Non è un paese per vecchi

Aperto da Jacopus, 28 Agosto 2025, 17:32:18 PM

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Jacopus



Questo è un film che mi ha sempre molto interrogato. Non ho letto il libro, ma ho saputo che la sceneggiatura è stata piuttosto fedele al testo di Mc Carthy. Il film, del 2007 è soprattutto famoso per l'interpretazione di J. Bardem, che impersona il killer Chigurg. Un personaggio definito spesso come il ritratto definitivo del disturbo antisociale di personalità. Se dovessimo fare una sorta di scaletta, insieme a Chigurg dovremmo menzionare almeno Drugo di Kubrick (Clockwork Orange) e Lecter di Demme (The silence of the Lambs). Ma Chigurg ha qualcosa che sovrasta gli altri due. In fondo Drugo e Lecter si limitano a negare la moralità quotidiana, ad avere una modalità predatoria e manipolatoria e priva di compassione, tipica della personalità antisociale e in questo modo non fanno altro che rassicurarci sul nostro mondo eticamente comprensibile. Esiste solo la regola del più forte, nella classica accezione da darwinismo sociale.

Chigurg invece sembra aver costruito una antimorale più complessa, che non è solo "immoralità" e che non persegue solo il proprio tornaconto. Infatti, come nel famoso episodio della stazione di rifornimento di benzina, uccidere il titolare della stazione non comporterebbe alcun vantaggio, ma Chigurg viene trascinato verso quella intenzione dalla curiosità del titolare stesso, che lancia una domanda del tutto innocua, ma che nella mente di Chigurg diventa un tentativo di controllarlo, di introdursi nella sua vita. Però al benzinaio, Chigurg riconosce l'ingenuità. E' come se giocasse in un altro campionato rispetto al suo e pertanto gli offre un'altra possibilità: ovvero il lancio della monetina. La stessa dinamica si ripeterà (con esito diverso) al termine del film, allorquando Chigurg rintraccia la compagna di Moss e la deve uccidere. Anche in questo caso senza alcun interesse strategico, ma solo perchè questo aveva promesso a Moss, se non gli avesse consegnato i soldi che gli doveva. Ed anche in questo caso, Chigurg riconosce in Jean Moss, una figura non ancora assoldata dal male e le offre la possibilità della monetina, ma Jean Moss la rifiuta e muore. Mc Carthy sembra suggerire che di fronte all'imperversare del "male", chi se ne mantiene alla larga non è del tutto immune ed anzi, occorre in qualche modo entrare a patti con quel "male", attraverso "il caso". Se si rifiuta quel compromesso, come nel caso di Jean Moss, essere immacolati e volerlo restare non salva.

Nell'universo di Mc Carthy (e dei fratelli Coen) il mondo sembra diviso fra pochi "buoni", destinati alla passività, a vivere fra le intercapedini della malvagità e tantissimi "cattivi", trascinati dalla fame del denaro, dall'avidità che li schianta gli uni contro gli altri. Ed infine c'è Chigurg, che assomiglia molto alla "Balena Bianca" ad un ente incomprensibile, pieno di forza, talvolta imprevedibile, portatore di caos e di violenza e di una sua etica personale, che sembra del tutto indifferente anche al denaro, il primo movente della malvagità della maggioranza dei personaggi. In questo credo, stia il suo fascino, rispetto a tanti altri cattivi, posseduti dal loro demone. Chigurg non è posseduto da alcun demone, nè gelosia, nè avidità, nè rabbia. Appare la rappresentazione delle Erinni del XXI secolo, scatenate dall'universale insano bisogno di denaro dell'uomo contemporaneo.

Una menzione finale allo sceriffo Bell, che è la voce narrante del film. Oltre alla magistrale interpretazione, Bell è sempre alle calcagne di Chigurg, ma lo manca sempre per un soffio, fino ad arrivare nella stanza di albergo, dove è stato ucciso Moss, e sentirne quasi la presenza. Ed infatti Chigurg è nascosto in uno stanzino. Si ha l'impressione che lo sceriffo potrebbe trovarlo, ma evita di farlo. Se ne va, lasciandolo libero e con i soldi predati a Moss. Gli autori ci suggeriscono così  che il male non si può sconfiggere, ma anche che quel male è talmente grande, che non può essere affrontato da un essere umano, anche se è uno sceriffo. Un male potente, e questo è il messaggio morale degli autori, nato dal male quotidiano e banale della moltitudine dell'umanità, colpita dal morbo dell'avidità senza fine.

