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- Raccolta di lettere inviate dai visitatori

 

Conosci te stesso

 

Pagina 1 - Piccolo manuale per orientarsi nella ricerca
Pagina 1 - Ginnastica per scaldare i muscoli
Pagina 1 - Inizio del viaggio

Pagina 2 - Ramana Maharishi

Pagina 3 - Nisargadatta Maharaj
Pagina 3 - Torniamo in Occidente

Pagina 4 - Cosa possiamo vedere di noi?
Pagina 4 - Douglas E. Harding
Pagina 4 - Esperimento
Pagina 4 - Dalla teoria alla pratica

 

Ramana Maharishi

Ramana MaharishiRamana Maharishi, (1879 – 1950), è certamente il maestro che ha il merito di avere attualizzato e reso popolare la ricerca di se stessi, attraverso le sue parole precise e limpide. Tutto il suo insegnamento è un ininterrotto battere sull’incitamento a cercare dentro noi stessi le risposte alle nostre domande, così se qualcuno poneva una domanda, Ramana avrebbe detto – chiediti chi ha questa domanda – Se qualcuno avesse chiesto come superare la paura, la risposta sarebbe stata: - chiediti a chi si mostrano le paure – così per ogni cosa della vita lui avrebbe sempre riportato inesorabilmente il cercatore a indagare il soggetto.

Prima di passare a mostrare esempi di insegnamento tramite dialoghi come li impartiva Ramana Maharishi, mi sembra doveroso ribadire, per il lettore occidentale poco avvezzo al pensiero ed alle logiche indiane, che per l’induismo, in ogni uomo risiede il Sé supremo, che è lo stesso che Dio, e che l’uomo può, attraverso il sentiero dell’auto conoscenza, svelare la sua natura Divina ed ad essa aderire. In termini buddisti, ogni uomo può diventare un Budda, cioè un Illuminato. Gli stralci dei dialoghi che seguono aprono subito il panorama su questi concetti.
(Nei dialoghi D sta per domanda o devoto mentre B stà per Bhagavan, l’appellativo, cioè, col quale si soleva rivolgersi al Maharishi).

 

D: Dio è personale?
B: Si è sempre la prima persona, l’io, che vi sta sempre davanti. Siccome date precedenza alle cose del mondo, Dio sembra essersi relegato nello sfondo. Se rinuncerete a tutto il resto e cercherete lui solo Egli rimarrà come l’io, il Sé.

D: Dio è descritto come manifesto e non manifesto. Nel primo caso si dice che include il mondo come parte del Suo Essere. Se è così, noi come parte del mondo, dovremmo trovare facile conoscerlo nella sua forma manifestata.
B: Conosci te stesso prima di cercare di conoscere la natura di Dio e del mondo.

D: Io vengo da Dio. Dio non è distinto da me.
B: Chi fa questa domanda? Dio non la fa. La fate voi. Perciò scoprite chi siete e potrete sapere se Dio è distinto da voi.
D: Ma Dio è perfetto e io sono imperfetto. Come potrò mai conoscerlo veramente?
B: Dio non lo dice. Siete voi che fate la domanda. Dopo avere scoperto chi siete saprete anche che cosa è Dio.

 

Se è vero che siamo divini, ci vuole un bel po’ di umiltà, come dice Douglas E. Harding, a sopportare il peso schiacciante della nostra grandezza e se da una parte la ricerca di se stessi è un dolore per l’”io”, perché tende ad eliminarlo, dall’altra parte ci apre le porte alla nostra natura divina e quella è l’inizio della catarsi. I dialoghi che seguono ci dicono da una parte cosa siamo realmente, mentre dall’altra parte come perseguire quella conoscenza.

 

D: Perché solo la ricerca del Sé deve essere ritenuta il sentiero diretto per la Realizzazione?
B: Perché ogni tipo di sentiero, eccetto la ricerca del Sé, presuppone la conservazione della mente come strumento per seguirlo e non può essere seguito senza la mente. L’ego può assumere forme differenti e più sottili a differenti stadi della pratica ma non è mai distrutto. Solo la ricerca del Sé può rivelare la verità che ne l’ego ne la mente esistono realmente e mettere in grado di realizzare il puro indifferenziato Essere del Sé. L’Assoluto.

D: Come si può placare la mente?
B: Chiedendosi: "Chi sono io?". Il chiedersi "Chi sono io" distrugge tutti gli altri pensieri, e come il bastoncino usato per accendere la pira, esso stesso alla fine scomparirà. In quel momento si avrà l'Auto-realizzazione.

D: come si deve realizzare il Sé?
B: Il Sé di chi? Scoprilo.
D: Il mio; ma chi sono io?
B: Sei tu che devi scoprirlo.
D: Non lo so.
B: Ma rifletti sulla domanda: Chi è che dice: “Non lo so”? Chi è l’”io” nella tua affermazione? Che cosa non si conosce?
D: Qualcuno o qualcosa in me.
B: Chi è quel qualcuno? In chi?
D: Forse un centro di potere.
B: Scoprilo.
D: perché sono nato?
B: Chi è nato? La risposta è la stessa per tutte le tue domande.
D: Chi sono allora?
B: (sorridendo) Sei venuto per farmi un esame? Tu devi dire chi sei!
D: Per quanto possa tentare, non mi sembra di afferrare l’”io”. Non è neppure chiaramente discernibile.
B: Chi è che dice che l’”io” non è discernibile? Ci sono due io in te, che uno non è discernibile dall’altro?

