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Riflessioni sulla Simbologia

di Sebastiano B. Brocchi
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Fetonte.
La responsabilità dell’Iniziato

Agosto 2008

 

Fetonte«Fetonte è una figura della mitologia greca. Era figlio di Apollo e della ninfa Climene.
Secondo il mito, Fetonte, per vedere se Apollo fosse veramente suo padre, lo pregò di lasciargli guidare il carro del Sole: ma, a causa della sua inesperienza, perse il controllo del carro, i cavalli si imbizzarrirono e corsero all'impazzata per la volta celeste: prima salirono troppo in alto, bruciando un tratto del cielo che divenne la Via Lattea (questo è uno dei miti che spiegano l'origine della Via Lattea; ve ne sono diversi altri), quindi scesero troppo vicino alla terra, devastando la Libia che divenne un deserto. Zeus intervenne per salvare la terra e, adirato, scagliò un fulmine contro Fetonte, che cadde alle foci del fiume Eridano, l'odierno Po». (da Wikipedia)

 

Spesso sentiamo utilizzare dalla gente, l’espressione “gettar via la propria vita”, riferita a persone che non si comportano come la società vorrebbe, che non fanno ciò che la gente vorrebbe. Giovani, ad esempio, che al posto di studiare frequentano “cattive compagnie”, e magari bevono e si drogano in discoteca al posto di laurearsi in legge… o adulti che, non ancora “accasati” e senza un lavoro “come si deve”, passano da un rapporto all’altro e da un lavoretto part-time all’altro…
Se ne sentono tanti di giudizi, ad ascoltare la gente.
Tuttavia, é proprio questo il significato di “gettar via la propria vita”? Non laurearsi, non sposarsi, non andare in chiesa e non avere un lavoro fisso? O piuttosto questo concetto potrebbe applicarsi ad un livello ben più profondo ed esistenziale, che non riguardi le aspettative della società e dei “benpensanti”?
Non potrebbe essere che “gettar via la propria vita” significhi trascorrere la propria esistenza rimanendo ciechi alla luce della vita stessa? Non potrebbe voler dire dimenticarsi dell’immenso valore che abbiamo in quanto persone, e vivere come spettatori annoiati nella meraviglia dell’universo che esiste intorno a noi?

 

In ogni caso, questa è la triste situazione dell’uomo profano dalla quale l’Iniziato è chiamato a sottrarsi. Non siamo forse tutti noi il “Fetonte”, cui il divino fattore della nostra origine ha dato in dono la possibilità di condurre il Carro del Sole? Il Sole di Apollo non è helios (il sole fisico), ma il Sole metafisico, simbolo del nostro Spirito, che ci rende immagini consustanziali del Padre celeste.
Perciò, ognuno di noi ha in dono la cosa più importante e preziosa che si possa concepire.

 

I testi sacri e la mitologia degli antichi popoli, tuttavia, ci insegnano che per possedere un oggetto di grande valore bisogna esserne degni. Fetonte si rivela indegno di guidare l’astro del giorno, e perciò fallisce nella sua impresa.

 

GalahadLancillotto «é il cavaliere che ha fallito la sua ricerca (del Graal): coinvolto dal fallace splendore del mondo, ha messo al primo posto nella sua vita una donna, Ginevra, piuttosto che Dio. Nonostante egli sia sincero e veramente disponibile a lasciare da parte ogni desiderio terreno per dare la scalata alle vette spirituali della Montagna del Graal, questo non è ancora sufficiente perché la ricerca abbia buon fine. Egli giunge al Graal, ha la possibilità di vederlo per un attimo, ma non riesce ad avvicinarsi a lui. Si tratta della stessa sensazione che prova colui che ha l'animo offuscato dall'amore per una donna: si rende conto della presenza di Dio, ma non riesce a proseguire il cammino verso di lui perché frenato dai legami che ha instaurato. Soltanto vivendo un amore aperto a Dio, l'uomo può evitare di lasciarsi legare a terra: i due, allora, sono in grado di levarsi insieme verso l'infinito, e di sostenersi nel cammino a lui. L'amore di Lancillotto, invece, non ha questi intenti (…). Sarà lui a riconoscere il suo errore: "tutte le mie grandi imprese di guerra le ho compiute per amore della regina e per suo amore io ho combattuto, senza badare se fosse giusto o sbagliato, e mai ho combattuto per amore di Dio ma solo per guadagnarmi affetto e per essere amato". Dio accoglie il suo pentimento, benedendo la sua discendenza e concedendo il privilegio di ritrovare il Graal al figlio di Lancillotto, Galahad, nato dalla principessa del Graal Elayne».
(da “I Cavalieri del Graal – il significato della queste per l’uomo d’oggi”, a cura di Franco Corsi, http://www.acam.it/graal3.htm)

 

Il Graal, è simbolo dell’ermetico “Cratere del Nous” di cui si parla nel “Poimandres”. Per renderci degni di esso, dobbiamo, come si è detto di Lancillotto, amare Dio prima del mondo, ma non il Dio delle religioni, lontano e astratto, non il vecchio barbuto, severo e vendicativo rappresentato nelle chiese, ma il Dio interiore ad ognuno di noi (la scintilla divina della nostra Coscienza), che è ciò che ci lega alla nostra sorgente, che è anche la sorgente di tutte le cose.

