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L’Anima e la sua faccia

di Luciano Peccarisi - Marzo 2009
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Filosofia della faccia

C’è una tesi che afferma: la mente è un prodotto del cervello come la digestione dell’intestino. L’immagine della faccia è un prodotto della mente e tutti i fenomeni mentali sono “semplicemente caratteristiche del cervello (e forse del sistema nervoso centrale)” (13), tuttavia la neuroscienza non li può indagare, solo la persona stessa ne può averne accesso guardandosi dentro. Io non so nulla di tutto questo, mi sento semplicemente doppio con una faccia memorizzata (forse nella zona dell’ippocampo) e l’altra in altre zone (corteccia visiva, aree sensitive,ecc.). Le certezze sono andate in fumo, non ho piena coscienza di me, dubito della mia integrità. Come dice il filosofo Nagel, un organismo è cosciente “se e solo se si prova qualcosa ad essere quell’organismo (14). Con la faccia con cui ero nato, convissuto e formato i miei stati d’animo, provavo la sensazione di essere quell’organismo. Adesso ho due circuiti cerebrali faccia-cervello e due stati d’animo, uno triste che tende alla nostalgia perché non più sollecitato, mentre l’altro s’eccita e s’incrementa ogni volta che mi guardo. Presto o tardi, come insegna oggi la nuova scienza cognitiva (embodied cognitive science) forse incorporerò (15), la faccia aliena che spodesterà la precedente in tutti i suoi rapporti, ricordi e affetti. So di aver costruito il mio e di essermi formato in società e non in un deserto; “la nozione originaria non è tanto ‘io’, bensì la relazione ‘tu-io’” (16). Senza la relazione con gli altri, per la verità, non credo si formi un vero io umano; il prossimo è fondamentale fin dalla culla. Ci rispecchiamo negli altri, gli imitiamo, ci riconosciamo, non è possibile quindi “comprendere l’esistenza dell’esperienza soggettiva se non all’interno di una matrice intersoggettiva primaria” (17). Abbiano sempre intorno altre facce e a volte cerchiamo di entrare in empatia, di immedesimarci e coglierne i sentimenti. Solo io conosco la privatezza intima della coscienza personale e tuttavia questa priorità d’accesso ha da essere interpretata. Vorrei capire in quale stato ‘neuronale’, oltre che psicologico, mi trovo. Ho conoscenza diretta dello stato mentale ma a che serve se non riesco ad analizzarlo. Le capacità introspettive mi informano di esperienze precedenti che si confondono con esperienze nuove, realizzate con fatte diverse che a volte non riesco a discernere. Un’altra tesi filosofica afferma che io credo di possedere un io ma m’illudo, sono un costrutto evanescente di strutture neuronali che vincono nella competizione per diventare prevalenti e dunque coscienti. Non c’è nessun io superiore, capo, che ordina, comanda, sono loro nell’autonomia fondata sui rapporti di forza, a dettar legge. Forse ogni tanto vincono quelle della vecchia faccia e si propongono, a volte invece quelle della faccia nuova e si propongono loro (18). Insomma quando rifletto sulla faccia con cui sono nato vincono le strutture della memoria più legate alle emozioni, quando rifletto sulla faccia moderna prendono il sopravvento quelle di circuiti di nuova formati, più freschi e razionali. Vincono sempre quest’ultimi quando mi guardo allo specchio perché sono direttamente eccitati. Ma io chi sono, con quale struttura neuronale mi identifico, forse che cambio a seconda delle zone cerebrali attivate? Forse non sono in nessun posto, sono solo una pia illusione (19) o forse sono un fenomeno non concettuale (20) Forse invece, sono solo un po’ confuso!

 