B: Chi vede la vacuità?
D: Io so che la vedo.
B: La Coscienza che trascura la vacuità è il Sé.
D: Questo non mi soddisfa non riesco a capirlo.
B: La paura della morte sorge solo dopo che sorge il pensiero dell’”io”. Di chi temete la morte? A chi viene quella paura? Finché si identifica il Sè col corpo ci sarà la paura.
D: Ma io non sono consapevole del mio corpo?
B: Chi dice che non è consapevole?
D: Non capisco.

D: Ma non è ridicolo che l’”io” cerchi l’”io”? L’interrogativo: “Chi sono?” non finisce col risolversi in una formula vuota? O devo farmi incessantemente la domanda ripetendola come un mantra?
B: La ricerca del Sé è più che la ripetizione di qualche mantra. Se la domanda: “Chi sono?” fosse puramente mentale, non sarebbe di molto valore. Lo scopo vero e proprio della ricerca del Sé è di mettere a fuoco tutta quanta la mente là dove sorge. Non si tratta, perciò di un “io” alla ricerca di un altro “io”. Tanto meno la ricerca del Sé è una formula vuota perché coinvolge un’intensa attività di tutta la mente per tenersi costantemente in equilibrio nella pura Auto consapevolezza. La ricerca del Sé è l’unico mezzo infallibile, il solo diretto, per realizzare l’Essere incondizionato ed assoluto che realmente sei.

D: Come si può conoscere il Sé?
B: Il Sé è sempre. Non esiste un conoscerlo. Non è una nuova conoscenza da acquisire. Ciò che è nuovo è non è qui ed ora, non può essere permanente. Il Sé è sempre, ma ne è ostruita la conoscenza e l’ostruzione si chiama ignoranza. Eliminate l’ignoranza e brillerà la conoscenza. Infatti non è il Sé che ha questa ignoranza o questa conoscenza. Esse sono soltanto concrezioni da spazzare via. Ecco perché si dice che il Sé è al di là della conoscenza e dell’ignoranza. Esso rimane quale naturalmente è, questo è tutto.

D: In che modo cercherò l’”io” dalla prima all’ultima tappa? Quando medito, raggiungo uno stadio dove c’è un vacuo, un vuoto. Come devo fare per andare avanti?
B: Non importa se ci sono visioni o suoni o qualunque altra cosa, o se c’è il vuoto. Sei presente durante tutto questo o no? Devi esserci stato durante il vuoto per poter dire di avere sperimentato un vuoto. Restare fisso in quel “tè” è la ricerca dalla prima all’ultima tappa.

D: Bhagavan noi siamo inclinate alla spiritualità fin dall’infanzia. Abbiamo letto parecchi libri di filosofia e siamo attratte dal Vedanta. Perciò leggiamo le Upanishad, lo Yoga Vasishta, la Bhagavad-gita, etc Cerchiamo di meditare ma non facciamo alcun progresso nella nostra meditazione. Non riusciamo a capire in che modo si giunga alla realizzazione. Volete essere tanto gentile da darci una mano?
B: Come meditate?
D: Comincio col domandarmi: “chi sono?” ed elimino il corpo come non “io”, il respiro come non “io”, la mente come non “io” ma a questo punto non so andare oltre.
B: Questo è esatto per quanto riguarda la mente. Il vostro processo è solo mentale. In realtà tutte le Scritture menzionano questo processo solo per guidare il cercatore alla Verità. La Verità non può essere additata direttamente; ecco perché si usa questo processo mentale. Come vedete chi elimina tutto il “non-io” non può eliminare l’”io”. Per poter dire “io” non sono “Questo” o “io” sono “Quello” ci deve essere l’”io” per dirlo.
Questo “Io” non è che l’ego o il pensiero dell’”io”. Dopo che sorge questo pensiero dell’”io” sorgono tutti gli altri pensieri. Il pensiero dell’”io” è perciò il pensiero radice. Se si strappa la radice si sradica contemporaneamente tutto il resto. Perciò cercate l’”io” radice; domandatevi: “chi sono?”; scoprite la sorgente dell’”Io”. Allora tutti questi pensieri svaniranno e rimarrà il solo puro Sé.

 

C’è da notare che la pratica, per il Maharishi sembrerebbe consistere più in un incessante focalizzarsi sul soggetto, che in un processo di indagine vero e proprio sulla nostra natura. Il Maharishi è come se ci dicesse in continuazione “Guardatevi”! E questa è una delle prime cose da comprendere e cioè che l’indagine serve a puntare a noi stessi, alla nostra vera essenza. Infatti ciò che siamo non è un qualche cosa che si viene a conoscere…. “La conoscenza”, come dice sempre Nisargadatta, “serve a individuare e scartare il falso”. Il nostro vecchio ego, costruito su false nozioni ed informazioni, ne farà le spese in questo cammino… con parole un po’ dure verrà “eliminato”. Ci dice ancora Nisargadatta: “La libertà non è della persona ma dalla persona” e ancora: “Voi pensate di interessare al maestro come persona, mentre tutto quello che interessa al maestro è di eliminarvi come fattore nella coscienza”.
Ciò che siamo è una “realizzazione”, ed arrivati ad un determinato punto della ricerca, ci rendiamo conto che non siamo nulla di ciò che pensavamo di essere, nulla che possa essere indicato o detto, che tutte le nozioni e le idee che avevamo su noi stessi erano indubbiamente false, erano il prodotto della cultura e della società, annidatosi nella nostra memoria. Da quella pulizia emerge la comprensione della nostra reale natura. Realizziamo il Sé. Ma attenzione, non accederemo a quella conoscenza finché saremo allo stadio dell’apprendista che stà ancora pensando che la Realizzazione sarà un qualche cosa a suo beneficio.

 

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