inquadrarsi in una concezione dinamica, mai statica. Le emozioni donano senso alle esperienze, giacché viviamo queste ultime sulla base delle sensazioni e delle commozioni che da quest’interazione ricaviamo. Vivono in un rapporto simbiotico con gli istinti, in un continuo precario equilibrio (quando c'è). Sono generative delle sensazioni e delle esperienze, poiché un'esperienza è vuota e priva di 'significatività' in assenza di emozioni; allo stesso modo le sensazioni sono strettamente correlate alle emozioni e non sono rilevabili o registrabili in loro assenza. Le emozioni sono, per esempio, la naturale evidenza dell’arte: dietro ogni opera artistica sono rinvenibili le tracce dell’uomo che ha creato, c’è l’essenza soffusa del suo autore. Il fruitore dell’opera d’arte è, al tempo stesso, spettatore e creatore, poiché coniuga le proprie sensazioni con quelle del creatore. Le due emozioni, distanti nel tempo e/o nello spazio, rendono, come risultato, una terza emozione che è appunto la somma delle due che la compongono, e, soprattutto, un qualcosa in più rispetto a questa somma – è, in definitiva, relazione fra umani -. L'arte è mutevole; un'emozione che si trasforma sulla scorta delle instabili emozioni dei diversi soggetti che 'leggono'. Le tre emozioni permangono in dimensioni diverse l’una dall’altra, anche se i vapori di ciascuna si compenetrano vicendevolmente. L’uomo, attraverso le emozioni, è spettatore del mondo e compartecipe di esso. Ma il costituirsi di un’emozione nuova – che è la somma delle due che l’hanno istituita – non è utile per plasmare le due emozioni che la compongono. Ciascuna è valida per se stessa, ciascuna è monade, anche quando concorrono a crearne d’inedite.

Ritornando al dolore, per un solo attimo, per chiudere il discorso, v’è da dire che esso è una fortissima sensazione scaturigine di profonde emozioni. Lo spettacolo del dolore, troppo spesso utilizzato con ignominia a fini televisivi, determina emozioni in chi l’osserva, le quali però non interferiscono con quelle provate da chi patisce. Lo sguardo spento e sperso di un bambino che soffre la fame o patisce la perdita di un genitore dilaniato dalle bombe, non è redimibile in virtù dell’emozione che suscita. Quel dolore s’infigge nell’anima di chi patisce, e neppure l’intervento esterno, atto a por fine alla causa, è in grado di redimerlo… c’è per sempre e sempre ci sarà. Si parla, in questi casi, d’infanzia rubata, con tutte le conseguenze disastrose che ben puoi immaginare. Allora non è più sufficiente spegnere quella sete e saziare quella fame, sarebbe invece necessario che la Natura non avesse concluso il suo corso e non avesse delineato nell’esistenza di quel piccolo il proprio arco di morte e di dolore. Ma per far ciò sarebbe indispensabile una Natura diversa, un mondo diverso, non il raccapriccio che abbiamo sotto gli occhi. In questi termini il dolore di un innocente inquisisce Dio, poiché è stato quel che non doveva essere, è accaduto quel che non doveva accadere. Per questo motivo la mia accettazione del dolore altrui non è utile per arrecar sollievo, quel dolore è inciso nell’anima con inchiostro indelebile. Il dolore, il male in genere, rilevabile nell’imperfezione della Natura, insinua il dubbio in ordine alla perfezione del suo creatore.

Ciao
visechi is offline  
Vecchio 21-01-2008, 12.40.28   #54
nexus6
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Originalmente inviato da Noor
Caro nexus ,ho degli veri amici su questo forum,che siano virtuali per me poca importa,valuto altro..Amicizie costruite su altri forum ove non si va mai OT
(adesso ,ad esempio lo sono,potrebbero pure non pubblicare questo mio post..) quindi convengo con te che questo gioco di superfici sia poco fruttoso e vero.
Mi pongo un limite..che in realtà so che non esiste.
Qui o altrove.
Ma non ci sono luoghi..e ciò che deve "passare"..passa comunque.
PS quindi con "noia" mi riferivo a quel limite.
Mi piace raccontarmi,senza narcisismi evoluti,ma per creare rapporti sinceri.
Gli unici che m'interessano e che conosco.
Grazie delle precisazioni, ma il fuoco del mio post non voleva essere sui rapporti sinceri e sul parlare di sé, che a mio avviso non è “narcisismo” per forza di cose, ma sull’argomento della presente discussione: in particolare ti chiedevo (terza domanda...), in virtù del tuo percorso, come ti poni di fronte a sofferenze “lontane” e per le quali (sembra) nulla possiamo sul momento; quale consapevolezza accrescono? Impotenza, accettazione, indifferenza, illuminazione...?

