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Riflessioni Iniziatiche

Riflessioni Iniziatiche
Sull'Uomo, lo Spirito e l'Infinito

di Gianmichele Galassi

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La volta celeste, il paradigma ermetico e la “coincidenza degli opposti”

Maggio 2015

 

 

 

«Quod est inferius, est sicut quod est superius,
et quod est superius, est sicut quod est inferius:
ad perpetranda miracula rei unius.
Et sicut omnes res fuerunt ab uno, mediatione unius;
sic omnes res natae fuerunt ab hac una re, adaptatione.»(1)

 

 

La volta stellata: fra passato e presente

Non appena avuto coscienza di sé, i primi uomini guardarono con stupore e meraviglia alla volta stellata, cercando di comprendere cosa fosse quella spettacolare manifestazione di grandezza, immaginando quale ne fossero le forme e l'origine.

Unico mezzo di orientamento nel buio della notte per centinaia di millenni, le stelle apparentemente fisse, rappresentavano l'ignota fonte di "luce", capace di guidare l'uomo nella sua continua ricerca esplorativa, sotto l'inesauribile spinta della sua innata curiosità.

Le difficoltà di comprensione si concretizzarono, come sempre, nello studio "scientifico" e nella speculazione filosofica, lasciando i più, immersi e soffocati nella più cieca superstizione, alimentata dalla diffusa ignoranza.

Da questo primo momento, quando gli uomini alzarono gli occhi verso il cielo, lo credettero sede di esseri superiori che, guardando verso il basso, trovavano divertimento nell’osservare la vita e le gesta dei deboli abitanti della Terra.

Solo gli uomini migliori ovvero gli "eroi" erano degni dell'interesse divino ed alcuni, per la loro prodezza in battaglia o per un'altra non comune qualità, venivano addirittura divinizzati, quali semi-dei.

E' chiaro quindi come la sede celeste sia sempre stata considerata simbolo di ciò che vi è di superiore, essendo riservata normalmente ad esseri divini e, solo saltuariamente, a quei rari uomini che avessero dimostrato qualità eccezionali per nascita o, più raramente, per libera scelta.

La volta stellata rappresenta quindi l'incomprensibile, l'infinito e, non ultima, la speranza in un futuro migliore, immateriale, una dimensione che liberi l'umanità dalla sofferenza della vita terrena, meglio se per l'eternità: un luogo in cui lo spirito possa riscaldarsi attraverso l'irraggiamento diretto della fonte di "luce" primigenia.

 

Simbologia e grandezza Celeste

L'argomento ha certamente echi numerosi e lontani, su cui non conviene, in questa sede, soffermarsi né, tantomeno, approfondire.

Il punto più utile ed interessante è sicuramente quello massonico che, per essere compreso appieno, necessita di alcune premesse: fondamento stesso dell'origine simbolica latomistica.

Per accorciare i tempi, vorrei soffermarmi brevemente sull'Opera per eccellenza, la “Commedia” che sicuramente è sintesi essa stessa di numerose correnti filosofiche precedenti e del perdurante ermetismo.

Una rilevante particolarità, immediatamente visibile, è rappresentata dal fatto che tutte e tre le cantiche dantesche terminino con la parola “stelle”; anche coloro che non conoscono in maniera approfondita l'Autore e le sue opere, sanno che nella “Commedia” nulla è lasciato al caso, tantomeno può esserlo la chiusa dei tre “atti”.

Sappiamo inoltre - è Dante stesso a sottolinearlo nell’Epistola a Cangrande di Verona - che parallelamente al significato letterario che illustra l'oltremodo, esiste, con ben altra importanza, un significato allegorico e simbolico che fa preciso riferimento ai viventi che dovranno trarre i dovuti insegnamenti, utili a condurre la propria vita in questa dimensione.

"Stelle" quindi è il vocabolo che Dante considera idealmente quale punto di arrivo del proprio simbolico percorso, quale calzante rappresentazione sincretica della propria filosofia che è rivelata nei versi agli "intelletti sani".

Quello che Dante compie nella sua Commedia è indubitabilmente un percorso iniziatico di elevazione spirituale, che lo porta sino al punto più alto, inesprimibile anche attraverso la sua altissima arte poetica, sino a percepire ed intuire l'«Amore che move il Sole e l'altre Stelle».

 

La Volta Celeste e l'architettura

In questa “arte” risiedono alcuni importanti elementi interpretativi riassunti nella simbologia del Tempio Massonico, che ha catturato i più alti princìpi della tradizione esoterica di molte culture, alcune più antiche altre più recenti.  Infatti, è facile notare, come struttura e disposizione di numerosi edifici sacri riproducano fedelmente,  in modo simbolico, la visione cosmica (macrocosmo) in relazione con l’uomo (microcosmo), rispecchiando una particolare tradizione culturale e religiosa.

