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Riflessioni sulla Psicosintesi

Riflessioni sulla Psicosintesi

di Fabio Guidi     indice articoli

 

Un malinteso della psicosintesi: l'obyvatel

Novembre 2011

 

Come già ho avuto modo di far notare, la psicosintesi costituisce una formulazione particolare di ciò che, nel linguaggio di Gurdjieff, è definibile come Quarta Via. Utilizzando ancora una volta il maestro armeno, in questo contributo intendo, invece, evidenziare un aspetto spesso trascurato, e cioè che l’uomo può svilupparsi interiormente anche fuori da un sentiero tradizionale. Le quattro ‘vie’ sono certo un aiuto importante, un aiuto che può accelerare il processo di auto-sviluppo, ma Gurdjieff fa notare che esiste un'evoluzione ‘spontanea’, per le persone semplici, ma ricche di buon senso.

 

«Per maggior precisione, diremo che ci sono due vie. La prima, la chiameremo ‘via soggettiva’: essa abbraccia le quattro vie di cui abbiamo parlato. L'altra, la diremo ‘via oggettiva’. È la strada degli uomini nella vita. […]

Coloro che sono sulla via oggettiva vivono semplicemente nella vita. Sono quel che si dice brava gente. Per essi non vi è alcun bisogno di metodi o sistemi particolari; basandosi su sistemi intellettuali e religiosi ordinari, sulla morale ordinaria, essi vivono secondo la loro coscienza. Non fanno necessariamente molto bene, ma non fanno alcun male. Si tratta talvolta di persone molto semplici e senza una particolare educazione, ma che comprendono molto bene la vita, hanno una giusta valutazione delle cose e un giusto punto di vista. Sia ben chiaro, essi si perfezionano ed evolvono. Solo che la loro via può essere molto lunga con molte ripetizioni non necessarie.»

 

In questo contesto, quando Gurdjieff usa le espressioni ‘via soggettiva’ e ‘via oggettiva’ – espressioni che lui stesso definisce “non del tutto soddisfacenti” - vuole semplicemente far riferimento al fatto che la seconda non è affatto codificata e quindi sottoposta ad una scelta individuale volontaria. La ‘via oggettiva’ si riferisce ad un uomo ordinario sotto molti punti di vista: si occupa della sua famiglia e del suo lavoro, e non si fascia la testa con pensieri riguardo alla propria evoluzione personale o al senso della propria esistenza. Insomma, è una persona pratica e radicata a terra. Gurdjieff, per riferirsi ad un simile individuo, usa l’espressione obyvatel.

 

«Obyvatel è una strana parola della lingua russa. Ha il senso corrente di ‘abitante’, semplicemente. La si usa anche in senso di disprezzo o di derisione: 'obyvatel', come se non potesse esistere niente di peggio. Ma quelli che parlano così non comprendono che l'obyvatel è il nocciolo robusto e sano della vita. Dal punto di vista della possibilità di evoluzione poi, un buon obyvatel ha maggiori possibilità di un ‘lunatico’ o di un ‘vagabondo’.»

 

Coloro che guardano con interesse ad una via ‘soggettiva’, cioè una delle vie riconosciute universalmente all’interno delle tradizioni spirituali, valutano con disapprovazione l’uomo semplice, perché non si fa molte domande, non è interessato né alle disquisizione intellettuali né alle problematiche esistenziali. Pensa solo alla vita quotidiana, con il suo fardello e i suoi piaceri, e ciò viene considerata un’esistenza meschina da molti aspiranti ‘spirituali’.

L’obyvatel, l’uomo semplice – che non è il ‘sempliciotto’ - ha un suo intrinseco valore, quando è dotato della capacità di percepire la vita in modo non pesantemente deformato dai condizionamenti culturali e familiari. Non è difficile comprendere quanto si sta dicendo: ognuno di noi avrà senz’altro incontrato, nella propria vita, che ne so, un contadino sprovvisto di cultura - uno di quelli che mai leggeranno questo articolo - e che manifesta un modo di pensare e un comportamento improntati alla coerenza, alla rettitudine e alla solidità. In tale occasione, ci saremo anche sorpresi e avremo fatto una considerazione del tipo “ma guarda! una persona così modesta, così ignorante, possiede più saggezza di tanti intellettuali di mia conoscenza!”

