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Riflessioni Sociologiche

Riflessioni Sociologiche

di Ercole Giap Parini

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Giochi di ruolo online e comunità virtuali: esperienze del vivere contemporaneo

Di Simona Isabella  Ottobre 2009
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Individuo e società. Comunità virtuali tra tradizione e (post) modernità.

 

Caratteristica della società odierna è la velocità e la continuità del succedersi delle trasformazioni che investono l’ambiente sociale nel quale vivono gli individui. E’ un mondo aperto al possibile in cui l’individuo, libero da ogni vincolo di appartenenza, può spostarsi da un contesto sociale ad un altro con estrema facilità. L’individuo moderno è però un “viandante forzato”, sempre in cammino ma per un luogo che non raggiungerà mai, continuamente animato dal desiderio di raggiungere “una bella strada dove stabilirsi” per poi amaramente constatare che “dietro ogni angolo appare un nuovo angolo, e con esso nuove delusioni e nuove speranze non ancora invalidate” (Bauman 2003: 78).
La condizione dell’individuo moderno è dunque quella di un individuo lacerato tra una certa libertà nell’agire quotidiano che gli permette di fare scelte individuali e, contemporaneamente, un’incertezza causata proprio dal fatto che non è possibile muoversi da un contesto ad un altro utilizzando le conoscenze acquisite altrove.

 

La catastrofe [della modernità] sta nel fatto che siamo chiamati a comprendere, riconoscere e sopportare libertà molteplici e assai diverse dalle parole asettiche e dalle promesse contenute nel libro illustrato della democrazia.[...] di una democrazia interiorizzata rispetto alla quale molti concetti e molte ricette della prima modernità sono ormai inadeguate. (Beck 2000:41)

 