La prima e più banale osservazione si sostanzia nel fatto che l’elemento architettonico a cupola presente in numerosi luoghi di culto di varia origine, simboleggia proprio la volta celeste ed è quindi conseguentemente ornata da ornamenti e affreschi che ricordano che essa è la sede ideale della divinità; allo stesso tempo al centro della cupola si trova un’apertura circolare, chiamata oculo, che corrisponde, per posizione, a quella della chiave di volta in un arco. L’oculo abbina alla funzione pratica di lasciar entrare la luce quella simbolica di rappresentazione solare e divina, in base all’orientamento religioso-culturale; di conseguenza l’ara sul pavimento è posta proprio sulla sua perpendicolare. In tale modo si crea un ideale asse che permette allo spirito di ascendere verso la luce. Sovente l’oculo, se non presente, è rappresentato da un elemento pittorico che ne svolge la funzione simbolica.

Si comprende quindi come la volta celeste sia capace di evocare nell’uomo, in modo del tutto naturale, l’idea del sovraumano e la sensazione di un ambiente metafisico.

 

Il pavimento a scacchi

Riprendendo quanto scritto nell’«Avviamento al grado di Apprendista» (G. Galassi. Secreta Edizioni, 2013):
“Certamente, il pavimento a scacchi è uno dei simboli più noti della libera muratoria ed il suo significato è uno dei più discussi. Brevemente, la mia idea è essenzialmente descrivibile in due posizioni complementari: in una prima fase, il pavimento è rappresentazione della dualità binaria identificabile nei distinti concetti di Bene e Male, la cui consapevolezza è il punto di partenza su cui basare il proprio percorso introspettivo; successivamente, per elevarsi nella sconfinata armonia cosmica, rappresentata dal “cielo stellato”, è necessario superare la bassezza umana della lotta fra opposti contrastanti, rappresentata appunto ancora dal pavimento, a cui l’uomo è solitamente ancorato da una forza invisibile e sconosciuta (gravità).”

Conviene, fare alcune considerazioni inerenti la sostanziale assenza di opposti nella realtà.

 

La “coincidenza degli opposti”

Giunti alla Maestria, noi stessi e tutto ciò che ci circonda dovrebbe apparirci assai diverso: finito il cammino del Compagno, dovremmo infatti aver compreso come i nostri sensi siano alquanto limitati e quanto la visione del mondo che forniscono a ciascuno sia difforme dalla realtà oggettiva delle cose. Basti per questo pensare alla vista, limitata nella distanza e nello spettro visibile dei colori, infrarossi ed ultravioletti ci sono preclusi, non solo, tutta la materia è incolore, quello che vediamo è solo la frequenza dello spettro luminoso che ogni materiale riflette, mentre assorbe tutte le frequenze restanti. Il nostro sistema uditivo, olfattivo e del gusto sono anch’essi assai limitati: un cane è capace di sentire gli ultrasuoni e percepire odori nell’aria che per noi sono inesistenti. Oltre a tutto ciò, ogni singolo individuo umano ha una propria peculiare sensibilità, maggiore o minore, rispetto al prossimo: molti di noi portano gli occhiali, altri riescono a sentire e distinguere odori che per tutti gli altri sono inesistenti e così via.

In ultima analisi, è facilmente comprensibile come la visione “dualistica” o la riduzione in classi dei fenomeni è certamente utile alla limitata capacità umana di comprensione, per cui una semplificazione della realtà risulta immediatamente funzionale alla cognizione e memorizzazione da parte del nostro cervello.

Infatti, la scienza (che ricordo è basata sulla rappresentazione matematica) aiutata dalla tecnologia ci insegna che la realtà è traducibile nel mondo del “continuo” ossia dei “numeri Reali”; invero l’uomo ha postulato delle convenzioni utili a qualsiasi misurazione: per fare un esempio, quando noi effettuiamo delle misurazioni empiriche di qualsiasi genere e natura, come peso e distanza, sappiamo che queste sono approssimative, infatti, è impossibile ottenere la precisione matematica attraverso gli strumenti di misura, basti per questo ricordare che esistono il “metro” e il “kilogrammo” standard o “campione”, conservati nell’Archivio dei pesi e misure di Sèvres (Parigi), riguardo al peso, poi esso cambia in base alla latitudine ed all’altezza rispetto il livello del mare per la differente gravità.

Detto ciò, il Maestro è chiamato a superare l’inganno della materialità e dei sensi e rivolgere l’attenzione alla sostanza dell’esistenza, solo così potrà giungere all’agognata armonia con il mondo esterno per potersi infine, simbolicamente, librare in volo e giungere a percepire la “Verità” nascosta dietro l’assoluta fallibilità ed inadeguatezza dei nostri mezzi.

 

Il paradigma ermetico

La materia, qui trattata, comprende una miriade di concetti filosofici elaborati durante un lasso temporale piuttosto ampio, quindi cercherò - per quanto possibile - di riassume l’argomento nei punti nodali, evitando di cadere nella banale erudizione o nella superficiale incomprensibilità dei tecnicismi filosofici: per questi motivi vogliate perdonarmi se il glossario utilizzato non sarà così esatto e preciso come richiederebbe la trattazione di tali concezioni, fondamento stesso della cultura occidentale e, soprattutto, massonica.