Ritorna in scena, due secoli dopo, la differenza fra Don Rodrigo e l'Innominato, ma qui non c'è più il finale consolatorio da commedia, ma l'enigma di un male ancestrale, in parte radicato nella nostra forma umana e in parte distillato dalla nostra storia, che non permette più di affidarci ad una divinità, che possa riequilibrare le sorti di quel male così oscuro.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Kob

#1
Una precisazione. Il protagonista di "Arancia meccanica", sia nel romanzo di Anthony Burgess che nel film di Kubrick, si chiama Alex. "Drughi" sono invece i compagni di avventura di Alex, un nome scelto dai traduttori italiani per il termine inventato da Burgess, nella lingua da lui creata, uno strano inglese antico con risonanze russe.
"Drugo" invece è purtroppo il nome che è stato scelto in modo totalmente scellerato da chi ha fatto il doppiaggio de "Il grande Lebowski". Il nome del protagonista, in originale "The Dude", tradotto quindi con "Drugo" anziché con "Coso". Impossibile capire il perché.

Riguardo a "Non è un paese per vecchi" aggiungo qualcosa. Dominante è il tema della violenza, del suo espandersi, del suo diventare sempre più grande, incomprensibile.
Nel libro di McCarthy le parti migliori sono proprio le riflessioni dello sceriffo, inserite nel testo come sezioni indipendenti a interrompere la cronaca nuda della vicenda. E in esse lo sceriffo pensa, a suo modo, alla trasformazione della società americana. Prima, una violenza comprensibile, "maneggiabile", ora non più. Una violenza talmente aliena che lui preferisce non scendere in campo contro di essa, non perché abbia paura di morire (cosa, dice, che chiunque sceglie il mestiere dello sceriffo deve accettare) ma perché ciò vorrebbe dire "contaminarsi", perdere l'anima (mi pare dica esattamente così). Infatti per contrastare ciò che in quella vicenda è incarnato da Chigurg si deve acquisire la stessa estraneità a qualsiasi regola d'ingaggio. Un gioco che non si può fare senza perdere qualcosa di fondamentale di se stessi (tema ripreso da un altro film sulla nuova violenza, "Il sicario", in cui il personaggio interpretato da Benicio Del Toro mostra proprio questo: chi vuole affrontare quella violenza cieca, deve diventare a sua volta un assassino, un sicario appunto).

Il film dei Coen lo metterei accanto a quello di Cronenberg, "A history of violence". All'inizio si vedono due spietati assassini che attraversano gli Usa lasciando una scia di sangue. La loro avventura finisce con la morte quando incontrano il proprietario di una piccola tavola calda di provincia che inaspettatamente mostra di conoscere molto bene la loro stessa violenza e per difendere clienti e dipendenti, reagisce e li uccide. La sua antica familiarità con la violenza, rimossa, emerge d'istinto. Il protagonista anni prima era stato nel deserto per cambiare vita, era tornato con un nome nuovo. Una nuova vita nella cittadina di Millbrook, Indiana. Negato il passato, che ora però ritorna. Quando sua moglie si rende conto con orrore di non avere idea di chi sia veramente il marito, il personaggio interpretato da Viggo Mortensen, dice sincero: ma io sono un'altra persona, non sono più Joey, sono Tom!
Tom dovrà tornare a essere Joey per un'ultima volta per risolvere la questione rimasta aperta da decenni con il fratello, pezzo grosso della mafia di Philadelphia.
Tornato a Millbrook, dalla sua famiglia, in una scena memorabile per intensità, arriva all'ora di cena, si siede a tavola in silenzio. Non si capisce se potranno essere ancora una famiglia, ma la figlia più piccola, di sei anni, porta piatto e posate anche per lui. Finale aperto.