Questi continui cambiamenti sono delle esperienze ambivalenti poiché, sebbene soddisfino il desiderio del nuovo e del diverso da ciò che è scontato e quotidiano, mettono sempre in crisi le regole su cui si era basata l’esistenza fino a quel momento.
La vita nelle metropoli, affermava già Georg Simmel ai primi del ‘900, non è delle più semplici: l’individuo moderno, perennemente sottoposto ad una forte “intensificazione della vita nervosa” (Simmel 1995: 36) dovuta alla ricchezza di sollecitazioni provenienti dal mondo esterno, è costretto a vivere assumendo un atteggiamento di totale distacco non solo verso l’ambiente circostante ma anche verso i propri simili. Tipico del vivere moderno è dunque l’atteggiamento del blasé (7), che sviluppa una incapacità di sentire e di reagire a tutti gli stimoli che provengono dal mondo esteriore; l’indifferenza che emerge dai suoi modi di fare è, però, un atteggiamento di protezione nei riguardi della sua vita interiore. Inoltre, questa forma di chiusura verso il mondo esterno, una vera e propria intellettualizzazione del sentire, tipica del blasé si avvicina molto al comportamento del protagonista del romanzo di Robert Musil L’uomo senza qualità, che Peter Berger (1992) erge a simbolo dell’individuo moderno. Dalle descrizioni che Musil fa del protagonista del suo romanzo e che Berger utilizza per le sue argomentazioni, emerge la figura di un individuo aperto, disgregato, con un dalle mille sfaccettature, proprio come un caleidoscopio e, soprattutto, un individuo che vive tra continui spostamenti da una sfera di realtà ad un’altra: è “l’uomo delle possibilità.  In altri termini, il sé moderno si caratterizza per la sua apertura infinita, per il suo essere sempre in progress – o anche, si potrebbeazzardare, per il suo alto grado di libertà. Questa libertà non è necessariamente piacevole a viversi: al contrario può essere avvertita come un peso. (Berger 1992: 20)
La velocità con cui l’individuo fa esperienza di tutte queste realtà possibili rende, dunque, precaria la possibilità di mantenere inalterato l’atteggiamento del mettere tra parentesi l’idea che le cose che si stanno vivendo possano essere altrimenti da come appaiono. Per l’individuo moderno niente è dato per scontato, compreso il fatto di non avere più una identità ben definita. L’idea di un “io” unitario, così come era stato concepito nel pensiero tradizionale occidentale, si è ormai rivelata essere un’illusione.
Scenario completamente diverso, anche se si tratta solo di un gioco, è quello che si presenta nei MUDs: ciò che viene a riprodursi all’interno di questi ambienti virtuali appare molto simile ad una società di tipo tradizionale in cui le relazioni tra gli individui erano regolate sulla base di legami parentali e amicali. La stessa identità individuale era strettamente legata alla posizione che il soggetto occupava, per nascita, all’interno di una comunità di tipo familiare o religioso e il suo agire era sempre giustificato da questa appartenenza. Allo stesso modo, in queste cittadelle virtuali, la biografia dei personaggi fittizi, animati dai giocatori, è sempre legata alla storia del gruppo all’interno del quale essi “vivono”. Non esistono “cavalieri solitari” all’interno dei MUDs, sebbene nessuna regola esplicita vieti ad un giocatore di giocare un personaggio che sia “moderno”, ovvero che agisca al di fuori dei vincoli dettati dall’appartenenza ad una comunità di origine, al contrario la storia del singolo personaggio non può prescindere da quella della comunità di appartenenza e dalla sua storia. All’interno di queste comunità ogni personaggio esiste non solo in quanto singolo individuo con una propria identità personale ma, soprattutto, in quanto membro della comunità stessa. E’ dunque l’identità sociale (Crespi 2004), fondata su un principio di similarità, quellache prevale.
Ciò che i giocatori di ruolo sperimentano, anche se solo per gioco, è la vita in una piccola comunità che li esonera, di fatto, dal dover affrontare scelte fondamentali per la propria esistenza e, contemporaneamente, li inserisce in un ambiente affettivo solido e in percorsi di esistenza lineari e prevedibili. Permette loro, inoltre, di condividere con ogni altro membro della comunità di gioco il cosiddetto senso comune, ossia quella costruzione sociale della realtà che permette la sospensione del dubbio che le cose siano altrimenti da come sembrano (8). Questo atteggiamento, che caratterizza la sfera della vita quotidiana e che permette all’individuo di dare per scontate molte delle pratiche quotidiane, è anche un modo per tenere a bada l’inquietudine che assale gli individui nei confronti della consapevolezza della loro caducità. I continui spostamenti tra le varie sfere della realtà, passaggi ai quali l’individuo moderno è continuamente obbligato, mettono a dura prova la tenuta di questo atteggiamento, poiché lo costringono, di volta in volta, a doversi adattare da un punto di vista cognitivo, morale e pratico, ai sempre nuovi ordini del mondo.
L’esperienza dei mudders, che come i chatters, sono “acrobati tra cornici” (Drusian 2005), sembra proprio una sorta di addestramento a vivere più ruoli. Il continuo passaggio dalla dimensione offline a quella online e, all’interno della comunicazione mediata, da un frame comunicativo ad un altro sembra infatti un incessante esercizio acrobatico che può infine rivelarsi utile a rimanere integri nel continuo adattarsi ai contesti più disparati che il vivere contemporaneo richiede.
Vi è da fare una distinzione, però, tra la comunità di gioco vera e propria, ovvero l’ambiente virtuale on game in cui si muovono i personaggi fittizi interpretati dai giocatori e all’interno del quale vigono le sole regole imposte dal gioco, e la comunità dei giocatori che si costruisce intorno ad un tipo di comunicazione mediata off game e a tutta una serie di incontri faccia a faccia. Quest’ultima, rispetto alla prima, si rivela essere qualcosa di più complesso e non del tutto comprensibile se ci si limita ad utilizzare le categorie con cui la sociologia classica spiega le formazioni sociali.
