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Testi per riflettere

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L'uomo, la felicità e la marcia del mondo

Da: Il Gesuita proibito - Vita ed opere di P.Teilhard de Chardin

Di Giancarlo Vigorelli Casa editrice IL SAGGIATORE
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Per maggior chiarezza e semplicità, limitiamoci al caso dell’Uomo: l’Uomo, il più elevato fisicamente, e per noi anche il meglio conosciuto di tutti gli esseri viventi.
All'esame si riconoscono tre fasi, tre passi, tre movimenti successivi e concatenati, nel processo della nostra unificazione interiore cioè della nostra personalizzazione.

Per essere - con pienezza se stesso e vivo, l'Uomo deve:

1) centrarsi su se stesso;
2) decentrarsi su un «altro»;
3) surcentrarsi su uno più grande di lui.
Definiamo ora, e spieghiamo uno dopo l'altro, questi tre movimenti in avanti, a cui devono necessariamente corrispondere (poiché, come abbiamo deciso) la felicità è un effetto di crescita, tre forme di beatificazione.
1. Centrazione, per cominciare. Non soltanto fisicamente, ma anche intellettualmente e moralmente, l'uomo non è Uomo che a condizione di formarsi. E non soltanto fino ai vent'anni... Per essere pienamente noi stessi, dobbiamo lavorare tutta la vita, per organizzarci, a portare cioè sempre più ordine e unità nelle nostre idee nei nostri sentimenti, nella nostra condotta. Qui sta tutto
il programma, tutto l'interesse (ma anche tutto lo sforzo) della
vita interiore con lo spostamento inevitabile verso oggetti sempre più spirituali, sempre più elevati... Ciascuno di noi, in questa
prima fase, deve riprendere, e ripetere per conto proprio, la fatica generale della Vita. Essere è per prima cosa farsi e trovarsi..
2. Decentrazione. È il secondo passaggio. La tentazione o l'illusione elementare che, fin dalla nascita, insidia il centro riflesso che noi difendiamo nell'intimo, sarebbe quella di pensare che per crescere basta isolarsi in se stessi, e di continuare egoisticamente soltanto in se stessi il lavoro originale del proprio compimento: staccarsi dagli altri, o ricondurre tutto a sé. Afa non c'è soltanto un uomo sulla terra. Al contrario ce ne sono, e nello stesso istante ce ne possono essere, miriadi. Questo fatto è di un'evidenza  banale. Tuttavia riportato alle prospettive generali della Fisica, acquista un'importanza capitale, perché significa molto semplicemente che, per quanto gli esseri pensanti siano naturalmente individualizzati, finora ogni uomo rappresenta soltanto un atomo o, se - preferite, una grossa molecola, con tutti gli altri simili, un sistema corpuscolare definito, al quale non può sfuggire. L'uomo, come tutto quel che esiste in Natura, è fisicamente e biologicamente plurale. Corrisponde a un «fenomeno di massa». Questo vuol dire - per prima approssimazione, che noi non possiamo progredire fino al massimo di noi stessi, senza uscire da noi per unirci agli altri, in modo da sviluppare, con questa unione. un accrescimento di coscienza, conformemente alla grande Legge di Complessità. Di qui l'urgenza, il senso profondo dell'amore che sotto ogni forma ci spinge ,a associare il nostro centro individuale ad altri centri scelti e privilegiati, l'amore, la cui funzione e il cui fascino principali sono di completarci.
3. Surcentrazione. E questo, sebbene meno evidente, è assolutamente necessario capirlo. Per essere se stessi con pienezza, dicevo, noi ci troviamo costretti ad allargare la base del nostro essere, cioè ad associarci «all'Altro». Una volta cominciato un piccolo numero di affetti privilegiati, questo movimento di espansione non si ferma più: ma ci porta insensibilmente verso cerchi di un raggio sempre più grande. Ecco quello che è particolarmente evidente nel Mondo d'oggi. Da sempre, senza dubbio, l'Uomo è stato vagamente cosciente di appartenere a una sola grande Umanità. Tuttavia, soltanto per le nostre moderne generazioni questo confuso senso sociale comincia ad assumere il suo reale e completo significato. Negli ultimi dieci millenni (periodo durante il quale la civiltà si è bruscamente affrettata) gli uomini si sono abbandonati senza troppo riflettere a forze multiple, più profonde di ogni guerra, che poco a poco li avvicinavano tra loro.
A questo punto, i nostri occhi si aprono; e cominciano a distinguere due cose. La prima, che nella forma rigorosa e inestensibile rappresentata dalla superficie chiusa della Terra, sotto la pressione di una popolazione e sotto l'azione dei legami economici che non cessano di moltiplicarsi, noi formiamo già un solo corpo. La seconda, è che in questo stesso corpo, in seguito all'ordinamento graduale di un sistema uniforme e universale di industria e di scienza, le nostre idee tendono sempre più a funzionare come le cellule di un solo cervello; Poiché la trasformazione segue la sua linea naturale, noi possiamo dunque prevedere il momento in cui gli uomini sapranno, tutti insieme, sperare, desiderare, amare la stessa cosa, nello stesso istante... L'umanità di domani, qualche «super-Umanità» molto più cosciente; molto più potente, molto più unita della nostra, esce dai limbi dell'avvenire, prende forma sotto i nostri occhi.

 

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