Non voglio forzare nulla, ad ognuno d’altronde il proprio percorso di conoscenza e comunicazione; ho solo fatto delle domande perché mi pareva che stavolta maggiore era stata la tua “esposizione”, al contrario di altri che sembra a volte seguitino a parlare esclusivamente con loro stessi, non curandosi di ciò che avviene intorno.

Già, non ci sono luoghi e ciò che deve “passare” passa comunque; ci sono certo i limiti che ognuno a volte si dà, per i motivi più svariati, ma in virtù delle proprie esperienze e, senza moralismi e trespoli, non ce ne sono di importanti o meno, sono solo esperienze e vite differenti.

Ciao Noor...
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Vecchio 21-01-2008, 13.26.44   #55
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Originalmente inviato da Yam
Beh, Maxim, mi auguro che la sofferenza, quella vera e non quella di chi la contempla con la mente come stai facendo qui, non ti tocchi mai da vicino, che non tocchi mai un tuo figlio, o te stesso, o un amico caro...ma che tu continui a vederla solo alla TV, o nei tuoi pensieri..cosicche' tu rimanga cieco, quale sei, di fronte al dolore...quello vero...anche quello dell'animale che hai appena ucciso con il tuo fucile...perche' si diventa sensibili anche a quello.
Contemplare l'unita' di tutte le cose significa che il dolore di un altro e' il nostro, perche' vi e' un unico corpo, il corpo della Realta'.
Ma... se il "dolore di un altro è il nostro", lo si percepisce intimamente così, perchè invece di scriverlo non si agisce in realtà come se lo fosse? Perchè se lo si scrive vuol dire che quella conteplazione c'è o c'è stata, altrimenti si parla per terzi o si citano libri... dunque o è falsa quella presente conteplazione oppure che essa porti a sentirci come un unico corpo...
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Vecchio 21-01-2008, 13.55.16   #56
daniele75
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Originalmente inviato da Flow
Alla vita non importa un fico secco delle vostre empatie e compassioni.
Non ci sono rapporti, e non c'e' modo di comunicare nulla..

sotto i colori c'e' solo morte, miseria, dolore, impotenza e paura,
la vita fa una carneficina dei vostri colori, altro che amore..

Il nostro concepire é puramente personale,dettato dalle esperienze e da una consapevolezza limitata,la mente fornisce un analisi della riflessione del mondo che "può" percepire.Per andare oltre bisogna arricchire la consapevolezza che riduce in automatico l'ego e il suo confrontarsi con il prossimo,si intuisce che la mente pensante é strapiena di realtà illusorie che considerà assolutamente vere.
La paura si dissolve solo con la consapevolezza di comprendere che lei stessa é illusoria esatamente come il concepire noi stessi come singolo individuo vivente separato dal tutto.Tutte concezioni utili per chi ti vuole tenere nell'illusione e alimentare la tua paura pe tenere in piedi un sistema basato sull'ego.
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Vecchio 22-01-2008, 00.21.21   #57
Flow
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Originalmente inviato da daniele tolu
La paura si dissolve solo con la consapevolezza di comprendere che lei stessa é illusoria esatamente come il concepire noi stessi come singolo individuo vivente separato dal tutto.Tutte concezioni utili per chi ti vuole tenere nell'illusione e alimentare la tua paura pe tenere in piedi un sistema basato sull'ego.

Qualcuno che vuole tenerti nell'illusione e' un concetto utile ?
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Vecchio 22-01-2008, 10.21.01   #58
maxim
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Io devo assolutamente rivolgere una domanda a Visechi e a Nexus.

In passato avevo già posto la questione ma i partecipanti in quella discussione erano già sorvolati sopra le più alte vette della consapevolezza e dell’illuminazione pertanto non riuscii ad ottenere una risposta riferita all’argomento della mia domanda.