“Ciò che è in basso è come ciò che è in basso” e viceversa: tale affermazione potrebbe altresì confondere le idee per quanto concerne il precedente ragionamento, ma in verità vedremo che non è affatto così. Infatti, essa trae origine dall’idea esposta nel Timeo da Platone che intese dimostrare la “teoria dell’identità fra uomo e cosmo” confrontando le forme degli organi umani con l’Universo composto dai quattro elementi (terra, acqua, aria, fuoco); così l’uomo è un mondo in miniatura (microcosmo), la sua anatomia, fisiologia e psiche riproducono in piccolo la struttura dell’Universo, composta da Terra, pianeti, stelle e cosmo che a loro volta sono simili all’Uomo in quanto esseri viventi dotati di anima e corpo. Questa antica concezione fu propria del misticismo ermetico che fondò le proprie radici sul principio di analogia (similitudine, somiglianza) fra Microcosmo e Macrocosmo, tentando così di pervenire ad una teoria unificata che spiegasse i fondamenti dell’Universo intero. Tale corrente di pensiero, condensata nella rappresentazione dell’Homo ad circulum, trovò ampio spazio in epoca rinascimentale quando anche Pacioli compose il “De Divina Proportione” con l’illustrazione dei solidi Platonici lasciata proprio a Leonardo (2), autore del famoso disegno dell’«uomo vitruviano».

Quindi, tutto ciò conduce ad una idea di generale uniformità o, almeno, corrispondenza che nel nostro caso riconduce, per altro verso, al superamento degli “opposti contrastanti” rappresentati dal pavimento a scacchi.

 

Conclusioni

A volte mi è capitato, nelle terse serate estive, di alzare gli occhi al cielo pensando agli innumerevoli soli ed agli infiniti mondi dell'Universo, immaginandomi quanti e quali strani esseri si potessero trovare in tanta infinitezza a fare la medesima cosa...

Come vedete, è bene sottolineare come la formazione scientifica non precluda affatto lo sviluppo di immaginazione ed intuizione che, di fronte alla meraviglia di ciò che è difficilmente concepibile, non rimangono ancorate allo stupore iniziale, ma viaggiano, senza confine alcuno, nella fantasia e nella sterminata grandezza del cosmo, riuscendo al contempo a trarre beneficio dall'intrinseca espressione di cotanta “Bellezza”. Intuizione ed immaginazione sono quindi azioni indispensabili al progresso dell’Umanità: le grandi scoperte scientifiche, infatti, sono spesso figlie di profonda passione per quello che è il proprio sogno… ancora privo di concretezza, ma seme indispensabile a qualunque crescita.

Non solo. Sebbene sia chiaro allo scienziato come l’Universo sia un ambiente tutt'altro che accogliente per l'essere umano ed assai pericoloso, viste le forze in gioco (sovente assolutamente fuori di qualsiasi scala mai concepita), il fascino misterioso degli infiniti spazi e mondi, oltre a solleticarne la curiosità, divengono il simbolo della speranza in un disegno superiore, fondato proprio su quell'«Amore che move il Sole e l'altre Stelle». Nulla è come appare e tutto è riconducibile alla medesima sostanza; cercando di sbirciare con gli “occhi dello spirito” forse riusciremo - benché non possa affermarlo con assoluta certezza - a superare quella sensazione di impotenza e piccolezza che rende la nostra esistenza piena di paura ed incertezza per ciò che non comprendiamo...

 

Gianmichele Galassi

Tratto da: G. Galassi Il Laboratorio, n.1-2/2015, Firenze.

 

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NOTE

1) Dalla Tavola Smeraldina: «Ciò che è in basso è come ciò che è in alto / e ciò che è in alto è come ciò che è in basso / per fare i miracoli della cosa una. / E poiché tutte le cose sono e provengono da una, per la mediazione di una, / così tutte le cose sono nate da questa cosa unica mediante adattamento.»

2) Leonardo stesso ricorda questa idea, con le parole: «l’uomo è detto da li antichi mondo minore e certo la dizione di esso nome è ben collocata, imperò che sì come l’omo è composto di terra acqua aria e foco questo corpo della terra è simigliante. Se l’omo ha in se l’osso sostenitore e armadura della carne il mondo ha i sassi sostenitori della terra, se l’omo ha in se il laco del sangue, dove cresce e dicresce il polmone nello alitare, il corpo della terra ha il suo oceano mare, il quale ancora lui cresce e dicresce per lo alitare del mondo, se dal detto lago del sangue diriva vene, che si vanno ramificando per lo corpo umano, similmente il mare oceano empie il corpo della terra di infinite vene di acqua». (Codice A, f. 55 v.)


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