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Vecchio 20-05-2014, 21.07.54   #31
gyta
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Riferimento: Tra il Numinoso e il Dio dei filosofi

Citazione:
Soggiunse: «Ma tu non potrai vedere il mio volto, perché nessun uomo può vedermi e restare vivo»
Ed ora farò inorridire mio malgrado i buon cristiani per questo accostamento apparentemente dissacrante..
c’è una scena in guerre stellari riguardante l’addestramento ultimo attraverso il quale l’uomo alla ricerca della propria interezza deve intraprendere al fine di completare quel terreno di conoscenza capace di donargli
la vista necessaria all’integrità di essere. Avverte nell’aria un sentore di minaccia e si addentra verso quel richiamo alla ricerca del nemico, un nemico che si rivelerà essere egli stesso. Nel mito di Psiche, l’anima, il volto dell’amato è precluso alla vista pena abbracciare l’infinita solitudine. Allora forse l’altro deve restare l’oscuro affinché l’unione non si sveli per ciò che è assoluta coincidenza. Ma qui siamo attraverso il percorso verso l’interezza e non giunti al punto di arrivo. Quello stesso Dio del quale non si può mirare il volto ma solo i passi compiuti (le spalle) è il tragitto dell’anima verso la conoscenza, l’interezza fondamentale.
“nessun uomo può vedermi e restare vivo” Nessun uomo. Per quel medesimo gioco di specchi:
vedere Dio è essere Egli stesso. Vedere Amore è essere Amore e non più la Psiche (uomo) in cerca della sua
cosiddetta metà (amato/ il Demone/ il Mostro). L’assenza di confini è annientamento dell’identità presunta
e come tale condanna di morte per l’identità presunta. Terrore per l’uomo spezzato, vita per l’interezza.
Il sacro è il punto limite dove si compie quel passo dal quale non si può ritornare. E’ la nascita dell’uomo come anima. Di Psiche in Anima. Il limite valicato (il fuoco che trasfigura) è morte e nascita a vita eterna, poiché assenza di frattura. L’identità presunta può esistere solo in un rinnovo perenne del confine.
In una dimensione, in un luogo dove è la negazione a sussistere. Annullata la negazione
non vi è identità. Ecco allora che se intendiamo vita come identità tramite differenza e negazione allora ogni passo che approdi alla radice è inteso come morte. Se intendiamo vita come radice autentica dell’identità allora ciò che procede verso l’integrità sostanziale è vita eterna. Ecco allora che sacro è quel procedere verso quell’unione non più apparente ma riscoperta autentica del reale, riscoperta autentica dell’essere. Ma affinché tu sia tu ed io sia io è necessario mirare alle spalle l’identità, affinché tu possa continuare ad essere tu distinto da un me. Allora il gioco procede. Il confine è tutelato. L’Eros come tensione salvo. Ma l’Amore resta celato, trascende in un oltre ora negato. Eppure l’Amore si compie nell’incontro di Eros con Morte, nella loro coincidenza. Il volto di Eros è Tanathos, ora il confine è spezzato, Amore è riconosciuto nel suo volto diretto.. E non c’è più nessuno a raccontare di Lui.
Spezzato il sonno (tanatos) spezzato il confine ( eros) si compie la trasfigurazione, il reale emerge, il volto colto. Dio, il senza nome, il Dio dagli infiniti nomi sconfigge il sonno mortale. L’apparente profanazione del sacro che impediva l’accesso ai curiosi si rivela ora nella sua purezza incontaminata, il volto bramato, l’oscuro, ora rifulge di luce. Nulla è mutato se non nella prospettiva di chi mira.

Citazione:
Mi sovviene anche il mito gnostico valentiniano, ove il nome del divino originario è anche Abisso, mistero totalmente insondabile che attrae talmente Sophia, ultima sua emanazione, da farla impazzire di angoscia nel folle tentativo di conoscerlo fino a generare da sola un Demiurgo che non ne è che caricaturale e grottesca imitazione e che crea un mondo di dolore.
Se conoscere è essere allora l’Abisso sfiorato non può che divenire pazzia e sonno.
Citazione:
Se un vocabolo non ha limiti e vale per tutto non può avere nemmeno definizione poichè questa è appunto una delimitazione.
Questo è il terreno profano necessitante di ombre e luce poiché l’azzeramento non può descriversi ma
unicamente compiersi. Questo procedere nel cavillo non può che portarci ad una coscienza differente
del linguaggio che crea e distrugge secondo presunte immagini sfiorando il volto proprio del reale senza
oltremodo mai poterlo mostrare se non nella sua unica accezione l'essere.