Da questa discussione, e da molte altre precedenti, è emerso che qualcuno di noi ha la capacità di interpretare la “realtà” in maniera assai difforme rispetto ad altre persone. Sul tema della sofferenza in particolare, qualcuno di noi ha sviluppato la facoltà di farla rientrare in quel Tutto Roseo Cosmico ove, pur essendoci risposte diverse da percorso a percorso, la visione che ne risulta è sempre positiva, ottimista, intrisa di Luce etc etc.
Altri invece come Maxin e Visechi, sembrano attribuire alla sofferenza quella visione originale presentatasi alla mente nel momento in cui ne hanno avuta percezione. Essi non hanno intrapreso quei percorsi che conducono alla visione della Realtà e non hanno quindi scoperto il vero e profondo significato di questo fenomeno. Per ciò che mi riguarda, il percorso l'ho imboccato ma per qualche “strano” motivo, non sono riuscito a risvegliarmi in maniera tale da arrivare a vedere quella Luce che tanto abbaglia ed imprime allo stato delle cose una interpretazione divina, annulla la mente e nirvanizza la vita. Insomma, la risposta più semplice ed immediata, nonché quel sentimento negativo impresso dall’incontro con la sofferenza che sembra appartenere a maxim e Visechi, possiede in sé una possibilità di rivalutazione che in questo momento mi azzardo di chiamare pure Realtà per buona pace dei nostri amici spirituali.
Per arrivare a codesta Realtà, il cui invito scortese è avanzato solitamente proprio per questioni di sofferenza e dalla visione iniziale che teniamo di essa, c’è da lavorarci un bel po’! Se il cuore lo richiede e l’intelletto apre le porte, si affrontano i più svariati percorsi spirituali, in solitudine o in compagnia di maestro e discepoli…ad un certo punto capita l’imprevedibile, il miracolo, il fulmine che apre gli occhi a questa nuova realtà fatta di Luce, Energia, Consapevolezza, D-Io.
Se analizziamo queste due differenti visioni per lo stesso fenomeno, quella di maxim e Visechi da una parte e quella degli illuminati dall’altra, vedremo che per la terza visione, quella discussa in questo 3D ovverosia quella che obbligatoriamente deve tenere il bimbo sofferente, nulla cambia. Se escludiamo un apporto materiale a quel bimbo e quindi ci limitiamo ad un’analisi puramente metafisica, un soggetto con la visione della Realtà (maiuscolo) ed un soggetto con la visione della realtà (minuscolo) non influiscono minimamente sulla terza visione (per cortesia spirituali non speculatemi su quanto anzidetto ).
Io trovo piuttosto che sia più conveniente, per il soggetto, avere la visione della Realtà (maiuscolo).
Quindi Visechi …perché ti arrovelli in discussioni del genere sostenendo la tua realtà in loco della Realtà quando si può logicamente comprendere che quella di Yam ad esempio è più conveniente della tua?
Quindi Nexus …per qual motivo, conoscendo i “magici” poteri della nostra mente, non ti adoperi per avvicinarti a quella Realtà che potrebbe appartenere serenamente, e per buona pace di tutti, anche a te?



PS: Pregasi rispondere con posts non inferiori ai 10.000 caratteri!
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Vecchio 22-01-2008, 10.23.55   #59
daniele75
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Qualcuno che vuole tenerti nell'illusione e' un concetto utile ?
Forse non comprendo o mi sono espresso male(molto probabile).
Se percepisci minimamente la realtà,il tuo corpo vibra la realtà stessa,entra in risonanza,non avrai nessun bisognio di nessuna prova scientifica ma anzi lo condividerai con più persone senz aminimamente chiederti se sei nel giusto,che poi quello se lo chiede la mente pensante chiusa nelle sue quattro concezioni di giusto e sbagliato,vero-falso.
Il nostro sistema sociale é una riflessione del nostro stato mentale,fatti un idea.
Immaginati se domani noi due fossimo "svegli",ci sarebbe competizione tr noi due?ci invidieremo i nostri averi,magari paragonandoli?IO vorrò ancora essere migliore di te?o tra noi due nascerà un dialogo aperto basato sul pieno rispetto che viviamo uno per l'altro e il nostro scopo é aiutarci a vicenda?
Spero di averti reso l'idea,di più non posso fare,mi servirebbe un microfono... scherzo!
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Vecchio 22-01-2008, 11.45.18   #60
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Io devo assolutamente rivolgere una domanda a Visechi e a Nexus.


Io trovo piuttosto che sia più conveniente, per il soggetto, avere la visione della Realtà (maiuscolo).
Quindi Visechi …perché ti arrovelli in discussioni del genere sostenendo la tua realtà in loco della Realtà quando si può logicamente comprendere che quella di Yam ad esempio è più conveniente della tua?
Quindi Nexus …per qual motivo, conoscendo i “magici” poteri della nostra mente, non ti adoperi per avvicinarti a quella Realtà che potrebbe appartenere serenamente, e per buona pace di tutti, anche a te?



PS: Pregasi rispondere con posts non inferiori ai 10.000 caratteri!


Il mio non sarà un fiume di parole. In breve, quando le cose non riescono a convincermi, e la visione prospettata da taluni proprio non riesce a convincermi, anzi la percepisco abbastanza irreale se non addirittura falsa, non riesco ad adeguarmi alla convenienza. Potrei chinar il capo e, ob torto collo, trasvolare, però il ‘ma’ si farebbe comunque strada fino ad imporsi.

Ciao
visechi is offline  

 



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