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Vecchio 10-07-2002, 23.33.10   #1
visechi
Ospite abituale
 
Data registrazione: 05-04-2002
Messaggi: 1,150
Articolo 18

QUANTO SEGUE NON VUOLE STIMOLARE ALCUNA DISCUSSIONE. OCCUPO, AUTORIZZATO, QUESTO SPAZIO DEL FORUM PER DAR LA MASSIMA PUBBLICITAQ' POSSIBILE AD UNA LETTERA DI PROTESTA SCRITTA DA UN AMICO. VI PREGO DI AVER PAZIENZA.

CIAO

LETTERA APERTA AL SEGRETARIO GENERALE DELLA UIL – LUIGI ANGELETTI

E’ fatta, oggi, 5 luglio 2002, Cisl e Uil hanno sottoscritto l’intesa con Governo e Confindustria denominata, forse un po’ troppo trionfalmente, “Patto per l’Italia”.
Bene!
L’intesa verte su più argomenti, tutti estremamente complessi. La trattativa è stata piuttosto controversa e caratterizzata anche da momenti di forte tensione, sfociata in una grandiosa manifestazione il 23 marzo 2002, in un epico sciopero generale il 16 aprile scorso ed una lacerante, forse insanabile, divisione sindacale – la Cgil non ha sottoscritto l’accordo; già questo, di per sé, rappresenta un gravoso fardello di cui i vari responsabili dell’accaduto dovranno, necessariamente, farsi carico. Nell'attesa della pubblicazione dei documenti ufficiali, sospenderei il giudizio sul merito delle questioni affrontate; giudizio che, inevitabilmente, deve abbracciare e coinvolgere l’intero vertice sindacale per tradursi, infine, in una definitiva promozione o bocciatura dei protagonisti.

Niente da dire, dunque?

No, non è così. Pur in assenza del "Verbo" che promani dagli organi ufficiali del Sindacato, del Governo o della Confindustria (io, per non sbagliare, avrò cura di procurarmi tutte le uniche veraci, fattuali e contrastanti versioni), che, in ogni caso, attendo con trepidante impazienza, credo vi sia, comunque, qualcosa di tangibile e sufficientemente pubblicizzato, da meritarsi fin da ora un giudizio, il mio, l’ultimo dei quadri sindacali Uil, il meno intelligente e furbo, quello che caparbiamente rifiuta di depositare all’ammasso il proprio scarso cervello e che ingenuamente ricerca le ragioni di una scelta che rischia di dilaniare il Sindacato e le coscienze di ciascuno di noi.

