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L'avanguardia per la critica e contro i critici

Di Antonio Saccoccio

- Novembre 2012

 

La storia dell'avanguardia, dagli inizi del Novecento ai nostri giorni, è la storia degli avanguardisti che si battono per la critica contro i critici. I movimenti d’avanguardia, è noto, sono movimenti di critica integrale della realtà contemporanea. E non sopportano per natura la tradizionale categoria dei “critici”. Per quale motivo questa apparente contraddizione?

Il motivo principale è piuttosto semplice: l'artista d'avanguardia è tra i primi a comprendere il cambiamento della sensibilità umana, mentre il critico è molto spesso tra gli ultimi. Inoltre l’artista d’avanguardia è un individuo che tende ad essere completo, che si avventura nei campi più disparati e tende ad avere una visione integrale della realtà, mentre il critico è un residuo dell’alienante specializzazione che ha amputato per secoli (e spesso amputa ancora) la nostra umanità.

Dal Futurismo ai nostri giorni è stata quindi continua l'offensiva degli avanguardisti contro i critici. Tutti ricorderanno il Marinetti che, nel suo La «Divina Commedia» è un verminaio di glossatori, scrive:

 

Chi negherà che la Divina Commedia altro non sia oggi che un immondo verminaio di glossatori? A che pro avventurarsi sui campi di battaglia del pensiero quando la mischia è finita, per numerare i morti, studiare le belle ferite, raccogliere le armi infrante e i bottini abbandonati, sotto il volo pesante dei corvi dotti e il loro sbatacchiar d’ali cartacee?

 

Una condanna precisa è contenuta già nel Manifesto dei pittori futuristi(Boccioni, Carrà, Russolo, Balla e Severini) dell’11 febbraio del 1910, in cui si legge al quinto punto: «Considerare i critici d'arte come inutili o dannosi». Risultati brillantissimi furono raggiunti, sempre dai futuristi, ne I funerali del filosofo passatista, un’azione in cui si mettevano in scena in modo grottesco i funerali di un critico passatista. Il bersaglio, in questa come in altre azioni, era Benedetto Croce, attaccato pesantemente e continuamente sulla rivista «Lacerba», soprattutto dall’antifilosofo Giovanni Papini. Anche Ardengo Soffici non apprezzava il critico e filosofo napoletano, tanto che in un numero di «Lacerba» liquidò Croce in modo “matematico”:

 

Equazione crociana. Critica = storia; storia = filosofia; filosofia = spirito; spirito = tutto; tutto = nulla; nulla = Benedetto Croce.

 

E sempre su Lacerba, Folgore, con enorme lucidità espose i limiti del critico:

  1. L’artista creatore dà con l’opera sua prova indiscutibile di potenza d’ingegno, d’intensità di sentimento e di facoltà e di coscienza autocritiche.

  2. Quali prove ha dato o dà il critico, per potersi assumere la facoltà di contrapporre il proprio criterio a quello dell’artista o per rendersi a preferenza di questi meritevole della nostra fede?

  3. L’opera d’arte è stata creata e può sussistere senza l’intervento di critico alcuno, all’infuori dell’artista creatore, che è critico unico ed assoluto a sé stesso ed all’opera propria.

  4. Dato questo, ha il critico diritto d’esistenza e d’intromissione e fino a quali limiti?

Mezzo secolo più tardi, toccò al Situazionismo attaccare ancora i critici. In occasione di un'assemblea dei critici d'arte internazionali a Bruxelles, scrissero un proclama in cui i critici venivano ripetutamente offesi e denigrati, riprendendo lo stile dei più accesi manifesti futuristi.

 

Ciò che fate qui sembra a tutti semplicemente noioso. L'Internazionale situazionista considera pertanto questo assembramento di tanti critici d'arte come attrazione della Fiera di Bruxelles ridicolo, ma significativo. [...] Questi intellettuali che ritardano, per paura della sovversione generale di una certa forma di esistenza e delle idee che ha prodotto, possono ormai soltanto affrontarsi irrazionalmente, come campioni di questo o quel particolare del vecchio mondo - di un mondo finito, e di cui non hanno nemmeno mai conosciuto il senso. I critici d'arte si riuniscono dunque per scambiare delle briciole della loro ignoranza e dei loro dubbi. [...] Sparite, critici d'arte, imbecilli parziali, incoerenti e divisi! Invano allestite lo spettacolo di un falso incontro. Non avete nient'altro in comune che un ruolo da sostenere; fate sfoggio, in questo mercato, di uno degli aspetti del commercio occidentale: la vostra chiacchiera confusa e vuota su una cultura decomposta. Siete svalutati dalla Storia. [...] Disperdetevi, brandelli di critici d'arte, critici di frammenti d'arte. Adesso è nell'Internazionale situazionista che si organizza l'attività artistica unitaria dell'avvenire. Non avete più niente da dire. L'Internazionale situazionista non vi lascerà più nessuno spazio. Vi ridurremo alla fame.

 

Il problema, per chi fa avanguardia nel XXI secolo, si pone in termini ormai piuttosto semplici e chiari: può il critico criticare l'avanguardista? È in grado di farlo? La risposta è chiaramente negativa. Perché il critico è il più delle volte un uomo chiuso nel suo mondo, che ha scarsa percezione di ciò che accade nella realtà contemporanea e non ha nessuna capacità di influire realmente su questo mondo, mentre l'avanguardista è un uomo a mille dimensioni, che intuisce la complessità della realtà in cui vive e sviluppa un pensiero-azione in grado di modificarla. Il critico può vivere solo se esiste l’artista tradizionale, ma quando questo evolve in artista d’avanguardia il critico è inutile.

L'unica possibilità per un critico è diventare anche lui un uomo a mille dimensioni. Ma in questo caso cesserebbe di essere un critico e diventerebbe un avanguardista, e quindi confermerebbe le nostre tesi.
L'avanguardista è oggi un oltre-artista, ha superato la vecchia definizione di “artista” tutto chiuso a difesa del proprio recinto. L’oltre-artista ha già in sé le qualità del critico: Marinetti fu un avanguardista e al tempo stesso un grande critico, idem Tristan Tzara e André Breton, idem Guy Debord.

È insensato concedere ad individui attardati e monodimensionali il diritto di decidere della sorte di individui dalla sensibilità moltiplicata. Hanno costoro - ovviamente - tutta la libertà di emettere e diffondere le loro critiche, ma noi abbiamo tutta la sacrosanta libertà di considerarle alla stregua di chiacchiere da bar.

Antonio Saccoccio
http://liberidallaforma.blogspot.com


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