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Riflessioni sulla Tecnosophia di Walter J. Mendizza

Riflessioni sulla Tecnosophia

di Walter J. Mendizza - indice articoli

 

Amianto: da rifiuto tossico a risorsa utile con il siero di latte

Aprile 2015

 

 

Nell’ultima riflessione [La multinazionale dell'ambientalismo ideologico] ci siamo riferiti al cattivo esempio che danno le multinazionali dell’ambientalismo, poco interessate all’approccio scientifico e molto invece all’organizzazione di carnevalate e messinscene mediatiche pubbliche che catturano l’attenzione dei media, usando le stesse tattiche comunicative di altre multinazionali come Monsanto che esse d’altra parte criticano come il male assoluto. Purtroppo non appena si va a vedere un po’ in profondità l’atteggiamento di questi “ambientalisti” di fortuna, molte volte sono il risultato di un riflesso ideologico, di un dogma prefabbricato che si nutre di una avversione ingiustificata alla scienza e alla tecnologia.

 

Il problema delle multinazionali verdi è quello di fare disinformazione scientifica piegando la scienza al proprio obiettivo e mistificando le ricerche scientifiche che non corroborano le loro posizioni. Nella discussione di questo mese desidero mettere in evidenza che la disinformazione scientifica da parte degli ambientalisti è talmente ideologica e prevenuta contro la scienza e la tecnica tout court che anche quando possono cavalcare una informazione tecnico-scientifica buona, onesta, seria e perbene magari cercando anche di portarla verso il proprio mulino, ebbene, anche in questi casi gli ambientalisti non ne sono capaci. Vi faccio un esempio: l'amianto.

L’amianto è sicuramente uno dei più gravi problemi dal punto di vista ambientale e sanitario e non solo per l'Italia. È stato utilizzato massicciamente dappertutto nel mondo e data la sua pericolosità è diventata una delle sostanze più devastanti nella storia moderna del mondo del lavoro.

Per risolvere questo problema non è sufficiente mettere in sicurezza, confinare i materiali contenenti amianto o bonificare gli edifici rimuovendoli, occorre anche smaltire correttamente i rifiuti prodotti. Un problema enorme, stimato in circa una trentina di milioni di tonnellate ancora da smaltire. Ebbene, da tempo si parla di una soluzione straordinaria, senza effetti collaterali e tanto economica che potrebbe dare luogo a una vera e propria industria: si tratta della bonifica dell’amianto per mezzo del siero di latte. Si tratta quindi di una invenzione che spronerebbe chiunque in un altro paese. Non nel nostro. E questa accidia industriale va di pari passo con l’indolenza triste delle associazioni ambientaliste che non applaudono mai a nulla.

L’avversione verso la tecnica e la scienza è tale che l’opinione pubblica non è mai informata bene. Se mettete su un motore di ricerca le parole “siero di latte, amianto”, vi verranno poco più di 10.000 risultati e nelle prime pagine nessun risultato avrà a che fare con una qualche associazione ambientalista di quelle delle messinscene mediatiche pubbliche. E neppure di qualche imprenditore che desidera investire in quello che appare essere un business molto semplice.

Nelle prime posizioni ci sono i giornali che riportano la notizia. In ottava posizione l’AIEA Onlus ma è un’associazione ad hoc degli esposti all’amianto e poi c’è Greenstyle.it che è un sito di energie rinnovabili, sviluppo sostenibile e ambiente che riporta la notizia, e poi altri siti di bonifica, di informazione e altri di agrobionotizie. Tuttavia nel momento in cui sto guardando, mercoledì 1° aprile, al 12° posto si trova su YouTube il video di un convegno tenutosi il 6 maggio del 2014, poco meno di un anno fa, a Monfalcone, dal titolo “Il fine vita dell’amianto: bonifica, rimozione e prospettive future”. In questo Convegno il prof. Norberto Roveri spiega la storia di questo brevetto. Il link è: https://www.youtube.com/watch?v=N14fKDtvVfg. Il contatore Youtube indica circa 800 visualizzazioni. Dunque pochissimi visitatori nonostante il video sia stato messo il 12 maggio del 2014 e la notizia sia straordinaria per moltissimi versi, non ultimo quello economico come si accennava, perché si potrebbe far diventare industria quello che finora è soltanto smaltimento e pure in perdita forte oltre che carente di sicurezza. In effetti a circa metà del video Youtube il relatore accenna a questa possibilità…

Dunque, se continuiamo a spulciare il nostro motore di ricerca, ci convinceremo che tra coloro che riportano la notizia, non c’è nessuna grande associazione ambientalista; non vediamo Greenpeace e neppure Legambiente ma nemmeno il WWF o gli Amici della Terra, …, niente, a nessuno interessa questa novità, nonostante i 20 o 30 milioni di tonnellate di materiali ancora presenti sul territorio nazionale che nei prossimi anni, con il procedere delle bonifiche, diventeranno rifiuti da smaltire.

Con il termine amianto (dal greco amiantos: incorruttibile) o asbesto vengono indicati una serie di circa 30 minerali naturali a struttura fibrosa che si originano con una trasformazione idrotermica e dinamica da rocce madri non necessariamente fibrose. Il nostro Paese assieme alla Grecia ha le miniere di amianto più estese di Europa (Balangero - Piemonte). La soluzione proposta consiste nel rendere innocuo l’Eternit associandolo in una reazione chimica al siero di latte. La Francia per denaturare le fibre di amianto utilizza la lampada al plasma, efficace ma costosa (900 €/Ton). In Italia il trattamento dell’amianto ha prezzi molto inferiori (140 €/Ton), ma questo è dovuto al fatto che nel nostro Paese l’amianto viene imballato e smaltito in discariche, cave di pietra esausta rivestite di polimeri. Scelta che comporta elevate criticità. Nelle discariche le balle di amianto vengono pressate per essere meglio infossate causando la frantumazione dell’amianto all’interno degli imballi, rendendolo volatile e quindi potenzialmente cancerogeno quando fra qualche decina di anni, l’involucro di plastica inevitabilmente cederà. A quel punto le fibre si libereranno e si infiltreranno lentamente nel terreno con il rischio di inquinare le falde acquifere.

Se però si riuscisse a rendere innocuo l’Eternit associandolo agli scarti industriali provenienti dai caseifici, dalla reazione delle due materie tossiche, si potrebbero ricavare prodotti utili e commerciabili, dai fertilizzanti all’idropittura. Ma questo non è un paese per inventori. Il prof. Roveri sta chiedendo udienza da qualche anno al Ministero dell’Ambiente, ma finora non si è trovato il tempo per valutare questo progetto. Ve lo immaginate? Fabbriche in ogni regione per la trasformazione dell’Eternit ed esportazione della tecnologia. Una industria tutta italiana che potrebbe competere con i grandi colossi mondiali. Eppure ci sono stati finora soltanto rimpalli burocratici e il mesotelioma che continua a mietere vittime.

 

   Walter J. Mendizza

 

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