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Sutra del Loto

Riflessioni sul Sutra del Loto

di Rev. Nisshin   indice articoli

 

Il Sutra del Loto è nella nostra vita!

Luglio 2011

 

Il Sutra del Loto: Il re dei SutraLa prima volta che ho ascoltato il Sutra de Loto era una giornata di sole a Genova, la mia città. Ricordo che tutte le persone intorno a me erano entusiaste, eccitate e io non capivo il perché quell’insieme di suoni: perché di suoni si trattava, visto che ciò che avevo ascoltato era sì il Sutra del Loto, ma letto in una lingua detta Shindoku (lingua della Fede) la quale, oltre ad essere lontana dalla comprensione, è anche di difficile pronuncia, li rendesse tutti così euforici. Ricordo che dentro di me dicevo: "Questi sono davvero bravi, devono aver studiato davvero tanto per comprendere una lingua così “strana”. Io ho difficoltà anche con l'italiano, pensa questi come sono avanti!” Poi la svolta. Nel pomeriggio fui invitato a casa di un credente e con mia somma delusione, scoprii che non solo le persone che avevo conosciuto non capivano nulla di ciò che invocavano due volte al giorno con - almeno apparente - devozione, ma non conoscevano nemmeno il senso di quanto leggevano. Il mio stupore fu talmente grande che ricordo mi misi a ridere dicendo: "Perché nella mia vita ho difficoltà ad incontrare una persona normale?”.

Siccome fra il mio campionario dei difetti, manca quello della sfrenata sicurezza in ciò che penso (e scrivo), ho cominciato a informarmi su cosa fosse realmente questo Sutra del Loto. Andai in libreria e comprai la versione italiana del Sutra, edita dall’Esperia. La difficoltà di linguaggio a mio parere troppo ridondante e monotono di questo tipo di letteratura mi fece faticare non poco nella lettura, ma mi misi in testa di finirlo. Fra le righe scorsi un mondo fantastico, nuovo e pregno di sentimenti e insegnamenti dei quali mi sfuggiva il senso, ma dentro di me intuivo che erano davvero grandi, se solo una persona comune riuscisse a comprenderli e, ciò che è più difficile, a metterli in pratica. Da quel giorno allora cominciai a chiede e richiedere, ma tutti coloro che si professavano sia discepoli del Buddha che devoti del Sutra del Loto, rimanevano nel vago e, invece di dissolvere i dubbi e le mie curiosità, spesso le amplificavano con frasi ancora più criptiche di quelle che avevo letto nel Sutra stesso: una sorta di campionario di slogan che non solo non mi aiutava, ma mi confondeva ulteriormente, portandomi via da quello che era il mio intento. Mi sentivo come quello che va al supermercato per comprare le uova e alla fine, per via di tutto ciò che vede attorno, non sa più cosa comprare e incomincia a mettere nel carrello tutta una serie di prodotti inutili, che soddisfano più le sue libidini che le sue esigenze. Ecco mi sentivo proprio così. Ma allora cosa fare? Ma questi in cosa e a cosa credono, continuavo a chiedermi, se non mi sanno nemmeno spiegare cosa significa la parola “sutra”? Ovviamente non tutti erano così, ma lo stampo, credetemi, era quello.

Avevo fatto la mia conoscenza con la Soka Gakkai e la sua confusione ad hoc, ma ciò che conta di più è che avevo incontrato il Sutra del Loto. Ecco mi accorgo che è incominciato tutto da lì. Probabilmente, se avessi incontrato persone che sapevano davvero cosa era il Sutra del Loto e cosa conteneva, non sarei stato spinto a cercare e ricercare. La mia esperienza invece mi ha spinto ad approfondire, a cercare di capire e mettere in pratica: ciò che mi sembrava e sembra un’organizzazione più vicina ad Harry Potter che al Sutra del Loto, proprio questa loro lontananza, era stata la causa del mio desiderio di avvicinarmi al Re del Sutra. Quel giorno, questa mia nuova consapevolezza mi insegnò uno degli insegnamenti più belli del Sutra del Loto, presente nel Capitolo 12 Devadatta. Incredibile: l’ignoranza ha la facoltà di insegnare!