Ultima modifica di gyta : 20-05-2014 alle ore 21.53.38.
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Vecchio 20-05-2014, 23.02.59   #32
maral
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Citazione:
Originalmente inviato da donquixote
Nel messaggio precedente che risponde a gyta trovi la spiegazione. Ma se sacro volesse dire separato non si spiegherebbero i sacerdoti, i sacramenti e tutti i derivati dal medesimo vocabolo che cosa dovrebbero separare.
Non essendo esperto di etimologie non posso certo discutere su quale delle due definizioni opposte di sacro sia effettiva, ma forse non si escludono reciprocamente come può sembrare. Mi pare certo che il luogo sacro è sempre stato un luogo separato e confinato in cui l'accesso doveva essere proibito ai non con-sacrati (questo vale sia per il bosco sacro che per i templi dell'antica Grecia ove il Dio si trovava nel sacello più interno e buio accessibile solo al sacerdote, e anche nella tradizione cristiana con riferimento al luogo dell'altare e in particolare al tabernacolo) ma è pure il luogo ove chi è consacrato e dunque autorizzato ad accedervi può incontrare il divino e fungere da tramite per esso a mezzo dei riti, quindi ricostituirne il legame indispensabile con l'umano. In tal senso la figura del sacerdote ha un ruolo duplice: sia quello di custodire la sacralità-separazione del luogo sacro impedendone la profanazione il cui effetto negativo si estenderebbe a tutta la comunità annientandola, sia quello di fungere da tramite (e quindi da legame) con il trascendente garantendone gli effetti benefici per la comunità stessa ad esempio a mezzo della somministrazione dei sacramenti.
Citazione:
Vi è anche il significato (subordinato) di sacro come intoccabile, che in qualche modo può rimandare ad una certa interpretazione del separato. Ma tale significato è relativo sempre al concetto di ordine, poiché più un ente, un luogo, un rito o altro verrà considerato conforme all'ordine, quindi sacro, tanto più verrà giudicato intoccabile.
Infatti, ma questo ordine è un ordine trascendente non riducibile ad alcuna lettura razionale umana, tanto che proprio per il fatto di non apparire alla razionalità può da essa venire messo in dubbio e assimilato a uno stato originario del tutto caotico, come il vuoto quantistico in fisica.
Ed è proprio nell'esposizione a un'infinita trascendenza che l'io vacilla perché ne avverte sia tutta la potenza salvifica che quella terrificante e distruttiva, la coscienza si sente così dilaniata tra un bisogno di totale fusione e una totale esclusione, patisce una sorta di squartamento rappresentato proprio da quel doppio significato del sacro che qui è stato richiamato, scissione che, se non ricomposta nell'ambito dell'esperienza sacrale, diventa la radice più profonda della follia. E' per questo che il volto del divino non può essere visto direttamente dal mortale e Mosé si copre il viso perché ha giustamente paura del Suo apparire.
Citazione:
Nelle tradizioni che hanno ancora un minimo di vitalità come quella indù non esiste una separazione fra sacro e profano, ovvero non possono esistere in terra due ordini opposti ed entrambi legittimi, e ciò che appare come profano deve essere in qualche modo reso sacro, fosse pure attraverso una mera operazione psicologica di giustificazione. Come dice bene Paul il sacro è l'espressione di un ordine all'interno del quale ogni fenomeno, da quelli maestosi a quelli più terribili, trova la sua giustificazione, espressa attraverso il mito, il simbolo, il racconto allegorico o la spiegazione razionale, in modo tale da placare il senso d'angoscia che pervade colui che ne è spettatore inconsapevole.
Ma il punto è che qualsiasi rappresentazione che noi ci damo del sacro annulla il sacro e lo mistifica profanandolo, al sacro si sostituisce l'istituzione sacra che è sempre pretesa falsificante di sacralità in nome della volontà di amministrarlo facendosene sacerdoti esclusivi. Ogni giustificazione, ogni richiamo a una definito ordine naturale è falsificazione del sacro e infatti ogni istituzione sacra che rivendica una pretesa di ordine eterno prima o poi crolla inevitabilmente, come crolla inevitabilmente ogni definita risposta metafisica ritenuta incontrovertibile, ogni pretesa di adesione al vero ordine naturale delle cose per quanto così confortante di ogni angoscia e crollerà sempre, è il sacro stesso che ne determina il crollo, perché il sacro in origine non porta alcuna giustificazione, non mette in ordine le cose per come noi intendiamo l'ordine giusto delle cose, non serve a nostra consolazione, ma il suo senso nasce dal nostro angosciato turbamento, dalla crisi della ragione e dell'ego che la porta tratteggiando un'oggettività che non potrà mai avere nulla di oggettivo in sé, nulla di tranquillamente naturale in sé.
Ma forse è inevitabile e misericordioso che sia così, perché come dice la divinità biblica a Mosè:"...e ti coprirò con la mano finché sarò passato. Poi toglierò la mano e vedrai le mie spalle, ma il mio volto non lo si può vedere». E per questo forse sono innumerevoli i volti con cui la divinità è stata rappresentata, fino a negarle qualsiasi volto.
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Vecchio 21-05-2014, 08.37.16   #33
acquario69
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Citazione:
Originalmente inviato da maral

E' qualcosa che posso avvertire come armonia profonda che mi lega a tutto l'esistente ma il cui significato mi travalica e quindi mi spaventa fino a non poterne leggere la vista, come un'onda di 30 metri in procinto di abbattersi su di me. E' allusione di quel volto glorioso di Dio che nessun uomo può vedere come tale pena la morte, ossia pena il suo totale annientamento creaturale.

dopo aver letto questo tuo pensiero mi e' venuta istintiva una domanda:(provando per quanto possibile a metterti nei tuoi panni)
..ma se avverto che al di la delle apparenze ce armonia profonda per quale motivo ne dovrei avere paura?
allora proseguendo mi sarei risposto che quel' "annullamento totale" e' il cerchio che si "chiude" ,il "morire che annuncia e prefigura pero una nuova nascita..forse oserei dire quella autentica
..il confine (che pero non e' un confine) da superare

questo bel passo scritto da gyta lo descrive bene…

Citazione:
Avverte nell’aria un sentore di minaccia e si addentra verso quel richiamo alla ricerca del nemico, un nemico che si rivelerà essere egli stesso.

