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Riflessioni Teosofiche

Riflessioni Teosofiche

di Patrizia Moschin Calvi  - indice articoli

 

L’Assoluto

Di L. Del Sere

Tratto da Rivista Italiana di Teosofia, dicembre 1978.

Settembre 2015

 

La concezione dell’Assoluto è uno di quegli argomenti sui quali si è molto parlato sempre; se facciamo l’analisi delle varie enunciazioni, troviamo frequentemente contraddizioni o definizioni limitative.
Noi qui vogliamo considerare l’argomento alla luce specialmente de La Dottrina Segreta di H.P. Blavatsky.

 

L’Assoluto è un Principio

L’ammissione dell’Assoluto è essenziale nella formulazione di una Cosmogenesi ed è stata alla base delle filosofie religiose e mistiche dei vari popoli, particolarmente nell’Oriente; ne fanno fede i Veda e le Upanishad, fra altri Scritti Sacri.
La Filosofia Esoterica… dimostra la necessità di un Principio Divino Assoluto nella Natura. Con questo “Principio” si vuole indicare l’esistenza di una Vita Unica, eterna, invisibile e tuttavia onnipresente, senza principio né fine… incosciente e tuttavia Coscienza Assoluta, irrealizzabile, eppure l’unica Realtà auto-esistente.
Questo “Principio” nell’Induismo è detto Parabrahman Unica, l’Assoluto, ed è il campo della Coscienza Assoluta, è la Realtà, essa è unaRealtà Unica Assoluta che precede ogni essere manifestato e condizionato e, come tale, è la Radice senza Radice di “tutto ciò che fu, è e sempre sarà”. È un Principio onnipresente, eterno, illimitato ed immutabile, sul quale ogni speculazione è impossibile poiché trascende il potere dell’umana concezione e non potrebbe essere che diminuito da ogni espressione o paragone. Esso è al di là dell’orizzonte e della portata del pensiero, è inconcepibile e immutabile.

 

L’Assoluto è senza attributi

Naturalmente questo “Principio” o “Realtà Unica Assoluta” è privo di attributi, in quanto questi, formulati da una mente umana, avrebbero riferimento con l’esperienza nel mondo senziente e perciò sarebbero incapaci di definire ciò che “è al di là dell’orizzonte e della portata del pensiero”.
Parabrahman, essendo il Tutto Supremo, lo Spirito e l’Anima, per sempre invisibili, della Natura, immutabile ed eterna, non può avere attributi, poiché il termine Assoluto esclude naturalmente ogni rapporto con l’idea di finito e condizionato; ogni tentativo di attribuzione di una qualifica non sarebbe che una forma di limitazione e perciò annullerebbe il “carattere di assolutezza”. L’Assoluto non può essere definito e nessun mortale od immortale ha mai visto e compreso ciò durante i periodi dell’Esistenza. Il mutevole non può conoscere l’Immutabile, né ciò che vive può concepire la Vita Assoluta.
L’Assoluto dobbiamo concepirlo come quell’Essenza nella quale “non vi è mutamento alcuno”, perché se così non fosse, ancora una volta diciamo, Esso perderebbe il carattere di assolutezza. Perciò lo stato dell’Assoluto non può essere che uno stato od una Causa passiva, uno stato che potremmo chiamare negativo.
Un istante di riflessione ci farà capire come di un simile stato possa essere dato soltanto un simbolo, ogni descrizione essendo impossibile. Inoltre esso può essere simbolizzato solo negativamente, poiché lo stato dell’Assoluto essendo “per sé” non può possedere nessuno di quegli attributi specifici che servono a descrivere gli oggetti in termini positivi. Quindi tale stato può essere indicato soltanto dalla negazione di tutti gli attributi più astratti che l’uomo, più che non arrivi a concepire, sente essere gli estremi limiti raggiungibili dal suo potere di concezione. L’Assoluto non conosce il finito, perché l’Illimitato non può comprendere il Finito. L’Illimitato non può avere nessuna relazione col Limitato e col Condizionato.
Così concepito, l’Assoluto è il campo della Coscienza Assoluta, e cioè quella Essenza che è al di fuori di ogni relazione con l’Esistenza condizionata e di cui l’esistenza cosciente è un simbolo condizionato.
A questo punto è necessario fare una precisazione. Abbiamo detto che la “Realtà Unica” è Incosciente, ma qui non abbiamo usato questo termine nel senso ordinario, nel qual caso quando parliamo di coscienza ci riferiamo sempre ad un Essere manifestato e condizionato; la “Realtà Unica” è “Coscienza Assoluta” in quanto fuori del tempo e dello spazio, perciò non mutevole, non costituita da successivi stati di coscienza.
Questi formano la coscienza corrente che implica limitazioni e qualificazioni, qualche cosa di cui si debba essere coscienti e qualcuno per esserne coscienti. Ma la “Coscienza Assoluta” contiene il conoscitore, la cosa conosciuta e la conoscenza; tutti e tre di per se stessi, ed in pari tempo, una cosa sola. Noi chiamiamo la Coscienza Assoluta “incosciente” perché per essa non riusciamo a concepire il conoscitore, il conosciuto e la conoscenza coesistenti ed allo stesso tempo distinti.
Aggiungeremo che Parabrahman, l’Assoluto, “non è Dio”, perché egli non è un Dio, è ciò che è supremo e non supremo. È “supremo” come causa, non come effetto. Parabrahman è semplicemente come “Realtà senza secondo”, il Cosmo che contiene tutto - o piuttosto lo Spazio Cosmico infinito - naturalmente nel senso spirituale più elevato.

