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Per l'abolizione dei voti numerici nelle scuole

Di Antonio Saccoccio

- Dicembre 2014

 

Una grandissima parte dei problemi attuali, e passati, dell’istituzione scolastica deriva dalla pratica insistente e diffusa della valutazione, specialmente nella sua forma più rigida: il voto espresso in numeri. Purtroppo sono la maggioranza degli stessi insegnanti a difendere, con ostinazione, questa pratica. La difendono, nonostante una massa schiacciante di argomentazioni stia a dimostrare il danno causato da un’impostazione valutazionistica dell’educazione. Per questo motivo si rende necessario elencare e spiegare in dettaglio le conseguenze rovinose che comporta la misurazione numerica di uno studente.

 

1. COMPETERE PER PRIMEGGIARE. Il voto scolastico misura e colloca rozzamente gli studenti sui gradini di una scala, quindi in una precisa gerarchia, in cui c’è chi sta sopra e chi sta sotto. Per di più si impara presto che quella gerarchia peserà molto a scuola, e peserà molto nella vita futura. A scuola non si impara, quindi, a conoscere e sviluppare la propria unicità nell’ambito di una comune umanità, ma a competere per affermare la propria superiorità. Lo scopo della nostra vita (e quindi in parte della scuola) non dovrebbe essere la corsa a essere “più” o “meno” dei nostri simili, ma il “ben-essere” individuale e collettivo.

 

2. DISUMANIZZAZIONE E COSIFICAZIONE. Il voto numerico finisce con il trattare gli esseri umani come oggetti: questo è molto comodo, ma ovviamente riduttivo. È piuttosto facile catalogare e schedare un oggetto (altezza, larghezza, peso, colore, etc.), perché l’oggetto non ha un’anima. Un essere umano, invece, ha talmente tante variabili che è impossibile descriverlo adeguatamente con un numero: e se proprio lo si vuole “numerizzare” lo si deve prima ridurre a qualcosa di simile a un oggetto. Ciò che ha fatto la scuola finora è questo: mettere tra parentesi l’anima (perché caotica, complessa, contraddittoria, indecifrabile, indescrivibile) e occuparsi di elementi sempre più superficiali, perché limitandosi alla superficie si trovano elementi facilmente schedabili e misurabili. I test INVALSI, di cui oggi tanto si discute, sono l’estrema conseguenza di questa sciocca domanda: come faccio a misurare precisamente l’uomo? La domanda è sciocca perché ciò che ha dentro un essere umano è per natura smisurato, è talmente grande da essere incommensurabile. Ogni tentativo di misurazione è quindi una riduzione, un immiserimento, una mortificazione della nostra umanità.

 

3. DIMENTICARE IL PIACERE. Il voto numerico porta alle estreme conseguenze il principio del premio, un’idea dannosissima per qualsiasi tipo di educazione: l’idea che un essere umano debba svolgere una determinata azione non perché trova in quell’azione piacere e significato, ma solo perché motivato da un premio o minacciato di un castigo. In questo modo sin da piccoli la scuola ci insegna a non coltivare passioni ed emozioni, ma a reagire a stimoli esterni. Il principio si trasferirà in futuro alla sfera del lavoro, che sarà scelto, assai probabilmente, in funzione del premio finale, ossia della quantità di denaro corrisposto. Abbiamo sotto gli occhi le conseguenze di questo modo di pensare: un mondo in cui il piacere non sta nel percorso (e quindi diffuso nella quotidianità), ma nell’obiettivo finale (e quindi confinato in tempi ridotti e ben determinati).

 

4. GUERRA APERTA TRA GIOVANI E VECCHI. Uno dei danni più gravi sviluppati dal meccanismo della valutazione è quello che si consuma a livello relazionale tra docenti e discenti. In un contesto educativo dominato dalla valutazione/misurazione, l’alunno vede nel docente un giudice e non una guida, un nemico e non un amico. La relazione fondata su questi presupposti si trasforma istantaneamente da amorevole in conflittuale. Gli effetti sono disastrosi. Docente e discente saranno entrambi insoddisfatti del proprio ruolo, vivranno l’ambiente educativo con disagio e insofferenza, la serenità lascerà il posto al nervosismo, alla frustrazione, all’insincerità. Giovani e adulti non costruiranno insieme le basi per dare continuità e sviluppo alle conoscenze, ma entreranno in un conflitto ipocrita e infruttuoso.