……….

Citazione:
Ecco allora che se intendiamo vita come identità tramite differenza e negazione allora ogni passo che approdi alla radice è inteso come morte. Se intendiamo vita come radice autentica dell’identità allora ciò che procede verso l’integrità sostanziale è vita eterna. Ecco allora che sacro è quel procedere verso quell’unione non più apparente ma riscoperta autentica del reale, riscoperta autentica dell’essere.

dunque il punto in cui tutto torna al suo ordine primordiale,un annullamento che quando si compie diventa invece un tutt'uno,di conseguenza,la distinzione,quindi credo la paura si annulla,non vi e' più ragione di esserci perché si rientra in un "altra dimensione" dove le regole precedenti si riconoscono ora come false..o forse meglio dire come non reali..o forse ancora erano si "corrette" nel livello precedente,ma superato questo non lo sarebbero più (vabbe,quest'ultimo concetto avrei un po di difficoltà a spiegarlo..)


ad ogni modo,questo e' solo cio che sento,e colto l'occasione per approfondire
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Vecchio 21-05-2014, 10.15.01   #34
Duc in altum!
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** scritto da gyta:


Citazione:
Ed ora farò inorridire mio malgrado i buon cristiani per questo accostamento apparentemente dissacrante..c’è una scena in guerre stellari riguardante [...] il volto bramato, l’oscuro, ora rifulge di luce. Nulla è mutato se non nella prospettiva di chi mira.


Non mi sono inorridito, anzi penso che sia una interpretazione della trasfigurazione e dell'incontro con noi stessi, col Sacro presente e vivo nell'Io, illuminata e modernista.
Complimenti, sono affascinato.
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Vecchio 21-05-2014, 12.46.44   #35
donquixote
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Citazione:
Originalmente inviato da maral
Non essendo esperto di etimologie non posso certo discutere su quale delle due definizioni opposte di sacro sia effettiva, ma forse non si escludono reciprocamente come può sembrare. Mi pare certo che il luogo sacro è sempre stato un luogo separato e confinato in cui l'accesso doveva essere proibito ai non con-sacrati (questo vale sia per il bosco sacro che per i templi dell'antica Grecia ove il Dio si trovava nel sacello più interno e buio accessibile solo al sacerdote, e anche nella tradizione cristiana con riferimento al luogo dell'altare e in particolare al tabernacolo) ma è pure il luogo ove chi è consacrato e dunque autorizzato ad accedervi può incontrare il divino e fungere da tramite per esso a mezzo dei riti, quindi ricostituirne il legame indispensabile con l'umano. In tal senso la figura del sacerdote ha un ruolo duplice: sia quello di custodire la sacralità-separazione del luogo sacro impedendone la profanazione il cui effetto negativo si estenderebbe a tutta la comunità annientandola, sia quello di fungere da tramite (e quindi da legame) con il trascendente garantendone gli effetti benefici per la comunità stessa ad esempio a mezzo della somministrazione dei sacramenti.

Ogni vocabolo che definisce e rappresenta una parte della realtà automaticamente esclude tutto ciò che in tale definizione non è compreso, ma non per questo significa "ciò che è separato" da questo.
Ogni ente è "separato" da tutti gli altri, ma forse che la definizione di ogni ente significa allora "separato"?
È perlomeno necessario indicare da cosa dovrebbe essere separato ciò che viene indicato con sacro: dalla vita? dalla realtà? dalla società? dal mondo?
L'unico senso possibile per definire sacro come separato è quello che ho già citato di Durkheim e Galimberti, ma dal punto di vista pratico fa acqua da tutte le parti perchè è basato esclusivamente su di un pregiudizio occidentale, oltretutto del periodo positivista e antireligioso, che non trova riscontro né in altre grandi tradizioni come ad esempio l'Induismo, il Buddhismo e l'Islam, e nemmeno in quelle piccole, come mostrano tutti gli studi sensati di antropologia culturale.

Il luogo sacro per eccellenza di una comunità è sempre stato il tempio, almeno nelle culture più "civilizzate", come in quelle animistiche è il totem o altri simboli assimilabili: ma questo si trovava al centro della polis, come le chiese costituiscono il centro dei villaggi intorno alle quali si sono sviluppati. Non mi pare che siano separate ma anzi dal centro, visibile da ogni luogo del villaggio, doveva simbolicamente emanare uno spirito che pervadesse il resto della comunità e sacralizzarla.

