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Dionysos (aforisma 295)

di Friedrich W. Nietzsche

Tratto da: "Al di là del bene e del male" - Adelphi edizioni

 

Il genio del cuore, quale lo possiede quel grande occulto, il dio tentatore, il felino seduttor di coscienze, la cui voce sa inabissarsi fin nei mondi inferi d'ogni anima, che non un motto dice, non uno sguardo scocca, in cui non s'insinui una piega e una voglia d'adescamento, colui alla cui maestria pertiene il saper come apparire - e non per ciò che è, ma per ciò che per color che lo seguono sia ulterior costrizione a farsi a lui più d'appresso e maggiormente incalzarlo: - il genio del cuore, che ogni clamore ed autoincensarsi sa far muto, che ad ascoltare insegna, sfuma l'anime scabrose e degne le fa di un nuovo desiderio, - giacer silenziose come specchi, finché vi si rispecchi il ciel profondo -; il genio del cuore, che alla maldestra e ladra mano apprende più lenta e graziosa presa; che divina il tesoro occulto ed obliato, la goccia di bontà e di dolce spirito nella coltre spessa del ghiaccio opaco; che qual bacchetta di rabdomante coglie ogni granello d'oro, benché da sempre giaccia, di molto fango e sabbia ricoperto; il genio del cuore, dal cui tocco più ricco ognun si diparte, non di grazia e stupore, non del gravoso grazie che a favor d'estraneo si deve, ma di se stesso, perché a se stesso di prima è più nuovo, dischiuso, pervaso e amato da un vento di disgelo, più insicuro forse, più delicato, violabile e violato, ma pieno di speranze che ancor non hanno nome, pieno di un nuovo volere e fluire, di un nuovo non volere e indietro rifluire… ma che faccio mai, amici miei? Di chi vi vado parlando? Ho dimenticato me stesso al punto che nemmeno una volta vi ho rammentato il suo nome? A meno che già da voi non l'abbiate divinato, chi sia, questo spirito e dio dei molti enigmi, che in tal guisa vuole essere lodato. Come infatti accade a chiunque fin dai primi suoi anni di bambino sempre sia in viaggio per remoti, stranieri luoghi; così anche a me accadde d'incontrare lungo la via svariati spiriti, bizzarri ed inquietanti alquanto, ma sopra tutti colui, del quale v'ho appena parlato io sempre ritornai ad incontrare; si tratta niente meno che del dio Dionysos, quel gran dio ambiguo e tentatore, al quale io un tempo, come voi sapete, recai in tutta ritual, veneranda segretezza, le mie primizie - l'ultimo fui, mi sembra, che gli offrisse un sacrificio: infatti quel che allora feci, nessuno trovai che l'abbia compreso. Frattanto appresi tante cose, fin troppe cose, intorno alla filosofia di questo dio, e, come ho detto, direttamente dalla sua voce - io, ultimo discepolo ed iniziatodel dio Dionysos: e non mi sarà ben concesso, amici miei, di cominciare una buona volta a far gustare anche a voi, un poco, quel tanto che mi è permesso, questa filosofia? A mezza voce, com'è giusto: infatti qui si tratta di varie cose misteriose, nuove, sconosciute, singolari, sinistre e perturbanti. Già il fatto che Dionysos sia un filosofo, e quindi che anche gli dei filosofeggino, mi sembra una novità non priva d'insidie e che forse potrebbe proprio tra i filosofi suscitar diffidenza - tra voi, amici miei, ne ha già di meno contro di sé, non fosse che, come novità, vien troppo tardi, e non al momento giusto: infatti mi han rivelato che voi oggi non amate credere in dio e negli dei. Non potrà forse darsi che io, nella franchezza del mio novellare, debba spingermi più in là di quanto non sia ognor gradito alle rigide usanze delle vostre orecchie? Indubbiamente, durante le nostre conversazioni a due, il dio suddetto andava più in là, notevolmente più in là, e sempre mi precedeva di molti passi… Anzi, se fosse lecito, io lo onorerei, secondo le usanze umane, con molti solenni attributi allo splendore delle sue virtù, e molto avrei da glorificare il suo coraggio nell'indagare e nello scoprire, la sua audacie onestà, la sua sincerità ed il suo amore per la sapienza. Ma di tutte queste venerabili anticaglie ed il loro splendente ciarpame un simile iddio non sa che farsene. "Tientele! - direbbe - per te, per quelli come te, e per tutti quelli che ne hanno bisogno! Io - non ho alcun motivo di coprire le mie nudità!" - Lo si indovina: a questa specie di divinità e di filosofia fa forse difetto il pudore? - così disse una volta: "in certe circostanze io amo l'uomo; - e con ciò alludeva ad Arianna, che era lì presente - l'uomo è per me una bestia gradevole, valorosa, ingegnosa; sulla terra non ce n'è un'altra come lei; la puoi mettere in tutti i labirinti che vuoi, essa si trova a suo agio anche lì. Io gli voglio bene: rifletto spesso su come fare per farlo ancora progredire e renderlo più forte, più malvagio e più profondo di come è". - "Più forte, più malvagio e più profondo?" domandai spaventato. "Sì; - disse egli ancora una volta - più forte, più malvagio e più profondo; ed anche più bello" - e così dicendo sorrise, il Dio tentatore, del suo sorriso alcionio, come se avesse appena fatto un incantevole complimento. Ecco che risulta chiaro, contestualmente, come a questa divinità non manchi soltanto il pudore -; ed esistono in genere buone ragioni per supporre che per certe cose gli dei tutti potrebbero venire a scuola da noi uomini. Noi uomini siamo - più umani…

Testo inviato da Alberto

 

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