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Riflessioni sul Senso della Vita

Riflessioni sul Senso della Vita

di Ivo Nardi

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Riflessioni sul Senso della Vita
Intervista a Benedetto Ippolito

Giugno 2010

Benedetto Ippolito è ricercatore universitario presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università degli Studi “Roma Tre”, in cui ricopre anche le posizioni di professore incaricato e responsabile del settore scientifico disciplinare di Storia della Filosofia Medievale. È anche membro di Ruolo del Dipartimento e del Collegio Didattico di Filosofia. Dal febbraio 2009 è Consigliere della Fondazione Telecom Italia.
È docente di Storia della Filosofia Medievale anche presso la Facoltà di Filosofia della Pontificia Università della Santa Croce di Roma e l’Istituto Superiore di Scienze Religiose all’Apollinare di Roma.
Collabora come editorialista nei quotidiani “Il Foglio” e “Il Riformista”.
È autore di libri, saggi, articoli, recensioni e atti di conferenze.

 

1) Normalmente le grandi domande sull’esistenza nascono in presenza del dolore, della malattia, della morte e difficilmente in presenza della felicità che tutti rincorriamo, che cos’è per lei la felicità?

Parlare della felicità significa parlare dell’uomo. Se la mia esperienza umana si limita soltanto a me stesso, sarò tentato di rispondere a questa domanda in modo utilitaristico. Io sono felice quando mi realizzo individualmente, costi quel che costi.
Se, viceversa, sono in grado di dilatare l’orizzonte e di trovare dei riferimenti costanti e validi per tutti, allora non potrò più accontentarmi di una soluzione solo mia. Troverò la mia felicità nella perfezione della mia natura.
La felicità personale è eguagliare con la propria esistenza la perfezione d’ogni uomo. La felicità consiste nel sapere che dentro ogni persona c’è qualcosa d’eterno, che deve essere trovato e cercato e in cui consiste la nostra vera realizzazione personale.

 

2) Cos’è per lei l’amore?

Istintivamente sono portato a rispondere che l’amore è una passione travolgente. In realtà, l’amore autentico è quella dedizione volontaria e stabile verso qualcun altro. Possiamo dire di amare autenticamente solo quando siamo in grado di rivolgerci per sempre e fedelmente al bene di un’altra persona.

 

3) Come spiega l’esistenza della sofferenza in ogni sua forma?

La sofferenza è un grande mistero. Ci spaventa pensarla, ma siamo in grado di viverla con speranza, quando ci assale nelle malattie o nei dispiaceri. Vi è la tendenza naturale ed istintiva a considerare il dolore come qualcosa d’innaturale che si oppone alla vita personale, perché contrasta con la felicità. L’essere umano, infatti, non è nato per soffrire, ma per stare bene.
La sofferenza, tuttavia, è una parte costitutiva della felicità. Impariamo cosa significa questo paradosso, quando sperimentiamo cosa implica per noi la sofferenza degli altri, l’amore che suscita nel nostro cuore il dolore altrui.
La persona umana è felice veramente solo nel dolore, ossia quando lo accetta e si lascia plasmare e trasportare da esso verso la propria compiutezza.

 

4) Cos’è per lei la morte?

La morte è un elemento costitutivo della vita. Non perché vivere sia morire o, brutalmente, perché il nostro destino alla fine è cessare d’esistere. Ma per il motivo contrario. La vita umana mostra la sua eternità nella capacità di pensare e accettare la morte, sopravvivendo alla sua contraddizione radicale e alla sua inquietudine. La morte ci porta oltre noi stessi, in noi stessi, dentro la vita.

 

5) Sappiamo che siamo nati, sappiamo che moriremo e che in questo spazio temporale viviamo costruendoci un percorso, per alcuni consapevolmente per altri no, quali sono i suoi obiettivi nella vita e cosa fa per concretizzarli?