La "sacralità" di ogni luogo si determina dai suoi confini, ma il fatto che abbia confini non significa che sacro voglia dire confinato. Ogni luogo particolare, reale o virtuale, ha dei confini, e la sua sacralità non sta tanto nell'averli quanto nel rispettarli poichè si riconosce che ciò che da essi è delimitato è parte di un particolare ordine. Questo accade negli ospedali, nei tribunali, nelle università eccetera, ove vi sono limitazioni da rispettare e ruoli da riconoscere, come nelle tribù primitive sono riconosciuti e rispettati i luoghi e i ruoli di pertinenza degli uomini, delle donne, dei sacerdoti, degli sciamani eccetera. Così anche per quanto riguarda luoghi naturali particolarmente ampi come le foreste o i monti. Riguardo questi ultimi se da un lato la loro inamovibilità nel tempo li rende simbolicamente adatti a rappresentare in terra l'immutabile ordine divino, dall'altro la loro sacralità può essere espressa e riconosciuta per mere ragioni pratiche: se un popolo notava che coloro che si avventuravano su di un monte costituito di roccia particolarmente fragile cadevano e morivano, coloro che ne avevano l'autorità vietavano l'accesso a tale monte sacralizzandolo e affermando che la sua violazione avrebbe provocato la vendetta della divinità, che avrebbe potuto portare alla morte del trasgressore. Oggi si dicono le medesime cose, solo in altre forme, più "scientifiche". Ogni limite, ogni confine, delimitava gli ambiti in cui l'ordine sociale si esprimeva: se il tempio determinava l'ordine in cui simbolicamente si esprimeva il divino e lo spirituale, la piazza antistante in cui vi era il mercato esprimeva un ordine diverso, con diversi riti, diversi costumi e diversi "sacerdoti", ma era anch'esso, a suo modo, sacro.

La cacciata dei mercanti dal tempio di Gesù Cristo simboleggia appunto la necessità di rispettare ogni ordine: ognuno al posto suo. Quando l'ordine è cominciato a venire meno si è confinato il sacro nello specifico del divino, e tutto il resto lo si è relegato nell'ambito indifferenziato del profano, fino all'oggi ove si è profanato anche lo specifico del divino e il Papa, simbolo per eccellenza del dio in terra, frequenta i luoghi più "profani" conferendo loro una "sacralità" che non gli spetta poichè non rispetta alcuna gerarchia. Così come il mercante non deve profanare l'ordine del tempio altrettanto il Papa non deve conferire con la sua presenza una indebita sacralità all'ordine del mercato. Se la favelas brasiliana o il quartiere dei paria di Calcutta diventano un luogo più sacro del tempio tutte le gerarchie sono sovvertite e la confusione e il disordine non possono che trionfare. Questa è una evidente degenerazione del concetto originario, che prevede che tutto debba essere sacro (ovvero ordinato), ma ogni cosa nel suo proprio ambito, con una evidente gerarchia di importanza.
Una cultura che abbia perso il senso del sacro è una cultura disordinata, entropica, in disfacimento.


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Originalmente inviato da maral
Ma il punto è che qualsiasi rappresentazione che noi ci damo del sacro annulla il sacro e lo mistifica profanandolo, al sacro si sostituisce l'istituzione sacra che è sempre pretesa falsificante di sacralità in nome della volontà di amministrarlo facendosene sacerdoti esclusivi. Ogni giustificazione, ogni richiamo a una definito ordine naturale è falsificazione del sacro e infatti ogni istituzione sacra che rivendica una pretesa di ordine eterno prima o poi crolla inevitabilmente, come crolla inevitabilmente ogni definita risposta metafisica ritenuta incontrovertibile, ogni pretesa di adesione al vero ordine naturale delle cose per quanto così confortante di ogni angoscia e crollerà sempre, è il sacro stesso che ne determina il crollo, perché il sacro in origine non porta alcuna giustificazione, non mette in ordine le cose per come noi intendiamo l'ordine giusto delle cose, non serve a nostra consolazione, ma il suo senso nasce dal nostro angosciato turbamento, dalla crisi della ragione e dell'ego che la porta tratteggiando un'oggettività che non potrà mai avere nulla di oggettivo in sé, nulla di tranquillamente naturale in sé.

