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Riflessioni sul Senso della Vita

Riflessioni sul Senso della Vita

di Ivo Nardi

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Riflessioni sul Senso della Vita
Intervista a Leonardo Caffo

Gennaio 2013

 

Leonardo Caffo, laureato in filosofia a Milano, attualmente svolge un Dottorato di Ricerca in filosofia presso l’Università di Torino. È membro del LabOnt: laboratorio di ontologia di Maurizio Ferraris e Associate Fellow dell’Oxford Centre for Animal Ethics – si occupa di filosofia morale e animal studies, oltre che di ontologia sociale e filosofia delle scienze cognitive. Collabora – tra le altre cose – alle pagine culturali del settimanale «Gli Altri: la sinistra quotidiana» e di «Lettera Internazionale», tiene un blog per «Linkiesta», ed è redattore per la «Rivista d’Estetica». Collabora con la rivista «Bloom», dell’Università di Napoli. Nel 2010 ha fondato e diretto, con Ettore Brocca, la «Rivista Italiana di Filosofia Analitica jr» che è diventata la prima rivista patrocinata dalla SIFA: società italiana di filosofia analitica. Dirige la rivista accademica «Animal Studies», dedicata alla filosofia dell’animalità, ed è attivista antispecista: su questi temi ha pubblicato molti articoli, e qualche libro, proponendo un approccio particolare alla questione – “l’antispecismo debole”. Per discutere di antispecismo e filosofia, dopo aver lasciato la redazione di «Liberazioni», ha fondato, con Marco Maurizi, il progetto online «Asinus Novus». Ha collaborato con Rai Educational per Rai Filosofia e, ogni due venerdì del mese, conduce la rubrica “striscia filosofica” su Liberi.tv in sinergia con Luca Taddio e Mimesis Edizioni. Suoi articoli, e pezzi di varia natura, sono apparsi anche su «Liberazione», «L’Ateo», «La poesia e lo spirito», «Notizie Radicali», «Corriere della Sera», «Minima & Moralia», «Libero», e altrove. Il suo ultimo libro  è La possibilità di cambiare. Azioni umane e libertà morali (Mimesis: Milano, 2012).

 

1) Normalmente le grandi domande sull'esistenza nascono in presenza del dolore, della malattia, della morte e difficilmente in presenza della felicità che tutti rincorriamo, che cos'è per lei la felicità?

È una domanda difficile: perché possiamo chiederci cos’è felicità oppure, come lei dice, cos’è felicità per me. L’idea che le grandi domande di senso nascano dalla paura della morte, in effetti, ha radici antiche: thaûma, l’inizio della filosofia greca, è sgomento per l’incertezza e la caducità della vita. Ma non so se davvero possiamo dire che solo la non felicità è terreno per il filosofare perché, banalmente, anche chiedersi cos’è che mi rende felice, o che cos’è la mia felicità, è questione filosofica. Per me la felicità è immaginare un possibile irrealizzato per la nostra specie: sperare e sapere che l’avvenire potrà risolvere, attraverso modi oggi impensati, alcune grandi questioni attuali – quella dello sfruttamento degli animali, del rispetto della diversità, della convivenza pacifica… - felicità è immaginare un momento in cui non sarà più necessario chiedere “cos’è felicità?”, perché lo saremo, senza saperlo.

 

2) Dottor Caffo cos'è per lei l'amore?

Scomparire nell’altro che si ama, direi diventare “indistinti”: è la modalità per realizzare la vita umana in quanto vita umana. Amare come condizione dell’etica, estensione di un principio biologico, e terreno in cui ricostruire la decostruzione delle società basate sull’odio istituzionalizzato. Amore è per me comprendere che la vita esiste solo in relazione con l’altro da sé che deve smettere, con Derrida, di essere pensato come “altro” affinché la cooperazione non sia solo necessaria, ma tautologica per la specie Homo Sapiens. Amare è essere in due, in un corpo solo.

 

3) Come spiega l'esistenza della sofferenza in ogni sua forma?

