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Alan Watts - La magia dell'impercettibile

di Diego Pignatelli Spinazzola

- luglio 2006

Ci sono cose al di là della vita che ci appaiono inspiegabili, quasi impercettibili.
Ci sono cose che si estendono in lungo ed in largo in migliaia di galassie e di sistemi solari e si espandono, si amplificano all'infinito. Ad un tratto spariscono ma poi si manifestano nella loro superba magia prima di ritornare al nulla.
Ci sono segnali di luce micro-percettibili ed in ognuna di queste si eleva una coscienza. C'è la musica e le sue tonalità alte e basse, c'è il Cielo ed i suoi prodigi, c'è l'ombra della notte che porta un velo di solitudine. C'è il mare e le sue onde, i meridiani, il nadir e lo zenith.
L'impercettibile è il suono mistico di una sinfonia. L'universo è una grande vibrazione e l'uomo ne è il modello, il suo archetipo. Ci sono uomini che manifestano la vita nelle difficoltà e nell'ordinarietà e ci sono uomini che manifestano la sinfonia dell'universo così come è, nella sua trasparenza.
Alan Watts era il sintomo di un universo impercettibile, e descrivibile solo dal ritratto della sua penna.
La luce vivificante delle opere di Alan Watts è nell'originalità della sua percezione. Nella sottigliezza del suo umorismo. Le forme più disparate della natura e degli eventi erano nell'espressione di Alan Watts, la descrizione più nitida e trasparente, più vicina a qualsiasi altra esperienza mai fatta ed immaginata.
Gli scritti di Watts danno l'impressione di cogliere sfumature impercettibili e complesse nella loro gamma strutturale, che però sono descritte con semplicità quasi come divenissero filastrocche per il lettore. Ed anche se il campo di elezione di Alan Watts era il buddhismo, il suo repertorio filosofico era vastissimo. Alan Watts (nato nel 1916 in Inghilterra e morto nel 1973 negli Stati uniti) è stata una figura geniale nel campo comparatistico e nel campo filosofico delle religioni orientali. Il suo orizzonte spaziava dalla filosofia alla religione, alla psicologia, alla letteratura, alla fisica quantistica, alla chimica, alla musica, alla fantascienza. Un eclettismo sconfinato accompagnava la sua aura di scrittore in qualsiasi argomento da affrontare. L'interesse che Watts nutriva per la fantascienza gli suggeriva lo spunto per proiettare le sue intuizioni fantastiche in un futuro lontano. Questo, spiegò lui, era l'unico modo per comprendere cosa sarebbe potuto accadere nel mondo reale e sciogliere quei dilemmi che diniegavano il problema della filosofia e della scienza al grande mistero della vita. Come per il taoismo ed il buddhismo, Watts calca l'intuizione della grande saggezza orientale e ne diventa interprete a tutti gli effetti.
Il buddhismo più che una religione è per Alan Watts, un metodo, uno stile di vita. Più simile ad un approccio che ad una corrente mistica, lo zen che viene indicato in oriente con il termine dhyana di meditazione è inteso da Watts come una pratica dell'abitudine costante, un esercizio mentale più mirante a "Capovolgere la comune logica, ed a prendersi gioco della metafisica e della teologia e facendole apparire assurde. La tecnica dello zen mira a scuotere e sconcertare l'individuo, a farlo uscire dalle rotaie dell'intelletto e portarlo sull'autostrada della libertà spirituale". Ecco perché, sottolinea ancora Watts: ''Agli occhi degli occidentali i metodi dello zen appaiono caratterizzati da una certa irriverenza e destano qualche preoccupazione".
La comune tendenza dell'individuo infatti è quella di oggettivare tutto e prendere rifugio nella razionalità e nella logica. Per lo zen non è cosi. Lo zen mira a smontare quest'illusione, a rompere le ancore della sicurezza psicologica e lo là con le armi a disposizione che sono poi i suoi principi ed assoluti quali la sunyatà, cioè il vuoto e l'anicca cioè l'impermanenza e la rupa, cioè la forma.
L'uomo tendenzialmente non osserva nessun impermanenza e nessuna assenza di forma e si impiglia nei concetti astratti del pensiero e della logica di modo che la fluidità è trattenuta dalle maglie fisse dello stesso pensiero. Il pensare matematico, filosofico e tecnologico tende a questa continua impossibilità. Al vano tentativo di catturare la fluidità cangiante degli eventi nella rete del concetto speculativo.