Ovviamente, non dobbiamo arrivare alla conclusione che ogni persona semplice possieda queste caratteristiche e queste possibilità, perché la maggior parte della gente ordinaria è altrettanto condizionata, ottusa disonesta e priva di buon senso di quanto possa esserlo un intellettuale o un ‘cercatore della verità’. A questo proposito, è bene operare una netta distinzione tra l’obyvatel e l’homo normalis. Quest’ultimo si plasma sulle aspettative relazionali e sociali, è nevrotico quanto lo è la società a cui appartiene, e non appare tale proprio perché è in buona compagnia. L’obyvatel non è niente di tutto ciò, perché è un uomo di ‘buon senso’, che come tale non si lascia irretire dai pregiudizi collettivi. Allo stesso modo di un animale non reso fiacco dalla cattività, è una persona realmente ‘adattata’, cioè capace di rispondere alle esigenze della vita, mentre l’adattamento dell’homo normalis riflette invece la tendenza a perdere se stesso nell’appartenenza sociale e nell’anonimato collettivo. Il suo adattamento nevrotico si basa, in definitiva, su un equilibrio precario.
In considerazione di tutto ciò, Gurdjieff tiene a sottolineare che un obyvatel ha la possibilità di evolvere, al contrario di molti dei cosiddetti intellettuali e ‘cercatori della verità’, da lui definiti ‘lunatici’ o ‘vagabondi’. Sono proprio costoro - indaffarati come sono a stare a naso in su a guardare il cielo - a disprezzare più di ogni altro le qualità pragmatiche, ‘telluriche’, dell’uomo semplice. Ciò dimostra la loro completa inettitudine al lavoro psicosintetico.

 

«Proprio perché nessuna via puòcominciare a un livello inferiore a quello dell'obyvatel. Si dimentica sovente che molte persone, incapaci di organizzare la pro­pria vita e troppo deboli per lottare per dominarla, sognano le vie o ciò che essi considerano come vie, perché si immaginano che sarà per loro più facile della vita, trovando in un certo modo una giustificazione alla loro debolezza e al loro eterno difetto di adattamento. Chi fosse capace di essere un buon obyvatel, sarebbe certamente più utile, dal punto di vista della via, di un ‘vagabondo’ che si immagina di essergli superiore. Do il nome di ‘vagabondi’ a tutti i componenti della sedi­cente 'intellighentsia': artisti, poeti, tutti i ‘morti di fame’ in generale, che disprezzano l'obyvatel e al tempo stesso sarebbero incapaci di esistere senza di lui. La capacità di orientarsi nella vita è, dal punto di vista del lavoro, una delle qualità più utili. Un buon obyvatel è di levatura tale da far vivere con il proprio lavoro almeno una ventina di persone. Cosa puòallora valere un uomo che non è capace di fare altrettanto?»

 

Gurdjieff è chiaro: la solidità dell’uomo semplice rappresenta il livello minimo da cui può iniziare qualsiasi via: il livello di una persona ben adattata, capace di guadagnarsi da vivere e di mettere su famiglia. Ed è proprio ciò che non sono capaci di fare molti cosiddetti artisti e intellettuali, i quali spesso arrivano a vantarsi della loro condizione, la quale costituirebbe la prova del loro rifiuto al sistema e della loro denuncia ad una vita ‘borghese’. Gurdjieff taglia corto: sono solo dei disadattati… rientrano nella categoria dei ‘vagabondi’, gente socialmente inutile, o in quella dei ‘lunatici’, gente sempre disposta a dare ascolto a qualsiasi fesseria. O a tutte e due insieme.

Tutto ciò rappresenta un’indicazione importante riguardo al cammino psicosintetico. Il Lavoro inizia solo dopo aver raggiunto una certa stabilità socio-emotiva, un equilibrio psico-affettivo; non è adatto a persone che vivono profondi attriti in relazione al proprio adattamento sociale. La psicosintesi è un andare oltre e non un aggirare l’ostacolo.


     Fabio Guidi

 

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