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Riflessioni sulla Psicosintesi

Riflessioni sulla Psicosintesi

di Fabio Guidi     indice articoli

 

Eros, o l'archetipo unitivo - 2

Maggio 2012

 

Eros, o l'archetipo unitivoNel precedente contributo [Eros, o l’archetipo unitivo, 1] facevo riferimento al mito degli androgini, narrato nel Convito platonico. Tra gli ospiti del banchetto di cui si parla nel dialogo, troviamo, naturalmente, anche Socrate, il quale presenta la sua visione riguardo a Eros.

Nel suo intervento, il maestro ateniese racconta di quando aveva interrogato la profetessa Diòtima sulla natura del dio. Dalla risposta di Diòtima emerge l’idea che Eros è quella spinta interiore che ispira i processi creativi nella psiche dell’uomo, rappresenta quell’impulso a generare in direzione dell’immortalità. Seguiamo alcuni passi del mythos di Socrate.

 

«Ed io ripresi: «Va bene, o straniera, hai ragione; ma se Amore [Eros] è così che utilità reca agli uomini ?».

«Ecco il punto, o Socrate, che proverò ora ad insegnarti. Tutti gli uomini, o Socrate, sono pregni nel corpo e nell'anima, e quando giungono ad una certa età, la nostra natura fa sentire il desiderio di procreare. L'unione dell'uomo e della donna è procreazione; questo è il fatto divino, e nel vivente destinato a morire questo è immortale: la gravidanza e la riproduzione. […]

Perché la riproduzione è il qualcosa di sempre nascente e immortale per quanto è possibile a un essere mortale. Da ciò consegue come necessario che l'amore sia anche amore dell'immortalità. Ché in questo modo si salva ogni esistenza mortale, pur non rimanendo come quella divina, sempre assolutamente uguale a se stessa, ma in quanto ciò che invecchia e se ne va, lascia al suo posto un'altra esistenza giovane, identica a quella di prima. Con questo espediente, o Socrate, il mortale partecipa dell'immortalità sia per il corpo sia quanto al resto. L'immortale tiene altra via. Non ti meravigliare dunque, se ogni essere tiene caro per natura il proprio germoglio: perché è in vista dell'immortalità che in ognuno procede cotanto zelo e amore.

Coloro però che sono fecondi nel corpo si volgono per lo più alle donne, e per questa via perseguono l’amore [Eros], perché pensano di procurarsi per tutto il tempo futuro l'immortalità, il ri­cordo e la felicità mediante la procreazione dei figli. Ma quelli che sono fecondi nell'anima... - giacché vi sono naturalmente quelli che sono gravidi nello spirito ancor più che nel corpo, di quelle cose che è proprio dell'anima di concepire e partorire. Quali cose ? Il pensiero e ogni altra virtù. Delle quali sono generatori tutti i poeti [poìetes: creatori] e quanti degli artisti sono detti inventori, ma la forma più alta e più bella del pensiero concerne la costituzione dei governi e delle istituzioni, che si chiama appunto saggezza e giustizia. Quando qualcuno, fin dalla gioventù, sia gravido di queste cose nell'anima per ispirazione divina e divenuto maturo già brami di dar loro vita e di creare, ecco che allora si dà attorno e cerca anche lui il Bello, nel quale poter procreare, poiché nel Brutto non vi riuscirà mai. E così venendo a contatto della bella persona ed accompagnandosi a lei dà alla luce e procrea le cose da tempo concepite; e sempre la tiene nella memoria, vicino o lontano che sia, ed insieme a lei coltiva ciò che ha creato. Onde essi hanno fra loro molta più intima comunione e più salda amicizia di quella che viene dai figli, perché sono accomunati dall'avere dei figli più belli e immortali. Chiunque preferirebbe tali figli a quelli umani, se solo guardi Omero e Esiodo e tutti gli altri grandi poeti, ed invidi le progeniture che hanno lasciato di sé, e che garantiscono loro fama e memoria immortale essendo tali esse stesse. Onorato è da voi anche Solone per le leggi che dette alla luce; e così altri uomini, altrove e dappertutto, fra i greci e fra i barbari, che hanno prodotto alla luce molte opere stupende, fecondi in ogni genere di virtù. Molti altari sono stati loro dedicati per tali figli, ma non ancora per i figli umani di alcuno.»

 

Eros è quell’anelito a rendere immortale ciò che di più prezioso possediamo e, in definitiva, la nostra esistenza. È proprio per soddisfare tale anelito che l’essere umano sente questo irrefrenabile impulso a procreare, generare, creare. In questo senso, dice Rollo May

 

«L’Eros è il fulcro della vitalità di una cultura, il suo cuore, la sua anima. Quando l’Eros creativo scompare e la tensione vitale viene meno, la civiltà è avviata al declino.»

 

Attraverso Eros, lo spirito unitivo, noi tendiamo a creare, formare il mondo. Per riassumere, Eros nasce dal sentimento dell’assenza, dalla ricerca di qualcosa che integri, completi, realizzi la nostra esistenza. A questo qualcosa attribuiamo la qualità del Bello, l’inseguimento del quale ci arricchisce interiormente, ci rende “gravidi”, secondo la metafora socratica, e in grado di “partorire”, esprimere creativamente la nostra presenza nel mondo. È questo a farci partecipare del divino, a renderci immortali: fornire il nostro apporto personale all’evoluzione dell’uomo.