Sottolineando le esortazioni degli antichi taoisti per il quale nulla è più inafferrabile dell'acqua, Alan Watts riporta il corrispondente pensiero speculativo all'analogia della metafora dell'acqua.
Pensatori che si sono cimentati su tale impossibilità come Wittgenstein ed Hegel e Popper non hanno risolto alcun problema di ordine filosofico o psicologico ma al contrario hanno solo avviato delle ipotesi e dei postulati metafisici fuorvianti di gran lunga dalla realtà. Alan Watts avvertiva l'urgenza di dare un increspata all'acqua fino ad allora stagnante della metafisica occidentale. E lo fa proprio con l'arma a disposizione. Lo Zen. Lo Zen nella sua visione personale, era più una valvola esortativa ed intuitiva mirante a sovvertire la comune logica e la tendenza umana che è incline a ragionare in termini di convenzioni ed astratti. Watts non spezza nessuna lancia a favore della razionalità e si presta ad un arte del "non senso". Secondo Alan Watts tale arte è più vicino ad un rimedio dai mali della società e dai suoi modelli convenzionali. Così come per il bambino il non senso è lo sprone alla fantasia per l'adulto il non senso è lo sprone alla libertà. Tale libertà è come uno spazio protetto in cui tutto è permesso. Un recinto lontano dal formalismo e dalla sovrastruttura delle regole del buon comportamento. Una forma d'arte o una poesia, una rima, uno scarabocchio, una filastrocca, una battuta estremamente irrazionale possono essere le armi del non-senso. Qui il formidabile uso del paradosso di Alan Watts.
Il non-senso per Watts deve controbilanciare la logica e fungere da arma più potente poiché intuitiva e non ostacolata dal preconcetto. Ci sono problemi di ordine morale che sono facilmente risolvibili, problemi medici, problemi tecnici, ma per i problemi di ordine psicologico la faccenda è ben diversa. L'allontanamento dalle etichette porta un riscatto in sé ed un apprezzamento per la vita non indifferenti. Le convenzioni sono per Alan Watts, quel Letto di Procuste che ci ha attanagliato fin dall'infanzia escludendo dal gioco la verità. La verità al contrario è ingerita come a piccoli sorsi di una tazza. Come una "presa mentale ". Ma il pugno-presa non è nient'altro che un nome­ oggetto mentre la mano si apre di scatto nello slancio impermanente del vuoto. Watts descrive due visioni che appartengono alla natura umana: "Una visione centrale ed una periferica non dissimili da una luce concentrica e da una luce diffusa". La visione centrale è il volgere l'attenzione in un punto particolare ed in una piccola area per volta come quando si legge o si studia per essere il più possibile concentrati nell'azione da farsi. "La visione periferica" come spiega Watts "è meno cosciente, è di splendore meno intenso che il fascio di luce del faro. La usiamo per vederci la notte e per acquisire una percezione "subconscia" degli oggetti e dei movimenti al di fuori della diretta linea della visione centrale. A differenza della luce concentrica essa può ammettere molte cose in una volta". E' come il caso delle variabili. "L'azione di un organo del corpo è anch'essa una variabile. Una variabile è un processo (melodia, battito, vibrazione) che può essere isolato, identificato, misurato all'attenzione cosciente". Alan Watts descrive la percezione cosciente come una torcia a raggio sottile all'interno di una stanza buia. Lo stato di coscienza familiare all'uomo è una percezione ristretta. Una percezione che a poco a poco viene ad essere increspata dai modelli della società e dalle rigide convenzioni sociali. Solo attraverso un inversione l'individuo può liberarsi dai mali della società che lo tengono relegato al condizionamento. Maturando, in questo senso egli capirà che l'educazione all'adattamento sociale ed alle regole del vivere convenzionale alle quali ha dovuto sottostare fin da piccolo sono diventate proprio l'equivalente della sua antieducazione. L'inversione può avvenire solo tramite un processo di cui sono fautrici le religioni orientali e che sono i rimedi ad una lenta ma graduale guarigione. Il buddhismo come il taoismo a differenza del confucianesimo, liberano da vincoli morali ed etichette convenzionali che non permettono la sperimentazione della libertà spirituale. Libertà che è fuori dai codici del linguaggio e dalle sue astratte asserzioni. Nell'ottica di Watts, l'uomo è già un buddha, ma è il sua affannoso "tirarsi per il bavero" che gli rende