Che faccia faccio
Mi specchio e faccio le smorfie, la faccia storta, quella lunga, la linguaccia, sbuffo; è una relazione strana quella che instaurata con la faccia. Mi guardo negli occhi ma non mi vedo. Intendiamoci, non sono un malato psichiatrico affetto da quel delirio, la Delusion of mirrored-self misidentification (la persona che vedo nello specchio non sono io) (21). Vedo perfettamente che l’individuo nello specchio sono io, pur dall’aspetto cambiato. Tuttavia il soggetto e l’oggetto che vedo, non coincidono nella mia psicologia, l’impressione è che siano cose diverse, realtà distinte. Mi considero a più dimensioni, la soggettività di specie umana, diversa da quella di una lucertola, di un cammello e anche del mio cane, ma simile agli altri esseri umani. La soggettività personale, legata alla biografia specifica con le esperienze che ho fatto solo io. Infine la soggettività duplice, quell’attuale, che si svolge ora e che sento ambigua e con la quale faccio esperienze che non sento in questa nuova veste, autenticamente mie. Non è solo questione di faccia, è anche come se ascoltassi con orecchie diverse, annusassi con un naso diverso, provassi un dolore diverso, toccassi con tatto diverso. La mia faccia diversa mi fa sentire tutto diverso. Mi sembra che il pensiero, i desideri e le emozioni, siano tinte di un altro colore. Forse perché è rimasta intatta la memoria di come queste cose erano percepite prima del trapianto. Il tipo che percepiva in quel modo, munito di quella faccia non esiste più. Quando parlo, mi esprimo, sorrido, credo di fare un tipo di faccia e forse in realtà ne faccio un altro. ‘Penso dunque sono’ disse Cartesio; bene, non è così facile; io non so a cosa pensare. Deve essere vero che i rapporti con gli altri ristrutturano la coscienza personale, perché i miei nuovi rapporti col mondo mi stanno cambiando nel profondo.

 

Anima e faccia
La faccia è rappresentata nella mia testa, in qualche modo, come un pattern astratto, frutto specifico emergente dei circuiti neurali. E la mia anima? Della faccia ho almeno un’idea concreta perché posso vederla con gli occhi, ma l’anima è solo un soffio, difficile dimostrarne l’esistenza. La sensazione però è che abitiamo il nostro corpo, essendo tuttavia fatti di un’altra pasta. Come se avessimo una sorta di nucleo interno etereo, un io ateo o un’anima cristiana che ci guida. Questo in fondo ci rende umani e se dietro la faccia c’è qualcosa e non il nulla, allora è a lei che tocca rivolgere le attenzioni. Non importa che sia la nuova o la vecchia faccia a rappresentarmi, l’essenziale è l’ente o l’entità suprema che mi dirige. Quest’entità sono io, che posso decidere se pensare alla faccia di prima o alla faccia di dopo, o a nessuna faccia. Io dunque vengo prima della faccia, io provengo da molto lontano; sono partito sin da quando è apparso sulla faccia (a proposito di facce) della terra, il primo essere replicante (22). Provengo dalla notte dei tempi, da milioni d’anni d’evoluzione riepilogati nel mio corpo, e in più dall’apprendimento durante il mio personalissimo sviluppo culturale, riassunto nella mente. Appartengo ad una cultura, religione, paese, famiglia, genere sessuale, circolo d’amicizie, che hanno costituito il perimetro, all’interno del quale, si è costituita, cresciuta e presa forma, la mia identità. Forse è anch’essa una struttura astratta cablata nel cervello, tuttavia non mi pare equivalente a motoneuroni, liquor cerebro-spinale, elettro-ioni, sostanze chimiche, mielina, la roba, insomma, di cui è costituito il cervello, una stoffa uguale per tutti gli umani. Non si potrà comprenderla, dicono in molti, utilizzando gli strumenti e la metodica propria della scienza. Non so a cosa possa essere equivalente, forse ai meccanismi neuro-cerebrali mi consentono di vedere l’immagine della faccia. Io, che sto dietro e che rifletto sulle mie facce, non mi trovo in nessun luogo e forse sono il frutto del mio ‘discorso interiore’ (23), io che parlo di me. In fondo sono solo una scimmia che parla, e ‘che si parla’ (24). Il precipitato dinamico di una corrente evolutiva che oggi mi ha reso in questo modo, e che un banale incidente mi modificherà e continuerò a vivere in un altro modo. Mi accorgo, drammaticamente, della mia situazione perché sono un umano, altrimenti non lo noterei, come non ci farebbe caso il mio gatto se li modificassero la faccia. Io sono un mix, un costrutto sociale nato sulla neurobiologia; l’esterno di me influisce sui meccanismi cerebrali che mi fanno comportare diversamente; è un’interazione continua. Con la faccia estranea ne risente la mia psicologia, dunque la biologia incide sull’attività sociale e questa su quella, rafforzando alcuni circuiti neurali e arrugginendone altri. Qualcuno considera decisivo il cammino verso l’alto dell’energia umana, che, partendo dai livelli materiali, giunge alla dimensione spirituale, e vi giunge in modo tale da poter essere pensata, alla fine, come “separata”, cioè dotata della condizione ontologica dell’immortalità. Per l’immortalità, pur sperandoci vivamente, nutrirei qualche dubbio, ma per lo spirito, “spirito, che giunge ad essere pensabile come separato(25), sicuramente un’analisi neurobiologica è insufficiente a comprenderlo. Occorre associare un’analisi extra, umanistica, ecologica, linguistica, ambientale, storica. Noi siamo un composto, abbiamo in più il riflesso degli altri e del mondo, una lega fluida costituita ad anello, che va e viene, un “feedback percettivo” (26), ed è perciò che “questo senso dinamico della coscienza sfugge alle analisi dei neuroscienziati (27). Ma…questa voce interna, questo pensiero verbale con cui sto parlando di chi è, non mi sembra il mio tono di voce, e se mi avessero trapiantato oltre alla faccia anche il cervello e non lo sapessi? Magari l’encefalo del proprietario di quella faccia che guardo allo specchio, allora quelli che sto scrivendo non sono i miei pensieri, forse sono i pensieri di un altro?!