Si spiega da sé: perché ci sia gioia deve esistere il suo opposto, altrimenti non ci sarebbe nessuna sensazione. Soffrire è esistere e, non è un caso, che molta dell’etica contemporanea, chiamata infatti sensiocentrica (si pensi all’utilitarismo di Peter Singer), abbia fatto della sofferenza la qualità essenziale per considerare la vita come vita morale. Soffrire radica nell’essere – parafrasando Cartesio: soffro dunque sono.

 

4) Cos'è per lei la morte?

Ciò in cui termina la vita, e che consente di conferire importanza ad ogni aspetto del nostro vivere. Sto curando un numero della rivista Animal Studies (il 3 del 2013) proprio dedicato alla morte e, per le ricerche sul tema, ho riletto un meraviglioso romanzo di Guido Morselli, Dissipatio H.G, edito da Adelphi. Mi sembra il miglior testo per rispondere alla sua domanda: morte è solitudine assoluta e silenzio rotto soltanto da qualche voce di animale o dal ronzio di macchine che continuano a funzionare. E il momento in cui torniamo, finalmente, animali e ci ricongiungiamo col mondo da cui ci siamo separati.

 

5) Sappiamo che siamo nati, sappiamo che moriremo e che in questo spazio temporale viviamo costruendoci un percorso, per alcuni consapevolmente per altri no, quali sono i suoi obiettivi nella vita e cosa fa per concretizzarli?

Il mio obiettivo è sviluppare la mia forma di vita attraverso il modo che più mi permette di abitare il mio corpo: la filosofia è questo modo di formare la mia esistenza. Concretizzare la filosofia significa studiare ogni giorno, e allontanarsi consapevolmente da un punto di arrivo, apprezzando molto più il percorso che la sua possibile fine. Per i filosofi le domande sono sempre meglio delle risposte.

 

6) Abbiamo tutti un progetto esistenziale da compiere?

No, se la sua domanda presuppone qualcosa di mistico. Ma ognuno di noi, per quanto le ho detto nella domanda precedente, ha un modo per realizzarsi in quanto forma di vita: se vuole, lo chiami pure progetto esistenziale.

 

7) Siamo animali sociali, la vita di ciascuno di noi non avrebbe scopo senza la presenza degli altri, ma ciò nonostante viviamo in un'epoca dove l'individualismo viene sempre più esaltato e questo sembra determinare una involuzione culturale, cosa ne pensa?

L’individualismo è il male assoluto: le nostre società sembrano disegnate, de facto, dalla penna di Hobbes e dalla teoria del Leviatano. In filosofia cerco di difendere la tesi secondo cui l’umano non è primariamente un animale sociale quanto, piuttosto, un animale morale ed è questo che poi, in un secondo momento, porta alla socializzazione. La nostra epoca è profondamente immorale, e dunque è anche antiumana: ci stiamo distruggendo, ogni giorno che passa.

 

8) Il bene, il male, come possiamo riconoscerli?

Siamo biologicamente costruiti per riconoscere bene e male, ma è una questione di sfumature. In certi casi bene e male, come nello yin yang della filosofia antica cinese, si sovrappongono ed è per questo che l’etica non diventa, soltanto, una descrizione del mondo ma anche un’analisi che cerca di capire come il mondo dovrebbe essere. Per riconoscere cosa sono bene e male, dunque, dobbiamo capire che cosa sono – ovvero che oggetti sono – e in che misura appartengono al nostro corredo ontologico: e anche la nostra struttura biologica, entro le complicazioni della filosofia, non sembra più aiutare con facilità.

 

9) L'uomo, dalla sua nascita ad oggi è sempre stato angosciato e terrorizzato dall'ignoto, in suo aiuto sono arrivate prima le religioni e poi, con la filosofia, la ragione, cosa ha aiutato lei?

Ragione e sentimento, senza che una delle due attività schiacciasse mai l’altra fino a schiacciare me stesso.

 

10) Qual è per lei il senso della vita?

La vita non ha nessun senso intrinseco: siamo noi ad attribuirne uno per sopra-vivere. L’unico senso che riesco a darle, per il momento, è stringere la mano dei miei cari e perdermi nel silenzio dell’inafferrabile.


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