Sappiamo che il confronto appena concluso (almeno per la parte già definita e sfociata nel "Patto per l'Italia") ha riguardato aspetti ed argomenti d'estrema delicatezza; fra gli altri, anche la modifica (o meglio la sospensione per alcuni particolari casi) di un diritto che i vertici sindacali (nessuno escluso) hanno sempre definito e considerato fondamentale ed intangibile: il diritto alla dignità (se non sbaglio lo definisti così proprio tu). Conquistato con lotte, anche cruente (tu, meglio di me, sai quanto) dai nostri genitori ed offerto su un piatto d'argento ai figli d'allora e genitori d'oggi, affinché, così tutelati, non avessero da subire e patire quanto sofferto nei periodi più bui della loro vita lavorativa.
Ricordo ancora i racconti dei vecchi quadri sindacali quando a me, giovane neofita del sindacato, parlavano della vita in fabbrica, delle lotte conseguenti ad atteggiamenti vessatori, delle speranze per la conquista del diritto al rispetto della dignità (esagerazioni? Retorica di bottega? Credo di no). Certo, son consapevole che l'articolo 18 e il connaturato innalzamento del livello di civiltà nel rapporto fra imprenditore e prestatore di lavoro, non hanno risolto tutti i problemi: vi sono, incompresibilmente, ancora quote consistenti (preponderanti?) di lavoratori del tutto escluse da questa "fondamentale" tutela, sottoposti a continui e laceranti ricatti - attualissimo il dibattito sul Mobbing e sulle molestie sessuali sul posto di lavoro. Qualcuno, anche di recente, nel corso degli appassionati dibattiti che hanno fatto da corollario alla difficile trattativa in argomento, ha avuto l'impudenza di voler ritenere i "fondamentali" diritti tutelati dalla norma da voi sospesa, parte integrante ed irrinunciabile del bagaglio genetico del lavoratore italiano. Un diritto essenziale, dunque, da estendere, ove possibile (Utopia), a quanti ancora sprovvisti. Com'è possibile che "…l'inclemente protervia dei nuovi governanti…" (la definizione non è mia), che ha dettato i tempi e i ritmi di una trattativa osteggiata dai lavoratori nel corso dello sciopero e delle massicce manifestazioni del 16 aprile scorso (non è forse vero che si è trattato del più imponente sciopero della storia della repubblica? Neanche questa è una mia affermazione), abbia potuto determinare un sì disonorevole epilogo?
Ho voluto immaginare, solo per un secondo, che i tempi fossero maturi per allargare le tutele, i diritti fondamentali, per innalzare ancor più il livello di civiltà nel dialettico incontro fra domanda ed offerta di lavoro che, a parer mio e non so di quanti altri, non può, non deve comportare l'abbrutimento, l'annientamento di un uomo a vantaggio del profitto di un altro (spesso conseguito in maniera becera e violenta - vieni a Sassari, nei grandi supermercati della mia città, la dove neanche l'articolo 18 è riuscito a scardinare il mal vezzo di considerare i dipendenti "cosa nostra"). UTOPIA, UTOPIA, divelta dal vostro, dal tuo operato.
Io, il 16 aprile, ho sfilato per le vie della mia città con orgoglio. L'orgoglio dell'ingenuità partecipe di una lotta che consideravo… che ancora considero (nonostante tutto) sacrosanta: difendere i diritti di mio figlio… dei figli, rispetto alla soverchia prepotenza di chi ancora non comprende quanto umiliante sia mendicare il diritto al lavoro (ti risparmio lo scontato riferimento alla Carta Costituzionale - non sono un giurista). In un contesto non certo idilliaco, abbiamo (avete, hai) scelto di esporre i più deboli ad un perenne insostenibile ricatto; avete, hai offerto ulteriori leve, ragioni e mezzi di coercizione a chi già ne aveva in abbondanza; vi siete, ti sei piegato alla ragione del "padrone" (si potranno ancora definire così alcuni poco illuminati imprenditori? O incorro nell'accusa di conservatorismo barricadero? Fate voi. Lo sconcerto è tanto e tale da non consentirmi ragionamenti… "politically correctly", come amate dire voi).
Mi chiedo il senso e il perché di tante futili e laceranti dispute? Non siamo riusciti, non abbiamo voluto essere conseguenti con i nostri propositi. Ho la sensazione che l'amaro epilogo della vicenda abbia indotto in chi governa la convinzione che mostrare un minimo d’arroganza, alla lunga paghi (tutto lecito, per carità, io non mi scandalizzo, è il gioco delle parti).
Cosa ci attende dietro l'angolo? Un'ipocrita alzata di scudi in difesa del sistema pensionistico pubblico o di quello sanitario? Chi avrà più la forza e la volontà di confidare nella vostra, nella tua incompresa ragione? Il Sindacato (lo scrivo ancora con l'iniziale maiuscola), in occasione di questa tormentata e complessa vertenza, "… uno snodo epocale…" (così è stata trionfalmente definita da esponenti di confindustria), ha ampiamente dimostrato di non saper utilizzare ed amministrare il consenso. Non ha saputo, non ha voluto colpevolmente mettere in campo la forza di centinaia e centinaia di migliaia di uomini e donne che il 16 aprile, in massa e compatti, hanno sfilato per manifestare la propria "ottusa" volontà di non rinunciare ad un diritto inalienabile. Tu, di questa pressante richiesta, della volontà della base, hai dimostrato di aver ben poca stima. Che il mandato conferito fosse poco chiaro? Certo, ora che il dado è tratto, il Rubicone è guadato e la via del Plebiscito è attraversata, un abile sofisma riuscirà a trasmutare (novelli alchimisti) quel "feroce", civile, dissenso, in altrettanto acquiescente consenso; ai fessi come me, lascia almeno il mal di pancia.

