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di Aldo Strisciullo    indice articoli


 

Il concetto di unità di Dio in cinque aforismi indiani

Maggio 2009

 

Il concetto di monoteismo è un concetto di molte filosofie e religioni, oltre quelle abramitiche. Anche nell’hinduismo si fa esplicito riferimento al concetto di un’unica realtà trascendentale e, dunque, al concetto di unicità di Dio.
Ecco alcuni aforismi dal libro terzo dello Śrīmad-Bhāgavatam (1):

Il concetto di unità di Dio in cinque aforismi indiani

«Dio, l’Unico, esisteva così prima d’ogni cosa. Egli è il Maestro di tutti, e tutti tendono a Lui anche se lo identificano in modi vari e differenti». (V, 23)
«Come un oggetto è percepito in modo differente dai vari sensi, così Dio, pur essendo Uno e Unico, è tuttavia percepito sotto aspetti differenti dai vari testi sacri». (XXXII, 33)

 

Nel Corano si legge:

 

Di': «Egli, Dio è Uno [Âhadu]!  2 Dio, l'Inconoscibile [âlSamadu]. 3 Non generante e non generato! 4 Nessuno è simile a Lui! Egli è Uno». (Sura 112°)
Se Dio avesse voluto avere un figlio, avrebbe scelto chi Egli voleva fra ciò che ha creato. Gloria a Lui! Egli è Dio, l'Unico [âlWahidu], il Soggiogatore [âlQahhâru]. (Sura 39° v. 4)

 

Le somiglianze tra i due testi, qui, paiono evidenti ed esemplari. Ma spesso non si considera questo aspetto dell’hinduismo, come non si considera che anche nel Corano si parla (nella prima sura, ad esempio) di più realtà della manifestazione della creazione (emanante da un unico Dio). Ma che cosa è il monoteismo? Il monoteismo è, innanzitutto, la ricerca del monoteismo interiore contro la frammentazione del proprio essere psichico. Quindi, indica una realtà trascendentale, ma rispecchia, sul piano umano, la ricerca dell’unità interiore dell’uomo. Tale unità si esprime, in primo luogo, nell’equilibrio e nell’unità dei diversi piani dell’essere. Al contrario del politeismo, naturalmente, che rappresenta la dispersione e lo squilibrio psichico.
Molti popoli antichi, personificavano le tendenze della natura come specchio delle tendenze umane, proprio per individuare e modificare le tendenze personali, ma attribuivano il senso di unità al loro concetto di realtà, o di natura. La loro visione si riassumeva comunque in una visione unica, trascendentale.
In un altro aforisma indiano leggiamo: «L’ostacolo più grande all’evoluzione dell’anima è anteporre gli interessi materiali agli interessi dello spirito» (XXII, 32) (2).
L’anima costituisce uno dei piani dell’essere e per manifestarsi ha bisogno di un “canale” pulito. Se si è presi da sole identificazioni materiali, non c’è passaggio di valori e qualità. La base per una corretta evoluzione è rendersi conto che la nostra cosiddetta “individualità”, soggetta ai fenomeni (di natura), è illusione. Fin quando l’individualità è in realtà una pluralità, non si possono esprimere pienamente e liberamente i valori profondi dell’anima. Anzi, la vita materiale impone la sua “volontà”.

 

Oggi, si ritiene che certi concetti religiosi e filosofici siano arcaismi, relitti di altre epoche, pesantumi di cui sbarazzarsi poiché la scienza e il sapere, soprattutto in occidente, hanno salvato l’uomo dall’ignoranza. Si rigetta il valore delle tradizioni, affrettatamente, come fossero superstizioni. La valenza psicologica dei testi sacri, invece, è profonda e ha un valore ben preciso per la realizzazione dell’uomo. La psicologia occidentale è fondamentalmente materialista, per cui l’emancipazione dalla religione, si è avuta a scapito dello spirito. In questa nuova tradizione, l’essere umano raggiunge la maturità psicofisica. Ma dell’anima si ignora tutto o quasi. Ignorando, però, che cosa è l’anima, come si manifesta, come si fa a svilupparla? Nel sufismo, ad esempio, esiste una psicologia degli stati dell’anima, hâl, e delle “stazioni” spirituali, maqâm (3).
Recita un altro aforisma: «L’identificazione tra “io” e “tu”, derivata dall’errato concetto dell’identità personale, è vana come un sogno, ma causa un’errata interpretazione della vita e conduce alla schiavitù e alla sofferenza» (XII, 12) (4).
Il concetto di identità personale è avere la corretta idea di quali sono gli elementi che costituiscono il nostro carattere e la nostra personalità, di che cosa è fatta la nostra psiche, quali sono i concetti errati sul proprio sé, sulla dimensione umana. I sufi dicono: «chi conosce se stesso, conosce il suo signore, chi conosce il suo signore conosce se stesso.»
«Quando la mente è attratta dagli oggetti dei sensi e di continuo vi pensa, la coscienza si perde, così come l’acqua di un lago fra l’erba alta» (XXII, 30) (5). L’individualità è in balia di ogni singolo fenomeno psichico che cerca di dominare l’istante.
Noi siamo autorizzati ad esistere e a capire chi siamo. Siamo autorizzati a svolgere la nostra esistenza cercando la conoscenza e l’evoluzione e la realizzazione spirituale. «Come un uomo vedendo la propria immagine riflessa in uno specchio sa comunque che non si tratta di un’altra persona, così è in effetti la differenza tra lui e Dio» (XXVIII, 63) (6).
Dunque, il concetto di Dio unico è il cuore e il nucleo psicologico e filosofico di molte religioni. Ed è in questo senso che va considerato e non come una costrizione del pensiero.
Aggiungo dalla mia ultima raccolta questa poesia:

 

Tutto viene da Dio,
il sapore del frutto,
l’attrazione verso di esso
e il gusto nel mangiarlo (7).

Aldo Strisciullo

 

NOTE

1) Aforismi indiani, introduzione, traduzione e note di Gabriele Mandel, Edizioni San Paolo, Milano, 1995

2) ibidem.

3) Seyyed Hossein Nasr, Gli stati spirituali nel sufismo, Sufismo n°1, Giugno 2009, pp 9-17

4) ibidem., p. 59

5) ibidem.

6) bidem., p. 61

7) Aldo Strisciullo, Poesie, Edizioni Confraternita dei Sufi Jerrahi Halveti, Milano, 2009

 

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