Non bisogna confondere la capacità dell'uomo di comprendere i principi metafisici con i principi stessi: questi sono immutabili mentre quella varia.
Così come non bisogna confondere il sacro con l'interpretazione che l'uomo ne dà.
Ogni interpretazione del sacro varierà più velocemente tanto più sarà appannaggio di uomini che non lo comprenderanno o vorranno assoggettarlo ai propri voleri.
Certo il sacro "non porta alcuna giustificazione, non mette in ordine le cose per come noi intendiamo l'ordine giusto delle cose", ma solo perchè è l'uomo che deve comprendere ed adeguarsi al sacro, e non viceversa; se l'uomo elabora un proprio ordine, fatto a sua immagine e somiglianza, e chiamandolo "sacro" vuole assoggettare a questo tutto l'universo allora è ovvio che crollerà in breve tempo, ma se si adeguerà a quello naturale del mondo allora non potrà crollare. Vi sono (o vi erano fino ad uno o due secoli fa) popoli che da decine di migliaia di anni vivono felici nello stesso modo, e questo perchè hanno saputo comprendere il senso del sacro ed adeguare ad esso la propria comunità.
Quando vi fu lo tsunami del 2004 gli abitanti delle popolazioni primitive delle isole Andamane ebbero nessuna vittima e pochissimi danni. Per la semplice ragione che conoscendo il mare, il suo ordine e la sua potenza, ne rispettarono la "sacralità" non costruendo capanne o villaggi sulla costa, come invece accadde altrove.
Poi ci sarà sempre qualcuno che potrà continuare a pensare che il sacro derivi da un senso di turbamento impedendosi di coglierne il vero significato, e magari non si chiedono come mai il proprio figlio, turbato dal buio nella propria stanza o dalla folta vegetazione di un bosco, non abbia sviluppato naturalmente il senso del sacro, oppure perchè il disoccupato che è turbato dall'incertezza del proprio futuro non abbia fatto altrettanto.
donquixote is offline  
Vecchio 21-05-2014, 18.42.04   #36
paul11
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L'ordine in quanto sacro, la divinità la manifesta nell'ordine naturale del mondo ed è da lì che l'uomo interpreta il divino dalla manifestazione del mondo fisico.
Non c'è molta differenza fra l'antico e il post moderno.
L'antico legge la natura come cicli naturali che si intersecano, fra la manifestazione della terra con i suoi esseri viventi, con il tempo delle stagioni,con i cicli degli animali per la caccia e i cicli del raccolto per le piantagioni.
Tutto ciò che rompe questo equilibrio è l'anomalia come manifestazione di assenso o dissenso del divino che in quanto creatore ha le chiavi delle regole dell'ordine e in quanto tale diventa sacro.
Il fatto che l'antico veda le fasi lunari e capisce le temporalità del ciclo rispetto allo scienziato moderno che capite le forze che governano le inserisce nella logica matematica di un'equazione,che cosa cambia in sostanza?
Che cosa cambia sapere di più degli ecosistemi di cui l'antico forse chiamava semplicemente ordine , se poi la sostanza è sempre quella?
Il tabù dell'antico è l'ignoranza del moderno, il totem dell'antico è la speranza riposta nella volontà di potenza del moderno.
Ma la differenza è che l'uomo antica sapeva di non dover alterare le regole dell'ordine ,in quanto la natura, intesa come manifestazione del divino ,si sarebbe regolata come un contrappasso.
Se l'uomo è nato dalla creta della terra, ma è anche immagine divina nelle qualità, allora il ponte fra ordine fisico e ordine dello spirito è proprio l'umano.
Ed è l'uomo il soggetto inteso come custode dell'ordine naturale, se lo altera altera di riflesso il sacro che sta nell'ordine del divino.
Se l'uomo decide con volontà di potenza di sostituirsi a Dio e altera l'ordine naturale, il sacrilegio sta nell'aver imposto nuove regole,che la natura intesa come ordine non accetta nei suoi equilibri.

Il manifesto divino nella natura in tutte le culture è il timore di Dio, che attraverso il rito propiziatorio,sacrificale, di purificazione, di iniziazione,ecc in precisi momenti temporali dei cicli naturali, si cerca di assecondare.

La malattia del corpo è come la manifestazione anomala di un evento o fenomeno ,come viceversa lo è il miracolo .
L'obbedienza all'ordine è l'accettazione del limite umano che in quanto tale non manifesta la volontà di potenza per assomigliare a Dio.
Quando a tutt'oggi noi diciamo che eventi straordinari geologici o climatici sono il segno che noi abbiamo cambiato la natura e questa si rivolta, implicitamente ricordiamo un ordine antico dl sacro.

Quindi più che il sentimento è ancora più profondo l'istinto del terrore, il sapere che nulla possiamo, nè scienza nè tecnica.
Perchè il conoscere non significa capacità di gestire le forze. Noi sezioniamo con la conoscenza il tutto, ma non conosciamo la dinamica fra il particolare e il disegno del tutto, anche perchè noi siamo dentro e in quanto tale parte dell'ordine, sbagliare significa subire la conseguenza. Questo gli antichi saggi lo avevano capito grazie all'esperienza e alla tramandazione, dove il più anziano era il depositario del sapere. Dove ognuno aveva un suo posto e un suo ruolo ed era rispettato in quanto tale persino nelle gerarchie dall'alto verso il basso.
Basta guardare alla saggezza dei pellerossa americani nella caccia per capire che conoscevano l'ordine, le regole e gli equilibri. E cosa è accaduto di loro?
Il saggio cacciatore sa che non deve colpire la femmina gravida e deve lasciare un nucleo di ripopolamento e non sterminare o sopraffare: cioè conosce il senso del proprio limite nel rispetto dell'ordine naturale che il suo dio gli ha dato. Invece noi nel nostro tempo abbiamo bisogno dei divieti per capire di non sterminare.