Come emerge dai passi successivi del discorso di Socrate, la ricerca della nostra compiutezza, guidata da Eros, l’archetipo Unitivo, si snoda a partire dagli aspetti più materiali dell’esistenza, dagl’impulsi legati al corpo, fino a condurci alle vette rarefatte della Verità. Anche nella ricerca più astratta – dell’arte, della scienza, della giustizia, della filosofia, dell’etica, della spiritualità – è presente una dimensione erotica, un gusto, una tensione ardente. Alla fine della sua ricerca – se mai è possibile -, l’uomo raggiunge la Verità, vale a dire la realizzazione totale di sé, la perfetta guarigione, il risveglio definitivo.

 

Ma non possiamo esaurire una seppur breve presentazione dell’archetipo Unitivo, senza accennare all’aspetto sessuale dell’Eros. Una volta identificato Eros con l’archetipo unitivo, la grande potenza che tende a connetterci con ogni altra cosa, dobbiamo distinguere chiaramente Eros dal desiderio sessuale. Per i greci il sesso nudo e crudo, in quanto impulso biologico, era detto “epithymìa”, la quale era incorporata e trascesa da Eros, anche se non negata. L’impulso biologico è una spinta organica, un «istinto», mentre Eros è un impulso psichico, un «desiderio», e quindi una realtà specificamente umana. La differenza non è da poco.

Soprattutto perché attraverso l’appagamento sessuale l’essere umano cerca di scaricare le tensioni, al punto che, dopo l’orgasmo, tendiamo ad addormentarci. Il piacere sessuale, anche secondo Freud, è una “riduzione della tensione”: l’aumento dell’eccitazione tende al rilassamento e serve a raggiungere una condizione di assenza di tensione.

Di contro, Eros, l’archetipo unitivo, è una eterna tensione, un desiderio vitale che mai trova appagamento. Come dicono con notevole saggezza i francesi, “il fine del desiderio non è la sua soddisfazione, ma il suo prolungamento”. Rollo May sottolinea che l’Eros

 

«non si esprime in noi come una tendenza a ridurre l’eccitazione bensì a convivere con essa, a cullarsi in essa e persino ad accrescerla.»

 

E poi:

 

“Attraverso l’Eros noi cerchiamo di aumentare gli stimoli”.

 

Eros non ci fa dormire, ci tiene svegli nel pensare alle possibilità che si aprono e ai nuovi aspetti che scopriamo; ci spinge in alto, nel regno delle potenzialità inespresse, nutrendoci di immaginazione e progettualità. L’archetipo Unitivo esprime una grande vitalità, una grande disponibilità ad aprirsi e ad abbandonarsi all’oggetto del nostro impulso erotico. Dall’innamoramento alla passione mistica questa e non altro è la logica di Eros.

Oggi, purtroppo, assistiamo ad una netta separazione tra sesso ed Eros, tra sesso e spirito unitivo, esaltando il primo (e banalizzandolo) e perdendo di vista il secondo. È l’era dei legami «liquidi», come ci ricorda Zygmunt Bauman, un’epoca cioè in cui le relazioni si riducono a semplici connessioni, in “un contesto in cui è possibile con pari facilità entrare e uscire”, puri ‘contatti’, senza alcun impegno o responsabilità.

Il fatto è che abbiamo una grande paura di Eros, abbiamo un gran paura di abbandonarci nelle sue braccia. Eros è incontrollabile, Eros non tiene conto di logiche diverse dalla sua, come la sicurezza, la prudenza, l’opportunità o l’obbedienza al senso comune e alle convenzioni sociali. Certo, tutti questi elementi sono importanti per calarci nel «principio di realtà», eppure spesso li facciamo diventare i nostri tiranni. Fuggiamo Eros e ci rifugiamo nelle sensazioni sessuali: il sesso riduce la passione erotica che coinvolge l’intero organismo ad una pura sensazione genitale. La sessualità, lasciata a se stessa e diventata una droga, conduce alla ripetitività e alla noia - in altre parole, alla pornografia.

Ma in questo modo evitiamo di percepire ogni minaccia… la minaccia d’incontrare il rifiuto, di essere abbandonati, traditi o imprigionati in una gabbia. Ciò che conta, allora, è evitare i legami, tenersi a distanza, controllare il bisogno dell’altro, impedire l’intimità, creando una barriera difensiva contro l’angoscia. Perché Eros è annichilimento, morte, perdita di sé, abbandono all’incertezza. Eliminando Eros, tutto questo scompare: evitiamo la paura, ma il rapporto diventa in-significante.

 

In definitiva, Eros, l’archetipo Unitivo, è la parte di noi che spinge in direzione del Lavoro, verso la nostra piena realizzazione di esseri umani, verso l’Unità della Coscienza. Il suo grande nemico è l’archetipo separativo, cioè Thanatos, o il ‘Diavolo’. Lo vedremo prossimamente.


     Fabio Guidi

 

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