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Quale amore? Quale felicità?

di Domenico Pimpinella – luglio 2007

- Capitolo 6 - Cosa possiamo  fare individualmente e politicamente

Paragrafo 7 - Passare all’azione!

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Siamo oramai giunti alle ultime curve, prima di affrontare il rettilineo d’arrivo. Abbiamo un quadro teorico di riferimento da sfruttare per formulare ipotesi di come ci converrebbe agire praticamente.
La cosa estremamente importante da fare, nell’affrontare correttamente le azioni della quotidianità, è riuscire a distinguere, come abbiamo ripetute un’infinità di volte fino a diventare prolissi, quando compiamo un’azione davvero sociale e quando invece ne compiamo una che è solo finta: un’azione sociale che in realtà è un’azione egoistica mascherata. Questo esercizio ci permette, ad un certo punto, di avere chiaro la pasta di cui siamo realmente fatti. Ci permette di uscire fuori dall’autoinganno e “scendere in strada” con una diversa consapevolezza.
Probabilmente si potrà arrivare perfino ad avvertire, a “vedere” quello “squarcio tremendo” nel desiderio d’immensità che occorre colmare per non essere definitivamente preda di un dolore insopportabile, di urlo interiore irriducibile.
Di fronte ad una mutata consapevolezza le vecchie aspirazioni, i vecchi modelli di vita edonistica e consumistica, potrebbero rivelare in pieno tutto il loro squallore.
Se non avessimo da mettere al loro posto null’altro una disperazione ancora più intensa potrebbe coglierci e annientarci. Ma, l’alternativa da mettere al loro posto per fortuna c’è: una socialità autentica, vera, anche se ancora tutta da scoprire sperimentando nuove possibilità di vita comune, solidale, amorosa.
Se indirizzassi questo messaggio e questo augurio alle persone adulte, a quelli della mia età che si sono macerati per anni al puzzo dell’aumento del PIL, del progresso finalizzato a renderci la vita comoda e piacevole, sarei indubbiamente una persona sommamente ingenua ed illusa.
Sono convinto però che c’è un’età che fa da spartiacque tra il fiorire delle speranze e il  loro definitivo appassimento: l’adolescenza. Un’età difficile, certo. Un’età in cui l’emotività originaria comincia a cedere pian piano il posto alla razionalità; un’età in cui il sogno inizia a svanire per lasciare posto ad una realtà millenaria che ha messo le sue nefaste radici che non saranno estirpate facilmente; ma anche un’età in cui si ha la possibilità di far leva sulle ragioni del “cuore” per poter accettare delle sfide anche così ardue come quella di riconsiderare un ampio passato da ristrutturare molto radicalmente.
E’ l’età in cui si ha ancora tempo per “riflettere”, per credere nel dialogo. Dopo, certe cose non saranno più possibili, il vortice delle attività lavorative ci sbatterà alla periferia della vita facendoci diventare una sorta di Zombie, di esseri viventi senza più possibilità di slancio.

         Rivolgersi ai giovani però non basta. I giovani, gli adolescenti hanno necessità di maestri che li possano aiutare, che possano fornire loro tutte le delucidazione di cui hanno sicuramente bisogno. E allora non posso che rivolgere un appello accorato ai professionisti del pensiero affinché abbraccino la causa del rinnovamento, dell’autocostruzione di individui di terzo ordine che un domani si possano ritrovare tutti identificati con una società di cui andare fieri.
Non so immaginare una soluzione finale migliore! Una nuova struttura vivente che chissà quali inimmaginabili traguardi potrebbe un giorno raggiungere. Ho, però, ben presente la soluzione più brutta: quella dove individui chiusi, intrappolati nella propria soggettività, si rassegnano ad un’esistenza di perenni conflitti, di continue  violenze  e reciproche sopraffazioni. Non è giusto nei confronti dei nostri figli e nipoti e pronipoti (che poi, come si è detto, siamo noi stessi che continuiamo l’avventura sotto spoglie sempre diverse) credere che tutto debba finire nell’egoismo più bieco e intransigente. La vita non può ridursi a questo; questa è solo un’interpretazione erronea della razionalità sul senso della vita.

 

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Bibliografia

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