Infatti, teorie comunitarie classiche quali quella tönnessiana (1979) che tenta di spiegare i cambiamenti sociali introducendo la coppia concettuale comunità-società (Gemeinschaft- Gesellschaft) affermando che la prima implica necessariamente l’appartenenza ad un gruppo per nascita, e spiegando la seconda come “una terra straniera” in cui gli uomini “vivono e abitano pacificamente insieme, ma sono non essenzialmente legati, bensì essenzialmente separati” (Tönnies 1979: 83), o come quella weberiana in cui la comunità è intesa come una categoria dell’agire sociale in cui l’individuo è mosso da una “comune appartenenza, soggettivamente sentita” (Weber 1961, vol. I: 23), contrapposta al concetto di associazione (o società) che si ha quando l’agire sociale si fonda su un legame di interessi motivato razionalmente, difficilmente appaiono esaustive di fronte alla complessità di queste nuove forme sociali che si vengono a creare nel Web. Il declino del concetto classico di comunità, ancora prima della diffusione di queste nuove e varie forme associative nate tramite comunicazione mediata dal computer, è stato accompagnato dall’emergere di una serie di problematiche che, in epoca moderna, hanno coinvolto concetti strettamente legati a quello di comunità per come era stato inteso sino ad allora: la nozione di identità, ad esempio,così come quella di fiducia e reciprocità (9).
Per quel che riguarda i MUDs appare fondamentale, al fine di comprendere di che tipo di aggregazioni sociali si tratta, tener conto della struttura e della modalità di gioco che essi hanno e che li distingue da molti altri tipi di gioco. Si tratta infatti del carattere non agonistico che ha il gioco di ruolo: i giocatori sono chiamati a partecipare, nelle vesti del proprio alter ego, a vari tipi di avventure trovandosi anche a doversi scontrare con altri giocatori. Ciò non toglie che non ci siano né vincitori né vinti, almeno non i maniera definitiva, poiché il fine ultimo del gioco è quello di far progredire il proprio personaggio all’interno della comunità di gioco e non quello di raggiungere un obiettivo preciso. L’agonismo, la voglia di primeggiare, che sarebbe una delle caratteristiche principali della cultura occidentale e, nello stesso tempo, il motore che muove gli uomini, non solo nel lavoro e nell’economia, ma anche nella vita privata (Caillois 2000), non pare coinvolgere i giocatori di ruolo, al contrario sembrerebbe cedere il passo alla collaborazione e l’aiuto reciproco che rimangono i principi su cui si fonda il role-play (D’Andrea 1989).
All’interno di questa ottica di cooperazione il dono assume un ruolo fondamentale, sia esso un oggetto (ad esempio una pozione magica o un’arma), del denaro oppure preziose informazioni sulle modalità di gioco (10). Questo atteggiamento, che in genere è abbastanza evidente nel rapporto tra i giocatori anziani e nuovi arrivati (newbies), viene mantenuto anche tra coloro che ormai sono diventati assidui frequentatori del MUD. In ogni caso, il gesto di donare è sempre spontaneo ed è parte integrante del gioco stesso: colui il quale, in seguito ad una richiesta di aiuto, fa un dono è certo che nel momento in cui necessiterà a  sua volta di assistenza sarà sicuramente ricambiato da qualche altro mudder che lo aiuterà (Smith, Kollock 1999: 222).
Ed è proprio su questa idea del dono/obbligo reciproco che par fondarsi la comunità all’interno dei giochi di ruolo online. Un’idea di comunità, dunque, non intesa tanto come cummunis , ovvero come “una proprietà dei soggetti che accomuna”, dice Esposito, come “un attributo, una determinazione, un predicato che li qualifica come appartenenti ad uno stesso insieme” (Esposito 1998: X-XI), ma piuttosto una comunità basata sull’idea di munus  che invece rimanda all’idea di dono/obbligo reciproco. I membri di una comunità sono persone unite tra di loro non da una qualità che si aggiunge al loro essere persone, piuttosto da un qualcosa che manca. “Il munus che la communitas condivide non è una proprietà o un’appartenenza. Non è un avere, ma, al contrario, un debito, un pegno, uno dono-da-dare” (11). L’idea insita nella teorie comunitarie della sociologia classica, la sinonimia tra comune e proprio, viene in questo modo completamente ribaltata: il comune non può essere proprio ma risulta necessariamente improprio, non appartiene, infatti, a nessuno dei soggetti.
Una proposta teorica abbastanza interessane, questa proposta da Roberto Esposito che si rivela una buona chiave di lettura per fenomeni aggregativi come quelli che si formano attorno ai MUDs. Il tipo di comunicazione multi utente possibile tramite Internet e che si differenzia totalmente da quella dei media di massa, ha aperto la via a modalità di aggregazione sociale mai viste prima: ma, per riprendere le parole di Esposito, qual è l’onere che tiene uniti i membri di queste comunità virtuali?
Se all’interno del gioco il personaggio è vincolato dal ruolo che occupa nella piccola comunità di appartenenza e ha quindi il dovere di espletare i compiti assegnatigli affinché il gioco prosegua, nella comunità che si viene a creare tra i giocatori non esistono gli stessi vincoli, al contrario, i giocatori non hanno nessun obbligo nei confronti degli altri partecipanti. Sebbene da una comunicazione di tipo mediato, che per molti ancora creerebbe solo legami deboli, sia facile svincolarsi, la partecipazione dei giocatori alle varie attività (discussioni, commenti e organizzazione del gioco tramite forum, mail o Instant Messaging) è sempre molto vivace ed è vista come un “dono” fatto alla comunità. Ed è proprio sulla relazione che nasce da questo reciproco donarsi che questa si fonda. Quanto accade nella partecipazione online, avviene nei vari raduni “dal vivo”, siano essi ufficiali o no, in cui la presenza di ognuno è vista come un dono fatto alla comunità.
In una società così fortemente individualizzata come quella contemporanea in cui si vive con il continuo timore che la nostra “biografia del fai da te” possa trasformarsi da un momento all’altro in una “biografia del fallimento” (Beck 2000), l’adesione ad un tipo di comunità che fonda la sua esistenza sulla partecipazione volontaristica dei membri e sul fatto che si venga accettati per il semplice motivo di “esserci”, appare quasi come un tentativo di ancoraggio, un modo per non disperdersi all’interno dell’eccessiva frammentazione delle società globalizzate. Una maniera, dunque, di fare esperienza di una biografia non problematica totalmente differente da quella che di fatto si vive.
Inoltre, questo “essere lì per l’altro”, che Sherry Turkle (2002) parlando di comunità virtuali definisce funzione di responsore, si accompagna a quell’idea di dépense improduttiva (Bataille 1997) che, contrapponendosi al concetto di utile, spiega bene l’atteggiamento che i mudders hanno verso il giocare. Il dispendio, legato da un rapporto direttamente proporzionale al concetto di perdita, implica un tipo di relazione fine a se stessa. Per i mudders l’essere online è un dispendio di tempo che essi offrono al gioco e ai giocatori e, maggiore è il senso di perdita che ne ricavano, maggiore è la soddisfazione di aver investito in questo tipo di socialità fine a se stessa.