Jacopus

Confermo l'intensità di History of violence che apre a riflessioni diverse però rispetto a Non è un paese per vecchi. In History c'è al centro la possibilità di cambiare identità. La domanda è: chi è fatto di una "storia di violenza" può ad un certo punto della sua vita tirarsene fuori? A me pare un film più introspettivo, sulle possibilità umane di cambiare habitus. Ma resta un film memorabile non eccezionale come "Non è un paese per vecchi", perché non c'è quella triangolazione fra i "malvagi quotidiani", i "buoni" e il "grande male", rappresentato da Chigurg. History of violence è ben fatto ma ciò che rende grande "Non è un paese per vecchi" è la sua profondità di nessi e significati, il suo rinvio alla grande tradizione americana, che si interroga sul male antropologico e naturale (Moby Dick). Ad esempio, Non è un paese per vecchi, potrebbe aprire un dibattito sul "caso", come molla primordiale degli eventi e come unica compensazione e sollievo rispetto al male. Che significato dare al lancio della monetina di Chigurg? Evidentemente al male non si contrappone un'etica del bene ma solo, eventualmente, la fortuna. Ripeto quel che ho già scritto. La venuta di Chigurg sembra il "redde rationem" rispetto all'imperversare del male quotidiano, a cui ci si può sottrarre solo con la prudenza dello sceriffo Bell, che evita di guardare nell'abisso, perché sa che poi potrebbe diventare egli stesso l'abisso. Il film suggerisce in modo implicito che per non fare giungere nel mondo quel male assoluto bisogna intervenire prima, combattendo il nostro "male quotidiano". Ma come le grandi opere, questa interpretazione non è la sola possibile, poiché Chigurg sembra anche incarnare quella malvagità antropologica radicale ben nota nella cultura anglosassone da Hobbes in poi.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.

Kob

Il male, al di fuori delle spiegazioni mediche, sociologiche o demonologiche, non può che avere il  volto incomprensibile e terribile di Chigurg.
Allora le riflessioni dello sceriffo Bell vanno lette come il sintomo del fallimento della cultura religiosa e della ragione illuministica.
La "nuova violenza" ci appare tale solo perché sprovvisti ormai di qualsiasi pensiero che possa ricondurre il male – il singolo episodio violento – nel mondo umano e renderlo leggibile. Così appare come una forza aliena. Da cui solo la fortuna può salvarci.
Non vedo però come in questa visione, che esprime un nichilismo di fatto, si possa sperare di ritrovare un rimedio attraverso la cura quotidiana contro l'avidità e l'invidia.
Semmai, liberandosi il più possibile da esse, si può solo sperare di avere un po' di fortuna e di non incontrare troppo da vicino i Chigurg.
Ma i Chigurg comunque esistono. I due killer di Fargo comunque esistono, per lavoro "producono" vittime. Curare la propria idiozia e la propria avidità non libererà il mondo dalla loro presenza, ma al massimo farà in modo che non passino a causa nostra per la città in cui viviamo, in modo che le probabilità nel lancio della monetina siano almeno un po' a nostro vantaggio.

Jacopus

#4
Non è un paese per vecchi è un capolavoro proprio per questa sua capacità di lasciare spazio a interpretazioni e letture diverse, contrastanti, e tutte con una parte di verità. Scrivendo il primo post mi domandavo se davvero era quella la reale lettura dei fratelli Coen o di Mc Carthy ma mi sono detto anche che i capolavori dell'arte sono tali proprio per dare la stura ad una serie interminabile di discussioni che si prolunga nel tempo. Non è un paese per vecchi fa parte di questo insieme. Sicuramente è possibile che il ritrarsi dello sceriffo derivi da questo male così incomprensibile e così inflessibile. Ma io vedo anche la contrapposizione fra due tipi "malvagi", il primo è orientato allo scopo e lo scopo è il denaro. Jewlyn Moss oscilla fra la vita onesta dello sceriffo e quella malvagia, che irrompe per caso da una battuta di caccia. Chigurg però sembra suggerirci che per lui il denaro è solo un pretesto per lavorare con freddezza "chirurgica" il male. Ad un certo punto del film, l'altro mediatore ingaggiato per trovare i soldi, cerca di comprarlo con i soldi ritirabili da un bancomat, e Chigurg ripete beffardo "un bancomat". Sono particolarmente inquietanti le scene degli omicidi, durante le quali Chigurg guarda le sue vittime quasi al culmine di un orgasmo. In quello sguardo eccitato echeggia una sorta di immortalità negativa: morirò anch'io ma tu sei morto prima di me. È una violenza ancestrale che forse risiede dentro ognuno di noi.
Resta la domanda senza risposta se quel male continuerà a vagare nel mondo perché connaturato nell'uomo (o almeno in qualcuno di essi) o se l'uomo sarà in grado, illuministicamente, di sconfiggerlo. Domanda che si pone anche Freud al termine del "Disagio della civiltà" e a cui non dà una risposta come non la dà neppure "Non è un paese per vecchi". Si può solo constatare che lo sguardo dei fratelli Coen è più cupo di quello già sufficientemente disincantato di Freud.
Homo sum, Humani nihil a me alienum puto.