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Sulle castronerie di Poletti, parzialmente corrette da Cacciari

Di Antonio Saccoccio

- Marzo 2015

 

Non è possibile restare indifferenti alle recenti dichiarazioni del ministro del Lavoro Poletti (in sintesi: occorre ridurre le vacanze estive degli studenti sostituendole con percorsi formativi e lavorativi). La sua demonizzazione delle “vacanze”, unita alla glorificazione della “formazione” e del “lavoro”, costituiscono la grottesca decadente rappresentazione del pensiero totale che ha condotto il mondo occidentale nell’attuale profondissima crisi culturale, sociale, morale e intellettuale. Ciò che sconcerta maggiormente è l’incapacità della quasi totalità dei politici di professione (anche appartenenti alle “opposizioni”) di rispondere adeguatamente a simili sproloqui.
Ci ha pensato, in parte, Massimo Cacciari, intervistato dal “Fatto Quotidiano”, a ridicolizzare le affermazioni ministeriali. In realtà le prime considerazioni del filosofo sono state piuttosto vaghe e non hanno colto affatto il bersaglio. Di ben altro tenore la seconda parte dell’intervista, in cui ha finalmente toccato due temi fondamentali. Innanzitutto viene smontato l’assioma per cui le “vacanze” siano da considerarsi tempo perso per la formazione. Afferma Cacciari, con la sicurezza di chi sa di non poter essere smentito: “Le vacanze mi hanno formato diecimila volte più di due anni scolastici”. È davvero uno spettacolo penoso ascoltare ministri che ancora credono all’idea gretta e reazionaria di una scuola che forma e costruisce e di una vacanza che distrugge. L’altro affondo di Cacciari è contro “l’idea trogloditica che la produttività si misuri sul tempo di lavoro”. E poi precisa con puntualità: “In un’epoca in cui, grazie allo sviluppo tecnologico, il 90 per cento del lavoro potrebbe essere svolto utilmente da casa, questi arcaici predicatori vanno in giro a dire che bisogna stare più tempo a scuola o in ufficio. Come se studiare o lavorare un mese in più facesse la differenza. Un ragionamento talmente comico che non ci si crede. Sembra che siano fermi a prima dell’invenzione del telefono, questi signori”.
In realtà questi signori sono fermi a prima dell’invenzione del telegrafo. Non si sono resi conto che il modello sociale emergente non è e non può più essere quello della scuola dell’obbligo e del lavoro alienato. Non ci vuole di certo Cacciari per prendere atto che tutto quello che si apprende in due anni scolastici potrebbe essere appreso decisamente meglio in un mese liberamente impiegato nell’approfondimento (magari cooperativo) dei propri interessi, e senza marchiare questo mese con l’istituzionale parola “formazione”. E non ci vuole Cacciari per comprendere che l’automazione ci ha liberato da gran parte del lavoro e che il tempo libero andrebbe accolto con gioia e non trasformato nella tristezza della disoccupazione (Illich semper docet). Quello che non arriva a dire Cacciari è che i politici come Poletti non dovrebbero avere come obiettivo quello di privare i giovani degli unici tre mesi di libertà, ma dovrebbero pensare ad estendere quella libertà anche agli adulti, soffocati, divorati e demoliti dall’ansia produttiva. Fino a quando avremo politici che vogliono traghettarci nel XXI secolo con la loro mente rivolta all’Ottocento, saremo costretti ad ascoltare retorica politica da bar sport (come hanno evidenziato i parlamentari del Movimento 5 Stelle in Commissione Cultura). È ora che almeno una parte dei politici si renda conto che per affrontare la crisi non abbiamo bisogno di respirare meno e studiare/lavorare di più, ma necessitiamo esattamente della cura opposta. Più aria e vacanze per tutti.

Antonio Saccoccio
http://liberidallaforma.blogspot.com


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