 

In cosa ha fallito Fetonte? Egli, uomo, ha voluto guidare la luce del Cielo. Cos’è l’uomo e cos’è il Cielo, in questo caso? Ce lo spiega la mistica taoista: «Il Cielo è all’interno. L’uomo è all’esterno. Tö (l’atto, la virtù, l’efficacia) del Tao [1] abita in Cielo. Chi conosce l’azione di un “uomo celeste”, sa che essa si radica nel cielo. Egli rimane nella sua virtù trionfante, e può allora avanzare, piegarsi o dispiegarsi…, egli ritorna sempre alla realtà ultima.
“Che cos’è il cielo? Che cos’è l’uomo?”, domandò il Patriarca-del-fiume. “I buoi, i cavalli, hanno delle zampe, questo è il cielo”, rispose Jo-del-mare-del-Nord. “Un morso nella bocca dei cavalli, un anello nel naso dei buoi, questo è l’uomo”» (Tchouang-tseu).

 

Ovvero, il Cielo è “tchen”, l’autenticità. Confucio, secondo la leggenda, chiese un giorno ad un pescatore cosa intendeva con “tchen” (autenticità). «L’autenticità?», rispose il pescatore, «è la perfezione della propria essenza» (Tchouang-tseu).

 

Solo Apollo può guidare il carro. L’Iniziato, colui che vuole rendersi degno di condurre il Carro del Sole, la divinità interiore, la Luce del cuore, dovrà dunque rendersi un “uomo celeste”, una creatura del cielo, ovvero un individuo identificato alla propria Essenza.
«Puro come l'oro più puro, saldo come una roccia, Come cristallo limpidissimo dev'essere il tuo cuore». (da Angelus Silesius, “Il Pellegrino Cherubico” I, 1)

 

È necessario, in accordo con quanto afferma la tradizione alchemica, “preparare il nostro palazzo per la venuta del Re”. Che poi non si tratta affatto di accogliere un sovrano venuto da lontano, ma di rendere la nostra Coscienza adatta ad ospitare quel Re che in realtà vi ha sempre dimorato senza che noi riuscissimo a capirlo. Poiché la scintilla divina nell’essere umano, è come un Re vestito di stracci, o un tesoro sotterraneo, o una perla racchiusa da una conchiglia, o una luce nascosta.

 

Preparare il palazzo per la venuta del Re. Od erigere il Tempio di Salomone per conservarvi l’Arca dell’Alleanza (http://it.wikipedia.org/wiki/Tempio_di_Salomone), questo il simbolo usato nei libri biblici dell’Antico Testamento, caro anche alla Frammassoneria, per descrivere l’opera di edificazione interiore, o di ritorno alla “tchen”, necessaria ad ospitare la presenza di Dio, o Tao.

 

Fetonte non è solo simbolo del profano, ma anche dell’Ego, che necessariamente fallisce nel folle progetto di diventare auriga della Causa e del Fine di tutte le cose. Apollo, perciò, oltre a rappresentare l’Iniziato, è anche il Nous, o Super-Io, consustanziale alla Causa e al Fine. Zeus è, in questa visione del mito, il nostro Giudice interno, che deve rendesi conto del pericolo di dare a chi (o meglio a ciò che in noi) non è pronto né capace, la responsabilità del bene più prezioso; e fare in modo, al contrario, di dare questa responsabilità a chi (o meglio a quella parte di noi che) è in grado di sopportarla e trarne i frutti.

 

Infine, comprendiamo anche l’alto significato esoterico sotteso alla parabola evangelica dei talenti (cfr. “Vangelo di Matteo”, 25,14-30), nella quale i più ravvisano la minaccia di una punizione oltremondana per chi non avrà saputo far fruttificare i doni di Dio, ma che l’Iniziato sa vedere come un invito a riconoscere quanto di prezioso ci è dato, e farlo evolvere in noi…

 

Sebastiano B. Brocchi

 

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NOTE
[1] Tao, da Wikipedia: letteralmente la Via o il Sentiero; traslitterazione pinyin: dào - in giapponese: dō, spesso tradotto come Il Principio, è uno dei principali concetti della Filosofia cinese. È l'eterna, essenziale e fondamentale forza che scorre attraverso tutta la materia dell'Universo, vivente o meno.


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