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Riflessioni sul Senso della Vita

Riflessioni sul Senso della Vita

di Ivo Nardi

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Riflessioni sul Senso della Vita
Intervista a Gianfranco Bertagni

Febbraio 2012

 

Gianfranco Bertagni vive a Bologna. Si interessa soprattutto di filosofia comparativa, del rapporto tra mistiche d’oriente e mistiche d’occidente. Inoltre, da più di quindici anni si dedica allo studio e alla pratica di tecniche di meditazione.

È autore di diversi articoli filosofico- e storico-religiosi, curatore di alcuni volumi e autore di vari testi. Già docente all'interno della cattedra di Storia delle Religioni dell'Università di Bologna e professore di Filosofia delle Religioni e Fenomenologia del Sacro presso l'IFST di Modena, svolge attività di docenza e formazione in diverse realtà aziendali italiane. Insegna meditazione a Bologna e Ravenna. Autore e conduttore della trasmissione settimanale radiofonica Dharma (sul buddhismo e le filosofie orientali in genere) a Radio K Centrale di Bologna, coordina la sezione "Filosofie orientali" del portale internet Supereva. Collabora con diverse centri e associazioni all’interno delle quali svolge attività di corsi, seminari e conferenze. Fa parte del comitato scientifico del Centro Interculturale Raimon Panikkar e della Redazione di Filosofia e Teologia. I suoi siti, www.gianfrancobertagni.it e www.lameditazionecomevia.it, sono seguiti da migliaia di persone.

 

1) Normalmente le grandi domande sull’esistenza nascono in presenza del dolore, della malattia, della morte e difficilmente in presenza della felicità che tutti rincorriamo, che cos’è per lei la felicità?

La felicità come stato di passaggio è la condizione emotiva conseguente al giudicare positivamente la propria situazione di vita nel momento presente.

La felicità come esito della tanto decantata ricerca della felicità è invece finalmente l’abbandono della ricerca stessa della felicità. È dunque l’abbandono di quella condizione penosa e dualistica di distanza tra ciò che sono e ciò che vorrei essere. È lo svuotamento della domanda dunque, prima ancora di essere la sua risposta.

 

2) Professore Bertagni cos’è per lei l’amore?

È il crollo totale dei confini tra le categorie mentali e quindi un senso di partecipazione unitiva a una realtà considerata solitamente altra da noi (realtà che può essere una persona, una situazione, il mondo, una dimensione di natura trascendente, il tutto, …), percepita congiuntamente a una condizione emotiva di piena e vibrante soddisfazione. Volendolo intendere come asintoto ideale, è la identificazione con la totalità. E la fenomenologia delle religioni ci insegna che l’identificazione con la totalità può originarsi da uno svuotamento radicale, un annichilimento di sé o – per via inversa – attraverso un completo allargamento del proprio perimetro fino allo sfumarsi della distinzione tra sé e altro da sé. L’amore da cui si è presi e l’amore che prende.

 

3) Come spiega l’esistenza della sofferenza in ogni sua forma?

Ovviamente la sofferenza è la lontananza (mentale o fisica) da ciò che desidero o la vicinanza (sempre mentale o fisica) a ciò che detesto.

Da un punto di vista biologico e psicologico, la sofferenza è un segnale che ha lo scopo di avvisarci di ciò che viviamo come causa di una diminuzione di essere nella nostra persona.

Da un punto di vista più globale ha anche questo significato: vola basso, non sei un dio in terra.

 

4) Cos’è per lei la morte?

È la trascendenza di ogni ente, è ciò che è celato in esso e lo supera: è l’oltre già qui, già ora presente; è quindi il mio destino, che continuamente pulsa in me. E cos’è che supera l’ente in quanto totalmente altro da esso? Il nulla. Allora vivo il nulla come origine e superamento del mio essere; è l’abissale nulla che origina e sostanzia il mio essere. Pertanto la mia esistenza si presentifica in uno spazio di assoluta gratuità, di vertiginosa libertà. E questo è – pur cercando di non essere retorici – fantastico.

 

5) Sappiamo che siamo nati, sappiamo che moriremo e che in questo spazio temporale viviamo costruendoci un percorso, per alcuni consapevolmente per altri no, quali sono i suoi obiettivi nella vita e cosa fa per concretizzarli?

Qui però si pone per scontato qualcosa che invece mi sentirei di mettere in questione: viviamo costruendoci un percorso. Quale percorso? Quello da qui a lì? E cosa significa? Soprattutto: perché? Perché soggiacere ancora alla dittatura dell’avere obiettivi? Già la parola “obiettivi” è veramente deturpante rispetto alla natura originaria dell’essere umano. È solo un portato dell’atteggiamento utilitaristico, funzionalistico, economicistico della nostra mentalità ordinaria. Rivendico invece la bellezza e l’opportunità del non avere un percorso, dell’essere semplicemente nell’altrettanto semplice darsi degli eventi quotidiani, del non prefigurarsi obiettivi che causano il continuo fiatone della vita; rivendico lo sperdersi nel mondo, perdendo tempo e liberamente dandosi con immediatezza fiduciosa al gioco del reale.

 

6) Abbiamo tutti un progetto esistenziale da compiere?

Dio ce ne scampi. Non applichiamo categorie ingegneristiche allo splendore gratuito della vita.

 

7) Siamo animali sociali, la vita di ciascuno di noi non avrebbe scopo senza la presenza degli altri, ma ciò nonostante viviamo in un’epoca dove l’individualismo viene sempre più esaltato e questo sembra determinare una involuzione culturale, cosa ne pensa?

Alcuni si lamentano dell’uomo-massa; altri dell’uomo individualista. E allora mettiamoci d’accordo: siamo massificati o siamo individualisti? O siamo forse dei massificati individualisti? Però tu esci per strada e incroci persone, ci parli, guardi come si muovono e capisci che ci sono individui le cui azioni e le cui parole sono integrate tra loro, vedi che c’è in essi una bellezza che è l’aderenza tra interno ed esterno in un spazio che sa di libertà; altri invece che sono totalmente allo sbando, che se la raccontano, che vivono in uno stato di semi-perenne distrazione da se stessi e di menzogna. Non mi riferisco a nulla che si appelli alla morale: è invece una questione di crollo delle guardie alzate, vita fluida, di sguardo semplice.

 

8) Il bene, il male, come possiamo riconoscerli?

C’è una regola facilissima e infallibile. Se vivi uno stato di apertura, di rilassamento, di ampiamento, allora capisci che è bene. Se vivi uno stato di chiusura, di contrazione, di restringimento, allora capisci che è male. Lo si sente spesso anche solo a livello muscolare. È una bussola infallibile, non sbaglia mai.

 

9) L’uomo, dalla sua nascita ad oggi è sempre stato angosciato e terrorizzato dall’ignoto, in suo aiuto sono arrivate prima le religioni e poi, con la filosofia, la ragione, cosa ha aiutato lei?

Né la ragione, né la fede. Lo zen e i gatti.

 

10) Qual è per lei il senso della vita?

Non esiste. Altrimenti tutto sarebbe necessario, determinato. Ed è questo che ti fa scoppiare di gioia per l’estrema libertà che è l’individuo.


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