Si dice che la modifica (scusa, sospensione) non lede i diritti dei lavoratori attualmente in servizio. Si racconta che i diritti acquisiti sono stati salvaguardati, che tutti coloro che oggi sono garantiti dall'articolo 18 non avranno da patire conseguenze di sorta. Bene! Ci credo. Ma cosa andremo a raccontare a quei lavoratori che non potranno trovar tutela neanche in futuro, neppure se la propria fabbrica, la propria azienda dovesse, domani, superare l'incomprensibile limite dei 15 dipendenti? Non avete forse leso, minato, oltraggiato una loro giusta e più che legittima aspettativa (fino a ieri avete sempre ragionato in questi termini… io vi ho creduto)? Così operando avete sancito la sconfitta e la mortificazione della speranza. Non parlo, ovviamente, dell'imprenditore illuminato e corretto, per lui la norma sospesa non dovrebbe rappresentare una conquista, giacché quella prescrizione tende ad impedire licenziamenti illegittimi, intimati senza che vi sia un motivo giuridicamente e, soprattutto, civilmente sostenibile.

Magra consolazione e poco vanto l'aver ottenuto una riduzione delle aliquote Irpef. Quelle cose, Berlusconi, le ha promesse in campagna elettorale; su quell'argomento ha sottoscritto pure un contratto con gli elettori. Non poteva essere, e voi, tu non puoi spacciarla come una conquista ottenuta in contropartita… sarebbe veramente, ma veramente poco onesto. Mi auguro che almeno questo ci sarà risparmiato.

Domani è un altro giorno. Riprenderemo tranquillamente a belare nel coro.





Lettera firmata (ometto l'indicazione del nomibìnativo - il destinatario saprà con chi prendersela)
visechi is offline  
Vecchio 11-07-2002, 10.47.41   #2
Franco1
 
Messaggi: n/a
Dov’è l’opposizione ?

Ecco come con quest’ultima tormentata vicenda sull’articolo 18 si rende finalmente palese agli occhi di tutti, anche dei ciechi, che in Italia non c’è opposizione.
Questi signori con la giacca e la cravatta che di sinistra dovrebbero essere giocano a fare gli equilibristi e vogliono essere amici di tutti.
Questi signori con la giacca e la cravatta nel salotto di vespa fanno finta di arrabbiarsi e alzano la voce, ma poi pacca sulla spalla e si va a prendere il caffè insieme.
A questi signori non gli ne frega niente di te, di me, di noi questi sperano di tornare al potere ed essere amici di tutti.
L’opposizione dovrebbe essere incazzatissima per quello che stà succedendo in Italia ed invece No.
Il conflitto di interessi, l’attacco alla magistratura, lo smantellamento dello stato sociale, ecc…

Questi del Governo ci avevano promesso di “sistemare” l’economia italiana.
Stanno smantellando lo stato, vendendo il patrimonio immobiliare dello stato, vendendo le sue partecipazioni, privatizzando il privatizzabile. E cosa faremo quando Tremonti avrà venduto tutta la baracca ? dovrà inventarsi qualche altro stratagemma ?
Questi vogliono fare il ponte per la Sicilia, ma a in Sicilia la priorità si chiama acqua.

Ora in campo economico ci sputtaniamo anche lì le ultime cartucce, rendiamo il lavoro molto più flessibile, consentiamo di licenziare a piacimento e di ricattare i lavoratori (perché è di questo che si tratta) ci sputtaniamo le ultime garanzie sociali rimaste, poi toccherà privatizzare la sanità, non prima di avere privatizzato la scuola.

E’ questa la strada, ci voleva Tramonti emerito professore della Bocconi per venire a propinarci queste note vecchie soluzioni. Ma la crisi economica in atto è più profonda, è reale, è in atto, è un crisi di mercati di sbocco, è il ciccione che mangia in modo ingordo e vuole mangiare sempre di più. Teniamoci forte, perché prima o poi si innescherà la spirale nel senso inverso.
L’economia è ferma, non c’è altra domanda solvibile, qualcuno incomincia gia a pensare che tutto sommato sono felice anche senza il macchinone, anzi mi tengo la mia vecchia auto di bassa cilindrata che risparmio anche di assicurazione, poi in ferie posso spendere meno ed essere felice uguale, poi al posto del ristorante invito gli amici a casa. E scopri che vivi ugualmente bene spendendo meno, scopri che quello che ti dice la pubblicità sono solo cazzate. Ma se tu ed altri come te spendono meno guadagna meno anche quello che costruisce le macchine, quello che le vende, quello che ha l’albergo ed i suoi dipendenti e quello che ha il ristorante ed i suoi dipendenti.
Ed allora ecco che anche loro fanno come te cercano di spendere meno, si innesca così un reazione a catena al ribasso simile allo scoppio di una Bolla speculativa in Borsa.
Ecco che cosa è la nostra economia, una bolla, una economia pompata sul consumo indotto, dopata dalla pubblicità non aderente con la realtà, una pericolosa corsa al rialzo che non può portare che al tracollo. E quello che stanno facendo i nostri governanti è proprio questo giocare al rialzo senza affrontare il problemi reali.
Teniamoci forte.

