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Riflessioni Pedagogiche

Riflessioni Pedagogiche

di Giovanna Simonettiindice articoli

 

Perchè una riflessione sulla pedagogia?

Settembre 2009


La Pedagogia come Scienza autonoma è nata da poco, è sempre stata considerata ancella ora della Filosofia ora della Psicologia. Una riflessione che avesse come oggetto il processo educativo nella sua interezza (inteso come interazione dell’educatore e dell’educando) è un “fatto assai recente”. Detto ciò passiamo a cos’è la Pedagogia.
riflessione sulla pedagogiaConsiderato quanto sopra è implicito pensare che la Pedagogia è la Scienza che studia l’educazione.
A questo punto la domanda che ha senso porsi è: “cos’è l’educazione?”
La risposta che più comunemente viene data a questa domanda da educatori e pedagogisti è la seguente: “educare deriva dal termine educere che significa tirare fuori”. Pertanto educare significa, secondo questa definizione (corretta, ci tengo a sottolineare) sviluppare nel soggetto quelle abilità o potenzialità che l’individuo gia possiede e far in modo attraverso processi di apprendimento che ne acquisisca altre.
Ma è tutto così semplice?
Secondo me no.
Ecco perché ritengo importante una riflessione pedagogica proprio in un’epoca in cui l’educazione ma soprattutto le agenzie educative (scuola, famiglia, oratori) stanno perdendo il loro valore e la loro ragion d’essere.
Partendo da una considerazione pienamente personale preferisco parlare di processo educativo e non di educazione in quanto ritengo che quest’ultimo termine si ponga ad un livello più astratto e non sia in grado di cogliere il dinamismo insito nel termine processo inteso come un percorso che ha un inizio (magari anche ben definito) ma all’interno del quale possono intervenire una pluralità di variabili.
Per rendere più semplice questo concetto faccio riferimento ad un famoso film di animazione: Il Mago di Oz.

 

Questo film narra di una ragazza Dorothy che annoiata della sua vita in una fattoria del Kansas sogna mondi lontani, finchè un ciclone non la catapulta in un mondo fantastico dal quale però lei vuole tornare indietro.
Per fare cio deve recarsi nel paese di Oz e rivolgersi al mago. La ragazza allora si incammina sul sentiero dorato.

 

Già da qui emergono i primi elementi di cio che è un processo educativo:
intenzionalità: Dorothy decide di intraprendere il viaggio. Pertanto assume un ruolo attivo. L’attivismo dell’educando va contro quell’errata concezione pedagogica che vedeva nel bambino (o  in qualsiasi soggetto in formazione) un contenitore vuoto da riempire (la cosiddetta “tabula rasa”) l’educando è una Persona e come tale si inserisce nel processo con il suo carattere, i suoi modi di fare, un sistema valoriale, tutte variabili che vanno ad influire nel rapporto con l’educatore e sull’esito del processo educativo.
Il rigore scientifico simboleggiato dal sentiero giallo. Dorothy non si incammina in una strada di campagna ma segue una via ben precisa, così pure il processo educativo, per quanto sia influenzato dalle variabili sopra citate (carattere, contesto, situazioni personali) segue comunque delle regole ben precise. Altrimenti la pedagogia non sarebbe una scienza e soprattutto la pedagogia è una scienza prescrittiva (da delle linee di intervento) a differenza della Sociologia che è descrittiva (si limita a descrivere la società e i sistemi che lo compongono).

 

Nel suo percorso Dorothy incontra lo spaventapasseri a cui manca il cervello, l’uomo di latta a cui manca il cuore ed il leone a cui manca il coraggio. Tutti e quattro sono coscienti di avere delle carenze e si avviano dal Mago di Oz.

 

 

Questi tre personaggi simboleggiano le diverse Aree di intervento educativo:
l’area cognitiva;
affettiva;
valoriale.
La Persona nella sua interezza si compone di molteplici dimensioni ed ognuna di questa è educabile.

 

Dopo varie prove, sconfiggendo la strega cattiva, i quattro amici arrivano dal Mago, il quale chiede loro di superare un’ennesima prova. Al termina della quale il Mago fa riflettere i quattro amici. Per superare tutte le prove hanno fatto affidamento sulle loro capacità, quindi li invita a cercare non fuori ma dentro di se cio di cui necessitano. Poi regala loro un oggetto che possa sempre aiutarli a ricordare questa cosa.

 

Qui emerge quel significato iniziale del termine educazione inteso come educere, tirar fuori.
Il Mago, non crea niente, ma attraverso le varie prove a cui ha sottoposto i quattro amici, osservandoli da lontano e intervenendo dove possibile ha permesso loro di sviluppare le capacità gia insite in loro. Infine ha fornito loro gli strumenti per continuare a “fare da soli”.
Si, perché fine ultimo di un percorso di crescita è sempre l’autonomia del soggetto.
L’educazione è quel processo che si pone l’obiettivo di portare “l’essere ad un dover essere” (un soggetto violento a dover essere un soggetto integrato, un soggetto dipendente ad essere un soggetto libero e così via).
Con questa premessa, nelle prossime riflessioni spero di esaminare, sempre dal mio modesto punto di vista, il rapporto tra educatore ed educando.

 

     Giovanna Simonetti

 

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