Non è solo dentro di noi nella meditazione la risposta dell'ordine, non è solo nel tentativo di alzarsi spiritualmente nell'ordine del divino, perchè dimentichiamo che noi siamo anche creta della terra e almeno una risposta al nostro crescere spiritualmente e umanamente è nello specchio della regola della terra.. La prima forma di conoscenza è nella logica e nella materia e da lì capire che l'ordine sacro significa prendersi cura del mondo, di se stessi e dei propri simili, una comunione. Il senso del limite non significa non accettare che la scienza conosca, tut'altro, ma che la scienza sia lo strumento in mano ad un umile e saggio che sappia finalmente gestire nelle regole dell'ordine e non alterarle con volontà di potenza.
Il Talmud dice che in Genesi prima della disobbedienza l'uomo parlava con la natura empaticamente, vedeva con gli occhi dell'aquila e chiamava per nome gli animali. La suprema armonia è un ascolto silenzioso del rumore di fondo fra la nostra anima e l'anima mundi. Allora sapremo accettare il destino, allora capiremo il segreto dell'albero sefirotico o della vita, allora comprenderemo la morte fisica. I saggi anziani , come diversi animali, sentendo la morte vicina si allontanavano mestamente in un luogo solitario dove morire in pace e con dignità: questa cultura noi l'abbiamo dimenticata, non sappiamo più morire perchè non sappiamo più vivere.


