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di Aldo Strisciullo    indice articoli


 

Architettura islamica: il giardino e le sue simbologie

Giugno 2009

 

 

Nell’architettura islamica tradizionale le costruzioni non sovrastano mai l’ambiente naturale, mirando all’armonizzazione tra natura e ambiente architettato. L’elemento che maggiormente unisce l’architettura alla natura, in un senso di continuità, è la decorazione (floreale, geometrica e calligrafica), elemento basilare dell’arte islamica in tutte le sue espressioni. Il giardino è realizzato con attenzione all’aspetto plastico-decorativo, carico di valenze simboliche, cui sono da aggiungere le conoscenze nel campo della botanica, sapientemente applicate per la realizzazione di splendide composizioni.
Architettura islamica: il giardino e le sue simbologieNel giardino islamico è reinterpretato l’antico simbolismo dei quattro elementi: il fuoco, l’aria, l’acqua e la terra. La Bibbia, nella Genesi, cita un giardino che si divide in quattro rami, così come nell’iconografia buddista viene utilizzata la rappresentazione di un fiume che si dirama in quattro parti, simboleggiando fertilità ed eternità. Già nell’antica Persia, dove nasce e prende forma il giardino islamico, la suddivisione del mondo era in quattro parti. Ne è esempio il giardino di Pasargades, voluto da Ciro, nella metà del VI sec. a.C., percorso da canali delimitati da aiuole con essenze profumate.
La tipologia del giardino, delimitato da uno spazio chiuso con l’acqua che scorre fino al suo centro, si ritrova sia nelle abitazioni private che nelle moschee, nei caravanserragli, nelle madrase e nei bazar.
Anche in Europa furono realizzati giardini islamici, a partire dall’VII secolo. Ne sono un esempio i giardini della Spagna da Siviglia a Cordoba, fino a Granada.
In Italia, nella romanica Sicilia, troviamo una singolare sintesi di differenti culture, islamica, bizantina, normanna nel Duomo di Monreale. I normanni scelsero di adottare le tecniche e il gusto espressivo islamico per la decorazione degli edifici, rivolgendosi ai dotti funzionari musulmani. Gli splendidi decori presenti nelle colonne, che incorniciano il giardino del Duomo, con la sua suddivisione in quattro parti, sono un campione di bellezza e di armonia architettonica.
Ma veniamo al simbolo. Nel Corano il giardino è metafora del paradiso, luogo di delizia; luogo di riparo da ogni timore. Dio ama la bellezza, ed il giardino è una forma d’arte per esprimere la bellezza e fare, in questo modo, qualcosa di gradito a Dio. Seguendo Laleh Bakhtiar, vediamo di cogliere i simboli precipui nel Sufismo.
Il giardino e la corte sono due simboli importanti che riguardano la concezione del paradiso. La costruzione architettonica del giardino rappresenta un màndala, i cui elementi, acqua e natura (le piante gli alberi), si rimandano a vicenda. La fontana, al centro del giardino (centro spirituale), con le sue onde concentriche, evoca il ciclo di espansione e contrazione della coscienza (ciò che l’iniziato prova sulla Via, sottoposto ai getti illuminanti dell’insegnamento. Ma non solo, lo stesso atto di creazione di Dio è un atto di “espansione e contrazione” lungo il versante del tempo).
Al giardino si accede da quattro ingressi: i quattro punti cardinali. Il perimetro, quadrato, ricorda il mondo fenomenico. Quindi il giardino è simbolicamente delimitato da uno spazio che, valicato, conduce all’intimità spirituale, al paradiso interiore.
Ecco cosa dice il Corano in proposito:

 

Sura 3, 133 E gareggiate per il perdono del Signore e per il Giardino largo come i cieli e la terra, preparato per i devoti  134 che elargiscono nella buona e nella cattiva sorte, che dominano la loro ira e perdonano agli altri. Dio ama i benefattori.
Sura 7, 49 Sono proprio loro quelli per cui giuravate che non
avrebbero ottenuto misericordia alcuna da Dio?: "Entrate nel Giardino. Vi sarete al riparo da ogni timore, e non verrete afflitti".»
Sura 30, 15 Coloro che avranno creduto e fatto opera buona gioiranno in un giardino;  
Sura  31, 8 Sì, quelli che credono e compiono opera buona, per loro il Giardino delle delizie,  9  per dimorarvi in eterno. Promessa di Dio, in verità. Egli è il Prezioso [âl`azîzu], il Saggio [âlHakîmu]. 10 Egli ha creato i cieli senza pilastri visibili; ed ha posto sulla Terra degli ormeggi perché non vacilli con voi; e vi ha sparso ogni animale vivente. E dal cielo facciamo scendere l'acqua, con cui facciamo germogliare in essa ogni coppia rigogliosa.  11 Ecco la creazione di Dio.

 

L’armonia della casa tradizionale islamica fa dello spazio un simbolo sovrapponibile al bisogno spirituale dell’uomo. Nell’uomo il corpo racchiude l’anima che contiene lo spirito. Allo stesso modo, la casa racchiude luoghi nei luoghi, il cui centro è il giardino. La corte, chiusa dalle mura, costituisce il luogo (makân) sacro. «L’interazione della forma e della superficie devono creare un ambiente sereno, vuotato dalle tensioni» e pronto alla meditazione e alla discesa nel Sé. Le mura della corte formano un cubo che costituisce una forma perfetta, simbolo della stabilità dell’uomo e del paradiso terrestre. Nel cubo l’orizzontalità si collega alla verticalità, così l’uomo, in accordo con queste dimensioni, riassume la totalità del cosmo. Dunque, il giardino e la corte rappresentano, uno il piano trascendentale, l’altro quello simbolico-fenomenico.
Ecco perché, in definitiva, nella cultura islamica, dal Maghreb all’Iran, dall’Uzbekistan fino all’India musulmana, fu data grande importanza alla concezione del giardino, della corte e degli altri luoghi abitativi. La loro armonia ricordava al musulmano che il mondo terreno era creazione riflessa del mondo spirituale, e che la sua stessa presenza era simbolo di quella spirituale, presso cui è la vita reale e autentica dell’essere umano.
Dunque, la bellezza, la cura e l’attenzione dedicata alla costruzione, all’ordinamento ritmico degli ambienti, costituiva il superamento stesso del mondo e della realtà fenomenica, nello sforzo degli architetti e pensatori sufi di assimilare il simbolo, quale mezzo per il superamento del mondo transitorio nella dimensione archetipica.
A proposito degli archetipi, nelle miniature persiane è ignorata la prospettiva proprio perché questa è un fenomeno sensibile, lontano dal mondo degli archetipi, dove si riflette la luce divina.

 

Aldo Strisciullo

 

- Articolo apparso sulla rivista Sufismo, Anno 3°, II° trimestre 2009

 

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