Dovete sapere che Devadatta, fra i primissimi discepoli del Buddha e suo parente, per gelosie e risentimenti vari, allontanatosi dalla comunità di discepoli, decise più volte di uccidere il Buddha. Ora: certamente tutti saremmo portati a pensare che il Buddha avrebbe potuto parlare bene di tutti, ma proprio di Devadatta francamente io non ne sarei così sicuro. Proviamo a metterci nel Sui panni. Ebbene nel capitolo dedicato a Devadatta nel Sutra del Loto il Buddha dice:

 

“Molto tempo fa, in una mia precedente esistenza, fui un bodhisattva alla ricerca del Sutra del Loto. Lo cercai per molto, moltissimo tempo. Divenni un re, e così rimasi per molto tempo, facendo voto solenne di conseguire l’Illuminazione. Senza mai cedere, nel corso della mia Ricerca ho praticato la virtù dell’offerta, compiendo le sei paramita. Non fui mai avaro nel donare. Mai esitai a offrire la mia stessa vita per la Strada. In quei giorni lontani, la vita era lunghissima. Un giorno, decisi di lasciare il mio trono per incamminarmi alla Ricerca del Dharma. Affidai la corona e il regno al mio erede; poi, suonando un tamburo, ricercai il Dharma in ogni direzione, proclamando a gran voce: ‘Chi può insegnarmi il Grande Veicolo? Se c’è qualcuno in grado di farlo, gli tributerò grandi offerte, e farò ciò che mi ordinerà per il resto della mia vita.’
Un giorno, un veggente si avvicinò al re e disse: ‘Io conosco un Insegnamento chiamato Sutra del Loto. Se non mi disobbedirai, io te lo insegnerò.’ Avendo udito queste parole, la mia mente si colmò di gioia e senza indugio mi misi al suo servizio. Raccoglievo la frutta, attingevo l’acqua, accumulavo la legna, preparavo i pasti e gli offrivo il mio corpo affinché lo utilizzasse per sedersi. Mai gli feci mancare nulla, mai ebbi dubbi, mai mi sentii stanco e provato nel corpo o nella mente. In questo modo lo servii per molto tempo.”
Disse il Buddha ai fratelli monaci: “Il veggente di questa storia era Devadatta in una vita precedente. Grazie al mio buon amico ho potuto completare le sei paramita, e divenire abile nella predicazione della dottrina. Io ho potuto conseguire l’Illuminazione e dedicarmi alla salvezza di tutti gli esseri viventi, grazie al mio legame con Devadatta.”

 

Capite quale grande insegnamento si racchiude in questa storia? Il Buddha ci dice chiaramente che spesso ciò che ci sembra, in realtà non è come ci appare. Tutte le difficoltà che incontriamo nel nostro cammino, spesso le viviamo come bastoni fra le ruote, come cattiverie di un Dio che si diverte. Il Buddha in questo capitolo ci indica una nuova consapevolezza, che va aldilà della nostra percezione delle cose, anzi mette in ridicolo ciò che noi consideriamo il nostro timone guida: la nostra opinione. Avrete certamente sentito dire il proverbio “Non tutti i mali vengono per nuocere”: ecco possiamo rintracciare in questo proverbio l’antico insegnamento impartito dal Buddha. Ciò che sconcerta ancora di più è il proseguimento del capitolo in questione, infatti ad un certo punto il Buddha ci assicura:

 

"Coloro che ascolteranno, siano essi uomini o donne, questo capitolo su Devadatta del Sutra del Fior di Loto del Vero Dharma accettandolo, senza aver alcun dubbio in merito ai suoi insegnamenti, non cadranno nei cattivi sentieri. Rinasceranno da fiori di loto al cospetto dei Buddha dei mondi delle dieci direzioni, e sempre incontreranno questo Insegnamento.”

 

Quindi il Buddha non si accontenta di sconcertarci con quanto precedentemente detto, ma ci assicura che comprendere questo insegnamento ci sarà davvero molto utile, al punto che ci renderà persone davvero sagge. Questo intende dicendo: Rinasceranno da fiori di loto al cospetto dei Buddha dei mondi delle dieci direzioni.
Il Sutra del Loto è davvero il Re dei Sutra, ma bisogna comprenderlo, accettarlo anche quando ci sembra lontano dalla nostra comprensione: anzi proprio questa lontananza certifica la sua profondità. Come si può comprendere la causa della nostra sofferenza e della nostra inadeguatezza, se pensiamo che ciò che ci è lontano non sia la soluzione o la rappresenti? Se realmente fossimo in grado di proseguire da soli, perché continuiamo a stare male, a fare gli stessi errori e a crogiolarci in essi. Il Sutra del Loto, credetemi, è la medicina che molti di voi aspettano da tanto tempo. Bisogna soltanto avere l’umiltà di riconoscerlo e di affidarci a chi davvero ci può aiutare a comprendere. Il ruolo del maestro è questo. Da soli si è soli, non liberi!

 

   Rev. Nisshin

 

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