Ultima modifica di paul11 : 21-05-2014 alle ore 22.15.05.
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Vecchio 22-05-2014, 00.02.54   #37
maral
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Originalmente inviato da donquixote
Il luogo sacro per eccellenza di una comunità è sempre stato il tempio, almeno nelle culture più "civilizzate", come in quelle animistiche è il totem o altri simboli assimilabili: ma questo si trovava al centro della polis, come le chiese costituiscono il centro dei villaggi intorno alle quali si sono sviluppati. Non mi pare che siano separate ma anzi dal centro, visibile da ogni luogo del villaggio, doveva simbolicamente emanare uno spirito che pervadesse il resto della comunità e sacralizzarla.
Il tempio è certo il luogo al centro della comunità, ben visibile a tutti, ma l'accesso al luogo ove in esso alberga il sacro è comunque interdetto, separato, consentito solo a chi è consacrato.
Nella chiesa ricorderai forse che un tempo l'altare era recintato da una balaustra (addirittura protetto da una cancellata ornamentale nelle chiese greco ortodosse), proprio in quanto accessibile solo al sacerdote, come resta ancora accessibile solo al sacerdote il tabernacolo. Lo stesso vale per il tempio pagano, architettonicamente splendido e imponente dal di fuori, ma al cui sacello (la stanza interna completamente vuota e disadorna ove abita il dio) poteva accedere solo il sacerdote e non la comunità che viveva intorno ad esso godendo dei benefici influssi.
Il tempio svolge la funzione di indicare alla comunità che lì alberga il sacro, è simbolo, ideogramma, recinto architettonico dal cui interno promana il sacro e la visione di questo simbolo vivifica e lega la comunità che svolge la sua vita quotidiana attorno ad esso, ma il tempio non è il sacro che resta custodito in un luogo più nascosto e proibito al profano. E' proprio come recinto sacrale che sorgono i primi templi megalitici in quella che chiamiamo preistoria dell'umanità: sono pietre enormi che si vogliono stabili, imponenti e salde, disposte in circolo a delimitare un luogo.
Il tempio come mero spazio assembleare sussiste là dove il senso del sacro ha abbandonato il mondo, la sua profonda concreta fisicità è stata dimenticata per essere ridotta solo a uno stato psicologico individuale da condividere insieme con i propri fratelli di fede, ma così il senso originario del sacro è andato perso.
I confini poi sono sia ciò che separa che ciò che mette in comunicazione mantenendo quella differenza senza la quale la comunicazione stessa perde ogni significato. La comunicazione esige una distanza da superare, un confine che è interfaccia. Non ci può essere comunicazione senza confine, perché solo se c'è una demarcazione tra me e te io e te possiamo sussistere e comunicare, è proprio essere io e te separati che ci permette di entrare in contatto come enti diversi, di sussistere come io e altro da me in reciproco scambio rispettoso della nostra diversità, non certo della nostra unità.
Per questo il confine separando unisce e unendo separa e vale per qualsiasi confine.
Il concetto di confine è strettamente collegato proprio a quel concetto di ordine che qui è stato ribadito, perché fare ordine significa riconoscere e rispettare confini e limiti. Il punto è però che l'ordine sacro, l'ordine metafisico trascendente (che ci piace oggi chiamare ordine naturale dopo aver perso quasi definitivamente il senso della natura, per sottolineare il carattere stabile ed eternamente necessario, tale da supera ogni volontà di profanazione che è volontà di porre ordini diversi e dunque falsi a cui consegue quella stessa dissoluzione che coglie chiunque entri nel recinto sacro senza essere consacrato) non è l'ordine che la ragione umana si propone di costruire, è un ordine che continuamente la travalica, dunque terrorizza la coscienza e genera mostri, è potenza che la ragione non può controllare, ma da cui è controllata.
Il rispetto del limite è certamente rispetto di un ordine sacro, ma non certo a salvaguardia del sacro, ma a salvaguardia dell'individuo e della comunità di individui. Se fosse il sacro a essere messo in pericolo dalla violazione non sarebbe per nulla sacro, significherebbe che il tempio creduto eterno era solo un castello di carte, qualcosa che l'io può fare suo e può farne ciò che vuole, non c'era nulla di sacro, non c'erano limiti e confini saldi e inviolabili, ma solo surrogati umani che tentavano di imitare in modo caricaturale il vero sentimento sacrale per illudersi di controllarlo a loro beneficio, vuote e labili rappresentazioni costruite per confortarci di una nostra possibilità di controllo su ciò che non può che sfuggire a ogni nostro controllo. Non c'è Dio, ma un grottesco e ridicolo demiurgo. Per questo l'ordine sacro può sembrare caotico alla ragione, ma è un caos ordinato, infinitamente maestoso e terribile, quale appunto è il significato originario di caos da cui nel mito emerge il mondo intero.
L'immutabile ordine divino non è quindi dato dagli ordini che noi ci costruiamo immaginandoceli come naturali e che sempre variano e sempre varieranno e più li si vuole mantenere immutabili più catastrofico e tragico sarà il loro crollare, mentre il rimedio che credevamo offrissero per mantenersi saldi si rivelerà peggiore del male, si presenterà come assoluta violenza sull'uomo e sul mondo in nome della tradizione, della superiorità di casta, in nome del tempio e non del sacello, in nome del valore istituzionale e persino in nome della natura che in realtà è solo ciò che si vuole che la natura sia.
Il sentimento del sacro deriva solo dal darsi effettivo della consapevolezza di un radicale non sapere e dal tremante terrore meraviglia che la accompagna: meraviglia di esserci, terrore per la misteriosa e sconosciuta trascendenza a cui questo esserci costantemente ci espone nel sentirsi separati e pur tuttavia compresi dal suo mistero insondabile. Forse è solo questo non sapere che può tracciare il limite oltre al quale risiede il luogo sacro da cui scaturisce la nostra esistenza. L'uomo è il solo animale che radicalmente non sa e per questo continuamente crede e costruisce templi di pietre e di pensiero (statue, edifici, miti, religioni, filosofie, norme razionali e teorie scientifiche), così da potersi illudere sempre di sapere con imperitura saldezza e ogni volta ogni illusione lo delude.
Ma ogni illusione è anche la mano misericordiosa di Dio sui suoi occhi, l'indispensabile velo di Maya solo sotto il quale l'esistenza umana può svolgersi, perché sempre ogni cosa ha il suo tempo per poter apparire.
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Vecchio 23-05-2014, 11.18.17   #38
maral
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Originalmente inviato da gyta
“nessun uomo può vedermi e restare vivo” Nessun uomo. Per quel medesimo gioco di specchi: vedere Dio è essere Egli stesso. Vedere Amore è essere Amore e non più la Psiche (uomo) in cerca della sua cosiddetta metà (amato/ il Demone/ il Mostro). L’assenza di confini è annientamento dell’identità presunta e come tale condanna di morte per l’identità presunta. Terrore per l’uomo spezzato, vita per l’interezza.
E' su questo gioco di specchi in cui consiste l'apparire che vorrei per un attimo tornare.
In virtù di questo gioco l'io giunge a conoscersi come altro del suo altro (come negazione della propria negazione) e in tal modo l'altro (la mia negazione) appare come io del suo io, come intima coscienza originaria.
Quella trascendenza che da fuori sovrasta l'individuo oltre il suo limite è dunque la radice dello stesso io e il mistero del volto nascosto del sacro assume il contorno del mio volto che di nuovo trasmuta in ogni altro volto come la fiamma che ardendo sempre trasfigura.
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Vecchio 23-05-2014, 15.09.39   #39
donquixote
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Originalmente inviato da maral
Il tempio è certo il luogo al centro della comunità, ben visibile a tutti, ma l'accesso al luogo ove in esso alberga il sacro è comunque interdetto, separato, consentito solo a chi è consacrato.
Nella chiesa ricorderai forse che un tempo l'altare era recintato da una balaustra (addirittura protetto da una cancellata ornamentale nelle chiese greco ortodosse), proprio in quanto accessibile solo al sacerdote, come resta ancora accessibile solo al sacerdote il tabernacolo. Lo stesso vale per il tempio pagano, architettonicamente splendido e imponente dal di fuori, ma al cui sacello (la stanza interna completamente vuota e disadorna ove abita il dio) poteva accedere solo il sacerdote e non la comunità che viveva intorno ad esso godendo dei benefici influssi.