 

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NOTE
7) Cfr. op cit., p. 42  A questo bombardamento di stimoli contraddittori provenienti dal mondo esterno il blasé reagisce con una sorta di intellettualizzazione del sentire. Egli reagisce con l’intelletto piuttosto che con il sentimento.

8) Cfr. Jedlowski, P., 2003, p. 59 “Come spiega la sociologia fenomenologica, la realtà viene colta di norma dagli individui entro la cornice di un insieme di strategie cognitive che definiscono il mondo come ricorrenza di situazioni tipiche. Sul piano pratico, queste tipizzazioni corrispondono alle routine entro le quali noi agiamo per la maggior parte del tempo nella nostra vita quotidiana, in connessione ai ruoli che ricopriamo ed alle situazioni cui ci riferiamo”.

9) Per ulteriori approfondimenti si veda Bagnasco, A., Comunità: definizione, in Parolechiave 1/1993, p. 11-30.

10) Nella maggior parte dei MUDs esistono dei veri e propri gruppi organizzati di giocatori il cui ruolo è quello di dare informazioni ai nuovi arrivati. Ciò non toglie che chiunque è libero di dare un aiuto fornendo informazioni sia di tipo tecnico che sulle modalità di gioco.

11) Cfr. op.cit., XV, “Ne risulta che communitas è l’insieme di persone unite non da una proprietà, ma, appunto, da un dovere o da un debito. Non da un più, ma da un meno, da una mancanza, da un limite che si configura come un onere, o addirittura una modalità difettiva, per colui che ne è affetto, a differenza di colui che ne è, invece, esente o esentato”.


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