Intanto, è molto importante separare nettamente il fine ultimo per cui si esiste da quanto possiamo realizzare nell’arco temporale dell’esistenza. Guardando un neonato o un malato si capisce subito che il senso della vita è presente nella vita stessa, non certo in ciò che ciascuno riesce a fare.
D’altronde, il vero sforzo di maturazione è trasformare l’indeterminatezza del fine in obiettivi concreti. Nel mio caso specifico si riassumono in tre aspetti indissociabili. L’amore di Dio, con uno spazio costante e quotidiano per Lui. L’amore per mia moglie e la mia famiglia, le persone a me affidate e a cui sono affidato. L’adempimento della mia vocazione professionale, cercando di lavorare con precisione e costantemente, ricominciando, grazie agli errori, ogni giorno da capo con entusiasmo.

 

6) Abbiamo tutti un progetto esistenziale da compiere?

Certamente. Riuscire a capire quale sia la specificità con cui poter vivere significa portare il fine ultimo generale nella vita concreta e personale. Questo è il primo obiettivo da perseguire. Gli altri ci aiutano, ovviamente. Come nel lavoro ci rivolgiamo al capo per sapere cosa dobbiamo fare, così la vita spirituale ci educa all’essenziale, dandoci le risorse conoscitive e volitive per riuscire a cogliere cosa dobbiamo fare e come farlo correttamente.

 

7) Siamo animali sociali, la vita di ciascuno di noi non avrebbe scopo senza la presenza degli altri, ma ciò nonostante viviamo in un’epoca dove l’individualismo viene sempre più esaltato e questo sembra determinare una involuzione culturale, cosa ne pensa?

Sono d’accordo. Mi sembra che l’individualismo sia l’ultimo prodotto delle ideologie moderne rimasto in piedi. In fondo, perché pensare a se stessi è più normale che pensare agli altri.
Tuttavia, vi sono segni importanti di cambiamento. Le sollecitazioni che provengono dai grandi flussi migratori e il processo di globalizzazione non sono solo dei rischi, ma la irrompente manifestazione dell’unità dei destini umani. Tutti noi concorriamo a realizzare la felicità di ognuno.

 

8) Il bene, il male, come possiamo riconoscerli?

La difficoltà non sta tanto nel distinguere a livello generale il bene dal male. E’ bene, infatti, tutto ciò che concorre ad essere, ed è male tutto ciò che concorre a non essere.
Il problema riguarda piuttosto la concretezza delle scelte. L’unica chiave di volta è costituita dalla pratica delle virtù. Fa il bene solo chi è personalmente prudente, giusto, temperante, forte, e così via. Ma può essere tale nella singola occasione solo chi si abitua a comportarsi in tal modo sempre o per lo più.

 

9) L’uomo, dalla sua nascita ad oggi è sempre stato angosciato e terrorizzato dall’ignoto, in suo aiuto sono arrivate prima le religioni e poi, con la filosofia, la ragione, cosa ha aiutato lei?

Nel mio percorso esistenziale vi sono stati molti passi in avanti e alcuni passi indietro, come per tutti. Onestamente penso che non avrei le certezze che ho se non avessi avuto attorno persone che mi hanno voluto e mi vogliono bene, e che mi hanno corretto ed educato, sia pure in modi diversi.
Essere amati è la vera causa del nostro saper amare.
Inoltre, attraverso mia moglie e attraverso lo studio e gli amici ho incontrato Dio. Ho imparato, cioè, che il vero grande Amico e la vera grande risposta in grado di stabilizzare e risolvere gli enigmi della vita. L’unico modo di conoscerlo è frequentarlo costantemente nell’orazione e nei Sacramenti.
E’ pazzesco sapere che Dio ha creato tutto l’universo solo al fine di essere ricambiato liberamente da ciascuna singola persona in ciascun istante della sua vita.

 

10) Qual è per lei il senso della vita?

Il senso della vita è la verità. Ossia sapere che tutto quello che viviamo, quello che siamo e quello che esiste, è buono di una perfezione limitata, raccolta in modo perfetto, eterno e infinito soltanto in Dio.
Come diceva Tommaso d’Aquino, “la contemplazione di Dio è la felicità degli uomini”. Si tratta, in definitiva, d’imparare ad essere persone felici in questa vita, capendo come fare a vivere la realtà di tutti i giorni con lo sguardo rivolto alla trascendenza del bene.


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