Ogni luogo "sacro" è costituito essenzialmente nello stesso modo. In tribunale, come in ospedale, o a scuola o altrove vi sono luoghi più "inaccessibili" di altri, ai quali possono accedere solo coloro che ne hanno, gerarchicamente, i titoli per farlo. Ricordo che quando andavo a scuola era punito severamente l'atto di sedersi alla cattedra quando il professore non c'era, per non "profanare" la "sacralità" di quel luogo.
E non bisogna dimenticare che anche nel tempio, che è il luogo sacro par excellence, tutto ciò che all'interno è più o meno sacro è comunque solo un simulacro di questo. Nel tabernacolo non c'è "il sacro", ma "il più importante simbolo del sacro".

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Originalmente inviato da maral
Il concetto di confine è strettamente collegato proprio a quel concetto di ordine che qui è stato ribadito, perché fare ordine significa riconoscere e rispettare confini e limiti. Il punto è però che l'ordine sacro, l'ordine metafisico trascendente (che ci piace oggi chiamare ordine naturale dopo aver perso quasi definitivamente il senso della natura, per sottolineare il carattere stabile ed eternamente necessario, tale da supera ogni volontà di profanazione che è volontà di porre ordini diversi e dunque falsi a cui consegue quella stessa dissoluzione che coglie chiunque entri nel recinto sacro senza essere consacrato) non è l'ordine che la ragione umana si propone di costruire, è un ordine che continuamente la travalica, dunque terrorizza la coscienza e genera mostri, è potenza che la ragione non può controllare, ma da cui è controllata.

Non è né l'una né l'altra cosa. L'ordine naturale non è un altro modo di definire quello trascendente, ma è cosa diversa: è il riflesso di questo nel nostro mondo. L'ordine celeste, apollineo e immutabile, è il principio che guida l'ordine dionisiaco, l'ordine del divenire, l'ordine naturale. Conoscere e osservare le dinamiche della natura con la loro costante ripetitività ciclica permette di cogliere un equilibrio complessivo nel divenire del mondo, che viene riconosciuto come giustizia divina (o volontà divina), rispettato nell'ambito naturale e riprodotto secondo le medesime dinamiche nelle comunità umane e nelle loro istituzioni, chiamandolo "sacro" poiché fa costante riferimento all'ordine trascendente, ed elaborando simboli diversi che lo evochino in ogni occasione.

L'ordine che l'uomo si propone di costruire, se non è conforme a tali parametri e non si adegua a questi, è di necessità un ordine antropologicamente connotato, e sarà in competizione con l'ordine naturale poichè si baserà esclusivamente sulle esigenze umane e non terrà conto di quelle dell'ambiente nel suo complesso, piegandolo alle proprie pretese.

Non vi è quindi un ordine razionale, umano, ed uno irrazionale, sacro, dominato dalla meraviglia e dal terrore, ma entrambi potranno essere razionalizzati, ovvero espressi in forme logiche e non immaginifiche.
La differenza fra i due sta nel fatto che nell'ambito dell'ordine umano l'azione è prevalente poichè dopo averlo immaginato si tratterà di costruirlo a partire delle società umane e di adeguare a tale ordine tutto ciò che umano non è, ponendo tutto ciò che è spontaneo e naturale il più possibile sotto il controllo dell'uomo e della tecnica che è il suo braccio armato; mentre per quanto riguarda l'ordine sacro si tratta solo di riconoscerlo, rispettarlo per quel che concerne la natura e riprodurne le dinamiche nell'ambito umano, per cui il pensiero avrà la funzione principale e l'azione sarà solo secondaria e ininfluente.

Per realizzare il primo ordine c'è bisogno della scienza per individuare le cause prossime dei fenomeni, e della tecnica per modificarle ai fini umani, mentre il secondo, che necessita solo di una cultura finalizzata alla giustificazione dei fenomeni naturali, si occupa delle cause ultime e immodificabili, e per descriverle potrà spaziare nell'ambito del mito, della favola, dell'allegoria, della razionalità, e creare storie che provocano meraviglia oppure terrore; infatti lo scopo è quello di convincere le persone ad accettare ciò che accade non solo come necessario ed inevitabile, ma come giusto e conforme alla volontà di Dio, e ogni forma intellettuale che raggiunga lo scopo è utilizzabile, e varierà in dipendenza della capacità di comprensione di coloro ai quali si rivolge.

Siccome nel mondo del divenire non vi è nulla che non cambi costantemente, il concetto più adatto per evocare l'ordine trascendente, apollineo, e utilizzarlo nella elaborazione di un ordine dinamico, dionisiaco, è quello di equilibrio, o anche di armonia. Chi sarà pervaso dal senso del sacro e ne riconoscerà l'ordine rispetterà e riconoscerà l'equilibrio e l'armonia presenti sulla terra e nell'universo, e sarà in grado di riprodurli innanzitutto nel proprio animo e poi di replicarli in ogni suo pensiero e ogni sua azione, costruendo in tal modo intorno a sé un microcosmo perfettamente corrispondente, nel suo ambito, al macrocosmo universale.
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Vecchio 23-05-2014, 17.14.57   #40
acquario69
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Credo non possono esserci dubbi sul fatto che la perdita del sacro equivale ad aver reciso le radici con madre natura...(dal mio punto di vista questo e' il nodo fondamentale)..dopodiché non vi sarà piu nulla che potrà ancora avere un senso,perche sarà completamente privo di vita..
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