 

L’Assoluto non è il Creatore

In realtà Parabrahman deve essere considerato la sorgente unica di ogni manifestazione e di qualsiasi modo di esistenza, è l’Essenza unica dalla quale emana un centro di energia che chiameremo, per il momento, il Logos; il Logos può essere considerato il Creatore.
Ma dire che Parabrahman è la sorgente unica di ogni manifestazione non significa affatto che sia il Creatore dell’Universo.
L’Occultista dice che una Divinità Assoluta, essendo Assoluta, non può creare; d’altra parte, dovendo essere incondizionata e senza relazioni, non la si può rappresentare nello stesso tempo come un Dio vivente unico, attivo e creatore senza degradarne il concetto astratto.
Gli Occultisti… dimostrano l’impossibilità di accettare, dal punto di vista filosofico, l’idea del Tutto assoluto che crea… Essi dicono che l’Unità assoluta non può trasformarsi in Infinità… Se si potesse supporre che il Tutto eterno ed infinito, che l’Unità onnipresente, anziché esistere nell’eternità, divenisse, attraverso manifestazioni periodiche, un Universo molteplice od una personalità multipla, questa Unità cesserebbe di essere tale.
D’altra parte l’Assoluto non può essere il Creatore perché, per essere tale, dovrebbe essere attivo, ciò che sarebbe in contrasto con il suo carattere passivo già visto. Pertanto, tutto ciò che È emana dall’Assoluto, il quale, per ragione stessa di questa qualifica, è la Sola ed Unica Realtà.
Qui dobbiamo fare la distinzione fra i verbi creare ed emanare. Il “creare” implica dare forma ad un qualche cosa per oggettivare un disegno: così lo scultore crea dando forma alla materia. Ma un corpo caldo non crea calore, bensì lo “emana”, così l’Assoluto emana o proietta fuori un’idea. Perciò emanare è una funzione assai diversa dal creare.
L’Assoluto può anche essere definito come il Pensiero Divino. Ma parlare di “Pensiero Divino” non significa che l’Assoluto pensi in quanto il pensare implica aver rapporto con qualcosa di limitato, finito e condizionato e, se ciò fosse, ancora una volta, l’Assoluto non sarebbe più tale.
Quando parliamo di “Pensiero Divino”, dobbiamo considerarlo come il Noumeno eterno ed illimitato di tutte le coscienze “individuali e di tutte le forme materiali”, quindi come Noumeno della manifestazione. Esso è veramente un Elemento immutabile ed eterno e senza alcun rapporto con le relazioni causali del mondo fenomenico. È soltanto riferendoci all’Anima intracosmica, al Cosmo ideale nell’immutabile Pensiero Divino, che possiamo dire: “Non vi è mai stato un principio e non vi sarà mai una fine.

 

L’Assoluto contiene tutti i noumeni

Nel Pensiero Divino esistono le idee di tutto ciò che si oggettiva nella manifestazione, cioè esso contiene il noumeno di tutte le realtà o, come è espresso ne Le Stanze di Dzyan (II, 6), l’Universo era celato nel Pensiero Divino perché, prima che la Manifestazione venisse oggettivata, non era l’esistenza, né la non esistenza… Quello soltanto respirava nella propria natura; al di fuori di Quello nulla Era (Rig Veda X, CXXIX, 1-2).
Quello è perciò l’unico elemento permanente, è l’Unica Esistenza celata ed assoluta che contiene in se stessa il noumeno di tutte le realtà. Possiamo dunque dire che l’Essere Unico è il noumeno di tutti i diversi noumeni che sappiamo doversi trovare sottostanti a tutti i fenomeni.
Ora, il concetto che nell’Assoluto vi sia il noumeno di tutti i fenomeni, cioè di tutta la Manifestazione, può trarre in inganno.
Affermare che l’Unica Realtà Assoluta contenga il noumeno di ogni elemento dell’universo manifestato e che essa sia la radice senza radice di tutto ciò che fu, è e sempre sarà non significa affatto che l’Universo sia in qualche rapporto con quella Causa Infinita ed Eterna, perché Essa è essenzialmente senza alcuna relazione con l’Essere manifestato o finito. È l’“Essenza dell’Essere” piuttosto che l’“Essere” ed è al di là di ogni speculazione o pensiero. L’Illimitato non può avere alcuna relazione col Limitato e col Condizionato  perché, come abbiamo già affermato, nell’attimo in cui questa relazione potesse aver luogo, il primo perderebbe il suo carattere di assolutezza.