 

Luciano Peccarisi

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Luciano Peccarisi è medico di famiglia, specialista in Neurologia. Vive e lavora ad Ostuni (Br). Si interessa di coscienza e del rapporto mente-cervello. E' autore del recente libro: Il miraggio di “conosci te stesso”. Coscienza, linguaggio e libero arbitrio, edito da Armando, Roma, 2008.

 

Di Luciano Peccarisi in questo stesso sito:

- La rubrica d'Autore: Riflessioni sulla Mente

e gli articoli:
- Ma che cos’è la coscienza?
- La mente può davvero conoscere se stessa?

 

NOTE

13) Searle J. R., Mente, cervello e intelligenza, Bompiani, Milano 1984, p. 13
14) Nagel T. (1974) What is it like to be a Bat? in Mortal Questions, trad. it. Che effetto fa essere un pipistrello? in Questioni mortali 1988, Il Saggiatore, Milano, trad. it. anche in L’io della mente, Adelphi, Milano
15) Clark, A. Chalmers, D. (1998), The Extended Mind, Analysis, 58, 1, 1998, pp. 7-19
16) Cimatti F. (2007), Il volto e la parola, Macerata, Quodlibet
17) Liotti G. (2008) in Sistemi Intelligenti, dicembre n°3, anno XX, p. 480
18) Dennett D.C. (1991) Consciousness Explained, Boston, Mass., Little, Brown, trad. it. Coscienza, che cosa è, 1993, Rizzoli, Milano, e poi 2009, Gius. Laterza e Figli, Roma-Bari
19) Peccarisi L. (2008) Il miraggio di “conosci te stesso”. Coscienza. Linguaggio e libero arbitrio, Armando editore, Roma
20) Bermúdez, J. L. (1995) Non conceptual Content: From Perceptual Experience to Subpersonal Computational States. Mind and Language, 10, 4, pp. 333-369
21) Phillips M., David L. (1995). Facial processing in schizophrenia and delusional misidentification: cognitive neuropsychiatric approaches, schizophr res;17, pp.109-14
22) Dawkins R. (1976) The Selfish Gene, Oxford University Press, trad. it. Il Gene Egoista, la parte immortale di ogni essere vivente, I ed. Oscar Saggi, 1995, Mondadori, Milano
23) Morin A. (2005) Possibile Links Between Self-Awarenees and Inner Speech, in Journal of Consciousnees Studies, 11, p. 116
24) Cimatti F. (2000) La scimmia che si parla, Bollati Boringhieri, Torino
25) Mancuso V. Da "il Foglio" di domenica 10 febbraio 2008. Replica dell'autore di "L'anima e il suo destino" alla recensione critica di padre  Marucci su "La Civiltà Cattolica"
26) Hofstädter D.R. (2007) I Am a Strange Loop, trad. it. 2008, Anelli nell’Io. Che cosa c’è al cuore della coscienza, Mondadori, Milano, p. 225
27) Rosenfield I. (1992) Lo strano, il familiare e il dimenticato. Un’anatomia della coscienza, trad. it. Rizzoli, Milano, p. 15


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