 

5. SI SALVI CHI PUÒ. Studiando in funzione del voto, l’alunno, perduto ogni interesse per l’oggetto di studio, impara a sviluppare una mentalità opportunistica e disonesta. Sintomi evidenti di questa disfunzione educativa sono quei comportamenti sleali che lo studente mette in atto per arrivare a quello che diventa il suo unico scopo: prendere un voto alto, possibilmente più alto di quanto effettivamente merita. Ed ecco allora tentativi affannosi di copiare le verifiche scritte, di suggerire o farsi suggerire risposte nel corso delle “interrogazioni”, animose contestazioni delle valutazioni del docente, aspre contese tra compagni di classe e altre simili miserie, che da tempo siamo abituati a vedere nelle nostre scuole. Tutti atteggiamenti condannati da quegli stessi docenti responsabili di averli causati insistendo testardamente sulla valutazione.

 

6. FACCIAMO FINTA DI SAPERE. Infine, studiare per ottenere una valutazione porta con sé un guasto cognitivo. Le conoscenze frutto di uno studio finalizzato esclusivamente al momento della verifica/valutazione sono, infatti, destinate a svanire in breve tempo. Nelle scuole si inscena annualmente la farsa del sapere: si fa finta di insegnare tutto lo scibile umano, lo si certifica, ma si sa bene che allo studente non ne resterà quasi niente. Solo lo studio animato da un’autentica interna motivazione, da reale passione e curiosità porta a fissare nuove informazioni in quella che si chiama memoria a lungo termine. Si può dire che la capacità che ha la nostra memoria di trattenere informazioni è proporzionale al desiderio e al piacere che abbiamo nel loro apprendimento. In pratica, più siamo costretti a studiare, meno apprendiamo. Ognuno di noi sa per esperienza personale quanto queste affermazioni corrispondano al vero, eppure nelle scuole ci si ostina a procedere in modo esattamente contrario alla nostra volontà, generando uno studio non solo faticoso, ma anche inutile e improduttivo: uno studio che genera un sapere apparente, un sapere che, non essendo da noi richiesto e desiderato, viene correttamente e il prima possibile espulso dalla nostra mente. Il vero sapere è solo quello che, procedendo dalla nostra volontà di apprendimento, viene pienamente interiorizzato, che si incarna per sempre in noi, che diventa parte della nostra esistenza, che ci rende quella meravigliosa creatura, naturale e artificiale, che è l’essere umano.

 

Per tutti questi motivi dovrebbe essere immediata l’abolizione della votazione numerica, almeno in tutte le scuole dell’obbligo. Nelle scuole si dovrebbe favorire la curiosità e insegnare il piacere disinteressato per la conoscenza, curiosità e piacere che ogni bambino, quando entra per la prima volta in un’aula scolastica, possiede in misura assai superiore a quando ne esce 10-12 anni dopo.

Antonio Saccoccio
http://liberidallaforma.blogspot.com

 

Libro consigliato:

 

La scuola moderna.
Verso un'educazione senza voti né esami

Di Ferrer Guardia Francisco, Editore Avanguardia 21, 2014

 

"Educare equivale attualmente a domare, addestrare, addomesticare": con queste parole Francisco Ferrer Guardia denunciava, più di un secolo fa, la natura violenta e autoritaria della scuola. Il pedagogista catalano propose di abolire voti ed esami, perché, lungi dall'essere validi strumenti educativi, sono tecniche di controllo impiegate per normalizzare e inquadrare sin dall'infanzia i futuri cittadini in un rigido sistema gerarchico. In questo volume abbiamo raccolto queste e altre intuizioni di Ferrer, con lo scopo di contrastare la corsa all'efficientismo, al produttivismo e alla meritocrazia che sembra oggi dominare nelle scuole italiane (e non solo), sommerse da un profluvio di verifiche, registri, questionari, griglie di valutazione, esami di recupero. La salvezza della scuola non sta nel recuperare, come molti ancora credono, il rigore e la severità dei bei tempi andati, ma nell'eliminare, come voleva Ferrer, la coazione dai processi educativi. Le pagine di Ferrer sono accompagnate da commenti e analisi di tre insegnanti di orientamento libertario: Filippo Trasatti (prefazione), Antonio Saccoccio (postfazione) e Carlos Martínez Aguirre.


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