 

L’Onnipresenza dell’Ultima Realtà

Pertanto il Finito, o Manifesto, dobbiamo concepirlo contenuto nell’Infinito o Assoluto perché questo non può essere pensato escludere qualcosa da Se Stesso; non vi può essere l’Assoluto e contemporaneamente il Manifesto fuori di esso. L’Assoluto, come tale, comprende tutto nell’Eternità. Ma il Finito, pur essendo nell’Illimitato, deve essere considerato senza alcuna relazione con l’Unica Realtà Assoluta.
Forse possiamo renderci conto di questo con un esempio materiale, il quale, però, essendo materiale, ha sempre le limitazioni del mondo condizionato e limitato; occorre vederlo nella sua astrazione.
Pensiamo ad un oggetto estremamente poroso, come può essere una spugna. L’aria interpenetra ogni minima parte della spugna, la quale è realmente compresa nell’aria; pure fra l’aria e la spugna non v’è alcuna relazione. La spugna esiste senza che fra di essa e l’aria vi sia una qualche influenza, senza che la prima subisca alcuna modificazione per essere immersa nell’aria. D’altra parte l’aria non perde il suo carattere per il fatto che contiene la spugna. Allo stesso tempo possiamo pensare che le parti solide della spugna si rendano penetrabili all’aria, per cui arriveremo alla conclusione che l’aria è presente in ogni parte di questo corpo, così come lo è al di fuori di esso.
Questa considerazione, nella metafora, ci può dar l’idea della Onnipresenza della Vita Unica nell’Universo. Mme Blavatsky scrive che fin dall’inizio dell’eredità umana… la Divinità non rivelata fu riconosciuta sotto un unico aspetto filosofico, il Moto Universale, il fremito del Soffio Creatore nella Natura. Dunque l’unico attributo assoluto della Vita Unica è, esso stesso, Movimento eterno ed incessante, ed è chiamato nel linguaggio esoterico il Grande Soffio che è il movimento perpetuo dell’Universo. Questo è un altro aspetto della Realtà Unica. Pertanto esso si identifica con l’Esistenza Assoluta e perciò con la Vita Unica.
Abbiamo, dunque, un altro simbolo sotto il quale considerare l’Assoluto e questo è il Movimento Assoluto Astratto.

 

Lo Spazio e l’Assoluto

Dopo aver considerato l’Assoluto come la Realtà Unica Assoluta, Causa senza causa, Coscienza assoluta, Grande Soffio e sede di tutti i noumeni dell’Universo, vediamo che l’occultismo lo concepisce ancora sotto un altro aspetto; ciò afferma Mme Blavatsky che ebbe a sua disposizione un Catechismo Occulto. Essa scrive che il Tutto Uno si identifica con lo Spazio, ma questo in Occultismo non è lo spazio del linguaggio ordinario, che è tridimensionale, che è lo spazio geometrico.
Lo Spazio, essa scrive, è la “genitrice” ed è la causa eterna e sempre presente di tutto - la Divinità incomprensibile… lo spazio è “la sola cosa eterna” che possiamo immaginare più facilmente immobile nella sua astrazione e non influenzato né dalla presenza né dall’assenza in esso di un Universo oggettivo. In qualsiasi senso, esso è senza dimensioni ed esistente di per se stesso.
Lo Spazio non è né un “vuoto illimitato”, né una “pienezza condizionata”, ma l’uno e l’altra. Questo Spazio - essendo sul piano dell’astrazione assoluta la Divinità per sempre inconoscibile, che è vuoto soltanto per le menti finite e su quello della percezione mâyâvica, il Plenum, il Contenente assoluto di tutto ciò che è, sia manifestato o non manifestato, è per conseguenza quel Tutto Assoluto.
M.me Blavatsky scrive che nel Catechismo esoterico Senzar vi è la domanda: “Che cos’è quello che era, è e sarà, che vi sia un universo o non vi sia? E la risposta è: ‘Lo Spazio’. Che cos’è ciò che è sempre? – Lo Spazio, l’eterno Anupâdaka (senza genitori). Che cos’è ciò che fu sempre? – Il Germe della Radice. Che cos’è ciò che viene e va continuamente? – Il Grande Soffio. Vi sono dunque tre Eterni? – No, i tre sono uno. Ciò che è sempre è uno, ciò che fu sempre è uno. Ciò che sempre è e sempre diverrà è pure uno: e questo è lo Spazio. Perciò Esso è e sarà sempre.
Possiamo concludere affermando che: Parabrahman, Quello, il Tutto, lo Spazio, la Vita Unica, la Realtà unica, il Grande Soffio sono termini che esotericamente si identificano fra di loro e con quello di Assoluto.

 

L. Del Sere

Tratto da Rivista Italiana di Teosofia, dicembre 1978.

 


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