Franco1
 
Vecchio 12-07-2002, 19.17.24   #3
alessandro
Ospite abituale
 
Data registrazione: 02-04-2002
Messaggi: 176
Economia è una parola esautorata, oggi si deve dire ristagno, perchè come Franco giustamente sottolinea è ferma ogni cosa. Viviamo in un sistema che sta implodendo, che sta portando a galla il marcio nascondendolo con dati di inflazione inesatti. la farsa del tutto privatizzabile sta facendo emergere errori di concetto che hanno radice più lontane di Tremonti e i dati quelli veri parlano di recessione mondiale, di una civiltà in declino, di un meccanismo degenerativo che ha avuto pochi, ma illustri precedenti. Nel mercato si deve commerciare, si deve scambiare beni per ottenere servizi, sono saltate le regole e forse nessuno è più in grado di riscriverle
alessandro
alessandro is offline  
Vecchio 13-07-2002, 00.28.14   #4
spyder
Ospite
 
Data registrazione: 06-06-2002
Messaggi: 33
art.18 e..................... globalizzazione

Scusate se mi aggancio qui'...ma e' l'unico posto ove mi pare possa trovare qualcuno in grado di aiutarmi a capire meglio.

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Economia è una parola esautorata, oggi si deve dire ristagno, perchè come Franco giustamente sottolinea è ferma ogni cosa. Viviamo in un sistema che sta implodendo
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Condivido pienamente !!!

scusate la mia scarsa,anzi direi nulla,preparazione in materie economiche e sindacali....ma sento che sto' vivendo su la mia pelle e insieme ai miei collaboratori questi temi tanto attuali

Non e' che l'abolizione dell'articolo 18 sia l'ultimo baluardo da abbattere perche' la "Globalizzazione" abbia finalmente la sua piena attuazione?

Ormai e' tutto "Global " ,sembra un termine "digerito"ormai, e io son qui' che non ho ancora capito.

All'ultima richiesta ,propio oggi,un amico, funzionario di una grande multinazionale, mi ha dato questa definizione... sintetica.... come io chiedevo:

GLOBALIZZAZIONE=RIDURRE I COSTI=CONCORRENZA FORZATA=PRECARIETA'=MOBILITA'= RIDUZIONE POSTI LAVORO=PRIMA IL CETO OPERAIO,POI,I QUADRI DIRIGENZIALI !

Se e' cosi',mi son detto,a chi serve ridurre i costi? e soprattutto i costi di cosa? e se sono solo i costi di produzione a diminuire e non i prezzi al pubblico ...ma allora a chi serve questa globalizzazione ?

e se l'abolizione dell'art. 18 portera' altra miseria nel ceto operaio, non e' che la globalizzazione porti quel "ristagno"di
cui dicono Franco e Alessandro?

e quel ristagno non e' che uccida lentamente anche piccole imprese e tantissimi artigiani?

Grazie per la c.a.
spyder is offline  
Vecchio 13-07-2002, 07.19.51   #5
alessandro
Ospite abituale
 
Data registrazione: 02-04-2002
Messaggi: 176
Il problema è che siamo vittime di più carnefici. Il grande bluff è far pagare roba prodotta dove i costi sono minori come se si producesse dove i costi sono superiori, quindi tu ti trovi a pagare un prodotto che costa un pugno di riso e vale ancor meno come qualcosa di alta qualità. La piccola impresa è schiacciata da questo meccanismo fagocitante, infatti se non è un terzista diretto, quantomeno produce parti di qualcosa d'altro. Questo meccanismo perverso altera forzatamente la posizione di ogni lavoratore e coinvolge in un marasma che in definitiva va a discapito del consumatore finale e della qualità del prodotto; morale: Il ristagno dipende dal fatto che c'è molta gente che ha cominciato a capire che ci stiamo prendendo per il culo.
alessandro
alessandro is offline  

 



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