difficile la comunione con il Tao, e l'unione con l'assoluto. Il Tao per Alan Watts è la sfera personificata degli elementi di yin e yang, il principio femminile ed il principio maschile, convergenti nella loro mutua interdipendenza. L'uomo non è altro che il processo del Tao. Nella celeberrima frase "la vita è ciò che sta accadendo" di Jung, il Tao è l'archetipo universale. Per dirla con Alan Watts, il Tao dell'acqua che scorre. Il costante fluire delle cose. E' nell'attimo in cui tutto fluisce che ogni cosa si può realizzare. E' in quell'attimo e nelle sue variabili infinite che tutto si attua. Realizzare lo zen è realizzare l'attimo che è eterno come per il buddhismo e non è più incrostato dalle onde del divenire.
E' anche vero come sostiene Alan Watts che realizzare lo zen equivale a non realizzarlo e viceversa. Attenersi allo zen significa praticarlo e sperimentarlo con tutti i propri sforzi, ma senza essere esitanti nell'azione. Infatti fa bene riflettere ma non bisogna riflettere sullo stesso riflettere. Secondo Alan Watts il folle che persiste nella sua follia fino in fondo alla fin fine diviene un saggio. Bisogna essere sempre pronti e sapersi difendere come dagli attacchi di uno spadaccino e rispondere come un marzialista scattante e veloce in modo da non vagare da un associazione all'altra in un sorta di sogno ad occhi aperti ma al contrario in uno stato di vigile attenzione stando pronti, spostandosi e muovendosi di riflesso a tutti gli attacchi poche sopraggiungono da una parte e dall'altra. Se ciò non avviene le tecniche dello spadaccino o di un marzialista saranno prive dell'elemento a sorpresa.
Sperimentando lo Zen come il Tao, l'uomo si ritrova nella natura splendente di un Buddha dove tutto è un fluire di processi ed è egli stesso parte essenziale di questo continuo fluire. Trovandosi parte di questo movimento l'uomo matura l'idea di ritornare all'unità primordiale di cui prima se ne era accorto a rari sprazzi. Riunificandosi al Brahman che è la sorgente universale del tutto, ritroviamo l'esperienza quasi indivisibile dello Jivan Mukta delle grandi tradizioni dei testi Vedici e delle Upanishad, il Jivan Mukta è il liberato in vita, l'uomo che si muove sulla grande autostrada spirituale.
Perché per liberarsi in vita, secondo Watts, è necessario sperimentare quella prospettiva a dir poco allarmante della perdita del proprio sè. La reazione dell'autorisveglio deve passare per i vari processi psicologici e per le varie regressioni infinite, ma non prima di aver esaminato il condizionamento in virtù dell'auto-accettazione. Essendo una modalità diretta, quella dell'autoaccettazione è più vicina ad una terapia effettiva. Il dualismo è solo un modello falsato della società e non è insito nella natura dell'uomo. Vivere l'accettazione della vita è l'antidoto alla stessa paura di vivere. Poiché secondo Alan Watts si può aver paura di mille paure ma non della paura stessa. ''La stessa paura" sostiene Alan Watts "sparirà come una macchia di fumo". "Così" sostiene Watts "nella misura in cui comprendiamo che la nostra stessa natura originaria sono l'ignoto e l'inconcepibile, questi non incombono su di noi come qualcosa di minaccioso. Non sono tanto l'abisso in cui stiamo cadendo quanto piuttosto la base su cui noi agiamo e viviamo, pensiamo e sentiamo. Ma oltre a questo è renderci conto che non poggiamo semplicemente su quest'ignoto, né che ci galleggiamo sopra nella fragile barca del nostro corpo; é renderei conto che questo ignoto siamo noi stessi". La magia è in noi. Cosicché sia nel nascere come nel morire, nel creare come nel disfare, nell'accettare come nel fuggire, la vita manifesta sempre la sua magia che lo vogliamo o no.
Con Alan Watts però la vita è rivestita di un senso magico, un senso che sembrava andato perduto ma che nella sensibile perspicacia artistica propria del genio eclettico di Alan Watts, ritrova la sua dimensione autentica e multisfaccettata al di là di ogni rappresentazione e di ogni manifestazione.

         Diego Pignatelli Spinazzola

 

Diego Pignatelli è autore su Riflessioni.it della rubrica:
Riflessioni sulla Psicologia Transpersonale

Altri suoi articoli nel sito

- Lasciare la presa
- Krishnamurti - L'intelligenza della compassione.
- Sindrome da Kundalini
- Shiva
- Tantra - La Mistica dell'Universo


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